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Autore: TheSun_is Shining    16/07/2015    1 recensioni
Molti ritengono l'adolescenza un periodo molto complicato per l'essere umano: egli è impegnato a scoprire se stesso, a costruire il proprio futuro, a pensare alla sua identità, ed è altamente modellabile dal mondo che lo circonda e, una ragazza come June Clark, di quindici anni, n'è l'esempio lampante: un'infanzia infelice, un'adolescenza distrutta da un blocco psicologico all'apparenza irreparabile, ma in tutto questo c'è anche l'alternarsi di momenti piacevoli, anche se molto pochi.
Nonostante ciò, June è una vera roccia, e troverà il coraggio di dare una svolta alla sua vita per sempre, con l'aiuto di persone molto speciali.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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< < June Clark! > >.

E dopo più di tre ore, una voce squillante femminile chiama il mio nome. Brian sembra a dir poco estasiato dall’accaduto, e si alza velocemente dalla sedia porgendomi una mano per aiutarmi. Ci guardiamo per un attimo, acidamente, e io mi volto dall’altra parte poiché non riesco a reggere i suoi occhi arrabbiati, con me, perlopiù.

Veniamo condotti in una stanza, dove un medico con i capelli castani e gli occhi scuri mi fa stendere su un lettino e inizia a scrutare il mio ginocchio martoriato.

< < Che cosa è successo, signorina? > > mi chiede lui.

< < Sono caduta > > mi limito a dire.

< < Sei rotolata giù per uno sterrato, guardandoti > > questo suona molto come una battuta, ma nessuno sta ridendo qui, nemmeno io.

Il medico prende tutto il necessario e inizia a disinfettarmi accuratamente il ginocchio, per poi prendere ago e filo e iniziare a cucire due pezzi di pelle assieme. Distolgo lo sguardo per non essere costretta a guardare: non mi fa male, non tanto, ma la scena mi fa impressione.

L’uomo continua a osservarmi, direi quasi ossessivamente, anche dopo aver finito di cucirmi la ferita, e le sue azioni mi sono totalmente inaspettate quando nota delle cicatrici anche nel mio interno coscia, percorrendo con gli occhi tutta quella zona fino all’inguine, coperto dal jeans del pantaloncino.

< < Scusi > > dice a Brian < < può uscire per un po’? > >.

Brian annuisce, senza perplessità, senza dubbi, e si allontana verso la sala d’aspetto.

< < Angelique > > l’uomo chiama un’infermiera intenta a mettere in ordine uno scaffale di medicinali, e dice mentre quest’ultima si avvicina con calma: < < Prepara il necessario per un esame del sangue, una radiografia e un controllo ginecologico > >.

Lei annuisce e si allontana poco dopo.

< < Radiografia dove? > > domanda prima di andare via.

< < Al bacino > >.

Perfetto, è andata esattamente come avevo previsto; ho fatto bene a mettere le cicatrici bene in vista.

< < Come ti chiami? > > mi chiede il dottore con guardandomi con un briciolo d’ansia distinguibile nei suoi occhi dello stesso colore del cioccolato.

Sta cercando di essere il più delicato possibile per evitare che io soffra ulteriormente. Ma io non ho bisogno della pietà o della compassione di nessuno, e solo Brian sembra averlo capito, forse perché non mi conosce a fondo, ed è stato così stupido e ingenuo da non aver capito il perché io sia in queste pietose condizioni fisiche.

< < Mi chiamo June > > rispondo finalmente alla sua domanda.

< < Io sono il dottor Jones, ma puoi chiamarmi Paul >> si presenta e poi continua a parlarmi con una calma rassicurante che lo caratterizza < < Sta’ tranquilla, sono solo dei semplici controlli, in meno di un’ora avremo terminato > >.

Angelique mi fa spogliare dietro una tenda e mi fa indossare un camice blu, un modello diverso da quello che usano i medici.

< < Tendi il braccio sinistro > > mi dice Paul, mimando quello che mi ha chiesto di fare.

Appoggio il braccio al tavolo, dove sono seduta e lui m’infila una siringa nel braccio dopo aver passato un po’ di disinfettante sul lembo di pelle dove sta prelevando del sangue.

< < Ecco fatto > > dice Paul osservando il liquido rosso nello stantuffo < < Adesso segui Angelique > >.

Lei mi prende per mano e mi conduce in un’altra stanza dell’ospedale. Ha i capelli riccissimi, come i miei, solo che lei ce li ha raccolti in una coda di cavallo e sono molto più crespi e gonfi, perlopiù lei ce li ha di un castano molto chiaro, mentre io ce li ho biondi. Mi guarda con i suoi occhi verdi e sorride lievemente. Ricambio.

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

Il dottore aveva ragione: in tre quarti d’ora hanno terminato tutti controlli ed è andata meglio delle mie aspettative.

Ora tutto il personale medico conosce la mia storia, ma non mi dispiace per niente, e anche la sensazione di disagio che provavo prima sembra essersi dissolta nel nulla.

Hanno tutti gli occhi ludici mentre guardano le radiografie del mio bacino devastato.

< < Allora avevi intuito bene, Paul > > sussurra Angelique.

< < Purtroppo sì >> annuisce, e due lacrima fuoriesce dai suoi occhi < < Sarà meglio avvertire il ragazzo > >.

Bene, almeno ha capito che Brian non è mio padre.

* * *

Brian’s P.O.V.

Il dottor Jones mi fa cenno di avvicinarmi a lui ed io mi alzo lentamente dalla sedia per andargli incontro. Sembra che abbia pianto.

< < Le devo parlare > > dice a bassa voce, ma è subito interrotto da una coppia d’infermieri che trasportano una persona su una barella molto frettolosamente.

Do una fuggevole occhiata a questa scena e vedo una ciocca di capelli biondi cadere da essa.

June.

< < Che diavolo è successo? > > chiedo spaesato.

Ma non era solo una banale ferita sul ginocchio?

< < Adesso le spiego > > mi porge le radiografie ed io inizio a guardarle.

È un bacino, e sembra che sia stato corroso dall’acido.

< < Queste sono le radiografie che abbiamo fatto a June > > spiega con voce tremante.

Tutto il mio corpo viene attraversato da una scarica di brividi quando guardo tutte le radiografie e le ossa sembrano sempre più malmesse man mano che l’immagine s’ingrandisce.

< < Vedendo le ferite che June ha su tutto il corpo, ho intuito che cosa poteva esserle successo, e allora le ho fatto un controllo ginecologico e, ahimè, i miei dubbi sono stati confermati: June ha subito violenze sessuali da un adulto, per più volte, e la cosa sembra essere andata avanti per due o tre anni > >.

Non riesco a trattenermi e lascio che le lacrime mi righino le guance

< < Abbiamo deciso di ricoverarla per un po’, e ovviamente dobbiamo convincerla a parlare per esporre denuncia > >.

Dentro di me si scatena qualcosa che non ho mai provato prima d’ora, una strana sensazione di odio, verso chi ha osato fare qualcosa di simile a una ragazzina incapace di difendersi, e paura, per June, che ha avuto il fottutissimo coraggio di scappare via da tutto, nonostante questo gigantesco trauma.

Anche se il dottor Jones continua a parlarmi e a spiegarmi la situazione, è come se non lo ascoltassi.

< < Dove l’avete portata? > > chiedo, con voce roca e spezzata.

< < Mi segua > >.

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

Quando varco la soglia della camera, mi sento all’improvviso impotente. Tutte le parole che fino a pochi secondi fa stavo elaborando per evitare di dire qualcosa di sbagliato o fuori luogo, sembrano essersi dissolte nel nulla. Mi sento così dannatamente piccolo e debole davanti a lei, e il respiro affannoso m’impedisce di parlare. Mi chiedo solo come faccia a convivere con dei ricordi del genere, come faccia a comportarsi normalmente nonostante tutto.

Seduta su una sedia di legno accanto al letto, c’è una donna di colore che le sta parlando, e lei ascolta con lo sguardo basso. Non riesco a capire che cosa le stia dicendo.

La donna si gira verso di me e si alza all’improvviso.

< < Salve > > mi saluta stringendomi la mano destra con decisione < < sono la dottoressa Lopez, la psicologa dell’ospedale > >.

< < Salve > > le rispondo io.

< < Lei chi sarebbe? > > mi domanda indicando June con un cenno della testa .

< < Ecco > > June mi guarda, e mi mette profondamente a disagio < < mi ha chiesto aiuto perché qualcuno la stava inseguendo > >.

< < Quindi non la conosce? > >.

< < No > >.

< < Le vuole parlare? > >.

Annuisco, e mi avvicino lentamente a June, che continua a tenermi gli occhi addosso.

È come se fossi congelato, i miei movimenti sono limitati dalla paura di sembrare un completo idiota insensibile.

< < Guarda che non ti mangio mica > > sorride, e finalmente smette di fissarmi.

Come diavolo fa ad avere quest’atteggiamento così indifferente?

< < Sì, lo so > > sorrido debolmente, non riesco a fare di più.

Mi siedo sulla sedia accanto a lei lasciando che le mani mi rimangano sotto le cosce.

< < Senti June, non mi va di usare mezzi termini, okay? > > alzo la voce, ma mi calmo subito vedendo tutta la gente nella stanza iniziare a fissarmi < < Il dottor Jones mi ha detto tutto, so che cosa ti è successo, e tu devi dirmi chi è il responsabile > >.

June ricomincia a guardarmi dritta negli occhi con un’espressione interrogativa stampata in faccia.

< < Ne parli come se io non ne avessi l’intenzione > >.

Mi blocco.

< < Io … > > ricomincio a parlare, deglutendo senza farmi notare da June < < credevo che tu non volessi confessare > >.

< < Scherzi? Certo che voglio confessare! > >.

< < Bene, allora fallo > >.

June non fa neanche in tempo ad aprire bocca, che subito nella stanza entra un poliziotto in divisa, che si avvicina al letto, non appena il dottor Jones e la dottoressa Lopez lo indicano.

< < Sono l’agente Thompson, e tu devi essere June Clark > > tira un’altra sedia di legno verso di sé e si siede, poggiandosi un piccolo quaderno sulle ginocchia < < puoi iniziare la tua descrizione > >.

< < Dylan Madson, quarant’anni, alto circa un metro e ottanta, capelli neri e occhi azzurri … > >.

Descrivere quell’animale le viene talmente spontaneo che non sembra nemmeno umana, pare un robot, non cambia tono della voce e tantomeno l'espressione del volto, e il poliziotto continua a segnare accuratamente tutte le informazioni.

< < Benissimo > > l’agente si alza dalla sedia ed esce dalla stanza con passo svelto.

< < Signor Haner, può venire? > > la voce della dottoressa Lopez attira la mia attenzione.

< < Cosa c’è? > >.

< < Parlando con June, ho potuto constatare che è quasi riuscita a superare il trauma dovuto alle violenze, ma ha comunque subito un blocco psicologico un po’ particolare: tende a essere scontrosa con tutti, diffidente, insomma, perennemente arrabbiata con il mondo, potremmo dire > > la sua voce è tipica nelle donne nere qui, nasale e molto bassa < < Questo blocco è dovuto non solo alle violenze, ma anche alla mancanza di genitori e per la permanenza in orfanotrofio … > >.

Perché mi sta raccontando tutta questa storia come se davvero m’importasse?

< < Dottoressa, arrivi al punto > > la sprono schioccando le dita e tornando ad avere le braccia incrociate al petto subito dopo.

< < Abbiamo il divieto categorico di riportarla in orfanotrofio, quindi non sappiamo che sistemazione darle, contattare dei parenti impiegherebbe troppo tempo, e lei è l’unica persona di cui June si fida, in un certo senso … > >.

La interrompo subito, avendo già capito lo scopo di questa conversazione.

< < Lei mi sta dicendo che dovrò avere la sua custodia? > >.

< < Esattamente > >.

< < Oh no, assolutamente no > > esclamo scuotendo la testa con decisione.

< < Prego? > >.

< < Non posso prendermi una responsabilità simile, non la conosco neanche! > >.

< < Signor Haner, non abbiamo altra scelta > >.

< < State scherzando, spero … > >.

< < No, sono seria > >.

< < Mi spiega come faccio a mantenerla se ho a malapena i soldi per pagare l’affitto? > >.

< < Questi non sono problemi che riguardano l’ospedale > >.

Mi sento come bruciare dentro dalla rabbia, e scatto.

< < SI RENDE CONTO DI QUELLO CHE STA DICENDO? IO L’HO SOLO PORTATA IN OSPEDALE PERCHÉ ERA FERITA, E ORA PRETENDETE CHE ME LA CRESCA IO! > >.

Il dottor Jones viene verso di noi, sentendomi urlare.

< < La smetta di urlare, siamo in un ospedale! > > dice.

< < Allora gliela trovi lei una sistemazione, forza! > > la dottoressa Lopez mi risponde a tono.

< < Non sono affari miei e non voglio che lo diventino, è chiaro? > > questa volta non urlo, ma sono comunque parecchio incazzato.

< < Sono già affari suoi, signor Haner! > >.

< < Che cosa non le è chiaro della frase “ho a malapena i soldi per pagare l’affitto”? > >.

< < Signor Haner, allora mettiamola così: lei dovrà ospitarla solo per un po’ di mesi, massimo un annetto o due, finché non avremo trovato un parente di June disposto a occuparsi di lei, va bene? > >.

< < MA ALLORA NON HA CAPITO UN CAZZO! > > urlo nuovamente.

< < La smetta di urlare o la caccio via dall’edificio! > >.

Respiro profondamente e riesco quasi a calmarmi del tutto.

< < Non può essere così egoista nei confronti di una ragazzina, l’ha aiutata all’inizio e la dovrà aiutare fino alla fine! Trovi qualcuno che sia disposto a prendersene cura, se proprio lei non può > >.

Annuisco soltanto, dopodiché mi allontano, incapace di restare calmo di fronte ad una situazione simile.

Esco dall’ospedale e continuo a imprecare fino a quando non arrivo alla mia auto.

< < VAFFANCULO JUNE, MI SENTI? VAFFANCULO! > >.

Mi copro il viso con entrambe le mani, e scoppio a piangere per la rabbia e lo sconforto.

Non posso tenerla, anche volendo, non potrei, ma allora perché mi sento così crudele?

 

Prendo il cellulare dalla tasca e compongo il numero del mio migliore amico, Jimmy.

< < Ciao Jim, sono io > >.

< < Finalmente la mia testa di cazzo preferita si fa sentire! Ma stai bene? Hai una voce strana > >.

< < Non del tutto. Hai tempo per una birretta? Dovrei parlarti di una cosa … > >.

 

Note dell’autrice:

Ben ritrovati! Questo è il nuovo capitolo della ff, è stata dura scriverlo essendo stata io molto a corto di idee in questo periodo, ma ora eccolo qui! Spero vi soddisfi. Presto arriverà il nuovo capitolo, aggiornerò il prima possibile, promesso! A presto.

-Jimbo

  
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