Arrivati al mare, abbiamo piantato gli ombrelloni. Abbiamo piantato le tende. Abbiamo steso gli asciugamani. Abbiamo aperto le sedie. Abbiamo messo al riparo gli zaini termici.
Ci siamo tolti i vestiti, abbiamo cominciato a correre per fermarci con l’acqua alle caviglie. Era gelida. E comincia la gara per la sopravvivenza: chi per primo si butta può schizzare gli altri. E’ una prova di coraggio. Ed è consigliabile vincere. Dopo la gara degli spruzzi ci sono gli annegamenti, i tuffi e le capriole. Alle capriole mi astengo: in acqua non le so fare. E poi io posso fare quello che voglio, perché io sono la più grande sono il capo e ho l’ultima parola.
Con il mare mosso è guerra. Guerra con le onde. Una guerra che si combatte con calci, pugni, spanciate, spade, lance, bazooka, fucili, pixel o qualsiasi altra cosa.
Senza alcun bisogno di orologi alle 11.58 eravamo di nuovo sotto gli ombrelloni.
Tempo due minuti per asciugarsi ed è già mezzogiorno. All’unanimità siamo partiti per una nuova battaglia:” Mamma ho fame! Dov’è il cibo? Mi fai un panino? Che c’è da mangiare?” e la risposta sarà sempre una lamentela che soffoca una risatina di rassegnazione.
Quindi si mangia, si dorme, si gioca a carte, si mangia il gelato, si fa il bagno.
Sono le otto.
Si torna a casa.