Capitolo sedici
Cattivi presagi
La
domenica mattina Penny si alzò spontaneamente dal letto, non
prima
di aver gettato un'ultima occhiata nostalgica all'unico vero amore
della sua vita: il cuscino.
Si
affacciò alla finestra per sbirciare il cielo, e vide
piccole gocce
di pioggia iniziare scendere e rigare la vetrata. Si accorse di un
borbottio di sottofondo che sembrava tanto essere una sfilza di
imprecazioni.
"Maledizione!",
sibilò Trixy, già sveglia. "Non poteva andare
peggio! Non solo
ci siamo dovute alzare quasi all'alba, ma piove pure!". Era
ancora di cattivo umore: quella lettera l'aveva davvero scossa.
Certo, anche Penny era infastidita, ma Trixy sembrava furibonda.
Continuò
a guardare fuori ancora per qualche secondo: il cielo era plumbeo e
le gocce di pioggia cominciavano a farsi più fitte,
sostituendo la
pioggerellina di poco prima. Sentì
un brivido di freddo percorrerle la schiena e si rese conto di
indossare solo il magliettone che era solita utilizzare come pigiama.
"Potresti
accelerare? Sembri un bradipo appena uscito dal letargo!",
sbraitò Zabini.
Penny
le diede un'occhiata in tralice, ma decise che fosse meglio non
contraddirla. Si trascinò fino all'armadio e
iniziò a vestirsi,
optando per i jeans più caldi che riuscì a
trovare e un maglione
rosso, donatole da Molly Weasley a natale dell'anno prima. Quella
donna spediva maglioni a tutti i nipoti e agli amici dei nipoti:
probabilmente passava il resto dell'anno a confezionarli,
pensò,
visto quanti erano in famiglia. Prese il giaccone e l'occhio le cadde
sul cappello di James; prese anche quello, infilandoselo in tasca.
Stando attente a non svegliare Alice e Rose, le due scesero in Sala
Grande a fare colazione.
La
scuola era deserta, ma c'era da aspettarselo; quale studente sano di
mente avrebbe fatto colazione alle sei e mezza di domenica mattina?
Maledizione al Quiddich!
Penelope
si guardò intorno, ma di James non c'era la minima traccia.
Probabilmente, Baston l'aveva costretto ad un'alzataccia peggiore
della loro, per presidiare il campo nel timore che le Serpi
cercassero di precederli.
Varcarono
il grande portone di quercia e vennero colpite da una folata gelida e
dalla pioggia che cadeva controvento. Trixy imprecò
violentemente,
mentre Penny estrasse il cappello rosso e oro dalla tasca del
giaccone e vi immerse il naso, inspirando forte l'odore di James.
"Stai...
annusando il cappello?", biascicò Trixy, sgranando gli occhi
alla vista di quella scena.
"Non
essere sciocca! Certo che no, perché dovrei?",
mentì, non
molto convincente. "Andiamo, o Baston ci farà a fette!",
aggiunse per levarsi dall'imbarazzo.
Bardate
dalla testa ai piedi si avventurarono oltre il cortile, sotto le
grosse gocce di pioggia che ora cadevano lente e regolari; la
infastidivano. Avrebbe quasi preferito un violento acquazzone a
quella specie di tortura cinese, una goccia alla volta.
"Come
faremo a giocare in queste condizioni?", sbottò Trixy.
Penny
non rispose, perché non aveva in serbo alcuna risposta
soddisfacente.
In
compenso evocò un ombrello abbastanza grande
perché potessero
ripararsi entrambe: la pioggia cominciava ad essere davvero troppo
fitta.
Quando
giunsero al campo, si avvidero che non tutti i giocatori erano
arrivati puntuali come loro: e loro avevano ben dieci minuti di
ritardo! La nebbia e la pioggia non aiutavano per niente nella
visuale, ma Penny scorse ugualmente Sam Baston, che aveva l'aria di
chiedersi "perché a me?".
"Capitan
Quiddich!", lo salutò.
Baston
saltellava sul posto impaziente, e rispose con un sorrisetto tirato e
un cenno della mano.
Penny
già non stava più prestando attenzione; si
guardava intorno –
senza scorgere la testa riccia che le interessava vedere –
quando
qualcuno alle sue spalle le posò una mano sugli occhi. Quel
contatto
inaspettato le causò un brivido lungo la schiena, e non
certo dato
dal freddo. Solo una persona poteva farle quell'effetto.
"James...",
mormorò con un gran sorriso che – fortunatamente
per lei – il
ragazzo non poteva scorgere, visto che gli dava le spalle. Le tolse
le mani dagli occhi.
"Buongiorno",
bisbigliò suadente, vicino all'orecchio destro di lei.
Se
continuava così si sarebbe distratta dal Quiddich, tentata
com'era
di girarsi e gettargli le braccia al collo!
"Ehm...
ciao", cercò di darsi un contegno e si girò, ma
quello che le
uscì fuori sembrò più uno squittio che
una voce umana.
Non
era possibile che fosse così bello anche di prima mattina!
Lei non
aveva avuto tempo di specchiarsi, ma era certa di sfoggiare una
orribile faccia assonnata e due occhiaie degne di un panda.
"Ti
avevo detto che ti sarebbe stato utile", osservò Potter
indicando il proprio ex cappello con una certa dose di orgoglio. Lei
arrossì lievemente: aveva quasi sperato che non lo notasse.
"Già...
mi sono accorta di aver perso il mio, così uso il tuo".
Bugiarda.
Il
cappello grifondoro di Penny faceva bella mostra di sè al
dormitorio, rinchiuso nel baule, e lì stava bene. Il giorno
in cui
era uscita per andare a Hogsmeade l'aveva davvero
dimenticato
alla Torre, ma da quando James le aveva regalato il proprio, l'aveva
definitivamente dismesso.
"Allora
è stata una fortuna che ti abbia dato il mio".
"Uhm...
già", biascicò lei. Il sorriso che Potter
sfoggiava in quel
momento faceva parte delle cose in grado di scollegarle il cervello
dalla bocca, impedendole di mettere ineieme quattro parole sensate.
Si stava sforzando di interrompere il silenzio, ma ci pensò
Baston
per lei. Chiamò James, che si allontanò
strizzandole l'occhio.
Quando ci furono tutti, ovvero dieci minuti più tardi, i
giocatori
si diressero agli spogliatoi per cambiarsi. Aleggiava un'aria
sonnolenta, confermata dalle facce sbattute di tutti, che
probabilmente con la testa erano ancora sotto le coperte. Uscirono in
divisa e iniziarono l'allenamento senza perdere tempo: non fu facile,
nonostante ognuno autopraticasse l'incantesimo Impervius per
proteggere il viso dalla pioggia. Baston guardava rabbioso le nubi
grigie che incombevano su di loro, come se le credesse un sortilegio
dei Serpeverde, o un brutto segno. Forse era ciò che erano,
si disse
Penny. Come un cattivo presagio.
Non
si riposarono mai, finchè, nel pomeriggio, dovettero
sgomberare il
campo per lasciarlo alle bisce, dato che anche loro avevano il
diritto di allenarsi.
"Ho
bisogno di una doccia!", esclamò una sfinita Bellatrix.
"Mai
stata più d'accordo! Leviamoci queste divise e andiamo al
castello;
devo passare almeno una mezz'ora a letto prima di scendere per la
cena". Penny iniziò a svestirsi, letteralmente stremata.
"Non
vorrei deluderti, ma non andrà così".
"Perché
no?", chiese lei con una nota di panico nella voce.
"Non
ti ricordi la montagna di compiti che abbiamo per domani e che non
abbiamo ancora avuto il tempo di svolgere?", sospirò Trixy.
"Oh
no!", fu l'unica, disperata esclamazione. Addio letto!
"Oh
sì... abbiamo giusto il tempo di una doccia al volo, altro
che
riposo!".
Uscita
dallo spogliatoio vide James lanciarle un'occhiata fugace ed ebbe
l'impressione che si volesse avvicinare, ma Angie lo bloccò
mettendogli una mano sulla spalla. Che diavolo ci faceva al campo di
Quiddich?
In
quel momento odiò sia quella civetta che se stessa; il fatto
che
James avesse un atteggiamento gentile non era sintomo di un interesse
maggiore: doveva ficcarselo in testa! Si affrettò ancora di
più a
raggiungere l'aria aperta, respirando a pieni polmoni e imprecando
contro la pioggia, Potter senior, Angie e il Quiddich!
"Ehi...
guarda che è Angie che ci prova con James, non il
contrario",
disse indovinando i suoi pensieri. "Lo sanno tutti". Trixy
evocò di nuovo un ombrello e ce la tirò sotto,
visto che Penny
sembrava trovare interessante l'erba davanti a sè.
"Sì,
ma lui ci sta!", si riscosse. Tirò l'amica per un braccio;
voleva tornare alla Torre prima che le venisse la tentazione di
spaccare la faccia a entrambi.
"Rosie!",
la salutò Penny scendendo dalla scala a chiocciola del
dormitorio
femminile, con i libri e le pergamene sottobraccio. La Sala Comune
era accogliente come sempre, rotonda e con i camini accesi, gremita
di studenti chini sui libri o intenti a chiacchierare.
"Come
va?", le chiese quella, alzando gli occhioni azzurri verso di
lei.
"Meglio,
ora che ho un aspetto umano", scherzò. "Una doccia fa
miracoli, Weasley".
Rose
ridacchiò, facendole posto accanto a sè.
"Non
posso...", le rispose Penny dispiaciuta, "devo fare i
compiti per domani".
"Oh
giusto!", fece quella arricciando il naso, cosparso di efelidi.
"Ti do una mano...", si alzò dal divano per dirigersi con
l'amica ad uno dei tavoli di legno, dove Penny si lasciò
cadere su
una delle panche, posando i libri davanti a sè.
"Come
mai sola soletta? Il tuo ragazzo ti ha abbandonata?", la
punzecchiò. Rose sbuffò con aria infastidita. A
quanto pareva aveva
fatto centro...
"Sì,
ha detto che deve studiare, che non sta facendo abbastanza per i
M.A.G.O. e non so che altro...", borbottò accigliata. Penny
ridacchiò, divertita dalla faccia dell'altra.
"Non
gli credi, suppongo".
"Nemmeno
una parola, ma mi fido di lui..." disse dolcemente. "E
poi", aggiunse molto meno dolce, "se dovessi scoprire che –
anche solo per un millisecondo – ha pensato di mettermi le
corna...
gli trancerei le...".
"ROSE!",
la ammonì Penny, disgustata dall'immagine che l'amica aveva
appena
evocato nella sua mente.
"Sì?",
rispose quella sbattendo le ciglia, angelica. "Va bene... sto
buona e ti lascio studiare", le concesse con estrema riluttanza.
Sperò
che mantenesse la parola, perché non aveva tempo da perdere.
Doveva
fare un tema per Victoire Lupin sulla Pozione Ricostituente e
un'altro per Vitious, sull' incantesimo di Disillusione. In aggiunta
aveva delle predizioni da scrivere per la Cooman, ma quelle non erano
un problema. Penny non aveva mai "ampliato la mente", come
la professoressa ci teneva a ricordarle ogni santa volta; e di
conseguenza, tutte le sue predizioni erano inventate, come del resto
quelle di Al e Rose. Si limitò a scrivere qualunque idiozia
catastrofica le venisse in mente (come piaceva alla Cooman). Sarebbe
stato meglio predire cose positive per il futuro – una volta
tanto.
Invece finiva sempre a scrivere di stragi ed eventi alquanto
sinistri, pensando fosse saggio accontentare quella vecchia pazza.
Sarebbe stato perfino meglio scrivere i propri desideri
per il
futuro, più o meno riassumibili in un solo nome: James.
"Potter,
ti senti bene?", gli chiese Lorcan sull'orlo di una crisi di
nervi.
"Ehi,
sono io quello in crisi! Quindi sopportami!", scattò James,
senza motivo. Lorcan pensò che gli ricordava tanto una donna
di
mezz'età verso il periodo della menopausa, suscettibile
com'era.
No,
pensò James, il biondo non poteva farlo sentire una merda
solo per
essere piombato di nuovo tra i Corvi, costingendolo ad ascoltare le
sue lamentele – ancora una volta. Anzi, non si stava neanche
lamentando; per lo più produceva dei mugugni senza senso.
"Potter,
se non formuli una frase non credo di poter capire cosa ti
affligge!", berciò spazientito il biondo. "Ho dato buca
alla mia ragazza per te: quindi dacci un taglio!", gli
intimò,
cercando di mostrarsi convincente.
James
smise di fare sù e giù per la stanza di Lorcan,
fissando il proprio
sguardo sulla vetrata. La pioggia batteva ancora forte, come quella
mattina. Avevano anche saltato il pranzo per allenarsi, e stava
morendo di fame; forse era quella che gli dava alla testa.
"Ok,
ma non prendermi in giro", disse infine.
Il
biondo inarcò un sopracciglio, senza afferrare.
"Perché
dovrei?", domandò.
"Al
l'ha fatto... quindi prometti di non prendermi per pazzo".
Lorcan annuì convinto: avrebbe venduto l'anima al diavolo se
fosse
servito a farlo smettere di mugugnare insensatezze. Era un prezzo
ragionevole perché Potter la finisse di fare sù e
giù per la
stanza come uno yo-yo impazzito.
"Ho
detto ad Al che ho cambiato idea sul dire quello che sai
a
Penny. L'avrei fatto stamattina, ma abbiamo avuto gli allenamenti per
tutto il tempo; e domani è lunedì. Oltre alle
lezioni dovremo anche
allenarci e ho deciso di vuotare il sacco dopo la partita",
narrò velocemente.
"Saggia
decisione, ma...?", chiese spiccio.
"Ma
non riesco a togliermi di dosso un brutto presentimento,
come
se qualcosa dovesse andare storto e non riuscissi a farlo neanche
martedì", buttò lì. "Forse
è questo tempo di merda che
mi rende pessimista", tentò di trovare una spiegazione
razionale. Deglutì rumorosamente, aspettandosi una risata.
"Ora
ti sei messo a credere ai cattivi presagi?", fece
osservandolo in tralice. Non poteva credere di aver dato buca alla
sua ragazza per ascoltare quei vaneggiamenti!
"Non
sfottere!", lo avvisò puntandogli l'indice contro e
guardandolo
in cagnesco.
Lorcan
non aveva alcuna intenzione di morire così giovane,
perciò alzò le
mani in segno di resa ed evitò di ridere.
James
continuò a trascinarsi per la stanza con le mani in tasca,
nel
silenzio più totale. Lanciava occhiate schizzate in giro, e
Lorcan
ci mise un po' a trovare il coraggio di parlare.
"Che
cavolo significa brutto presentimento?", chiese il
biondo.
"Non
lo so". Sospirò pesantemente e scivolò su una
sedia di legno
addossata al muro, scompigliandosi i capelli con la mano in un gesto
che era appartenuto al nonno.
"Un
bel niente! È la paura che parla al tuo posto!".
"La
paura?", gli fee eco, incerto. Non era sicuro che fosse quello
il punto.
"Proprio
così", rispose annuendo. "Ora ti calmi, ce ne andiamo a
cena e poi ci dormirai sù. Tra neanche quarantotto ore
potrai fare
quello che fino a qualche giorno fa definivi una pazzia". Gli
stava dando implicitamente del lunatico con l'ultima frase; James
emise quello che sembrava tanto un grugnito, uscendo dalla stanza.
Almeno
a cena avrebbe rivisto Penny dopo il patetico tentativo di
conversazione che aveva intavolato prima che Sam lo disturbasse con
le sue stronzate di gioco.
Quando
giunsero in Sala Grande si divisero: Lorcan al tavolo dei Corvonero e
James a quello dei Grifondoro. Gettò un'occhiata veloce a
Penny,
indeciso se andarsi a sedere da quelle parti oppure no. Alla fine
–
poiché lei non lo degnò di uno sguardo -
optò per il solito posto
accanto a Baston, anche costretto dall'amico che lo stava
praticamente tirando per la maglia, desideroso di comunicargli
qualcosa. Ovviamente si trattava di Quiddich.
Penny
sbocconcellava qua e là: briciole di pane, qualche
cucchiaiata di
minestra, un morso di torta al cioccolato. Tutto in maniera
estremamente svogliata, nonostante dopo l'allenamento avesse
avvertito una gran fame.
I
suoi pensieri erano concentrati sulla possibilità che
quell'idiota
di Angie fosse davvero la ragazza che aveva rincitrullito James tanto
da convincerlo – uno come lui – a non uscire con
altre. L'aveva
incrociata in Sala Comune prima di cena, rispondendo al suo "ciao"
con una certa fatica e una gran dose di buona volontà.
Era
davvero gelosa marcia! Aveva sempre
pensato di non voler
conoscere il nome della "ragazza" di James, ma non ne era
più tanto sicura.
La
curiosità uccise il gatto, pensò tra
sè e sè, nel disperato
tentativo di infondersi un po' di saggezza – termine che,
quando si
trattava di Potter senior sembrava sparire dal suo vocabolario.
"Perché
non fai altro che sospirare e giocare con il cucchiaio?",
mormorò Rose.
Si
stava gingillando con le posate da circa un quarto d'ora, quindi
quella domanda era più che lecita.
"Penso
a James", sospirò l'altra sconsolata. "Non guardarmi
così,
l'ho detto perché so che è inutile negarlo, non
perché sia felice
di ammetterlo", puntualizzò.
"Non
ho fiatato...", le fece notare la rossa, "e sappi che vengo
in pace!".
"Ti
senti bene? Non hai mangiato quasi niente...", il solito Al
preoccupato.
"Sì,
è tutto a posto". Sì, Penelope,
tutto a posto
e niente in ordine...
Quando
giunse il momento di andare a letto – che quella sera
agognava
particolarmente – Penny si infilò la sua maglia
larga e si rintanò
sotto le coperte. Il vento ululava forte fuori dalla finestra, e le
incuteva una certa inquietudine. Ma finché era lì
sotto, niente
poteva farle del male. Glielo diceva sempre il nonno quando era
bambina, per tranquillizzarla durante i temporali; si metteva vicino
a lei e le raccontava un sacco di storie strane. Se chiedeva ad Anne
e Jack di ripeterle loro non sembravano avere la minima idea di cosa
stesse dicendo.
Solo
quando aveva scoperto di essere una strega aveva capito il
perché di
quella discrepanza tra le fiabe dei suoi genitori e quelle di Arnold.
Erano le fiabe di Beda il Bardo, note solo nel mondo dei maghi. Suo
nonno le raccontava a lei perché diceva di aver sempre
sentito che,
a differenza di Anne, Penelope avrebbe fatto parte di quel mondo.
Ripetendosi mentalmente Ghiozza la Capra Zozza con
le stesse
identiche parole che usava Arnold quando era piccola, spense la
candela e si addormentò con il sorriso sulle labbra.
"Smettila
di poltrire! Il mattino ha l'oro in bocca!", strillò Rose,
strappandola -poco delicatamente- dal bellissimo sogno che stava
facendo. Aveva tirato le tende e la luce feriva gli occhi di Penny
senza ritegno.
"Fottiti!
Stavo sognando!", si lamentò, alzandosi di scatto dal letto.
"Posso
immaginare il soggetto", fece la rossa, ridacchiando.
"Tranquilla, non ho usato un Legillimens, ma può essere solo
James, o non saresti così scorbutica". Aveva ragione,
ovviamente. "E per l'amor di Godric, vestiti!".
Non
perse tempo a insultarla o a rinfacciarle ancora di averla svegliata.
Si preparò alla svelta e scese con le altre per la
colazione, dato
che non ci teneva a farsi scannare dalla sua migliore amica. Sarebbe
stata una lunga, lunghissima giornata...
"Ho
una fame da lupi", mugugnò sentendo lo stomaco brontolare.
"Ti
credo...", le rispose Rose, "ieri sera non hai mangiato
quasi nulla".
"Mi
rifarò adesso. Oggi ho lezione e allenamento intensivo di
Quiddich",
le ricordò.
"Giusto!
O ti nutri o cadrai come una foglia", osservò, "e Baston
non te lo lascerebbe fare... figurati se lascia James coperto da
quella schiappa del tuo sostituto", ghignò.
"Siete
tutti perfidi con quel ragazzo... non è così
scarso!", provò
a difenderlo.
Rose
si girò e inarcò le sopracciglia, ammutolendola
con un solo sguardo
di sbieco.
"Ok",
ammise, "gioca da schifo!".
La
rossa sfoggiò un sorrisetto di trionfo e si sedette a
tavola. Penny
la imitò, senza risparmiarsi nel "nutrirsi": aveva la
scusa della giornata pesante.
Si
versò del succo di zucca, la sua bevanda analcolica
preferita – se
ci fosse stato del Whiskey Incendiario l'avrebbe sicuramente
assaggiato per farsi coraggio – accompagnandolo con un bel
po' di
biscotti, una fetta di torta di uvaspina e una ciambella ripiena.
"Cavolo,
avevi un bel po' di fame!", commentò Al ridendo, dopo averla
vista trangugiare tutta quella roba. Lei sorrise, senza poter aprire
la bocca, ancora piena di cibo.
"In
effetti avevo appetito", replicò con un risolino.
"Beh,
comunque dobbiamo darci una mossa. Abbiamo Pozioni e Victoire non ama
i ritardatari!", annunciò Al bevendo un ultimo sorso di
succo
di zucca – già in piedi.
Quando
entrarono trovarono la professoressa a scribacchiare sulla lavagna
qualcosa sulla Pozione Ricostituente. Si sedettero in fretta e furia
agli ultimi banchi, cercando di fare meno rumore possibile: Victoire
non sarebbe stata più tenera solo perché Al e
Rose erano i suoi
cuginetti.
"Finnegan",
chiamò.
Il
ragazzo rimase estasiato nel sentir pronunciare il proprio nome dalla
creatura che adorava di più in tutta Hogwarts, tanto che
–
letteralmente – corse alla cattedra.
"Sì?",
sospirò: pendeva letteralmente dalle labbra di Victoire.
"Potresti
ritirare i temi che avevo assegnato?", domandò senza alcuna
traccia di imposizione. Penny adorava quel modo di fare, sia in lei
che nel marito: non avevano bisogno di imporsi con la forza, in
quanto venivano rispettati per la propria gentilezza.
"Subito,
professoressa", rispose Finnegan.
"Matt
è totalmente cotto di tua cugina, lo sai?",
ghignò Penny,
rivolta ad Al.
"Non
è il solo a Hogwarts. Mia cugina somiglia a Fleur anche
più di
Dominique e Louis, quindi è logico che faccia girare la
testa agli
uomini", asserì.
Penny
ridacchiò, pensando che non era l'unica della famiglia ad
essere in
grado di far perdere la testa all'altro sesso: James ci riusciva
benissimo, anche senza traccia di sangue Veela nelle vene.
La
lezione di Pozioni era passata relativamente in fretta, non contando
il fatto che il calderone di Finnegan era esploso due volte e che
quello di un'altra ragazza aveva preso fuoco. A Penny la pozione era
riuscita piuttosto bene, perciò poteva ritenersi
soddisfatta, e si
recò con piacere nell'aula di Incantesimi.
"Prima
di tutto", esordì Vitious quando furono tutti ai loro posti,
"gradirei visionare le pergamene". Passò a ritirare i
compiti lui stesso e Penny dovette sforzarsi di non ridere: era
talmente basso che a stento riusciva a tendere le mani abbastanza da
raggiungere i banchi – per ironia della sorte –
più rialzati di
quelli delle altre classi.
"Perché
diavolo non usa un semplice Accio?",
borbottò Rose, contrariata da quella inutile perdita di
tempo.
"Evidentemente
oggi voleva provare l'ebbrezza di raccogliere i compiti col metodo
babbanofilo", ipotizzò l'altra con
un'alzata di spalle.
"Bene!
Le esercitazioni per la Disillusione non finiscono qui; le
riprenderemo più avanti. Oggi praticheremo l'Incantesimo di
Tacitazione", annunciò.
Cinque
minuti dopo erano tutti intenti ad azzittire rane e corvi, con la
formula "Silencio". Il risultato fu un gran baccano
per tutta la classe – dato che non tutti riuscivano a far
tacere
gli animali. Il rospo di Alice gracidava in maniera inverosimile,
mentre il corvo di Rose faceva dei versi irriproducibili e non
sembrava intenzionato a smettere, spaccando i timpani di Penny. Lei
fu più fortunata: la sua rana era relativamente tranquilla e
riuscì
a tenerla a bada dopo appena cinque minuti di esercizio.
"Silencio!",
le imponeva agitando la bacchetta.
"Molto
bene, signorina Shane!", la elogiò Vitious.
Anche
Al riuscì perfettamente nell'incantesimo, mentre Trixy
sembrava così
assente -probabilmente per via della partita di Quiddich – da
rendersi a stento conto di dove fosse. Quando Vitious lì
congedò,
furono finalmente liberi di recarsi a pranzo in Sala Grande. Sedersi
e potersi abboffare nuovamente fu un gran sollievo per Penny -
nonostante l'abbondante colazione della mattina, aveva di nuovo una
gran fame. Che avesse contratto il verme solitario? Sentiva un buco
allo stomaco.
Poco
dopo invece, sentì che lo stomaco le si contorceva in
maniera
diversa, alla vista di Angie che prendeva posto accanto a James e gli
sorrideva svenevole. Senza neanche rendersene conto, sbattè
un pugno
sul tavolo e imprecò in maniera poco signorile.
"Che
ti prende?", le chiese Al, aggrottando la fronte.
"Niente",
farfugliò ritraendo la mano, per giunta dolorante.
Rose
aveva seguito la scena e fece cenno ad Al di guardare verso James, in
modo che gli fosse chiaro che ad infastidirla era stata l'eccessiva
vicinanza di Angie a James. Ma Albus, che la sapeva più
lunga di
entrambe, non si allarmò eccessivamente. Di lì a
poco le sofferenze
amorose della sua migliore amica si sarebbero concluse con un lieto
fine, perciò non si preoccupò neanche di
consolarla. Dopo il
pranzo, si diressero in cortile per una mezz'ora di pausa, sedendosi
in un punto riparato.
"Merlino!",
esclamò Penny indignata. "Perchè diavolo di
motivo quella
ventosa non gli si scolla di dosso?", chiese più a se stessa
che agli altri.
"Penny",
provò a dirle Trixy sbuffando, "ti ho già
spiegato che è lei
a provarci... lo sanno tutti".
"E
io ti ho già risposto che lui però ci sta!", non
ascoltava
ragioni. Le si contorcevano le viscere nello stomaco; aveva la
fortissima tentazione di andare a dividerli e mettersi in mezzo.
Bellatrix decise che era meglio non controbattere, se ci teneva a una
vita lunga.
"Che
cosa diamine fa?", gracchiò Penny, con gli occhi fuori dalle
orbite. Angie aveva poggiato -casualmente- una mano su quella di
James e un minuto dopo lo stava abbracciando, o qualcosa di simile.
"Io
vado", disse irata, subito seguita a ruota dagli altri.
Marciò
a passo spedito verso l'aula di Divinazione. Con quello scatto di
gelosia, si perse la parte migliore della scena, ovvero James che
ritraeva la mano con noncuranza, spostandosi più in
là.
L'ora
di Divinazione -per fortuna una sola- fu tremendamente noiosa. La
Cooman lesse le loro predizioni, trovando soddisfacenti solo quelle
di due o tre persone. Ovviamente, Penny non era tra queste. Non
possedeva la Vista!
Glielo
diceva fin dal terzo anno, ormai c'era abituata. Non sapeva neanche
lei perché continuasse a frequentare le lezioni. Molto
probabilmente
perché non aveva alcuna voglia di sostituire una materia
semplice
con una complicata come Aritmanzia, per esempio.
Lei e i
numeri non erano fatti per trovarsi sullo stesso pianeta.
Ciò non
toglieva che -come sempre- uscì da lì esasperata
dalle idiozie
della professoressa, che riteneva più un'impostora che una
veggente.
"Per
l'amor di Godric, Trix! Non fare quella faccia!", la
supplicò
mentre si dirigevano al campo da Quiddich, pronte a immolarsi
sull'altare delle paturnie di Baston.
Si
aspettavano di trovarlo teso come una corda di violino, e non si
sbagliavano. Aveva una pessima cera ed era intrattabile. Restarono
neutrali, sperando che prima o poi sarebbe rinsavito dall'ossessione
di vincere la Coppa Del Quiddich.
"Insomma,
sarebbe fico", ammise Trixy mentre si cambiavano, "ma non
può ridursi in questo stato!".
"Già...
è una specie di zombie che cammina e il peggio è
che possiamo
solo..."
"Vincere",
concluse Bellatrix esasperata.
Fu
un allenamento estenuante, se possibile ancora peggiore di quello del
giorno precedente. James non era riuscito a scambiare neanche una
parola con Shane e, come se non bastasse, Angie continuava a
tallonarlo ovunque si trovasse. Perfino allora, la poteva chiaramente
distinguere sugli spalti. Lo salutava con la mano, Merlino! Come
doveva fare per chiarirle che non era interessato? Non poteva fare
niente per lei, a meno che non cercasse una spassionata amicizia. Se
era così era di certo molto brava a nasconderlo.
Riflettendoci non
aveva mai avuto un' "amica femmina". Cioè,
amica–amica.
Forse non era capitato, o forse era troppo impegnato a pensare alle
ragazze in un altro senso. Invece ora gli sarebbe piaciuto; invidiava
il rapporto di Al e Shane e – a parte quel demenziale sprazzo
di
immotivata gelosia che aveva provato – sapeva quale affetto
li
legasse, dato che li aveva sotto gli occhi da sei anni.
Sbuffò,
mentre cercava di lottare contro quella maledetta pioggerellina che
gli colava addosso. Nonostante avesse praticato un incantesimo
Impervius sulla propria faccia -proprio per evitare
che la
pioggia gli appannasse la vista- le cose non erano migliorate di
molto.
Quando
finalmente smontarono dalla scopa, fece per dirigersi verso Penny che
gli scoccò un'occhiata fugace di disapprovazione prima di
ritirarsi
negli spogliatoi. Restò parecchio interdetto
dall'atteggiamento di
lei, del quale non sapeva spiegarsi la ragione. La ragione
che
lui non poteva comprendere, si palesò un secondo dopo alle
sue
spalle.
"Ciao
James!", lo salutò Angie zuccherosa. Oh, Morgana santissima!
Gli dispiaceva perfino: a differenza di Jessica, che era un'idiota
patentata, Angie gli era simpatica.
"Ehm...
ciao", non trovò di meglio da dire. Lei non si
scoraggiò,
anzi.
"Che
ne diresti di andare a fare un giro?", chiese senza giri di
parole.
Dallo
sguardo che gli scoccò James comprese che era più
avanti di quanto
non fosse sano per lei, e necessitava di essere disillusa
all'istante.
"Ehm...vedi",
balbettò. Ma da quando aveva cominciato a rifiutare ragazze?
"Sì?",
fece lei speranzosa. Oh, lo sapeva da quando! Dannata Shane!
"Vedi,
se non ho capito male tu vorresti uscire con me", si fermò
per
controllare la reazione di Angie. Non negò, nè
abbassò lo sguardo.
Si limitò ad annuire.
"Però,
ecco...", si stava incartando. "Da me non puoi avere quello
che cerchi..."
"Oh",
rispose visibilmente delusa. "Non ti piaccio..."
"Non
sei tu... è che non mi piacciono più le ragazze
in generale".
Angie sgranò gli occhi e inarcò le sopracciglia,
perplessa e
scioccata. Solo allora si rese conto delle parole alquanto equivoche
che aveva usato. Non mi piacciono più le ragazze?
"Prego?",
disse esterrefatta.
"Non...",
scosse il capo disperato, "non ho cambiato sponda",
puntualizzò infastidito dalla propria idiozia. "Mi sono
espresso male, intendevo dire che ormai me ne piace una
sola,
ecco", spiattellò con noncuranza.
"Oh",
esclamò nuovamente. "Beh... sei stato sincero, lo apprezzo",
fece un sorrisetto.
Wow!
Non solo non si era incazzata, ma aveva anche apprezzato il suo
comportamento. Uno a zero per la sincerità: doveva
ricordarselo
più spesso.
Angie
non disse altro, si limitò a guardarlo, gli
scoccò un bacio sulla
guancia e si allontanò fulminea. Girandosi, James vide Shane
marciare verso l'esterno del campo insieme a Trixy. Maledizione,
pensò: ancora una volta non era riuscito a parlarle!
"Ora
lo bacia anche!", sbraitava durante il tragitto dal campo
all'interno della scuola. Di volta in volta Trixy provava a replicare
alle assurdità che stava lasciando uscire dalla bocca, ma
lei non le
dava tempo.
"Sai
una cosa?", proseguì acida. "Non mi interessa minimamente!
Ho capito che è lei ad interessarlo, perciò il
mio piano di non
sapere il nome della tizia per non odiare nessuno", e qui
imprecò nuovamente, "è bellamente andato in
fumo!".
"Penny,
ma ti vuoi calmare?", strillò a un tratto Trixy per
sovrastarla.
"Scusa",
farfugliò l'altra, rendendosi conto di stare urlando.
"Era
solo un maledetto bacio sulla guancia! Tu e Al ve ne siete dati un
miliardo; perchè James non può farlo?". Non
avrebbe dovuto
dirlo, lo sapeva.
"Non
provare a difenderlo!", sbottò puntandole contro l'indice,
minacciosa. "Sai benissimo che non è la stessa cosa: lo dici
solo per farmi calmare! Al è il mio migliore amico, mentre
James non
ha mai avuto un' amica intima. Tutte le ragazze con cui interagiva
erano pazze di lui, e lui non faceva niente per cercarne una che non
lo fosse. Anche se ha delle conoscenti donne che non gli piacciono in
quel senso, non ha con loro un rapporto paragonabile a quello
che
io ho con Al".
Trixy
sbuffò, non trovando un'argomentazione valida a cui
appigliarsi per
farla smettere. In effetti era vero: James non aveva una "migliore
amica", con la quale avesse un rapporto tanto stretto da
abbracci e baci senza che ci fosse un secondo fine. Questo era il
motivo della gelosia universale di Penny.
"Forse
Angie è quella giusta per fare amicizia!",
azzardò
allegramente, pentendosene subito dopo. Penny si girò verso
di lei,
fulminandola con lo sguardo.
"Ti
ha dato di volta il cervello? Non hai visto come lo guarda? Lo fissa
con gli occhi a cuoricino. Questa me la chiami amicizia?!",
berciò irritata oltre misura.
Trixy
non riuscì a trovare una risposta che non facesse incazzare
Penny
ancora di più, perciò prese la saggia decisione
di lasciar perdere.
"Te
lo dico io: se James vorrà mai fare amicizia con una donna,
con la
fotuna che mi ritrovo, sceglierà me!", concluse
catastrofica.
Trixy scosse la testa senza ribattere.
"Melograno
fatato", mormorò la parola d'ordine alla Signora
Grassa,
sempre senza controbattere.
Ormai
erano in Sala Comune e la sfuriata di Penny dovette per forza
concludersi, con un certo sollievo da parte di Bellatrix, che in
seguito non potè fare a meno di raccontarla a Rose e Alice.
Entrambe
concordarono sul fatto che la situazione stesse degenerando e, quando
Penny uscì dalla doccia avvolta nel candido asciugamano
bianco, se
le trovò tutte e tre davanti. Deglutì
rumorosamente e cercò di
sorpassarle un paio di volte.
"Cosa
ho fatto per meritare un tale schieramento?".
"Noi
pensiamo che tu debba dire a James quello che provi".
"Ma
bene Rosie! Ora che conosco la vostra opinione in merito lo
farò non
appena lo incontrerò, contaci!", rispose caustica.
"Rose
ha ragione", sbuffò Alice. "Non puoi restare un anno a
torturarti, chiedendoti chi sia la stramaledetta fiamma di
James".
Penny
si sottrasse a quegli sguardi, svicolando verso sinistra e
dirigendosi al proprio letto per cambiarsi.
"Non
ho intenzione di farlo; sparite dalla mia vista o cambiate
argomento!".
"Non
vedi che effetto ti ha fatto vederlo con un'altra? Non facevi
così
quando pensavi fossero solo di passaggio!", le fece notare
Trixy.
"Certo...",
aggiunse Rose, "non ne eri felice, ma ora sei agitata come uno
Schiopodo Sparacoda!", la accusò. Penny
le scoccò uno
sguardo torvo, schifata dal confronto.
"Non
posso credere che tu mi abbia paragonato a quei mostriciattoli!",
fece schioccare la lingua, spazientita. "Ad ogni modo, mie care,
SCORDATEVELO!".
Ormai
completamente vestita, scese in fretta le scale e uscì dalla
Torre
per sfuggire a quel maledetto accerchiamento. Sperava solo che una
volta a cena le sue amiche si scordassero di illustrarle nuovamente i
vantaggi di dichiararsi. La prospettiva, ai suoi occhi, si
configurava solo come una colossale figura di merda!
SPAZIO AUTRICE
Salve gente,
avevo detto che avrei pubblicato entro due/tre giorni e invece non ce l'ho fatta, quindi Sorry!
Eccomi a voi con un nuovo schizofrenico capitolo, in cui Penny e James continuano imperterriti nel loro Cha Cha Cha – un passo avanti e uno indietro. In realtà Penny sta facendo tutto da sola, perché devo dire che James si comporta bene ormai – tranne fare figure di merda mettendo in dubbio la sua stessa sessualità davanti alle proprie pretendenti. Un dettaglio trascurabile, direi. Il risultato sperato però è stato ottenuto: Angie terrà le grinfie lontane da James.
Comunque prima che mi dimentichi di dirlo, non sono pazza (credo) e la lettera che Trixy ha ricevuto (e il suo conseguente umore nero) non verrà più nominata in questa storia. Sono la base per una OS che è in cantiere – nata davvero all'improvviso. Non svelo altro per il momento, ma presumibilmente la pubblicherò dopo l'ultimo capitolo di Una Strega In Famiglia MA prima dell'Epilogo e spero che mi farete l'onore di leggerla e recensirla. Tutto ciò a meno che la mia mente non cambi i programmi che ha fatto. Anyway, questi pochi giorni prima della partita sono stati faticosi con gli allenamenti e tutto il resto, e i nostri piccioncini si sono guardati da lontano, mentre i Cattivi Presagi non smettono di assillare James. L'ho fatto apposta a descriverli così lentamente, per farvi capire come si sentono, soprattutto lui – che non vede l'ora che passino. È pazzo e paranoico come dice Al? Può darsi: lo scoprirete solo leggendo! *si ritira consapevole di aver scritto solo cavolate*
Aggiornerò la settimana prossima, quindi per ora Addio!
Baci baci :*
Jules
Note:
-gli Schiopodi Sparacoda sono animaletti nati da Hagrid, che fa sempre incroci strani :)
-l'Impervius è un incantesimo che Harry pratica sui propri occhiali per evitare che si bagnino e si appannino