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Autore: Happy_Pumpkin    22/01/2009    2 recensioni
Riflessione senza troppe pretese sulla povertà e sulle differenze tra le culture.
Probabile storia di un amore improbabile.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bacio



Il piccolo pullman turistico sobbalza tramortito dalle buche del terreno non asfaltato, accarezzato da un velo di fastidiosa sabbia e rivoltante immondizia.
Guardo fuori dal finestrino, nell'angolo più remoto del piccolo mezzo, appoggiando il collo allo schienale imbottito.
Guardo fuori e dentro mi sento male.
Vomito. Nausea. Non saprei.
E' qualcosa di indefinito che mi scuote le viscere. Nel vedere scorrere oltre quel vetro reso opaco dalla polvere immagini di bambini dai vestiti lerci che ci fissano.
Noi, la parata del circo, che passa roboante di civiltà occidentale sulla strada insudiciata dai rifiuti.
Loro, il nostro piccolo intrattenimento personale, che ci fanno sentire in qualche modo dei miracolati.
Perché non siamo nelle loro condizioni.

Tolgo lo sguardo puntandolo verso una signora cicciottella di una certa età, i folti capelli grigi ordinatamente disposti, e la facciotta piena incollata al vetro per salutare come un'eminenza superiore i bambini che ci seguono.
Saluta. Chiamandoli amore. Tesoro. Piccoli.
E loro ci inseguono, captando solo quegli assurdamente ipocriti gesti. Ovvio, non possono capire le nostre parole. Meglio.
Io non saluto. Guardo ogni tanto, silenziosa, evitando di dispensare alzate di mano e sorrisi come se fossero caramelle.
Sono loro però, i bambini, a sorridere.
Perché? Siamo la novità? L'occasione irripetibile?

Sorridono calpestando con i piedi nudi, scuri di sporco, il terreno, facendo ondeggiare le maglie larghe, mostrando i denti bianchi che contrastano col musetto ingrigito dalla polvere.
E io mi limito a fissarli sentendo di scoppiare a piangere.
Perché sono l'unica a non avere il coraggio di sorridere o di fingere di sentirsi il padre e la madre di quelle creature?
All'improvviso il gruppetto si ferma, non può proseguire perché stiamo per imboccare un ponte che ci condurrà all'ennesimo sperduto cumulo di pietre da visitare.
Istintivamente mi volto.
Come per seguirli con gli occhi prima di vederli scomparire.
Un ragazzino in una sgangherata bicicletta arrugginita ci segue.

Solo.

Nessuno del pullman ha più evidentemente voglia di torcersi il collo per salutare ancora, il loro lavoro di esseri caritatevoli l'avevano già ampiamente svolto.
Rimango solo più io. A guardarlo. Ci fissiamo intensamente, nonostante le buche del terreno, nonostante la pedalata faticosa per starmi dietro.
E poi, con affetto, senza pietà o compassione, bensì con incoraggiamento... gli sorrido.
Un sorriso ampio che, nella mia timidezza di adolescente alle porte della maturità, raramente concedo.
Perché lui è di qualche anno più giovane di me.
Perché, se fosse nato in un altro luogo, saremmo potuti diventare amici.
Difficile esserlo a bordo di un bus, separati da metri di strada e di incomprensioni.

Lui prega Allah seguendo la cantilena del moazim che, con ostinata determinazione, arriva sino a quel villaggio sperduto.
Io prego Dio non andando mai in chiesa.
Eppure ci siamo guardati.

E poi, con un gesto rapido del braccio, sorride a sua volta mandandomi un bacio. Infantile, da ragazzino, ma che arriva dritto a me, superando le barriere del vetro e dei nostri dei.
Un bacio solo per me.
Mi tocco la guancia e lui, suo malgrado, deve fermarsi. Senza più fiato lo intravedo prendere grandi respiri, la gamba poggiata a terra e gli occhi ancora disperatamente rivolti verso di me.

Non riesco a girarmi ancora. A tornare a guardare gli ipocriti seduti davanti a me. A guardare quelle persone che fotografano la povertà per sentirsi più documentate e consapevoli.
Come se ci fosse bisogno del turismo per vedersi sbattuta in faccia la verità sulle condizioni di chi non può permettersi di fotografare a sua volta.

Il ragazzino in bicicletta scompare dalla mia vista, io dalla sua.

Sorrido.
Un giorno magari sarei tornata in quel luogo.

Lo avrei trovato intento a lavorare i campi per la sua famiglia, forse tentando di apprendere le prime rudimentali regole di scrittura nel poco tempo libero prima di sera.
Magari sarei stata una missionaria.
Magari solo una stupida che voleva rivedere quel luogo e rivedere cos'era diventato lui.
Ahmed si sarebbe chiamato.
Mi avrebbe riconosciuta, una donna occidentale a cui, anni fa, aveva destinato il suo primo casto bacio.
E ci saremmo innamorati.
Oh sì... i suoi sarebbero stati disgustosamente contrari: se glielo avessi portato via avrebbero avuto braccia in meno con cui mandare avanti la piccola casetta in mattoni crudi. E le culture, la religione... un deserto intero a dividerci.
Saremmo fuggiti. Io e lui. Allontanandoci, chissà dove.
Magari avremmo avuto dei figli, a cui raccontare storie fantastiche prima di coricarsi...
Lui non avrebbe più avuto bisogno di una bicicletta per corrermi dietro e io non sarei scappata su di un quadrupede a motore.
Avrebbe imparato a scrivere e a leggere, glielo avrei insegnato io. Lui mi avrebbe insegnato a sua volta l'umiltà e la determinazione.
Saremmo sopravvissuti, insieme.

O forse più semplicemente non sarei tornata affatto.
Lui avrebbe continuato la sua vita, io la mia.

Mi sarei laureata fra diversi anni, avrei sposato un occidentale serio come piace ai miei, avrei fatto l'avvocato seguendo le orme della mia famiglia.
E lui, Ahmed, non avrebbe avuto più tempo per correre in bici. Avrebbe lavorato.
Si sarebbe arruolato alle milizie volontarie di resistenza combattendo contro i nemici del suo dio, avrebbe urlato la sua fede, avrebbe pregato per la sua famiglia.
Io sarei diventata nonna e lui sarebbe morto giovane perché la sua vita valeva solo nel momento in cui si spegneva, una candela su cui avrebbero soffiato altri soldati avversari.
La sua famiglia non lo avrebbe pianto perché era un eroe e perché, pur non essendoci più, qualche benefattore che istigava i ragazzini a combattere avrebbe recapitato presso la loro casetta minuscola dei soldi.

Ma io lo avrei ricordato. Cullando il figlio di mia figlia, ricevendo un tenero bacio sulla fronte dalla mia nipotina, sgridando il cane che scorrazzava in casa.
Io mi sarei ricordata di quel bacio che, volando, mi aveva fatto sognare una storia d'amore o forse, perché anch'io in fondo sono un'ipocrita turista occidentale, una storia di salvezza per lui.


Grazie per aver letto, per me significa molto.


   
 
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