Emozioni
di un tempo
Dopo
aver sceso tutte le scale, i due arrivarono ad un piccolo corridoio che
terminava con un vecchio portone di legno, alquanto malridotto. Sanji si
avvicinò e guardò attraverso lo spioncino sulla destra della porta.
-
C’è qualche marines. Ti conviene aspettare qualche altro minuto – sentenziò
allontanandosi, quando Zoro prese il suo posto guardando anche lui attraverso
l’occhiello di vetro.
-
Merda – mormorò accertandosi di ciò che gli era stato detto. Sanji intanto si
era seduto su alcuni pioli delle scale e aveva iniziato ad accendersi una
sigaretta. Essendo di spalle, lo spadaccino non ebbe modo di notare la
difficoltà con cui l’ex cuoco effettuava quel gesto, un tempo così rapido. Le
dita scoperte dal guanto reggevano a stento la sigaretta, mentre l’altra mano
le dava fuoco approfittando di qualche secondo in cui la stecca non tremava. Una prima boccata e poi Sanji soffiò via il
fumo quasi con un moto di vittoria. La piccola nube grigia arrivò a solleticare
le narici di Zoro, che infastidito da quello strano odore fin troppo familiare,
si voltò contrariato verso di lui.
- Pensavo avessi smesso – mormorò poggiandosi spalle
alla porta. Sanji ridacchiando prese un’altra leggera boccata.
- E’ quello che pensa anche Keira – ghignò.
- Ma ogni tanto, non posso farne a meno...- Zoro
pensò allora che quella specie di passaggio segreto, altro non era che un
rifugio che quello stupido cuoco usava per fumare in santa pace.
- Un tempo non avresti avuto bisogno di nasconderti
– borbottò quasi deluso dal suo modo di fare. Sanji non era uno che faceva
quello che volevano gli altri, neanche se era una donna a chiederglielo. Più di
una volta la “sua” Nami, lo aveva invitato a non fumare, ma il cuoco le aveva
sempre risposto che non poteva soddisfare quella sua richiesta. Era l’unica
cosa che non avrebbe mai fatto, piuttosto si sarebbe fatto ammazzare, ma
smettere quel suo “dolce vizio”, come lo chiamava lui, era fuori discussione.
Sanji sorrise ancora
- Un tempo... ero anche innamorato di te – sospirò prendendo
subito dopo un’altra piccola boccata di fumo. Il corpo di Zoro si irrigidì a
quelle parole e non ebbe la forza di rispondergli nulla. Guardando con quanta
fatica lo spadaccino stava cercando di mantenere la sua espressione il più
distaccata possibile, Sanji non poté che sorridere.
- Sapevo che era meglio non dirtelo – scosse la
testa ciccando un po’ di cenere sui gradini.
- Avresti dovuto dirlo allora – Zoro indurì anche il suo sguardo, che ora si
posava sul biondo con un ché di accusatorio. Sanji scosse nuovamente la testa.
- E che sarebbe cambiato? Dimmelo Zoro, che sarebbe cambiato... Tu non hai mai
voluto sentirti dire certe cose... non vedo perché avrei dovuto farlo – gettò
via la sigaretta ancora a metà, che prese a bruciare da sola sul pavimento. Lo
spadaccino abbassò lo sguardo. Sanji aveva ragione, quelle cose le aveva sempre
odiate, forse perché ne aveva sempre avuto un po’ timore.
- Cosa ti fa credere che io... non volessi sentirtele dire? Anche se non lo
dicevo avresti anche potuto...- la frase che timidamente Zoro cercò di dire fu
spezzata a metà.
- Cosa? Avrei dovuto capirlo ugualmente? È questo
che vuoi dire?... Cazzo Zoro io ho
passato una vita a cercare di capirti. Tu non hai mai parlato chiaro, e io
dovevo leggere fra le righe le quattro parole che dicevi.. interpretate i tuoi
silenzi, e quelle maledette occhiate... hai mai pensato una sola volta a quello
che invece provavo io? – gli occhi di Sanji costrinsero lo spadaccino al
silenzio. La voce del biondo iniziava a tremare leggermente, e si poteva
intuire la fatica che stava facendo per non lasciarsi andare del tutto.
- Tanto non importa più... è anche per questo che era finita – sospirò. Un
brivido percorse la spina dorsale di Zoro. L’unico che era sempre stato capace
di metterlo in quella condizione di impotenza era Sanji. Forse anche per questo
quando se n ‘era andato, un po’ aveva sperato di tornare lo Zoro di un tempo,
anche se poi quello che aveva ottenuto era tutt’altro. Provò a reagire dal blocco
in cui era caduto in quel momento, nel solo modo che conosceva per farlo.
- Non ti ho mai chiesto di amarmi, non l’ho mai
voluto, lo sai... era solo, era solo sesso. Punto – mentire, ferirlo. Era
quella l’unica cosa di cui era capace. Sanji sorrise mordendosi un labbro. Dopo
tre anni ancora riusciva a fargli del male con le sue parole.
- Già... infatti il coglione sono stato io che invece c’avevo messo un po’ di
cuore – il biondo si alzò e si diresse verso lo spioncino passando accanto al
compagno che pareva avere le spalle incollate al legno della porta.
- Via libera – esclamò tornandosene dietro. Una mano
lo bloccò per un polso costringendolo ad arrestarsi e a voltarsi verso di Zoro.
- Voglio solo sapere una cosa... – Sanji sapeva di
cosa si trattava e in parte era contento che gli facesse quella domanda. Almeno
gli avrebbe dato l’illusione che a Zoro un po’ di lui gli importava. Un po’, ma
abbastanza per non farlo sentire come si era sentito per anni al suo fianco. Un
completo pupazzo senza volontà.
- Avanti – sorrise mentre il ragazzo gli lasciava andare il polso.
- E’ per questo che te ne sei andato? – lo guardò per qualche attimo in quegli
occhi neri che poche volte aveva visto così. Poi spostò lo sguardo sulla parete
indugiando nel parlare.
- Rispondimi Sanji! – la voce spazientita, o forse solo irrequieta dello
spadaccino piegò gli occhi di Sanji ancora una volta a indirizzarsi sui suoi.
- No... no, Zoro non è per questo... ma questa? Te ne ricordi vero – il cuoco
mostrò al ragazzo la mano sinistra coperta dal guanto e lo vide inghiottire.
Come al solito aveva pensato di essere il centro del mondo, il centro del suo
mondo. Forse lo era stato, un tempo, ma ora le cose erano cambiate e non
avrebbe permesso a Roronoa Zoro di poter condizionare la sua vita.
- E ora vattene.. i marines potrebbero tornare – i passi del biondo presero a
salire le scale, mentre la voce roca dello spadaccino riprese a parlare.
- Resto in città per un po’ – neanche sapeva perché glielo avesse detto. Non
gli aveva lasciato né il nome della locanda presso la quale alloggiava, né
alcun tipo di informazione con cui potesse rintracciarlo. La città era
abbastanza grande, e senza alcun indizio, era alquanto difficile, se non impossibile, poterlo trovare. Ma lo
spadaccino in cuor suo, forse non voleva essere trovato e, anche se gli aveva
detto che sarebbe rimasto per un po’, la verità era che aveva già intenzione di
lasciare quel posto l’indomani mattina. Una serie di contraddizioni che erano
tipiche di tutto ciò che faceva o pensava quando c’era di mezzo Sanji.
Chiuse la porta e velocemente si dileguò prima che
anche un solo gabbiano potesse avvistarlo.
Quando si allontanò di una distanza abbastanza
sufficiente, si fermò poggiando le mani contro un albero. Un pugno, poi un altro,
finché lo scricchiolio del legno, non lo costrinse a smettere prima che abbattesse
la povera pianta. Si lasciò poi cadere a terra con la testa fra le mani. Tre
anni, tre anni di silenzio in cui non aveva saputo se fosse vivo, o se era
morto in quale vicolo all’uscita di uno squallido bordello. Tre anni in cui
aveva vissuto in una specie di inspiegabile
coma emotivo, e ora quel bastardo gli rispuntava davanti e come niente fosse
gli spiattellava in faccia i suoi sentimenti di allora! Perché non glielo aveva
detto allora invece di aspettare di rincontrarlo per puro caso dopo tre
fottutissimi anni? Perché non era stato capace di capirlo lui stesso... ma
forse la verità era che non aveva mai voluto capirlo davvero.
Decise che in quel momento l’unica cosa che voleva, era
scaricare la sua rabbia nel solo modo che conoscesse.
Rientrato nel suo studio, Sanji si sedette sul
velluto rosso della poltrona, piegando la testa all’indietro con lo sguardo al
soffitto. Un lungo sospiro abbandonò le sue labbra mentre iniziava a mettere a
fuoco quello che era successo. Se qualcuno gli avesse detto che quella mattina
Roronoa Zoro sarebbe entrato in quel locale, forse Sanji gli avrebbe riso in
faccia. Non poteva essere possibile.
Qualcuno bussò alla porta e anche stavolta fu solo
per cortesia, visto che entrò ugualmente.
- Allora gli hai dato uno sguardo? – chiese Keira.
Sanji la guardò come se non sapesse di che diavolo stesse parlando. Per fortuna
notò la cartellina sulla sua scrivania e prontamente si riprese
- Ah si... di’ a tuo padre me ne occupo la settimana
prossima – la ragazza si avvicinò sedendosi sulle sue ginocchia.
- Grazie – sussurrò avvolgendogli le braccia attorno
al collo e lasciandogli un timbro rosa pesca sulle labbra. Sanji le regalò un
sorriso spento
- Ehi cos’hai? – dolcemente Keira gli pulì il
rossetto con le dita constatando che il ragazzo aveva uno strano atteggiamento.
- Nulla, sono solo stanco – mentì lui mentre le dita
della giovane scorrevano fra i biondi capelli, stretti nella piccola coda.
- Spero non sia colpa di quel cliente. Aveva dei
buffi capelli... anzi dov’è finito non l’ho visto uscire – Keira iniziò a
guardarsi in giro e Sanji avvertì una strana stretta allo stomaco.
- No va tutto bene, è andato via. Senti vorrei
finire di sistemare alcune carte... ti spiace se...- sorridente lei scosse la
testa e si alzò
- Per stavolta ti lascio in pace – scherzò e si
diresse verso la porta, ma prima di uscire gli soffiò un bacio con una mano.
Quando la porta si chiuse, Sanji girò la sedia verso
la finestra alle sue spalle. Il cielo sembrava iniziare ad annuvolarsi, e lo
stesso stava accadendo dentro di lui.
Dopo un’ intera giornata passata a lanciare fendenti
che si perdevano nel mare creando delle onde di mostruosa altezza, Zoro decise
che poteva bastare. Non era certo stanco, anzi avrebbe potuto continuare per
altre ore, anche per tutta la notte, ma non poteva rischiare di causare uno
tsunami o roba simile, che avrebbe distrutto l’intera isola! Si infilò la maglia e riprese le spade
avviandosi verso la locanda. Non si preoccupò di alzarsi il cappello sul capo,
se qualcuno lo avesse “scoperto” tanto meglio, magari poteva far assaggiare
alle sue lame un po’ di sangue, e non la semplice acqua salata del mare.
Stavolta decise di rimanere a mangiare un boccone
prima di salire in camera, era tutto il giorno che non toccava cibo, e anche se
odiava essere fissato mentre si rifocillava, restò comunque seduto al bancone.
- Mi sembri affamato ragazzo – ridacchiò la bionda
locandiera. Senza rispondere Zoro continuò a mangiare. La donna aveva
riconosciuto chi fosse davvero il ragazzo di fronte, non tanto per le tre
vistose spade al fianco, quanto per quei buffi capelli verdi. La marina aveva distribuito
il suo identikit sul quale c’era scritto che era un tipo pericoloso e molto
aggressivo. Alla donna però non parve proprio così, anzi. Quel ragazzo era solo
molto diffidente tutto qui. Tutte le persone aggressive erano in realtà solo
paurose di avvicinarsi agli altri, o di farsi avvicinare. Sapeva che la taglia
sulla sua testa era molto alta, anche se non conosceva di preciso la somma, ma
non aveva intenzione di venderlo per “quattro
soldi”, almeno non prima di aver capito qualcosa di più su quel giovane pirata.
- Vuoi qualcos’altro? – Zoro scosse la testa e buttò
giù un po’ di vino.
- Grazie, ma non ho più fame – lo spadaccino si alzò
e iniziò a salire in camera. La donna sorrise e chiamò un ragazzo affinché
portasse in cucina i piatti sporchi mentre la sua curiosità aumentava
repentinamente.
Dopo un bagno ristoratore, Zoro si rivestì sedendosi
sul letto, mentre si passava svogliatamente un asciugamano sulla testa. Buttò
un occhio alla sua sacca. Forse era arrivato il momento di fare quella chiamata.
Rivedere Sanji gli aveva fatto capire che le cose non potevano tornare più
quelle di una volta. Tutto era cambiato, a partire dai suoi stessi compagni, e
che ora Usopp era padre, l’avrebbe già dovuto far riflettere...
Combattere testardamente contro quella realtà,
cercando di ritrovare l’emozioni di un tempo, era inutile, e forse era l’unica
battaglia in cui sarebbe di certo uscito da perdente. Tanto valeva mettersi il
cuore in pace e vivere senza restare inchiodato al passato. Il suo capitano e
la sua ciurma lo stavano aspettando, quindi era meglio tornare da loro, prima
di doversi pentire anche di quella scelta. Gettò l’asciugamano a terra e si
lasciò cadere sul letto. Prima che potesse anche solo chiudere gli occhi, un
leggero rumore lo fece voltare verso la porta. Se non fosse stato per il suo
udito così sviluppato, non si sarebbe certo accorto che qualcuno avesse
bussato, tanto era stato labile quel gesto. Fissò per qualche altro istante la
porta, dicendosi che non valeva la pena andare ad aprire a qualcuno che non si
degnava neanche di picchiare con decenza le sue nocche sul legno. Un rumore più
deciso, l’obbligò ad alzarsi.
La testa bionda che si trovò davanti, era poggiata
contro la trave della porta, con le mani sprofondate nelle tasche ed un mezzo
sorriso sulle labbra, fin troppo dolce.
To Be Continued...
Spero
che ora le cose siano più chiare ^^
10 e lode alla mia vampiruccia
Helena che ha beccato il dettaglio del look di Sanji (anche se era scontato
visto la nostra innata sintonia XDDD)
Al prossimo appuntamento miei prodi, e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto anche se è un po' breve
>.<
kiss kiss Chiara