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Autore: papavero radioattivo    17/07/2015    0 recensioni
«Questo non è un gioco, ragazzina» la ammonì il vecchio, e lei alzò lo sguardo, allargando il sorriso.
«So benissimo che non è un gioco» gli rispose, piano, come se si fosse improvvisamente ricordata della ragazza che dormiva nel letto lì vicino e non volesse svegliarla, «Non è mai stato un gioco, per me».
Abbassò gli occhi sul fascicolo, leggendo alcune parole che ormai erano impresse nella sua mente con il fuoco: innocence artificiale, vittoria, compatibilità, esorcisti… le sembravano solo parti di una favola, una storiella impossibile.

Ci sono storie che non vengono mai raccontate. Le si nasconde sotto il cuscino come se fossero un segreto troppo importante da rivelare.
Hellionor si presenta davanti all’Ordine Oscuro con nient’altro se non un vecchio fascicolo, pronta a mettersi al servizio di un Dio che non conosce pur di dare un significato alla propria vita e a se stessa. Lì dentro conoscerà persone che hanno fatto la storia e persone che, per qualche motivo, sono state dimenticate e sono sparite senza lasciare traccia.
|| OC: Hellionor Paarick; Enea Fowler; Arachne Ingram ♦ Lavi/Tyki; altre coppie ||
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabi/Lavi, Un po' tutti, Yu Kanda | Coppie: Tyki/Rabi
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Í una copia dell’innocenza di dio Í

terza notte

 

 

 

 

 

 

L’Ordine Oscuro sembrava una chiesa.

Non ne aveva viste molte, a dir la verità. Ma da bambina immaginava la loro struttura imponente e buia – senza saperlo, stava immaginando anche la Sede dell’Ordine Oscuro. Trattenne il respiro, ascoltando il rumore dei propri passi che si allontanavano da quelli del resto del gruppo. Lentamente, il silenzio avvolgeva lei e il Supervisore come una coperta fredda. Non era un posto accogliente. Guardandosi intorno, non riusciva davvero a capire come facessero tutti a chiamarla «Home».

La luce fioca e arancione delle candele illuminavano i mattoni grigi dei muri e le porte di metallo.

Si fermò, indicando una crepa che si estendeva a raggiera poco più avanti, tutta l’area era recintata da striscioni gialli che esortavano a stare lontani. Sembrava ci fosse stato un combattimento e qualcosa di veramente pesante si fosse schiantato contro quel muro. «Cos’è successo a questa parete?» domandò, curiosa. Nonostante volesse sapere quale fosse stato l’incidente procurato a quel povero muro, non riusciva a sentire quel posto come suo e, in tutta sincerità, non pensava si sarebbe ambientata in fretta.

«Oh! L’incidente di Komurin II… sarà Enea Fowler a rispondere a tutto, più tardi» le rispose Komui, accennando un sorriso, «Di solito la mia adorata Lenalee fa fare il giro di visita ai nuovi membri dell’Ordine, ma considerando le sue condizioni e…» sembrò bloccarsi per un momento, «L’importanza del caso, è meglio attuare la procedura di identificazione dell’Innocence».

Sentì la mano del Supervisore sfiorarle la schiena in un gesto rassicurante, anche se il suo modo di parlare era evidentemente teso. Da quello che aveva potuto sapere da Allen e Lavi, Komui Lee era una persona tutt’altro che seria e responsabile – allora perché si comportava in modo così professionale con lei?

«Per proteggere la tua identità ti abbiamo registrato come Hellionor Paarick» continuò poi, «Ci sono persone che ancora si ricordano di Takahashi e».

«Ho capito, Supervisore» sentenziò lei, aumentando il passo nonostante non sapesse esattamente dove andare, «Non c’è bisogno che mi spieghi cose che so già».

«Grazie per la comprensione» disse, sospirando di sollievo. Si guardò attorno, assicurandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi, «Di solito è una procedura veloce. Hebraska è molto brava in questo. Ma considerando la situazione…» strinse le labbra in una smorfia, «Spero che non ti succeda niente» confessò poi.

Hellionor aveva notato come il Supervisore cercava di non usare la parola «esperimento» – come se l’idea che comportava quella parola gli facesse ribrezzo o, peggio ancora, paura.  Gli occhi di Komui, dietro alla montatura sottile degli occhiali, erano tristi – in qualche modo Hellionor si sentì colpevole. «Ho la pellaccia, io» gli sorrise, battendosi sul petto, all’altezza del cuore. Non era andata a bussare alla porta dell’Ordine Oscuro per vedere altre persone giù di morale per colpa sua.

«Non ne dubito» sorrise lui, indicandole le scale che dovevano scendere.

 

* * *

 

La pedana piramidale iniziò a scendere, mentre Hellionor si lasciava alle spalle la sezione scientifica, sprofondando nel buio.

«Devi stare tranquilla» la rassicurò, «Da Hebraska ci sono passati tutti gli esorcisti, è molto gentile» continuò, tenendo gli occhi fissi sui cinque uomini che sembravano sospesi nel nulla, seduti sulle loro poltrone rosse – non diedero un minimo cenno di benvenuto o qualcos’altro. Sembravano davvero scortesi, oltre che apatici.

«Non guardali così» la riproverò Komui, mentre la pedana rallentava fino a fermarsi, «sono i Comandanti Supremi».

Hellionor sospirò, coprendosi gli occhi con una mano. Aveva appena fatto la sua prima figuraccia. Scosse la testa, massaggiandosi le tempie, cercando nel suo ridotto vocabolario qualcosa che potesse vagamente essere simile a delle scuse, ma prima che potesse solamente schiudere le labbra per scusarsi per la sua insubordinazione, sentì la mancanza di qualcosa di solido sotto i propri piedi. Riaprì gli occhi e la luce l’accecò per un momento. Quando mise a fuoco, vide Komui sotto di lei e qualcosa simile a dei tentacoli avvolgerla, tenendola sospesa.

«Innocence…» era una voce soffusa, come quella di un ricordo.

Mani minuscole si avvicinarono a lei, sfiorandole le braccia, risalendo lungo le spalle. Hellionor si pietrificò. Che doveva fare? Trattenne il respiro, tenendo gli occhi puntati su Komui, fermo sulla pedana. Sembrava preoccupato e la cosa non l’aiutava.

«Innocence…» ripeté. Si guardò attorno e notò l’essere a cui appartenevano quelle braccia. Il volto di donna era privo di ogni emozione e le sue labbra non facevano altro che sillabare la stessa parola. Innocence.

Chiuse gli occhi, cercando di darsi una calmata. Appoggiò le mani sulle braccia che la reggevano, contando i propri respiri. Nel buio, riusciva ad immaginare quella voce come una ninna-nanna. Qualcosa all’altezza del petto le scaldò la pelle, prima di attraversarle i vestiti ed intrufolarsi dentro di lei. Fu un attimo, come se avesse ricevuto un forte pugno all’altezza del petto che le impedisse di respirare.

«Hebraska?» la voce di Komui, nonostante non fosse diretta a lei, le provocò sollievo, «Allora?» continuò.

«È molto debole, ma riesco a sentirla…» iniziò. C’era qualcosa, nel modo in cui parlava, che faceva sentire a disagio Hellionor. Un’altra fitta al petto la costrinse a chiudere gli occhi e concentrarsi sul dolore, cercando di domarlo, «Nel suo corpo c’è… qualcosa che assomiglia all’Innocence, oltre al frammento in sé, Komui» continuò poi. La stretta di Hebraska stava cominciando a sembrare debole e affettuosa, come l’abbraccio di una madre. «Che cos’è?» domandò poi al Supervisore.

Komui rimase qualche secondo in silenzio – non c’era alcun rumore nella stanza. Era la prima volta che Hellionor sentiva tutta quella quiete. Avvertiva, dentro di sé, il battito del proprio cuore: quel tu-tum che aveva sentito molte volte sul petto di altre persone. Se si concentrava, riusciva ad avvertire anche quell’altro suono che gli faceva da eco, una sorta di punta metallica che picchiava contro un cristallo. Lo aveva sempre ignorato. Cercava di non pensarci, di fare finta che dentro di lei non ci fosse niente di sbagliato o fuori posto. Ma nel silenzio di un posto come quello, ignorarlo era impossibile. Ad ogni battito Hellionor aveva l’impressione che quella punta metallica crepasse il proprio cuore che, ora come ora, le sembrava fatto di vetro. Non si sarebbe stupita se fosse stato davvero così.

«È un falso» il verdetto di Hebraska arrivò come una pugnalata, e il dolore divenne più forte, «Qualcosa che cerca di copiare le caratteristiche dell’Innocence, ma non potrà mai».

«Non si può fare una copia dell’Innocenza di Dio», era una voce nuova ad intromettersi. Veniva dall’alto, come una sentenza divina, «È blasfemia».

La sensazione di torpore lasciò lentamente Hellionor, mentre lei rientrava in pieno possesso delle sue capacità e il dolore scompariva piano, dissolvendosi lungo i propri arti, fino alle punte delle dita.

Il volto di Hebraska, offuscato dalle lacrime sospese sulle ciglia di Hellionor, si avvicinò a lei, appoggiando la fronte sulla sua. La ragazza chiuse gli occhi, sentendo le ciglia liberarsi dal peso di quelle gocce d’acqua e l’umido segnarle le guancie, cadendo poi nel vuoto. Schiuse le labbra screpolate, muovendo le dita delle mani per capire se avesse ripreso consapevolezza di quel corpo che le sembrava così lontano.

«Cinquantadue per cento…» disse, rimanendo poi in silenzio, accompagnando il suo corpo sulla pedana.

Hellionor barcollò, afferrando la ringhiera in ferro. Non sapeva più cos’aspettarsi e, francamente, non aveva compreso il perché di questa ispezione da parte di Hebraska: non aveva detto più di quello che lei aveva raccontato a Komui o di quello che c’era scritto nei fascicoli che aveva consegnato alla scientifica.

«È una percentuale bassa» continuò Hebraska.

Komui si avvicinò a Hellionor, sfiorandole nuovamente la schiena con una carezza, «Tutto il supporto della finta Innocence aiuta il suo corpo a reggere il peso di quella vera, suppongo» disse, guardando la ragazza, «Tu sai come funziona il tuo corpo?».

Hellionor si schiarì al voce, cercando di raddrizzare la schiena, «So solo che c’è qualcosa dentro me che fa funzionare l’Innocence» borbottò.

«Komui» lo chiamò Hebraska, «Non è un’Apostola di Dio» continuò. Quelle parole la ferirono molto più di quanto immaginasse, «La quantità di Innocence all’interno del suo corpo è veramente minima, non credo che sia saggio…».

Il volto di Komui si contrasse in una smorfia. I suoi occhi si soffermarono ancora su di lei poi si rivolsero ai Comandanti Supremi, «Voi che dite?».

«Siamo in presenza di un’Innocence artificiale, costruita con dei frammenti rubati all’Ordine vent’anni fa». Hellionor si appoggiò al parapetto mettendo una mano sul proprio cuore, come se questo potesse aiutarlo a calmarsi, «Nonostante il progetto per creare Apostoli di Dio fosse stato cancellato tempo fa, alla porta dell’Ordine Oscuro si presenta un esperimento riuscito».

Fallimentare si corresse mentalmente Hellionor, ricordando le parole di Komui qualche giorno prima.

«Considerando che la ragazza è sopravissuta fino ad ora, si potrebbe supporre che riesca a convivere con l’Innocence senza che si danneggino a vicenda».

«Questo non è sicuro…» continuo Komui a bassa voce, nessuno sembrò dargli ascolto.

«Avviseremo l’Ufficio Centrale della questione, nel frattempo, come già deciso da lei stesso, Supervisore, la ragazza farà parte del corpo degli Esorcisti in favore della volontà divina».

Komui sospirò. Da quello che Hellionor era riuscita a capire, l’avevano accettata all’interno dell’Ordine anche se lei non era esattamente… in regola. Tuttavia, l’atteggiamento di Komui non era quello di una persona soddisfatta. Si avvicinò a lei, tendendole la mano, «Benvenuta all’Ordine Oscuro, Hellionor» disse, sforzando un sorriso.

Quella titubanza le dava l’impressione di essersi cacciata in un grosso guaio. Ricambiò la stretta, tentando anche lei un sorriso, «La ringrazio infinitamente, Supervisore» mormorò, sincera. Nonostante sembrava che fosse finita in una faccenda più grossa di lei, si sentiva comunque felice di essere entrata all’Ordine.

Non importava se la falsa Innocence l’avrebbe distrutta dall’interno. Non aveva niente da perdere, e non aveva intenzione di legarsi a qualcosa o qualcuno. Sapeva che le rimaneva poco da vivere e non aveva intenzione di trascorrere la sua vita con le mani in mano.

Se poteva ricavare qualcosa di buono dagli errori di suo padre, tanto valeva provarci.

La pedana risalì, mentre la luce che circondava Hebraska si affievoliva lentamente. Hellionor provò a lasciare le brutte esperienze lì, con i cinque tipi strambi e quella specie di lumaca gigante. Ma non ci riuscì. Si guardò le mani e quella linea della vita decorata da tagli chiusi da poco. Sospirò, sentendo l’aria scompigliarle i capelli, proprio come il sangue si infiltrava nelle pieghe delle sue mani. I cattivi pensieri erano sempre con lei, cuciti sulla sua pelle.

 

* * *

 

Enea sospirò con le braccia incrociate al petto, poggiato ad una delle pareti. Avrebbe preferito fare altro piuttosto che da guida turistica alla nuova arrivata, ma il modo in cui Komui l’aveva letteralmente pregato, ribandendo circa un miliardo di volte che la sua Lenalee non avrebbe potuto farlo, lo aveva convinto ad accettare solo per il mero desiderio di farlo stare zitto.

Il suono dei passi sulle scale lo costrinse a staccarsi dal muro, giusto in tempo per vedere la nuova esorcista fare gli ultimi tre gradini, «Tu devi essere Hellionor» le disse, più per cortesia che per altro, e poi le tese la mano, invitandola a stringerla – prima avrebbero iniziato, prima avrebbero finito, non era tanto difficile.

Hellionor si sforzò di sorridere prima di ricambiare la stretta, si sentiva ancora un po’ in subbuglio per quello che era successo qualche attimo prima, «Tu invece devi essere Enea Fiore».

«Fowler» la corresse lui, e lei si sentì una completa imbecille. Era diventata un membro ufficiale dell’Ordine e aveva già fatto due figuracce, probabilmente entro sera sarebbe arrivata ad una quota esorbitante.

«Ah, è Fowler!» affermò cercando di sdrammatizzare, «Mi sembrava che “Fiore” fosse un cognome un po’… imbarazzante» ammise, e poi sorrise di nuovo alzando la testa per guardarlo negli occhi. Probabilmente era più grande di lei, o forse era solo troppo alto e fuori misura.

Il ragazzo evitò di rispondere alla sua affermazione, si limitò a darle le spalle e a invitarla a seguirlo. Non dava l’idea di essere di buon umore, ma almeno non sembrava un imbecille come Allen e Lavi. Era quello che più si avvicinava alla sua immagine di esorcista: una persona seria che fa il suo lavoro con  dedizione, senza correre in mezzo alla neve e inciampare nei suoi stessi piedi.

Lo affiancò tenendo il passo, guardandosi attorno mentre attraversavano il grande ingresso e si accingevano a prendere le scale, domandandosi perché non avessero costruito un ascensore anche lì.

«Qui c’è la caffetteria» parlò stancamente Enea, l’aria gli scompigliava i capelli biondo cenere, tenuti in ordine da una piccola coda dietro la nuca, «Il capo chef si chiama Jerry, cucina qualsiasi cosa tu possa immaginare» le spiegò, girandosi a guardarla per controllare che lei lo stesse seguendo.

Hellionor sbirciò dentro la porta, esaminando i finder seduti ai tavoli, intenti a chiacchierare e mangiare. Lo stomaco le brontolava terribilmente, risvegliato dall’aroma di spezie che riempiva tutta la sala.

Cibo e alloggio gratis! esultò interiormente, non poteva andarle meglio.

«Quando abbiamo finito il giro puoi tornarci» le comunicò, come se fosse riuscito a sentire il borbottio della sua pancia vuota. Era la prima cosa amichevole che diceva da quando si erano presentati, segno che forse avrebbe potuto instaurare una misera conversazione senza che lui la ignorasse o le rispondesse con quel tono decisamente seccato.

Provò di nuovo a sorridergli salendo un'altra rampa di scale, sistemandosi i lunghi capelli sciolti sulla spalla, «Da quanto tempo sei nell’Ordine?» gli chiese spezzando il silenzio, interrotto soltanto dal suono dei loro passi sui vecchi scalini in pietra. Ricordava che durante il viaggio Lavi le aveva detto che la Sede Centrale aveva quasi cent’anni, e questo significava che un sacco di esorcisti erano passati di lì prima di lei, per quei gradini. Un mucchio di scienziati, di uomini pronti a sacrificare la loro vita in nome di un Dio che non si faceva nemmeno vedere, e suo padre. Anche lui era stato lì.

Enea infilò una mano in tasca, estraendo una piccola tabacchiera decorata con motivi floreali, «Undici anni» le rispose, infilandosi fra le labbra una sigaretta. Nel momento in cui il fiammifero ne accese la punta, un odore pungente le impregnò le narici, riportandola indietro nel tempo per una manciata di secondi. Ricordava quel profumo, si spandeva nei corridoi dell’Orfanotrofio, impregnando la tappezzeria.

«Sono qui da quando ho dodici anni» le spiegò, riportandola con i piedi per terra, «Questa è la Sala Allenamento» cambiò bruscamente argomento, mostrandole un ampio spazio colonnato, «È divisa su tre piani, puoi venirci quando ti pare» continuò a parlare, ed Hellionor pensò che quello era il discorso più lungo che avesse fatto. Stava facendo progressi, ora della fine del giro probabilmente sarebbe riuscito a fare un discorso!

«E se per caso dovessi venire qui e trovare un ragazzo dai capelli lunghi e scuri che sembra una ragazza, stagli lontana di almeno sei metri» suggerì senza particolari pretese, accompagnandola di nuovo fuori, «Oppure tiragli un peso in testa, se ci riesci» le sembrò di vederlo sorridere, ma forse era solo una smorfia.

«Chiunque sia non ti sta simpatico, ho capito» gli disse mentre continuavano a salire, ed Enea aspirò una boccata, lasciando poi che il fumo gli uscisse dalle narici. Il fatto che le avesse detto che era lì da undici anni, da quando ne aveva dodici, significava che ora ne aveva ventitré. Non riusciva ad immaginare che cosa volesse dire passare così tanto tempo nello stesso posto, che cosa si potesse provare ad avere un posto dove poter sempre tornare.

Forse era per questo che la chiamavano “Home”, Lavi le aveva detto che – come lei – molti esorcisti non avevano una casa, prima di entrare all’Ordine, e di certo dopo undici anni di permanenza nello stesso luogo si inizia un po’ a mettere radici.

Casa… magari un giorno lo sarebbe diventata anche per lei.

«Qui ci sono i bagni» le indicò con un cenno della mano, senza sprecarsi più di tanto a spiegarle i dettagli, «Ma hai un bagno personale anche nella tua stanza» aggiunse, senza nemmeno fermarsi per farglieli vedere.

Stava quasi diventando seccante, se era irritato perché era stato costretto ad accompagnarla, di certo non era colpa sua.

«E perché ci sono dei bagni comuni se ognuno ha un bagno personale?» domandò confusa, le sembrava poco logico.

Enea sospirò, «Prima non c’erano, li ha fatti costruire il Supervisore» le rispose, entrando in un corridoio pieno di porte con un enorme lampadario al centro, «Per socializzare, così ha detto» le spiegò, e all’improvviso le venne in mente che voleva chiedere che cosa fosse successo al muro distrutto che aveva visto durante la sua discesa con Komui, ma Enea le impedì anche solo di aprire bocca.

«Questo è il piano dell’infermeria» disse, abbassando subito dopo il tono della voce in maniera quasi drastica, come se stesse cercando di non farsi sentire, «La Capo Infermiera è una donna terribile» mormorò continuando a fumare, «Ti auguro di non conoscerla» sembrava quasi divertito, ma Hellionor non riusciva a capire da cosa.

Stava insinuando che secondo lui l’avrebbe conosciuta presto?

Che pezzo di stronzo!

«Non può essere così male» replicò, sistemandosi il maglione logoro che aveva indosso, ed Enea scoppiò a ridere, accompagnandola ai piani superiori. «Ne riparleremo fra qualche tempo» si limitò a dirle, e poi rimase in silenzio fino a quando non entrarono nell’ennesimo corridoio. Le sembrava tutto dannatamente uguale, non aveva idea di come facesse ad orientarsi lì dentro.

«Questi sono i piani con le stanze, molte sono vuote, oppure i proprietari sono lontani per delle missioni e non tornano a casa da anni, quindi sono comunque vuote» disse, accostandosi ad una porta, «E questa è la tua stanza, il giro è finito, e noi ci vediamo» aggiunse sbrigativo, aprendole la porta. «Ah! Komui ha detto che passeranno a prenderti le misure per l’uniforme» le comunicò infine facendole l’occhiolino, lasciandola sola nella sua nuova stanza.

 

 

 

 


 

Note d’Autrici; do you wanna see my Mugen?

 

Lo so, abbiamo detto che saremmo tornate dopo due settimana dal primo capitolo ma (ahi noi!) eccoci qua. Dovete sapere che oggi è il compleanno di Hellionor, e per festeggiarlo abbiamo deciso di pubblicare questo capitolo.

Vorremo fare alcuni chiarimenti:

Nel manga, ci troviamo più o meno alla 30esima notte, quando Komui, Bookman e Lenalee sono tornati all’Ordine (con Hellionor, in MDC) e Allen e Lavi sono a fare la missione di Crowley. Cercheremo di seguire il più possibile gli eventi dell’anime (non del manga, dato che l’anime ci dà molto più spazio temporale) e inseriremo dove necessario degli archi temporali più lunghi di quelli che la Hoshino ci fa intuire. In questo modo dovremmo riuscire a sviluppare meglio le  interazioni tra i personaggi, rendendole più credibili.

La storia di Hellionor è stata creata durante l’arco dell’Arca, e per certi versi può ricordare molto alcune cose che vengono descritte/scoperte in seguito al livello 4. Non si tratta di una “scopiazzatura” del materiale canon della mangaka, semplicemente qualcosa che è stato creato prima di sapere altre informazioni. In tutti i casi, abbiamo cercato di adattare tutto in modo che fosse credibile e coerente con tutto il mondo di D.Gray-man.

È arrivato Enea! / Bisogna fare una festa, perché noi lo amiamo tanto e quindi dovrete farlo anche voi. Non possiamo dire più di tanto, ma speriamo che la sua presenza (anche futura) sia piacevole – insomma, speriamo che riusciate a capirlo. Il motivo per cui Enea non fa molte (nessuna) considerazione sulla stella di Hellionor è, semplicemente, perché il POV del paragrafo era della ragazza, e abbiamo pensato che fosse più utile tenere il suo punto di vista durante il giro dell’Ordine, altrimenti si sarebbe ridotto ad un elenco di posti che lui conosce già da una vita. Sappiamo che la scelta di fare il giro dell’Ordine è stata rischiosa, dato che il lettore la conosce già, ma sono in questi dialoghi e momenti (che si potrebbero definire «inutili») in cui si conosce meglio un personaggio. Inoltre, dopo la prima parte del capitolo più “pesante”, ci voleva un po’ di leggerezza ;)

La storia dei bagni in comune costruiti da Komui per «socializzare» è un’informazione rilasciata dalla Hoshino nel fan book Gray Ark, dove ha pubblicato anche la piantina dell’Ordine a cui abbiamo fatto riferimento.

 

Stavolta torneremo davvero tra due settimane (quindi verso il 31 luglio).

Grazie per aver letto, per aver recensito e per aver messo tra le preferite/seguite/ricordate Risponderemo alle recensioni appena possibile! ;)

     papavero radioattivo




   
 
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