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Autore: LittleGinGin    19/07/2015    3 recensioni
La grande guerra ninja è terminata e una nuova pace sembra essere sbocciata dalle macerie di un sanguinoso scontro. Eppure qualcosa non quadra ...
Una nuova minaccia sorge da un passato sconosciuto.
Un nuovo pericolo insorge alle porte di Konoha.
Due innamorati separati dal destino avverso.
Riusciranno i due amanti a ricongiungere il filo rosso che li univa?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la serie
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Capitolo XIV –Illusione-

Quella sensazione era indimenticabile. Non la voleva abbandonare. Il corpo fremeva ancora. Fu la sensazione di un attimo. Eppure aveva percepito distintamente le molecole del proprio chakra vibrare. Nella sua mente si stagliò l’immagine di una barriera che racchiudeva il nulla, ma le era incomprensibile e si lasciò ricadere sul proprio giaciglio. Avrebbe voluto raccontare l’accaduto agli altri, i propri dubbi, ma, come se conoscessero le sue intenzioni, al loro rientro i sacerdoti avevano organizzato una serata piena e stancante da farli crollare appena tocca una superficie morbida su cui dormire.
 
Un rumore assordante la fece sobbalzare dal dolente sonno mentre i raggi opachi del primo sole si frastagliavano sulle pareti giallognole della stanza.
“Scusate, vi ho svegliato?” Proferì una voce da dietro la porta socchiusa. Sakura rimase in silenzio, confusa, e prima che potesse emettere alcun fiato la porta si chiuse seguita da un “Stanno ancora dormendo.” e lo scricchiolio di passi.
Subito si catapultò alla porta cercando di seguire i movimenti di chiunque avesse parlato tirando un calcio alla povera e addormentata Jasmine che si svegliò frastornata. Riuscì a percepire solamente risate lontane.
“Cosa succede?” Chiese stropicciandosi un occhio e avvertendo un leggero pizzicore all’addome – colpito -. Con un balzo si precipitò a tappargli le labbra per poi far cenno agli altri di stare in silenzio. Tutti la guardavano straniti e quasi spaventati, ma seguirono i suoi comandi.
Avrebbe finalmente avuto l’occasione di parlare con loro senza orecchie indiscrete forse per un’oretta. Il tempo era poco e non l’avrebbe sprecato.
Così si accinse a raccontare di ogni dubbio che le era affiorato negli ultimi giorni mentre gli altri l’ascoltavano in religioso silenzio con un orecchio attento al suo discorso e uno vigile ad ogni movimento.
“Cosa pensi voglia significare?” chiese trai fischi del vento Gwaine. Sakura scosse la testa.
“Non ne ho proprio idea, credo che sia opportuno svolgere delle indagini all’interno, con la massima riservatezza. Fingeremo di perlustrare il bosco mentre due di noi rimarranno qui a cercare qualsiasi cosa nascondino.”
E fu dopo un tacito acconsentimento che la porta si aprì cigolante.
“Buongiorno.” E i ninja si svegliarono dal sonno.
 
Era stato particolarmente strano che fossero andati a svegliarli quella mattina. Non l’avevano mai fatto, quel’era il motivo di questo nuovo interesse?
Informarono i sacerdoti che quel pomeriggio sarebbero usciti per una nuova ispezione e che non avrebbero pranzato con loro. Nonostante le ripetute richieste di cenare insieme al loro ritorno - semplice cortesia o qualcosa di più? -, riuscirono a convincerli e dopo pranzo prepararono un piano in pochi minuti.
La missione avrebbe avuto luogo nel bosco alle due e mezzo del pomeriggio. Tutti e cinque i ninja si sarebbero diretti lì e solo dopo si sarebbero separati. Sui e Tadashi, i più adatti per quest’operazione per la loro affinità e l’esperienza di lavorare in squadra oltre che specialisti di tale campo, sarebbero tornati di nascosto nel tempio per cercare ogni possibile indizio. Avrebbero mantenuto un contatto grazie agli auricolari ricalibrati da Gwaine per trasmettere su di una rete sicura. Intanto gli altri avrebbero continuato a perlustrare il bosco per ricanalizzare ogni possibile particolare allora sfuggito.
Il sole era alto, tingeva di radiosa lucentezza i vermigli spioventi, il cielo cristallino, privo di alcuna macchia, si specchiava tacito sul fondo di un pozzo, le cicale frinivano tra i sottili fili d’erba scandendo il tempo secondo per secondo mentre il caldo cingeva il corpo niveo della giovane konuichi.
“Che caldo.” Sospirò. La candida pelle imperlata di gocce di sudore, i capelli rosei schiacciati sul corpo come se volessero incorniciarlo.
“In questi momenti rimpiango il mio amato.”
“Sei fidanzata Jasmine?”
“Sì, con il mio ventilatore.” Lasciò ricadere la testa in avanti mentre i capelli corvini la ricoprirono fastidiosamente.
Gli animali ancora tacevano, ma Sakura non vi dava importanza, troppo concentrata sul caldo insopportabile che l’avvolgeva in un abbraccio di fuoco. Con gesto veloce, e quasi disperato, sistemò i fili rosati in un’alta coda sentendosi riavere per un attimo.
“Vi lamentate troppo voi donne.” Sospirò grondante Gwaine faticando a trascinare i suoi stessi piedi.
Nessuna delle due rispose, non per la veridicità della cosa – no, Sakura l’avrebbe certamente ucciso -, ma perché il parlare e il pensare equivalevano a uno spreco di energia inutile, soprattutto se utilizzate per un idiota simile.
<> proruppe la voce di Sui. Subito scattarono sull’attenti.
“Sì, ti sentiamo benissimo.”
<>
“Qualcosa di anomalo?”
<> E la conversazione si concluse. Sakura sospirò rilassando i nervi. Doveva calmarsi. Era tutto così dannatamente calmo che la irritava.
Calmo?
“Ei Sakura! Vuoi rimanere lì tutto il giorno?” Chiese Gwaine agitando la mano. Si era fermata senza rendersene conto. Scosse la testa stringendo le sottili labbra per poi correre verso i compagni.
Nonostante i raggi non riuscissero a penetrare nel folto bosco, se non in vie eccezionali, l’afa di quel pomeriggio era insostenibile. Avrebbe tanto desiderato tuffarsi nelle acque cristalline e salmastre del mare o in quelle clorose delle piscine. Granite ghiacciate, condizionatori funzionanti, ventagli meravigliosi, le passavano a turno nella mente torturandola crudelmente.
<< Mi sentite? >> tuonò flebile una voce dall’auricolare.
“Sì Tadashi, che succede?”
<< Stiamo perlustrando alcune camere. Probabilmente ci dormono i monaci. Per ora non abbiamo trovato nulla di rilevante o di sospetto. >> Sakura annuì. Il fiato sospeso nel vuoto.
<< E questo … >> il rumore di qualcosa che si rompe. << Cazzo! C’è qualcuno. >> Urlò tra le labbra Sui. << Merda. Merda! >>
“Ei! Che cosa sta succedendo?” Chiese spaventata la konuichi, ma udiva solo un rumore gracchiante in sottofondo. Poi il contatto si chiuse.
“Sui! Tadashi! Rispondete! Merda!” si lasciò ricadere a terra con violenza, le mani sorreggevano il volto sconvolto.
“E ora cosa facciamo?” Chiese tremante Gwaine.
Sakura alzò lentamente i propri occhi. Anche gli altri erano spaventati. Jasmine tremava notevolmente e la pelle era di un pallido cadaverico mostruoso. Gwaine fissava incerto il vuoto mentre con smaniosa preoccupazione si toccava ripetutamente i capelli.
Stai tranquilla Sakura. Ragiona. Ragiona!
Provò a rialzarsi notando che le era difficile. Le gambe, le braccia, l’intero corpo era privo di forze, svuotato.
“Non sappiamo con precisione cosa sia o sta succedendo, perciò andare da loro è un rischio enorme. Potremmo far saltargli la copertura o metterci nei pasticci. Aspettiamo ancora un po’ e vediamo se riusciamo a ristabilire un contatto, in caso contrario” Prese un bel respiro. “Interverremo.”
 
Camminarono con gli occhi bassi, fissi sull'erba, in silenzio, senza emettere alcun fiato, alcun suono. Le orecchie ascoltavano con scrupolosa attenzione l’auricolare muto da qualche minuto nell’attesa, e nella speranza, che qualche suono tornasse udibile. L’attesa era snervante e insopportabile, i muscoli rigidi e appesantiti rendevano difficoltoso il cammino, ma ormai non aveva più senso. Era inutile continuare l’indagine se non gli prestavano attenzione. Era uno spreco di energie e nemmeno un’ottima distrazione.
Circondati da uno sconosciuto nemico, senza volto, senza nome, vagavano disorientati per un bosco straniero con il caldo rovente sopra le loro teste a ricordargli che non erano spiriti deliranti, ma carne e sangue.
<< Prova, mi sentite? >> trillò tremolante una voce dall’altro capo dell’apparecchio.
“Sì!” Urlò con ringraziando il cielo Sakura. “Cos’è successo? State bene?”
<< Tutto ok. C’è mancato poco che ci scoprissero. >> un sospiro sollevato si mischiò a quello del vento. Un po’ di ristoro. Era come se il tempo mutasse insieme al comportamento della konuichi.
<< Io e Tadashi stiamo ultimando le ricerche, ma qui non c’è nulla di strano. Non stanno facendo nulla di diverso da quello che dovrebbero fare dei monaci. Non possiedono niente d’illegale, né armi, né droga. Niente che li possa immischiare in questo groviglio senza capo e senza fine. >> Sakura ascoltava in silenzio, ammutolita. Si lasciò ricadere su di una roccia coperta di muschio scostandosi quei ciuffi ribelli che le coprivano gli occhi. Il suo corpo era tutto un fascio di nervi. Voleva tornarsene a casa.
“Ok, appena finite tornate immediatamente qui. Ci vediamo al punto di partenza.” La conversazione terminò e tutti si lasciarono andare alla spossatezza. L’agitazione ancora palpabile nell’aria umida.
“Incamminiamoci.” Riprese Gwaine sistemandosi la tracolla sulla spalla. Jasmine li andò dietro annuendo, ma Sakura non si alzò.
Lo sguardo smeraldino perso nel vuoto, le labbra socchiuse rilasciavano dolcemente l’anidride carbonica all’esterno, le dita intrecciate tra di loro sotto il mento e i pensieri persi in chissà quale groviglio di nodi.
“Sakura?” Insisterono scuotendola per una spalla. Con un balzo s’issò in piedi.
“No, devo fare prima una cosa.” Sentiva il sangue scorrere con forza e violenza nelle vene, il cuore pompare a un ritmo più forte ad ogni passo, i piedi scattavano come se volassero sull’erba sempre più frenetici, sempre più scattanti. In un attimo il suo corpo fremeva e correva con il fiato smorzato e trattenuto, il cuore pulsava adrenalina in ogni cavo, il cervello elaborava informazioni a ruota libera. Finalmente, anche se in maniera inspiegabile, quella confusione che l’aveva sempre circondata e ottenebrata stava svanendo, come risvegliati da un lungo sonno.
Intanto voci acute, quasi grottesche, si scagliavano sul suo corpo in lontananza. La chiamavano frenetiche, preoccupate, spaventate.
“Sakura dove stai andando?”
“Sakura torna indietro!”
Il suo nome risuonava tra i tronchi possenti di quel bosco sconosciuto. Vuote parole, insensibili all’udito della ragazza.
Si fermò e con essa il tempo riprese a scorrere lentamente e minuziosamente, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Con il respiro affannato che le usciva a fior di labbra, scrutava quel luogo indefinito, ignoto.
“Sakura, cosa vuoi fare?”
“Qui …” Non riuscì a pronunciar nient’altro. Troppo indaffarata a calcolare e rielaborare informazioni.
“Dobbiamo tornare indietro.” Gwaine le sfiorò il braccio ma Sakura se lo scrollò di dosso seguitando con un cenno di negazione.
“Qui … la risposta deve essere qui.”
“Di che stai parlando?”
E come appena tornata in sé, come catapultata in questo modo da chissà quale sconosciuta dimensione, si girò a occhi sgranati e un mezzo sorriso di soddisfazione sulle labbra. “La risposta a questo enigma senza fine! Ogni cosa, ogni situazione strana deve per forza avere una spiegazione. E, non so come, sento che la scoprirei soltanto … qui …”
“Non dire stupidaggini Sakura.”
“Non dico stupidaggini Jasmine! E’ come se … non riesco a spiegarlo maledizione! Dovete fidarvi di me.”
La guardavano con occhi di ghiaccio, forse nemmeno la guardavano. I loro lineamenti si erano tramutati improvvisamente in lastre di pietra marmoree. Ogni loro muscolo si era irrigidito.
Sakura fece per avvicinarsi a quella cosa invisibile che il giorno prima le aveva provocato quelle strane sensazioni sotto la pelle.
“Adesso basta Sakura. Dobbiamo tornare indietro.” Disse Gwaine riafferrandola, con più forza e violenza, per il braccio.
Che cavolo gli prende?
Negò silenziosamente, la bocca rosea aperta in un punto di domanda. Jasmine guardava impassibile come una macchina. L’aria si era fatta improvvisamente più pesante e calda.
“Ho detto andiamo.”
“No!” Con un colpo secco si tolse dalla presa di Gwaine e con la punta delle dita sfiorò la barriera invisibile.
Una scarica di non si sa bene cosa la pervase per un istante facendola ammutolire. Sentiva il proprio chakra reagire stimolato da quel flusso che scorreva nel suo corpo.
Che cos’era?
“Sakura andiamocene via!” Urlò Jasmine in preda ad un attacco d’isteria. La giovane konuichi la guardò sbigottita da quella reazione. Non l’aveva mai vista così –beh, non si conoscevano da molto in effetti -.
“Non siamo al sicuro! Andiamocene!” Lacrime violente uscivano da quegli occhi carbone.
“P-perché?”
“Andiamocene e basta!” Continuò a urlare gettandosi su di lei per afferrarla. Sakura la scostò diffidente e incapace di mettere dei pensieri in fila.
Cosa cazzo stava succedendo qui?!
“N-no Jasmine! Perché non siamo al sicuro?”
“Perché devi rendere tutto così difficile?!” Sbottò improvvisamente Gwaine. Gli occhi infiammati di collera. Sakura era disorientata, stordita, tutto le stava sfuggendo di mano e non sapeva più che fare, come doveva comportarsi.
“No, no e no cazzo!” spinse via Jasmine tirando un gancio destro al compagno che le stava andando incontro. Poi, seguendo il suo corpo e il suo istinto, si girò per capire cos’era quel cazzo di barriera o altro che divideva, circondava, il bosco.
Protese le mani in avanti fino a quando esse non toccarono una superficie rigida e il suo corpo fu invaso da-
“Chakra?”
Gemette ritrovandosi carponi per terra. Gwaine l’aveva colpita alla testa.
“Ma che ca-“ con un calcio alla bocca dello stomaco la fece sobbalzare sputando un impasto misto a bile e sangue. Ne susseguì un altro e un pugno dritto sulla testa.
Accadde tutto velocemente. Il tempo di ragionare o almeno concepire cosa stava succedendo era inesistente. Gwaine sferrò un altro calcio, questa volta puntato in pieno volto, che Sakura riuscì a bloccare. Lo guardò un istante, poi un crack fece tremare le foglie e un urlo gutturale scuotere il terreno. Uno spintone e il compagno si ritrovò a gambe all’aria, digrignando i denti. Sakura si era rialzata, la vista leggermente appannata, un disgustoso gusto amarognolo tra le labbra, fitte dolorose alla testa e allo stomaco. Mise a fuoco meglio l’immagine dell’aggressore ancora carponi. Non ci voleva credere. Gwaine, il suo compagno di squadra, ninja di Konoha, l’aveva aggredita sotto gli occhi impassibili di Jasmine.
“Che cazzo vi prende?!” Chiese con voce tremante. Non risposero. Era confusa, terribilmente scossa. Le idee le vorticavano nella mente impedendole di concentrarsi su una per metterla a fuoco.
Poi ricordò quella quantità enorme di chakra estraneo che aveva percepito nel suo corpo - diramandosi dalle mani risaliva tutto il busto fino a defluire lungo le gambe e la mente – subito dopo aver toccato quel qualcosa di invisibile.
Cos’è questa barriera?
“Dobbiamo andarcene!” Gridò improvvisamente Jasmine trasudando da ogni parte. Aveva i pugni stretti lungo il corpo, i muscoli del coso tesi, leggermente in avanti, le labbra serrate, gli occhi di pece spalancati, strabuzzanti, il volto grondava di sudore.
Sakura scosse la testa e si appoggiò nuovamente alla parete percependo di nuovo un grande quantitativo di chakra.
“Adesso mi dovete spiegare cos’è questa storia.” Chiese mentre il caldo si faceva più soffocante e opprimente. “Cosa vi è preso? Perché mi avete aggredito?” E intanto cercava di analizzare, al massimo delle sue capacità, quell’incognita che racchiudeva un enorme segreto.
“Dobbiamo andarcene via, subito.”
“Perché?!”
“Perché non possiamo stare qui!” Sputò Gwaine barcollando, il piede rotto appoggiato dolente sul terreno.
“Spiegatemi il motivo! E poi cos’è questa barrier-“ Jasmine le lanciò un kunai nella mano destra, quella che riceveva il chakra esterno, e Sakura gemette piegandosi in avanti.
Estrasse l’arma appuntita, sperando che non fosse avvelenata, per poi stringerla con forza e violenza. Non accettava questo loro comportamento. Erano i suoi compagni, erano diventati amici!
“Non vi capisco …” balbettò abbassando il volto. Le lacrime le offuscarono la vista, ma doveva restare lucida e impassibile, come un ninja deve essere, perché nonostante fossero suoi amici, in questo momento la volevano uccidere.
“Cosa c’è da capire?”
“Tutto! Perché vi comportate così? Eravamo compagni, eravamo amici! E adesso … adesso siete come altre persone. E ogni volta che mi guardate mi sembra che non mi vediate nemmeno, come se foste sotto l’effetto …” E la sua voce scemò in silenzio, mentre le labbra si muovevano senza far trapelare alcun suono e gli occhi smeraldini si sgranavano impietriti.
“Non può essere …” Sospirò infine dopo una lunga pausa staccando la mano ferita dal muro che delimitava l’area del bosco.
Come può essere possibile? N-non ha senso! Poi perché una cosa del genere? Con quale scopo?
Gli occhi, puntati sul terreno, sgranati, il corpo rigido tremava sotto il peso di quelle rivelazioni così impossibili e insensate. Nessuno si mosse, nessuno disse nulla. Poi alzò con decisione lo sguardo smeraldino, le labbra serrate in un impeto di rabbia e fervore, il crescente pulsare del cuore.
“Siamo sotto illusione.”
Le parole risuonarono come un vento gelido e improvvisamente l’atmosfera cambiò, divenne tutto più grigio e cupo, come se il sole fosse coperto da nubi, ma il caldo divenne invece più opprimente e schiacciante, da rompere il fiato, la leggera brezza che scorreva lenta fra i fili ingialliti del prato si fermò di colpo.
Non risposero.
“Questa barriera è semplicemente il limite dell’illusione, il confine al di là del quale non c’è niente, non è stato creato niente!”
Non parlarono.
“Perché? A che scopo?”
“Non sono affari tuoi.” Proferì solenne la voce del sacerdote. La guardava con occhi di pietra, le mani giunte, il mento alto. Dietro di lui si apriva una schiera di monaci inferiori.
Sakura ghignò divertita.
“Immagino ci siate voi dietro tutta questa storia. La missione, le visioni, tutta una finzione per attirarci qua. A quale scopo? Per imprigionarci sotto il vostro controllo? Per questo Jasmine e Gwaine mi hanno attaccato?” Lui non rispose limitandosi a un modesto sorriso.
“Piccola ragazzina ingenua.” Sakura si accasciò al suolo tremante guardando impietrita la spada che le perforava lo stomaco. Al suo fianco Sui, imbrattato di quel sangue.
Lui e Tadashi erano finiti sotto l’effetto di quel inganno? Perché lei era l’unica ad esserne scampata?
“S-sui …” Ogni respiro le doleva tremendamente, ma doveva resistere, per loro.
Con una mano cominciò a curarsi la ferita, con l’altra cercò di far leva sul terreno riarso.
“Mi ero dimenticato che eri un ninja medico. Poco male.”
Perché tutto quel casino? Cosa diavolo aveva in mente questa cittadina sconosciuta.
Piegando la testa di lato, mentre la ferita si era rimarginata abbastanza in modo da non essere mortale, sorrise amaramente affiancandosi alla recinzione invisibile.
“Siete solo dei luridi bastardi.” Gridò con la voce tremante e le lacrime trattenute a stento in quegli occhi smeraldo pronte a scattare rabbiose. Con tenacia e labbra serrate sferrò un colpo secco a ciò che reggeva quell’illusione. Il terreno tremò leggermente mentre le espressioni dei suoi compagni, anzi, le espressioni di quei fantasmi diventavano sempre più corrugata e violenta e il caldo non le lasciava respiro, come in una morsa, come quella volta.
Perché? Perché?!
Si sentiva una stupida. Una stupida che c’era cascata un’altra volta. Finiva sempre così. Perché! Non durava nulla nella sua vita, ogni cosa bella, ogni cosa che contava per lei, era stata presa e distrutta, ogni volta. Se lo meritava veramente tutto quel dolore infinito? Quella continua presa per il culo? Quel dolore che sembrava ormai aver messo radici dentro di lei.
Eppure lei ci aveva creduto, ci aveva creduto veramente che qualcosa finalmente sarebbe cambiato, che avrebbe ritrovato la felicità e il sorriso, che avrebbe sentito pulsare nuovamente quel cuore spezzato e distrutto da chissà quanto, calpestato innumerevoli volte. Ci aveva sperato, e il risultato era che veniva nuovamente distrutto.
Sferrò un altro pugno. Le nocche iniziavano a dolerle, ma non ci fece caso. Non era nulla in confronto a quello che provava adesso.
“Che cosa pensi di ottenere così?” Sputò con voce bassa Sui guardandola freddamente, senza vederla. Un groppo le si formò in gola. Sorrise amaramente sferrando un altro colpo.
Quindi era tutto finto quello che lui, lei, loro due avevano provato quella sera? Quelle parole che le avevano dato speranza? La loro amicizia, il rapporto creatosi, era tutta una stupida stronzata?
Stupida.
Sferrò un altro colpo.
Stupida.
Un altro.
Stupida!
La parete iniziò a incrinarsi, a ogni colpo, a ogni doloroso pugno. Piccole incrinature s’iniziarono a formare sul nulla mentre una luce accecante fuoriusciva da quelle fessure. Piccole gocce rosse e sferiche macchiavano l’arido terreno.
Fanculo! Fanculo! Fanculo!
Il sangue si faceva più intenso, le percorreva le nocche e le macchiava i vestiti. Le lacrime calcavano le guance sporche di terra.
“Shanarroooo!” Un pugno, un grido, un dolore insopportabile, la rabbia, la tristezza, il disgusto, l’odio, il terrore. Un boato. Una luce accecante.
 
***
 
L’orologio segnava le quindici meno dieci, il sole bruciava ancora nel cielo limpido, ma così stranamente grigio. Sdraiato sul letto, il ventilatore puntato sul volto, il sudore che gocciolava lentamente giù dalle sue tempie, Naruto aveva passato così quella sua giornata.
Sakura mancava da cinque giorni e lui non sentiva altro che il desiderio di rivederla, di rivedere i suoi occhi verde speranza - la speranza che gli donava a ogni sguardo -, il suo dolce sorriso – quelle labbra dal sapore ancora non assaggiato -, quella fronte spaziosa che la caratterizzava – e che avrebbe tanto voluto baciare -. Gli mancava ogni cosa di lei, della sua Sakura-chan. C’era qualcosa che lo tormentava, che non gli dava pace nemmeno nel riposo del sonno, lo seguiva ovunque andasse. Ma cos’è? Eppure non sapeva definirlo, identificarlo. Sapeva solo che c’era.
Si alzò frastornato, il bastoncino del ghiacciolo ancora tra le labbra. Indossò i primi vestiti che trovò non troppo sporchi e puzzolenti e uscì. La luce abbagliante del sole lo colpì in pieno viso costringendolo a stringere gli occhi azzurri. Iniziò a camminare senza meta per il villaggio, alla ricerca di quella risposta nascosta. La gente gli passava accanto senza neanche vederlo, i bambini giocavano, gridavano allegri, ridevano con quella vocina stridula, piangevano per una sbucciatura, le mamme li sgridavano, li tenevano stretti per mano, li offrivano dolcetti. Il villaggio viveva un giorno come un altro, ma Naruto si sentiva così estraneo a tutto questo.
Non sentiva Sakura da un bel po’ e l’ultima volta che si erano visti non si erano salutati nel migliore dei modi.
“Ti odio!”
Strinse una mano al petto ricordando le parole che si erano urlati contro, con tanta rabbia. Era così strano che fosse partita per una missione così lunga – quindici giorni cavolo! – e senza nemmeno la possibilità di contattarlo – o contattare i suoi genitori, non per forza me …. -. Era troppo strano!
Improvvisamente si riscosse trovandosi di fronte al palazzo dell’Hokage.
Perché sono venuto qua?
Fece spallucce e, seguendo il proprio istinto, entrò nella grande struttura. Avrebbe chiesto a nonna Tsunade cos’era quella storia della missione. Le avrebbe chiesto qualche informazione più precisa: dove si trovava, cosa faceva, perché doveva stare via così a lungo e non poteva contattare nessuno.
“Avanti.” Disse una voce da dietro la porta. Quando cavolo avrei bussato? Si sorprese girando la maniglia e facendo come gli era stato detto. Certo che quel giorno era proprio strano.
“Naruto! Cosa ci fai qui?” Chiese Tsunade tra le montagne di carte guardandolo di sbieco mentre continuava a firmare qualche cosa.
“Beh io …” Ammutolito, stava davanti a lei come se non sapesse perché si trovasse lì – in effetti, non ne aveva idea -.
Tsunade continuava a leggere e a dividere fascicoli, scrivere qualcosa, firmare, siglare, timbrare, cestinare. “Allora Naruto il gatto ti ha mangiato la lingua?!”
“C-cosa?” tremò il ragazzo come risvegliatosi da un sogno.
“Ti sto chiedendo cosa vuoi. Sei lì impalato da minuti! Che succede?”
“Ah …” balbettò portandosi una mano dietro la nuca. “Si tratta di Sakura-chan …” Tsunade incrociò le braccia guardandolo seriamente.
“Volevo sapere … qualcosa su di lei …” Che aveva detto?
“Intendi come sta? Non si vede all’ospedale da un po’, penso si sia presa finalmente del riposo. Gli ci vol-“
“Che?!” Gridò sbattendo le mani sulla cattedra di legno d’acero lasciando perplessa l’Hokage.
“Ho detto che si deve essere presa qualche giorno di vacanza per …”
“N-non è possibile! Nonna Tsunade se questo è uno scherzo … mi può dire la verità! Anche se è una missione speciale, lei è mia amica e sono preoccupato!”
“Ma di cosa stai parlando?” Naruto barcollò indietro sotto lo sguardo incognito di Tsunade che lo analizzava senza capir bene cosa stesse dicendo il ragazzo.
“C-come di che cosa sto parlando … Sakura-chan! Parlo della sua missione!”
“Quale missione?”
 
***
 
Aprì gli occhi.




Note dell'autore: Scusate l'attesa, pensavo di risuscire a finirlo prima ma a quanto pare eheheh ^^'' Comuqnue ho scritto un capitolo lunghino devo dire e spero che vi sia piaciuto. Ho messo in gioco tante emozioni e tante controversie, spero di avervi trasmesso bene cosa provano i personaggi ed essere riuscita a farvi entrare nella storia. Beh, come promesso, ecco Naruto! Finalmente,a cnhe se per poco, è tornato a farsi vedere. E' stato strano ahahah! Non so perchè, sarà stato perchè non lo riprendevo da un po' ed ero abituata a scrivere con Sakura.
Comuqnue ... che altro dire? Niente. Vi ringrazio di aver letto anche questo capitolo, di seguirmi e di recensire i miei capitoli. Il vostro sostegno è importante, grazie di cuore 
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