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Autore: miiiiiao    20/07/2015    0 recensioni
Si tratta di una Fanfiction slash, ambientata nel mondo di Harry Potter, e vede come protagonisti Albus Silente (Dumbledore) e Giller Grinderwald. Spero vivamente che vi piaccia, buona lettura. /(|)\
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta | Contesto: Altro contesto
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Era una mattina uggiosa a Godric’s Hollow ed Albus era rinchiuso nell’unico posto in cui poteva lasciarsi dietro tutte le preoccupazioni, la sua piccola stanza. Era ricoperta da una carta da parati spenta, ed era contornata da tante librerie, con grandi tomi impolverati. Era stanco, tutta la notte la sorella era stata colpita da orripilanti incubi, ed il paziente fratello maggiore le aveva raccontato per calmarla alcune fiabe di Beda Il Bardo, un classico nel mondo magico. Raccontò per prima la storia dei tre fratelli che imbrogliarono la morte, era la storia che da piccolo l’aveva colpito di più, in contrapposizione al fratello Aberforth che preferiva Ghiozza, la capra zozza. L’aveva rassicurata con le sue lunghe e magre dita e consolata con la voce narrante quelle fiabe tanto amate. Chiunque poteva pensare che Albus avesse accettato la morte della madre, e che si doveva prendere cura della sorella, ma lui, mentre compiva tutte quelle azioni provava una grande frustrazione.
In quel momento, Albus era disteso sul caldo letto, faceva roteare la bacchetta creando strane scintille; ascoltava la musica da camera che tanto amava ma niente riusciva a farlo stare completamente bene.
Esausto uscì di casa, camminando senza molta lucidità, si ritrovò in un giardino cupo, con antiche panchine ed alcuni Gargoyle ricoperti di muschio ed edera. Lentamente lacrime salate cominciarono a sgorgargli dagli occhi, le gocce che all’inizio della caduta erano calde, e prima di cadere dal mento diventavano fredde, come a significare che il calore umano non è mai sufficiente. Le lacrime erano l’esplosione della sua frustrazione; era passato in pochi giorni dall’essere uno degli studenti più brillanti che la scuola avesse mai visto, ad essere una balia a tempo pieno, in un insulso paese.
Era lì, con le mani sulla faccia, ma con sempre la sua estrema compostezza, anche nel dolore. Sentì dei passi avvicinarsi, apri gli occhi rossi ridotti a fessure, e forse per le lacrime, ci mise un po’ a mettere a fuoco, e poi scorse quella figura dalla chioma bionda che tanto lo affascinava. Non voleva farsi vedere in quello stato ma non poteva fare altro. L’altro mago gli si sedette vicino, ma non disse nulla. Albus lo guardava, ma lui aveva lo sguardo fisso, perso chissà dove. Poi d’un tratto pronunciò delle parole, con la sua voce bassa e rauca, sembrava non parlasse da anni.
‘’Bel posto per piangere, vero Albus?’’
Più che una domanda sembrava un’affermazione detta con tono un po’ sprezzante, forse perché il mago, indurito da quella scuola, non era capace di lasciarsi andare e di provare determinati sentimenti. Albus tirò su con il naso, si diede un contegno e rispose con un’altra domanda.
‘’Vieni spesso qui?’’
Geller rimase confuso, forse perché a nessuno interessava mai quello che faceva e gli annuì semplicemente non sapendo come continuare. Dopo un po’ gli propose di andare a casa sua, per conoscere sua Zia, Bathilda Bath. Appena entrarono in casa Albus riconobbe la donna, ma non le aveva mai dato un nome. Era una donna particolare, sembrava scrivesse e nel paese non era apprezzata da nessuno, ma Albus ogni tanto la salutava, un rapporto senza vero interesse, confermato dal fatto che lo sventurato mago non conoscesse il suo nome.
La donna lo salutò sorridendogli e con voce dolce gli disse: ‘’Albus sono molto addolorata per tua madre, era una persona così a modo e mi dispiace per tuo padre, finito in quel postaccio, siete delle persone buone, e sono felice di accoglierti qui’’
Albus rimase a bocca aperta nel sentire quelle parole, come faceva a conoscere il suo nome, ed addirittura la sua famiglia, un brivido gli corse lungo la schiena, e a fatica sorrise, rispendendo con voce soppesata attentamente.
‘’La ringrazio, mi dispiace aver fatto irruzione in questa casa, ma suo nipote mi ha voluto portare qui perché…’’ e la sua voce tremò. ‘’Ero… in un brutto stato!’’
Geller allora con voce sicura disse ‘’Zia Bathilda perché non ci prepari un bel thè’’
Bathilda, ecco come si chiamava, ed allora un flashback lo portò indietro di un anno, quando appena tornato da Hogwarts aveva trovato quella signora, Bathilda, sorseggiare un the con sua madre Kendra, nel salotto futuro scenario della magia incontrollata della sorella. Sua madre non permetteva a nessuno di entrare in quella casa, per via della sorella, e Bathilda era l’unica eccezione. Quella donna doveva conoscere bene sua madre, e quindi Albus si trovò a disagio.
A riportarlo alla realtà fu quell’odore che tanto amava ed i passi della donna. Si ritrovò gli occhi di Geller e fissarlo, forse aveva tenuto lo sguardo perso per troppo, e si senti a disagio.
Bevvero il the silenziosamente e Bathilda guardando il nipote disse: ‘’Forse non lo sai, ma Albus, al contrario tuo, è un ottimo studente. Sua mamma me lo diceva sempre’’ ed ora la donna si voltò verso di lui, con voce più dolce disse: ‘’Era orgogliosa di te’’
Albus, scosso da quell’affermazione cambiò espressione, e nei suoi occhi lampeggiò il dolore, il dolore che solo la perdita della madre ti può dare. Gli occhi gli si inumidirono, era sempre stato un ragazzo forte ed astuto, ma in quel momento era molto debole.
Bathilda con un’aria di rammarico e gli occhi pentiti, pronunciò poche parole con dolore: ‘’Scusami, Albus, è passato troppo poco tempo, perdonami.’’
Geller quasi la fulminò con gli occhi e con un gesto disse ad Albus di venire con lui, come per proteggerlo. Quindi si congedarono in una camera al piano di sopra, quella di Geller. Albus si sentì in imbarazzo e appena chiusa la porta, Geller, toltosi la corazza da duro che ben portava, gli diede un abbraccio, di quelli forti che sembrano riattaccare tutti i tuoi pezzi. Albus avvampò visibilmente, ma non gli importava, si sentiva ristorato da tutto ciò.
E poi delle parole uscirono dalla bocca di Geller, la sua cassa toracica vibrò poderosamente, attaccandogli quelle parole sulla pelle, come un marchio, un morbo che una volta che ti attanaglia il cuore è finita.
‘’Mi dispiace tanto, ci sono io qui’’
Come poteva una persona che lo conosceva così poco alleggerirgli l’anima? Si sedettero sul letto e cominciarono a parlare delle solite cose, dei Doni Della Morte, ma diversamente; Albus in quel momento percepiva le parole diversamente, come se quell’abbraccio l’avesse cambiato.
Dopo ore passate li sfogliando libri e documentandosi, Albus disse con tono dispiaciuto: ‘’E’ tardi, devo andare…’’ si fermò un attimo, i loro occhi si incrociarono, rispecchiandosi. ‘’Grazie per tutto, davvero’’.
Arrivò a casa per la prima volta dopo tanto con il buon umore, e quell’abbraccio incastrato nelle costole che per lui significava molto. Ariana era triste quella sera, cominciava a sentire il fratello sempre più lontano, e gli si avvinghiò sul divano fino ad addormentarsi, più tranquilla.
Albus dopo un tempo, incalcolabile che stava lì, andò a preparare la cena, la svegliò più delicatamente possibile e mangiarono.
Albus fissava il piatto, e faceva girare quel broccolo da una parte all’altra del piatto ed Ariana con voce distaccata, tagliente e triste gli sibilò: ‘’Sei diverso, cos’hai?’’.
Lui, colto dalla sorpresa di sentire quelle parole ci mise un po’ a rispondere con un veloce e duro ‘’Niente’’.
Quella notte Ariana si addormentò senza dare problemi, ma Albus si girava nel letto, con quel caldo umido che gli faceva attaccare le lenzuola alle gambe e poi, improvvisamente, cadde in un sonno profondo.
Sognò di partire insieme a Geller, a cercare quegli oggetti che entrambi bramavano. Si sentiva finalmente libero, felice e protetto. Nel sonno sorrise, ma ben presto un urlo straziante lo riportò alla realtà…
   
 
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