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Autore: kiara_star    22/01/2009    4 recensioni
Erano passati tre anni e ancora riusciva a ricordarsi alla perfezione le sue parole, anzi poteva udirle così come le aveva pronunciate, con ogni singola vibrazione della sua voce. Con quel tono amaro a tratti disperato, ma allo stesso tempo pacato, come solo lui sapeva essere.... (una fic ambientata nel futuro di One Piece, o meglio dopo il suo ritrovamento. Naturalmente è una ZoroXSanji ^-*)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Emozioni di un tempo

Dopo aver sceso tutte le scale, i due arrivarono ad un piccolo corridoio che terminava con un vecchio portone di legno, alquanto malridotto. Sanji si avvicinò e guardò attraverso lo spioncino sulla destra della porta.

- C’è qualche marines. Ti conviene aspettare qualche altro minuto – sentenziò allontanandosi, quando Zoro prese il suo posto guardando anche lui attraverso l’occhiello di vetro.

- Merda – mormorò accertandosi di ciò che gli era stato detto. Sanji intanto si era seduto su alcuni pioli delle scale e aveva iniziato ad accendersi una sigaretta. Essendo di spalle, lo spadaccino non ebbe modo di notare la difficoltà con cui l’ex cuoco effettuava quel gesto, un tempo così rapido. Le dita scoperte dal guanto reggevano a stento la sigaretta, mentre l’altra mano le dava fuoco approfittando di qualche secondo in cui la stecca non tremava. Una prima boccata e poi Sanji soffiò via il fumo quasi con un moto di vittoria. La piccola nube grigia arrivò a solleticare le narici di Zoro, che infastidito da quello strano odore fin troppo familiare, si voltò contrariato verso di lui.

- Pensavo avessi smesso – mormorò poggiandosi spalle alla porta. Sanji ridacchiando prese un’altra leggera boccata.

- E’ quello che pensa anche Keira – ghignò.

- Ma ogni tanto, non posso farne a meno...- Zoro pensò allora che quella specie di passaggio segreto, altro non era che un rifugio che quello stupido cuoco usava per fumare in santa pace.

- Un tempo non avresti avuto bisogno di nasconderti – borbottò quasi deluso dal suo modo di fare. Sanji non era uno che faceva quello che volevano gli altri, neanche se era una donna a chiederglielo. Più di una volta la “sua” Nami, lo aveva invitato a non fumare, ma il cuoco le aveva sempre risposto che non poteva soddisfare quella sua richiesta. Era l’unica cosa che non avrebbe mai fatto, piuttosto si sarebbe fatto ammazzare, ma smettere quel suo “dolce vizio”, come lo chiamava lui, era fuori discussione. Sanji sorrise ancora

- Un tempo... ero anche innamorato di te – sospirò prendendo subito dopo un’altra piccola boccata di fumo. Il corpo di Zoro si irrigidì a quelle parole e non ebbe la forza di rispondergli nulla. Guardando con quanta fatica lo spadaccino stava cercando di mantenere la sua espressione il più distaccata possibile, Sanji non poté che sorridere.

- Sapevo che era meglio non dirtelo – scosse la testa ciccando un po’ di cenere sui gradini.
- Avresti dovuto dirlo allora – Zoro indurì anche il suo sguardo, che ora si posava sul biondo con un ché di accusatorio. Sanji scosse nuovamente la testa.
- E che sarebbe cambiato? Dimmelo Zoro, che sarebbe cambiato... Tu non hai mai voluto sentirti dire certe cose... non vedo perché avrei dovuto farlo – gettò via la sigaretta ancora a metà, che prese a bruciare da sola sul pavimento. Lo spadaccino abbassò lo sguardo. Sanji aveva ragione, quelle cose le aveva sempre odiate, forse perché ne aveva sempre avuto un po’ timore.
- Cosa ti fa credere che io... non volessi sentirtele dire? Anche se non lo dicevo avresti anche potuto...- la frase che timidamente Zoro cercò di dire fu spezzata a metà.

- Cosa? Avrei dovuto capirlo ugualmente? È questo che vuoi dire?...  Cazzo Zoro io ho passato una vita a cercare di capirti. Tu non hai mai parlato chiaro, e io dovevo leggere fra le righe le quattro parole che dicevi.. interpretate i tuoi silenzi, e quelle maledette occhiate... hai mai pensato una sola volta a quello che invece provavo io? – gli occhi di Sanji costrinsero lo spadaccino al silenzio. La voce del biondo iniziava a tremare leggermente, e si poteva intuire la fatica che stava facendo per non lasciarsi andare del tutto.
- Tanto non importa più... è anche per questo che era finita – sospirò. Un brivido percorse la spina dorsale di Zoro. L’unico che era sempre stato capace di metterlo in quella condizione di impotenza era Sanji. Forse anche per questo quando se n ‘era andato, un po’ aveva sperato di tornare lo Zoro di un tempo, anche se poi quello che aveva ottenuto era tutt’altro. Provò a reagire dal blocco in cui era caduto in quel momento, nel solo modo che conosceva per farlo.

- Non ti ho mai chiesto di amarmi, non l’ho mai voluto, lo sai... era solo, era solo sesso. Punto – mentire, ferirlo. Era quella l’unica cosa di cui era capace. Sanji sorrise mordendosi un labbro. Dopo tre anni ancora riusciva a fargli del male con le sue parole.
- Già... infatti il coglione sono stato io che invece c’avevo messo un po’ di cuore – il biondo si alzò e si diresse verso lo spioncino passando accanto al compagno che pareva avere le spalle incollate al legno della porta.

- Via libera – esclamò tornandosene dietro. Una mano lo bloccò per un polso costringendolo ad arrestarsi e a voltarsi verso di Zoro.

- Voglio solo sapere una cosa... – Sanji sapeva di cosa si trattava e in parte era contento che gli facesse quella domanda. Almeno gli avrebbe dato l’illusione che a Zoro un po’ di lui gli importava. Un po’, ma abbastanza per non farlo sentire come si era sentito per anni al suo fianco. Un completo pupazzo senza volontà.
- Avanti – sorrise mentre il ragazzo gli lasciava andare il polso.
- E’ per questo che te ne sei andato? – lo guardò per qualche attimo in quegli occhi neri che poche volte aveva visto così. Poi spostò lo sguardo sulla parete indugiando nel parlare.
- Rispondimi Sanji! – la voce spazientita, o forse solo irrequieta dello spadaccino piegò gli occhi di Sanji ancora una volta a indirizzarsi sui suoi.
- No... no, Zoro non è per questo... ma questa? Te ne ricordi vero – il cuoco mostrò al ragazzo la mano sinistra coperta dal guanto e lo vide inghiottire. Come al solito aveva pensato di essere il centro del mondo, il centro del suo mondo. Forse lo era stato, un tempo, ma ora le cose erano cambiate e non avrebbe permesso a Roronoa Zoro di poter condizionare la sua vita.  
- E ora vattene.. i marines potrebbero tornare – i passi del biondo presero a salire le scale, mentre la voce roca dello spadaccino riprese a parlare.
- Resto in città per un po’ – neanche sapeva perché glielo avesse detto. Non gli aveva lasciato né il nome della locanda presso la quale alloggiava, né alcun tipo di informazione con cui potesse rintracciarlo. La città era abbastanza grande, e senza alcun indizio, era alquanto difficile,  se non impossibile, poterlo trovare. Ma lo spadaccino in cuor suo, forse non voleva essere trovato e, anche se gli aveva detto che sarebbe rimasto per un po’, la verità era che aveva già intenzione di lasciare quel posto l’indomani mattina. Una serie di contraddizioni che erano tipiche di tutto ciò che faceva o pensava quando c’era di mezzo Sanji.

Chiuse la porta e velocemente si dileguò prima che anche un solo gabbiano potesse avvistarlo.

Quando si allontanò di una distanza abbastanza sufficiente, si fermò poggiando le mani contro un albero. Un pugno, poi un altro, finché lo scricchiolio del legno, non lo costrinse a smettere prima che abbattesse la povera pianta. Si lasciò poi cadere a terra con la testa fra le mani. Tre anni, tre anni di silenzio in cui non aveva saputo se fosse vivo, o se era morto in quale vicolo all’uscita di uno squallido bordello. Tre anni in cui aveva vissuto in una specie di inspiegabile coma emotivo, e ora quel bastardo gli rispuntava davanti e come niente fosse gli spiattellava in faccia i suoi sentimenti di allora! Perché non glielo aveva detto allora invece di aspettare di rincontrarlo per puro caso dopo tre fottutissimi anni? Perché non era stato capace di capirlo lui stesso... ma forse la verità era che non aveva mai voluto capirlo davvero.

Decise che in quel momento l’unica cosa che voleva, era scaricare la sua rabbia nel solo modo che conoscesse.

 

Rientrato nel suo studio, Sanji si sedette sul velluto rosso della poltrona, piegando la testa all’indietro con lo sguardo al soffitto. Un lungo sospiro abbandonò le sue labbra mentre iniziava a mettere a fuoco quello che era successo. Se qualcuno gli avesse detto che quella mattina Roronoa Zoro sarebbe entrato in quel locale, forse Sanji gli avrebbe riso in faccia. Non poteva essere possibile.

Qualcuno bussò alla porta e anche stavolta fu solo per cortesia, visto che entrò ugualmente.

- Allora gli hai dato uno sguardo? – chiese Keira. Sanji la guardò come se non sapesse di che diavolo stesse parlando. Per fortuna notò la cartellina sulla sua scrivania e prontamente si riprese

- Ah si... di’ a tuo padre me ne occupo la settimana prossima – la ragazza si avvicinò sedendosi sulle sue ginocchia.

- Grazie – sussurrò avvolgendogli le braccia attorno al collo e lasciandogli un timbro rosa pesca sulle labbra. Sanji le regalò un sorriso spento

- Ehi cos’hai? – dolcemente Keira gli pulì il rossetto con le dita constatando che il ragazzo aveva uno strano atteggiamento.

- Nulla, sono solo stanco – mentì lui mentre le dita della giovane scorrevano fra i biondi capelli, stretti nella piccola coda.

- Spero non sia colpa di quel cliente. Aveva dei buffi capelli... anzi dov’è finito non l’ho visto uscire – Keira iniziò a guardarsi in giro e Sanji avvertì una strana stretta allo stomaco.

- No va tutto bene, è andato via. Senti vorrei finire di sistemare alcune carte... ti spiace se...- sorridente lei scosse la testa e si alzò

- Per stavolta ti lascio in pace – scherzò e si diresse verso la porta, ma prima di uscire gli soffiò un bacio con una mano.

Quando la porta si chiuse, Sanji girò la sedia verso la finestra alle sue spalle. Il cielo sembrava iniziare ad annuvolarsi, e lo stesso stava accadendo dentro di lui.

 

 

Dopo un’ intera giornata passata a lanciare fendenti che si perdevano nel mare creando delle onde di mostruosa altezza, Zoro decise che poteva bastare. Non era certo stanco, anzi avrebbe potuto continuare per altre ore, anche per tutta la notte, ma non poteva rischiare di causare uno tsunami o roba simile, che avrebbe distrutto l’intera isola!  Si infilò la maglia e riprese le spade avviandosi verso la locanda. Non si preoccupò di alzarsi il cappello sul capo, se qualcuno lo avesse “scoperto” tanto meglio, magari poteva far assaggiare alle sue lame un po’ di sangue, e non la semplice acqua salata del mare.

Stavolta decise di rimanere a mangiare un boccone prima di salire in camera, era tutto il giorno che non toccava cibo, e anche se odiava essere fissato mentre si rifocillava, restò comunque seduto al bancone.

- Mi sembri affamato ragazzo – ridacchiò la bionda locandiera. Senza rispondere Zoro continuò a mangiare. La donna aveva riconosciuto chi fosse davvero il ragazzo di fronte, non tanto per le tre vistose spade al fianco, quanto per quei buffi capelli verdi. La marina aveva distribuito il suo identikit sul quale c’era scritto che era un tipo pericoloso e molto aggressivo. Alla donna però non parve proprio così, anzi. Quel ragazzo era solo molto diffidente tutto qui. Tutte le persone aggressive erano in realtà solo paurose di avvicinarsi agli altri, o di farsi avvicinare. Sapeva che la taglia sulla sua testa era molto alta, anche se non conosceva di preciso la somma, ma non aveva intenzione di venderlo per “quattro soldi”, almeno non prima di aver capito qualcosa di più su quel giovane pirata.

- Vuoi qualcos’altro? – Zoro scosse la testa e buttò giù un po’ di vino.

- Grazie, ma non ho più fame – lo spadaccino si alzò e iniziò a salire in camera. La donna sorrise e chiamò un ragazzo affinché portasse in cucina i piatti sporchi mentre la sua curiosità aumentava repentinamente.

 

Dopo un bagno ristoratore, Zoro si rivestì sedendosi sul letto, mentre si passava svogliatamente un asciugamano sulla testa. Buttò un occhio alla sua sacca. Forse era arrivato il momento di fare quella chiamata. Rivedere Sanji gli aveva fatto capire che le cose non potevano tornare più quelle di una volta. Tutto era cambiato, a partire dai suoi stessi compagni, e che ora Usopp era padre, l’avrebbe già dovuto far riflettere...

Combattere testardamente contro quella realtà, cercando di ritrovare l’emozioni di un tempo, era inutile, e forse era l’unica battaglia in cui sarebbe di certo uscito da perdente. Tanto valeva mettersi il cuore in pace e vivere senza restare inchiodato al passato. Il suo capitano e la sua ciurma lo stavano aspettando, quindi era meglio tornare da loro, prima di doversi pentire anche di quella scelta. Gettò l’asciugamano a terra e si lasciò cadere sul letto. Prima che potesse anche solo chiudere gli occhi, un leggero rumore lo fece voltare verso la porta. Se non fosse stato per il suo udito così sviluppato, non si sarebbe certo accorto che qualcuno avesse bussato, tanto era stato labile quel gesto. Fissò per qualche altro istante la porta, dicendosi che non valeva la pena andare ad aprire a qualcuno che non si degnava neanche di picchiare con decenza le sue nocche sul legno. Un rumore più deciso, l’obbligò ad alzarsi.

La testa bionda che si trovò davanti, era poggiata contro la trave della porta, con le mani sprofondate nelle tasche ed un mezzo sorriso sulle labbra, fin troppo dolce.

 

 

  

 

 

To Be Continued...

 

 

 

Spero che ora le cose siano più chiare ^^
10 e lode alla mia vampiruccia Helena che ha beccato il dettaglio del look di Sanji (anche se era scontato visto la nostra innata sintonia XDDD)

Al prossimo appuntamento miei prodi, e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto anche se è un po' breve >.<
kiss kiss Chiara

 

  
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