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Autore: Candy_Malfoy    17/07/2015    2 recensioni
A volte le persone sono come due pezzi di un puzzle: finché non trovi il giusto incastro, si limiteranno a scontrarsi senza mai unirsi.
Dal quarto capitolo:
"- Quanto la fai lunga per un bacio. - sospirò esasperato - Lo sapevo che non avrei dovuto neanche rivolgerti parola. -
- E allora perché lo hai fatto? - sbottai.
Lo vidi ghignare.
- Perché pensavo che sarebbe stato divertente farti cadere nel mio letto. -"
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Saaaalve! Mi scuso per il ritardo con cui pubblico questo capitolo, ma sono stata parecchio impicciata tra università e lavoro. Ringrazio come sempre chi ha letto, aggiunto ai preferiti e alle seguite la mia storia.. GRAZIE!
Ora vi lascio al quinto capitolo, sperando che vi piaccia.. Questo è uno dei capitoli clou della storia!
Buona lettura!
 
Stavo dormendo beatamente, quando sentii qualcosa di morbido colpirmi in viso. Aprii gli occhi infastidita e mi ritrovai nel letto il peluche a forma di unicorno di mia sorella. Feci per lamentarmi, ma la voce assonnata di Sybil mi bloccò.
- Il tuo cellulare non smette di squillare. Ti prego, rispondi. –
Sbattei un paio di volte le palpebre, prima di rendermi conto che aveva ragione: allora la canzone che sentivo in sogno era la mia suoneria e non una musica di sottofondo.
Sbadigliai e allungai la mano per prendere il cellulare sul comodino. Sullo schermo c’era il nome di Rebecca.
- Giorno Becks. – sbiascicai rispondendo al cellulare.
- Vai a parlare fuori! – mi urlò Sybil, mettendosi il cuscino sulla testa.
Io sbuffai, mentre mi alzavo e le tirai addosso il suo peluche. Uscii dalla camera ed andai a sedermi sul divano in salone.
- Becks, perché mi chiami così presto? – sospirai, passandomi una mano tra i capelli.
- Sono quasi le 10. – rispose lei con un sospiro.
- Appunto: è l’alba. È successo qualcosa? –
- Quindi ti sei appena svegliata? – mi chiese, dopo qualche secondo di silenzio.
- Non sono neanche le 10 e oggi lavoro il pomeriggio: mi spieghi perché avrei dovuto svegliarmi prima? –
- Ok, perfetto. Vieni da me allora, ti devo dire una cosa. –
- Cosa? – esclamai incredula – Perché devo venire da te? Non puoi dirmela per telefono? –
- No. Devi anche vederla. –
- Becks, cos’è successo? Mi devo ancora svegliare, sto con mezzo occhio aperto e devo farmi una doppia dose di caffè endovena. Non ce la faccio ad affrontare un viaggio in metro per venire da te. Ci vediamo stasera? –
- No, è urgente. Ti faccio trovare il caffè pronto e mamma ieri ha fatto i dolcetti che piacciono a te. –
- Urgente? È successo qualcosa di grave? Becks, mi stai facendo preoccupare. – dissi, iniziando ad agitarmi.
- Se invece di chiedermi in continuazione cosa è successo, ti andassi a lavare, saresti già fuori casa! – mi rimproverò.
- Sei una rompiscatole. Arrivo. – sbuffai riattaccando.
Andai a farmi la doccia, mi vestii velocemente ed uscii, continuando a pensare a cosa potesse essere così urgente da non poter essere detto per telefono.
Presi la metro e in una ventina di minuti ero fuori casa di Rebecca. Suonai al campanello e mi aprì Maja, la madre di Rebecca.
- Min älskling. Come stai? – mi disse con il suo forte accento nordico e baciandomi la guancia.
Maja era la classica bella donna svedese: alta, bionda e occhi azzurri. Viveva da più di vent’anni in Inghilterra, ma nonostante ciò il suo accento svedese era ancora parecchio forte e usava spesso termini della sua lingua madre, come “Min älskling” che significava “Mio tesoro” e mi ci chiamava sin da piccola.
- Tutto bene. Rebecca sta bene? Mi ha fatto venire di corsa qui. – le chiesi un po’ preoccupata.
- Ja, Ja. È nella sua camera. Vai che c’è già il caffè e ieri ho fatto i Kanelbullar e i Lussekatter, come se mi sentissi che saresti venuta. –
Le sorrisi, la ringraziai e salii per le scale raggiungendo la camera di Rebecca. Trovai la mia amica seduta alla scrivania, con il pc davanti e che controllava la home di Twitter.
- Buongiorno! – sospirai sedendomi al suo fianco e prendendo la mia tazza colma di quell’ambrosia degli dei che i comuni mortali chiamavano caffè e bevendone un po’ – Qual è l’urgenza? –
Chiuse la pagina di Twitter e si girò verso di me.
- Ti devo far vedere una cosa, ma mi devi promettere che starai tranquilla. – mi disse seria.
- Più parli, più mi fai preoccupare. – dissi, mentre addentavo un Kanelbulle – Quindi fammi vedere subito, così poi sto più tranquilla. –
Lei sospirò e cliccò in basso l’icona del browser e si aprì la pagina di una rivista di gossip online. Strabuzzai gli occhi appena lessi il titolo: “Nuovo amore per Louis Tomlinson?”
- Oh cazzo. – alitai, poggiando il dolcetto alla cannella e appropriandomi del mouse per far scorrere la pagina.
Ma quello che vidi sotto fu peggio. Appena sotto il titolo c’erano due foto in cui si vedeva chiaramente che Louis stesse baciando qualcuno e sotto altre due in cui si vedeva perfettamente il volto della persona che stava baciando: me.
- No, non ci credo. – esclamai, mettendomi le mani nei capelli – Ma come diavolo hanno fatto? Non c’era nessuno su quella cavolo di terrazza! Eravamo solo io e lui! –
- Hai presente quei super obiettivi con quei super zoom? Ecco come hanno fatto. Con quei cosi se vogliono possono controllare anche quanto sono dilatati i pori del tuo viso. Sicuramente erano appostati da qualche parte e il gioco è fatto. –
Emisi un gemito di sofferenza mentre iniziavo a leggere l’articolo. Facevano supposizioni su chi fosse questa misteriosa moretta con il quale Louis Tomlinson si era intrattenuto durante la cena di gala della Harper’s Company e con la quale si era scambiato, cito testualmente, un appassionato bacio.
- Appassionato bacio? – dissi, con una voce un po’ più stridula del solito – Ma non l’hanno visto che l’ho allontanato? Ma dimmi tu se una mia foto doveva finire online su uno dei siti di gossip più cliccato! –
- Hanno pompato la notizia. – mi consolò Rebecca, ripassandomi il mio dolcetto, che ricominciai a mangiare per consolarmi – Penso che dovresti leggere anche i commenti alla notizia. – aggiunse e vidi che si morse il labbro inferiore, come a trattenere una risata.
Durante i giorni in cui avevo girovagato su internet alla ricerca di notizie su di loro per l’intervista, mi ero imbattuta più volte nei commenti pungenti delle Directioners e sinceramente ora temevo cosa avessero potuto scrivere su di me. E facevo bene. I commenti spaziavano parecchio. Alcuni erano molto tranquilli, tipo “Se Louis è felice, sono felice per lui”. Altri erano un po’ più acidi, del genere “Ma chi è questa stronza appiccicata a Louis?”. Per non parlare di quelli che biasimavano Louis per essersi fatto fotografare con un’altra dopo appena un mese che si era lasciato con Eleanor. Ma i migliori erano quelli che mi definivano la nuova beard per la questione dei Larry e che mi ricordavano che Louis e Harry fossero innamorati.
- Tutto ciò è surreale. – dissi piano – Bisogna subito risolvere questo malinteso. Devo fare.. –
Ma non feci in tempo a finire di parlare che mi squillò il cellulare. Lo presi dalla borsa e vidi che stavo ricevendo una chiamata da un numero privato. Lo fissai un po’ incerta prima di rispondere.
- Pronto? –
- Parlo con la signorina Belson? – disse una voce femminile e parecchio formale dall’altra parte del telefono.
- Sì, sono io, con chi sto parlando? –
- Buongiorno, sono Victoria Haden, sono uno degli avvocati della Modest. –
- Della Modest? – chiesi leggermente perplessa.
- Sì, il management dei One Direction. –
- Oh perfetto! – esclamai – Non so se avete visto l’articolo che è stato pubblicato su.. –
- È proprio per quel motivo che la chiamo. – mi interruppe lei – Ha parlato con qualche giornalista dell’accaduto? –
- No. –
- Bene, continui a non farlo, ok? –
- Sì, ok, ma.. –
- La chiamata è audioregistrata. – mi interruppe nuovamente – Quindi ora il suo “sì” equivale ad una firma sul contratto, quindi se non rispetterà l’accordo sarà punibile legalmente. –
Rimasi qualche secondo in silenzio, alquanto perplessa dalla situazione e dall’automa con cui stavo parlando.
- Va bene, non mi importa, ma a quanto so bisogna dire prima che la chiamata è audioregistrata. – commentai acida.
- La chiamo perché vorrei organizzare un appuntamento per risolvere la questione del bacio che lei si è scambiata ieri sera, 30 Giugno, con il signor Tomlison presso l’hotel Mondrian. Me lo conferma? – continuò, ignorando completamente ciò che avevo detto.
- Tecnicamente è lui che ha baciato me.. – iniziai.
- I particolari non mi interessano. – mi interruppe ancora, mettendo a dura prova la mia pazienza – È disponibile per un appuntamento oggi pomeriggio alle 17? –
- In realtà, a quell’ora io lavoro. –
- Va bene. È disponibile a venire subito? –
- Subito? - ripetei sconvolta – Ma non so neanche dove siete! Non possiamo fare domani o un altro giorno? –
- Preferiremo risolvere la questione in giornata e a quanto ho capito anche lei. Se mi da il suo indirizzo le mando subito una macchina che la accompagnerà presso i nostri uffici. –
- Oh no! Preferirei farmela a piedi, piuttosto che farmi venire a prendere da voi. – risi – Va bene, verrò subito, il tempo di capire che mezzi devo prendere e sarò lì. Mi dia l’indirizzo. – aggiunsi, prendendo carta e penna.
Segnai l’indirizzo e riagganciai.
- Sono tutti matti. – borbottai, mentre usufruivo del computer di Rebecca per capire dove dovessi andare – Ma non possono fare una smentita loro senza coinvolgere anche me? –
- Non penso che sia così semplice, ci sono le foto. Vuoi che ti accompagni? –
- No, grazie tranquilla. Farò veramente un salto, spero che si risolva in fretta. Ok, vado. – dissi alzandomi – Ti chiamo appena finisco e ti racconto. –
Uscii da casa di Rebecca ed andai a prendere l’autobus che avrebbe dovuto lasciarmi davanti agli uffici della Modest. Quando arrivai rimasi qualche secondo perplessa dall’ambiente circostante: mi aspettavo di ritrovarmi in una zona di Londra piena di uffici, invece sembravo trovarmi proprio in un complesso abitativo. Controllai nuovamente l’indirizzo per assicurarmi che non fossi andata nel posto sbagliato. Feci anche una rapida ricerca su Google e anche il sito ufficiale dell’agenzia confermava l’indirizzo. Andai al civico che avevo segnato e trovai una targa color bronzo con su scritto “Modest Management”: ok, era giusto.
Suonai il citofono e poco dopo sentii una voce rispondermi.
- Modest Management, mi dica. –
- Sono Elizabeth Belson. Un’ora fa circa ho parlato con la signora Hader. Mi ha fatto venire qui. –
- Oh certo. Secondo piano a destra. – disse, prima di aprirmi il portone.
Entrai nell’edificio e salii due rampe di scale prima di trovarmi davanti un portone socchiuso. Lo spinsi piano e mi trovai davanti un bancone dove c’era una donna mora sulla trentina che mi sorrideva.
- Buongiorno signorina Belson. Se mi vuole seguire, verrà subito ricevuta. – mi disse accompagnandomi in una piccola sala d’attesa.
Mi sedetti su un divanetto ed iniziai a sentirmi abbastanza nervosa. Quasi peggio di quella volta che ero stata mandata dal preside. Non sapevo chi avrei trovato dall’altra parte della porta, né cosa volessero esattamente.
Ero intenta ad arrovellarmi in mille pensieri quando la porta si aprii e ne usci una donna dai tratti orientali sulla trentina.
- Signorina Belson? Sono l’avvocato Victoria Hader, ci siamo sentite al telefono. – disse, porgendomi la mano.
- Sì, sono io. Piacere di conoscerla. – dissi, alzandomi e stringendole la mano.
- Prego, si accomodi. – disse, spostandosi dalla porta per lasciarmi entrare.
Mi ritrovai in una sala riunioni con un tavolino al centro a cui erano sedute altre tre persone. Un uomo pelato, un altro uomo con un groviglio di capelli rossi in testa e poi niente poco di meno che Louis Tomlinson. Lo guardai leggermente di traverso appena entrai e lui mi fece un sorriso tirato e infastidito: sembrava che neanche lui avesse tanta voglia di stare lì.
- Prego, si accomodi. – mi disse l’uomo pelato, indicandomi una sedia di fronte a lui.
Mi sedetti, mentre vidi l’avvocato chiudere la porta e tornarsi a sedere. Mi sentii un po’ in soggezione con quei tre: cosa volevano da me?
- Io sono Mark Mester, uno dei responsabili della Modest. – disse l’uomo pelato – E lui è il mio collega Vincent Clark. – continuò indicando il roscio – Lei è l’avvocato Victoria Hader, vi siete sentite al telefono e.. sì penso che con lui non siano necessarie presentazioni. – disse l’uomo sorridendo, indicandomi Louis.
- Purtroppo no. – risposi secca.
- Guarda che neanche io faccio i salti di gioia nel rivederti, ragazzina. – borbottò Louis.
- Potevi pensarci prima. Dovresti iniziare a pensare con il cervello, invece che con il ca.. – ma mi bloccai, forse era meglio tacere ed evitare di scendere nei particolari. Soprattutto perché gli altri tre mi guardavano in maniera parecchio perplessa.
- Non dire le parolacce, sennò lo devo dire alla mamma. – mi canzonò Louis.
- Senti, il fatto che io abbia 18 anni e tu 23, non significa che tu sia più maturo di me. Inizia a ficcartelo in quella tua testa vuota. –
- Ok, bene così. – ci interruppe il signor Mester – Dopo questo scambio di convenevoli, possiamo passare al motivo per cui l’abbiamo convocata, signorina Belson. Sicuramente avrà visto le foto che sono uscite del suo bacio con il signor Tomlinson. –
- Sì, le ho viste. – annuii – E decidete voi cosa voler fare, basta che io ne esca illesa e possa continuare tranquillamente la mia vita. –
- Noi avremo una controproposta da farle. Le vorremo offrire un lavoro. – disse il signor Clark.
Sbattei un paio di volte le palpebre.
- Prego? Io ho già un lavoro. E non riesco a capire l’attinenza fra il bacio e un’offerta di lavoro. –
- Certo. – continuò il signor Clark, annuendo – Bene, stamattina sono uscite le foto del bacio e non possiamo fare finta di nulla, dobbiamo dire qualcosa in proposito. Cioè che lei è la sua nuova ragazza. –
Rimasi qualche secondo in silenzio a guardarli.
- State scherzando, vero? Io non mi presto a tali pagliacciate. –
- La pagheremo. – ripeté il signor Clark, convinto.
- Tenetevi i vostri soldi, tranquillamente. Inventatevi qualcos’altro da dire, è fuori discussione. –
- Le pagheremo la retta alla Saint Prudence per tutti e cinque gli anni. –
- Cosa? – strabuzzai gli occhi dopo quella offerta.
- Esattamente. – disse il signor Mester – Lei lavorerà per noi per un paio di mesi e noi le pagheremo fino all’ultima sterlina della retta universitaria. Basta che firmi un contratto. –
- Farò domanda per la borsa di studio, non ne necessito. – continuai, scuotendo la testa.
- Non è facile vincere una borsa di studio per quella università, a quanto ne sappiamo. Sono dieci per tutta l’Inghilterra se non sbaglio, vero? –
- Non mi importa. – dissi risoluta – Io la ragazza copertura non la faccio. Fine della discussione. – dissi alzandomi.
- Ci pensi oggi e domani ci fa sapere. – continuò pacato l’uomo.
- So già che la risposta è no. Quindi iniziate subito ad inventarvi altro per proteggere il vostro pupillo. Basterebbe dire la verità: lui ci ha provato e io l’ho respinto. E vi siete tolti la grana. –
- Signorina Belson. – mi canzonò il signor Mester – Il signor Tomlinson è l’idolo delle teenager, non è concepibile questa cosa. –
- In fondo è un essere umano, queste cose succedono. Posso andare ora? –
- Ci faccia sapere per il contratto domani. Ci pensi, per favore. –
- Va bene, va bene. – sospirai, infastidita – Ma sapete già la mia risposta, quindi non ne siate troppo sorpresi domani. Arrivederci – ed uscii dalla stanza.
Che faccia tosta che aveva quella gente: chiedere a me di fare la ragazza copertura per quel bell’imbusto di Tomlinson. Come potevano solo pensare che avrei mai accettato? Si erano addirittura offerti di pagarmi la retta alla Saint Prudence! Una retta di 5000 sterline l’anno per fingere di essere la sua ragazza!
Sentii una piccola parte di me pensare a quanto la mia vita sarebbe stata più semplice se avessi accettato quell’offerta: sarei entrata tranquillamente nell’università dei miei sogni senza che i miei avessero dovuto pagare il 90% della retta. Perché, diciamocelo chiaramente, il mio lavoro come cameriera avrebbe coperto solo una piccola parte di quelle 25mila sterline che avremmo dovuto sborsare nei prossimi cinque anni, se non fossi riuscita a vincere la borsa di studio. Forse per un paio di mesi avrei potuto sopportare.. No! Bloccai quell’insano pensiero sul nascere, non potevo arrivare ad un tale compromesso. Avrei pregato con tutta me stessa che i miei voti bastassero a farmi vincere la borsa di studio e se non ciò non fosse accaduto, ci avrei pensato poi al momento.
Mi vidi poi con Rebecca e Susan e pranzammo insieme. Raccontai anche a loro ciò che era successo agli uffici della Modest e si sbellicarono dalle risate: a quanto sembrava la mia vita era diventata estremamente divertente per le mie due amiche.
Il pomeriggio lo passai a lavoro e ciò mi distrasse dalla conversazione di quella mattina e da tutti i miei dubbi, perché, nonostante tutto continuavo ad averli: non era facile rifiutare 25mila sterline, non era come rifiutare una fetta di torta. Ma ne andava della mia integrità, del mio orgoglio.
Quanto tornai a casa decisi di non dire nulla alla mia famiglia: né del fatto che fossi sui siti di gossip con le labbra di Tomlinson appiccicate alla mie, né che il suo management mi aveva offerto di diventare la sua fidanzata per 25mila sterline. Tanto il giorno seguente avrei rifiutato, quindi perché dare questo pensiero ai miei? E poi del bacio molto probabilmente non lo avrebbero mai saputo, bastava che non lo vedesse Sybil e se finora non aveva detto nulla, significa che non l’aveva visto, quindi meglio così.
Andai a dormire serena, con l’unica scocciatura che il giorno seguente mi sarei dovuta alzare presto e andare agli uffici della Modest per ribadire ciò che gli avevo già detto oggi.
 
Erano le due di notte quando, insonnolita, mi alzai da letto ed andai al bagno. Mentre camminavo lungo il corridoio, notai che la luce della cucina era ancora accesa. Che ci fossero dei ladri? Mi avvicinai cautamente, prendendo un sopramobile in caso mi fossi dovuta difendere, ma, giunta lì, sentii chiaramente le voci dei miei genitori parlare fra loro.
- Dobbiamo fare un po’ di economia. – stava dicendo mia madre – Questo mese ce l’abbiamo fatta, ma il prossimo? L’università sta facendo troppi tagli e i nostri stipendi si stanno riducendo a vista d’occhio, non possiamo andare avanti così. –
- Non ti preoccupare, ce la faremo. – la consolò mio padre – Lizzie sta lavoricchiando, Iago fra poco si laurea e andrà a vivere con Sarah, ce la faremo. –
- E se Lizzie non vincesse la borsa di studio? – chiese preoccupata mia madre – Come faremo? Non le voglio dire che non ci possiamo permettere quell’università. Non voglio essere io a distruggere i suoi sogni. –
- Ed infatti non lo faremo. Lizzie vincerà la borsa di studio, nostra figlia è intelligente, si sta impegnando molto. –
- Sono dieci borse di studio per tutta l’Inghilterra! Se fosse solo per la sua scuola oppure anche solo per Londra, potrei anche essere più ottimista, ma tutta l’Inghilterra: sai anche tu quanto è ambita quella scuola. Non posso distruggere i sogni di mia figlia. Si sta impegnando così tanto, potrebbe godersi l’estate come una qualsiasi adolescente e invece sta lavorando per non far pesare tutto a noi. Io.. –
Sentì la sua voce spezzarsi e provai anche io una stretta al cuore.
- Lauren, non ti preoccupare. Se Lizzie non vincerà una borsa di studio, troveremo la soluzione. La manderemo alla Saint Prudence in ogni caso. Chiederemo un prestito o inizierò a lavorare come professore alle scuole serali, dovrei riuscire a conciliarlo con il lavoro all’università. Ce la faremo, non ti preoccupare. –
Sentivo le guance bagnate e non riuscii ad ascoltare oltre. Tornai in camera mia e mi rimisi a letto, cercando di smettere di piangere. Come potevo essere così egoista? Avevo rifiutato, per puro e stra maledettissimo orgoglio, un’offerta di 25mila sterlina che avrebbe potuto risolvere metà dei problemi dei miei genitori, che invece per me erano disposti a chiedere prestiti e fare un doppio lavoro, pur di rendermi felice.
Dormì poco quella notte e non mi stupii quando, la mattina seguente, mi ritrovai nell’ufficio della Hader e le chiesi di spiegarmi i termini del contratto.
Quella mi guardò stupita poi iniziò in una lunga spiegazione di ciò che avrei dovuto fare. Semplicemente dovevo essere al fianco di Louis e fingere di essere la sua ragazza durante le apparizioni pubbliche, quindi fingere di essere felice ed innamorata di lui. Non avrei dovuto avere altre relazioni nel frattempo e soprattutto non avrei dovuto rivelare ad anima viva del contratto. Omisi di averne già parlato con Susan e Rebecca: sapevo che loro si sarebbero portate dietro il segreto fino alla morte. Decisi però di non parlarne mai e per nessun motivo con la mia famiglia: avrebbero cercato di impedirmi di fare tutto ciò. Ora però era arrivato il momento di fare io qualcosa per loro.
Mi disse poi che il contratto sarebbe durato sei mesi, quindi da Luglio fino a Gennaio.
- Avevate detto un paio di mesi. – ragionai, leggermente confusa.
- Senza offesa, signorina Belson. – mi disse la donna – Ma non penso che le potremmo dare 25mila sterlina per meno di sei mesi. –
Annuii in silenzio e poi la donna mi porse il contratto e una penna.
Diedi un’ultima letta veloce, per controllare che fosse tutto come mi aveva spiegato lei e sembrava così. Sospirai e poi firmai per la mia prigionia.
 
 
Capitolo terminato! Bel colpo, eh? Mentre scrivevo la parte finale, mi sentivo male io per Elizabeth!
Ora sarà tutto stravolto. Pensate che Louis ed Elizabeth sopravvivranno per questi sei mesi? O uno ucciderà l’altro?
Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento! Necessito di un feedback!
Grazie ancora per aver letto, ci vediamo per il prossimo capitolo.
Un bacio,
Eleonora
  
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