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Autore: Calya_16    18/07/2015    1 recensioni
E' appena arrivato il circo in questa piccola cittadina, ma cosa nasconde? Non è come tutti gli altri circi, ma la gente riuscirà a capirlo?
Questo è primo racconto che pubblico e spero vi possa piacere. Spero anche in che commentiate, poiché son molto curiosa di sapere cosa ne pensiate :)
Buona lettura!
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BAMBINA BRUCIATA NELLA PROPRIA STANZA
La scorsa notte, nel quartiere residenziale del centro, è andata in fiamme la camera da letto della piccola Luise, 5 anni. A quanto pare la bambina, dopo essere andata a letto, ha appiccato accidentalmente fuoco alla propria stanza, senza però trovarne poi via di fuga e morendo bruciata sul proprio letto.
La polizia indaga e non fornisce ulteriori informazioni; mentre i genitori della piccola sono ancora sotto shock.
I vicini affermano di non aver sentito niente fino all’arrivo dei vigili del fuoco e della polizia, immediatamente seguiti da un’ambulanza.”
Questo è quanto riporta il giornale del mattino subito dopo l’incendio. Non una nota di più: le informazioni sono davvero poche, e così devono essere, continua a pensare il vecchio.
La porta della roulotte viene aperta violentemente e praticamente tutti i circensi lo trascinano fuori a forza, continuando a ridere e a urlare di gioia.
- Forza Jobs, festeggia con noi!
Un uomo alto, dai capelli scuri e ingellati, con folti baffi arricciati ed un’espressione furba, gli porge una piccola bottiglia di birra, mentre tutti gli altri attorno a lui sollevano le proprie ed urlano, per poi bere tutto d’un fiato.
Jobs beve un sorso, ma senza sentire niente, come al solito. Si chiede perché ogni volta festeggino, bevano, pur sapendo che la loro vera sete non verrà mai placata.
Li guarda, uno ad uno, e dentro di sé sorride, vedendo quei volti che con gli anni si sono uniti a lui; quei volti maledetti come il suo, che devono stare insieme per poter sopravvivere, ma insieme sono più forti di un esercito intero.
- Adesso basta, se volete festeggiare fatelo nel tendone principale, ma in modo tale che non vi sentano. Per questa cittadina non è una bella notizia.
Gli altri si fermano e lo guardano, cominciando a spostarsi verso il tendone blu e giallo, su cui sventola una grande bandiera rossa con delle fauci sopra.
L’uomo che prima gli aveva dato la birra gli mette il braccio attorno alle spalle e Jobs viene investito dal suo profumo di alto rango: una delle poche cose che quel dannato si concede.
- Dimmi Fred, come stanno i tuoi coltelli?
- Oh bene, bene, grazie! Sempre al sicuro e pronti!
Fred gli fa l’occhiolino e continua a condurlo verso il tendone. Ogni tanto Jobs sente come stanno le preziose creature di ogni componente del suo circo: per loro quegli oggetti particolari, che si scelgono, sono più importanti della vita stessa.
- Ti trovi bene qui con noi?
- Benissimo! Anche perché non posso tornare indietro. E non voglio.
Il sorriso sparisce dal volto di entrambi e con il silenzio che ne segue si dichiara conclusa la conversazione.
- Nonno, nonno! Mi sento benissimo oggi!
Il ragazzino corre verso il suo unico parente e gli sorride, con quel volto falso che porta davanti ai mortali. Fred lascia andare il vecchio e torna ad unirsi agli altri circensi, mentre Jobs osserva il nipote.
- Sei stato bravissimo ieri. Che ne diresti oggi di fare un altro giro in città? Tanto per far anche dimenticare quel “brutto incidente” avvenuto ieri sera.
Entrambi sghignazzano malignamente, mentre il bambino annuisce.
 
 
- Giornale del mattino! Giornale del mattino! Notizie di questa notte: bambina morta bruciata in casa propria. Comprate l’edizione del mattino!
Lo strillone continua ad urlare le stesse parole, interrompendosi solo quando qualcuno gli si avvicina, per posargli i soldi nel palmo sporco della mano.
Una giovane donna, con i capelli raccolti accuratamente dietro la testa in una treccia bionda, gli si avvicina e lo strillone smette di urlare.
- Un giornale, per favore.
Lo strillone posa a terra i giornali e cerca di pulirsi le mani lungo lo scuro cappotto leggermente logoro.
- Solo uno, signora?
- Si, solamente uno, grazie. Ed è signorina.
Gli sorride la donna. Lui si toglie il cappello e le fa un inchino, sorridendo. Si piega infine per estrarre il giornale quando lei interrompe brevemente i suoi movimenti.
- Anzi, faccia due. A scuola farà piacere averne una copia.
- Oh, lavora alla scuola? Non sarà mica lei la nuova insegnante di cui si parla?
La donna si mette scherzosamente la mano davanti alla bocca mentre un risolino le esce da questa.
- Ma che paese è mai questo? Vi conoscete proprio tutti e ogni nuovo arrivo è documentato.
- Una rara novità è sempre ben gradita. E questa volta è anche bella.
Lo strillone torna a prendere i due giornali e glieli porge, mentre lei finisce di estrarre la mano dalla tasca.
- Uno glielo regalo.
- Ma i suoi capi poi che le diranno?
- Che sto facendo un buon lavoro!
Lei gli sorride e lo ringrazia. Si salutano e lui torna ad urlare le sue parole, mentre la giovane insegnante si sistema i giornali sotto il braccio.
Il vento sventola pigramente gli angoli dei giornali e la treccia della maestra le ricade ogni tanto su di una spalla e poi sull’altra. Cammina senza pensieri lungo un viale, con il rumore dei suoi tacchi bassi ad annunciarla.
Si ferma a bordo di un marciapiede per poter salutare una propria collega, che proprio in quel momento sta passando su una delle poche macchine che si vedono in città.
Appena questa passa, la maestra riprende a camminare, ma si ferma poco dopo: alla sua destra vi è il vicolo dove il giorno prima un bambino le aveva lasciato un biglietto per il circo. Si ricorda qualcosa di strano, che l’aveva fatta esitare un momento: ma il particolare le sfugge, le ritorna solo quella sensazione, seppur breve, che le aveva dato i brividi ed una gran voglia di correre via, lontano da quel posto e da quel bambino.
Senza distogliere lo sguardo dal vicolo, adesso illuminato dal riflesso del sole, posa a terra i giornali e cerca nella borsetta appesa al braccio il biglietto. Lo trova praticamente subito e lo guarda: niente di strano, è solo uno dei soliti stravaganti biglietti delle carovane. Continua a fissarlo sperando che le torni in mente qualcosa, un perché di quella strana sensazione. “Che stupida idea” pensa mentre sposta lo sguardo dal biglietto al vicolo: e se lei passasse per il vicolo con il biglietto in mano?
Si guarda attorno e in fretta recupera i propri giornali da terra ed entra nel vicolo: freme dallo scoprire qualcosa, ma neppure lei sa cosa. Si ferma e si guarda attorno: non sente niente e niente le torna in mente. Si ricorda solo quel bambino che le sorrideva, le dava il biglietto e lei che gli prometteva che sarebbe andata a vedere lo spettacolo. Ma c’era qualcos’altro, e lei lo sapeva.
Rimane lì per pochi altri minuti, poi sospirando scuote il capo e si avvia nuovamente verso la scuola.
“Sapevo che era una cosa ridicola. Sarà stata solo una mia impressione; non devo pensarci più”.
Giunta a scuola raggiunge gli altri suoi colleghi nella piccola sala professori, arredata con pochi ma comodi mobili: due divani l’uno di fronte all’altro, un semplice tavolino basso su cui venivano posati fogli e registri, un armadio di legno duro ed un lungo tavolo circondato da tante sedie quanto sono gli insegnanti.
- Buongiorno a tutti! Vi ho preso una copia del giornale.
Dice posando il blocco di fogli sul basso tavolino.
- Buongiorno a te, cara. Grazie mille.
Una delle sue colleghe più anziane si porta subito a leggerlo, mentre la ringrazia.
- Cos’hai lì, Caterina?
Un’altra le rivolge la parola, indicando la sua mano destra. Caterina abbassa lo sguardo e vede che stringe ancora il biglietto.
- Oh, è solo un biglietto del circo.
Sorride sventolandolo e mettendolo poi in fretta in borsa, chiudendola con un gesto deciso.
- Vorrei andarci con il mio fidanzato.
Le risponde l’altra giovane.
- Faresti solo bene. Io invece sono troppo vecchia per queste cose.
L’anziana continua a sfogliare il giornale mentre segue la conversazione e vi prende parte. Caterina la scruta e poi le risponde:
- Io ho un altro biglietto, possiamo andarci insieme.
- Davvero cara? Non sarebbe un problema per te accompagnare una vecchia maestra ad una serata di piacevole divertimento?
Caterina ride.
- Per niente, affatto. Anzi, sarebbe l’occasione giusta per conoscerci meglio.
- E per integrarti un po’ con la nostra cittadina. Sai, ci sono certi uomini che non sono per niente male.
La giovane le fa l’occhiolino mentre finisce di pronunciare quelle parole, per poi voltarsi verso l’orologio appeso alla parete ed esclamare:
- Perché nessuno mai mi avvisa quando devo andare in classe?! La lezione inizia tra meno di quindici minuti!
E così dicendo prende la sua borsa, posata in precedenza su uno dei divani ed il registro della propria classe. La maestra più anziana scuote il capo sorridendo e poi prendendo a sua volta le proprie cose.
- Tu quando inizi, cara?
- Tra un’ora.
- Potresti fare come tutti gli altri e stare a letto un po’ di più. Non sai quanto volentieri lo vorrei poter fare io. Guarda te: alla mia età mi assegnano gli orari più faticosi.
- Lo so, però a me piace stare qua. E poi ho del lavoro da finire.
- Allora ti lascio. Ci vediamo tra qualche ora. Buona giornata Caterina.
- Buona giornata anche a te Belle.
La donna esce dalla stanza e Caterina, assicuratasi che non vi sia più nessuno, chiude la porta della stanza. Si toglie il cappotto e lo va a riporre nell’armadio.
Subito nota qualcosa di strano: adesso erano solo in tre, ma nell’armadio vi è appeso un cappotto in più. Lentamente sposta tutti gli altri cappotti, isolando quello attualmente senza proprietario.
I bidelli non mettevano mai le loro cose in quell’armadio: avevano una loro stanza. Così, lo tira fuori e lo apre leggermente, giusto per poter vedere il nome del proprietario: M. Giles.
Quel nome non le dice niente, ma ripone cautamente il cappotto nell’armadio, ricordandosi di chiedere chi mai fosse quell’uomo. “Perché di un uomo si deve trattare, questo cappotto ha delle spalle troppo larghe per appartenere ad una donna”.
Così pensando si siede al tavolo e presa la borsa ne tira fuori i compiti dei suoi piccolo alunni: le mancavano pochi fogli da correggere, che la sera prima non era riuscita a finire. Qualcosa non andava da quando aveva visto quel barlume sul biglietto da circo.
Ed ecco che le tornò in mente: sempre più prepotente, quella strana sensazione che qualcosa non andasse.
- E’ permesso?
Caterina salta per lo spavento e si gira verso la porta con la mano sul cuore, le labbra leggermente dischiuse.
- Oh salve. Sì sì, prego.
- Mi dispiace, non volevo spaventarla. Ma se la disturbo posso andarmene, pulisco dopo.
- No no, prego. Spero di non esserle io di alcun disturbo. Me ne starò seduta buona al tavolo.
La bidella le sorride e si appresta subito a pulire quella superficie.
Caterina intanto si volta verso l’armadio e cautamente chiede alla sua nuova compagnia:
- Per caso lei sa chi è Giles?
- Intende per caso Mr. Giles?
- Penso di sì.
- Lui è un vostro collega. Ma a quanto pare avete orari differenti se non vi siete ancora incontrati.
- Già, è così.
La bidella ferma le sue pulizie e si rialza lentamente in piedi, lasciando lo straccio sul tavolino.
- Cosa vuole sapere di lui?
- Niente, è solo che avevo trovato il suo cappotto dentro l’armadio e mi domandavo chi mai lo avesse lasciato qui.
La bidella si sposta verso l’armadio e lo apre, estraendone poi il cappotto.
- Che strano, ieri sera faceva piuttosto freddo e non lascia e non dimentica mai niente di suo qua a scuola. E’ un uomo così preciso.
Lo ripone e richiude l’armadio, passandoci sopra un dito.
- Da pulire!
Caterina sorride e torna ai suoi compiti, archiviando momentaneamente la vicenda.

- Mi scusi.
- Dimmi piccolo.
Caterina sorride al bambino che le si è avvicinato nel giardino della scuola. E’ l’intervallo, e i bambini stanno correndo, mentre certe bambine se ne stanno semplicemente sedute sotto gli alberi o sui giochi a parlare e a fare collane con le foglie che cadono dagli alberi.
- Io dovrei andare in bagno.
Dice il bambino allungando timidamente la mano, sperando che la maestra la prenda e lo accompagni. Allora lei annuisce e gli prende la piccola mano candida che le è stata tesa.
Insieme entrano nel lungo corridoio della scuola elementare e si dirigono verso le scale, fino ai bagni.
- Che puzza!
Il bambino si porta la mano libera sul naso, con l’indice e il pollice a bloccare le narici, come una molletta. Anche Caterina distorce il viso.
- Dovremo chiamare qualcuno per far controllare cosa mai possa essere.
Ma mentre si avvicinano ai bagni, la puzza diviene sempre più forte ed intensa. Caterina allora si ferma e si abbassa sulle ginocchia, per poter osservare bene il bambino.
- Aspetta un attimo qui che vado a chiamare una bidella, va bene?
- Ma io non voglio rimanere solo.
- Non lo sarai, infatti. Io andrò esattamente a quella cattedra là in fondo, dove vedi seduta quella signora e poi torneremo subito insieme.
Il bambino sembra incerto, e stringe un poco di più la mano di Caterina. Lei gli sorride in maniera rassicurante.
- Guardami sempre, se questo ti fa sentire più sicuro. Torno subito.
- Ok.
Così detto le loro mani si lasciano e Caterina si rimette in piedi, dando una piccola carezza sulla testa del bambino, scompigliandogli appena i capelli castani.
Comincia a percorrere il breve corridoio che si snoda dai bagni e qui giunge alla cattedra della bidella.
- Salve. Vorrei avvisarla che vi è un problema in bagno: vi è una gran puzza e visto che i bambini vi devono andare – e noi li dobbiamo accompagnare - non sarebbe il caso di pulire, o fare qualcosa per quell’odore?
La bidella alza lo sguardo verso la maestra e si alza lentamente.
- E’ strano, io non ho sentito niente. Possiamo comunque dare un’occhiata.
Le due donne così si dirigono nuovamente verso i bagni e verso il bambino, che non si è mosso e non ha lasciato neppure per un attimo con lo sguardo la sagoma della maestra.
- Eccomi qui, piccolo. Hai visto, ho fatto in fretta.
- Grazie.
Così riprende la mano della maestra senza chiederglielo e la stringe, sbarrando gli occhi verso il bagno.
- Non c’è nulla di cui aver paura, adesso la gentile signora va a vedere che sia tutto a posto e poi possiamo andare in bagno.
Caterina cerca di rassicurare il bambino, ma questo non sembra comunque rilassato.
- Perché hai paura?
- Perché la mamma mi ha raccontato del mostro del bagno.
- Il mostro del bagno?
- Sì. Lui ti prende alle spalle e sale dalle tubature. Me lo dice tutte le volte che perdo tempo in bagno.
- Ma non esiste questo mostro. Puoi stare tranquillo. La tua mamma te lo dice solo per farti diventare più svelto.
Poco convinto, il bambino annuisce e rilascia un sospiro.
- Non riesco ad aprire una porta, potrebbe venire a darmi una mano?
Chiede la bidella comparendo dai bagni.
- Certamente.
Caterina rilascia la mano del bambino per raggiungere l’altra donna ed insieme si dirigono verso la porta.
- E’ da qui che proviene quell’infernale odore. Ho già controllato tutti gli altri gabinetti e non vi è niente di strano.
- E’ veramente insopportabile. Proviamo a tirare insieme.
La bidella annuisce ed entrambe prendono il pomello e cominciano a tirare. La porta comincia lentamente a scricchiolare, fino a che, improvvisamente, non si apre.
Le due donne spostano il loro peso per non cadere e si avvicinano poi al gabinetto, fino a poter osservarne l’interno ed emettere un urlo.
Accasciato tra la parete ed il piccolo water formato bambino vi è un uomo adulto, con le palpebre leggermente abbassate e la bocca spalancata. Da questa fuoriescono mosce nere come la pece, che gli ronzano tutt’attorno al corpo martoriato. Il cadavere continua a fissare inespressivo il soffitto del bagno, mentre le due donne, con le mani alle bocche e urli strozzati, osservano i suoi occhi leggermente celati dalle palpebre: completamente neri.
   
 
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