Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Mrs Carstairs    22/07/2015    1 recensioni
-tratto dalla storia-
A svegliare Tris fu la luce del sole che entrava dalle finestre. La sera prima doveva essersi dimenticata di chiudere le veneziane. Si accorse poco dopo di non essere a letto ma… in poltrona. Aveva dormito tutta la notte in quella scomoda posizione, appollaiata su quella poltrona infossata, perché? D’istinto, lo sguardo corse al letto, trovandosi a rimirare le coperte sfatte, il lenzuolo attorcigliato e uno dei due cuscini a piedi del letto. Andrea sussurrò. E decise finalmente di alzarsi per sgranchirsi quelle povere gambe piegate da chissà quante ore. Come si avvicinò al materasso dalla parte dello scendiletto, vide qualcosa, incastrato tra le pieghe del piumone. Allungò una mano e lo prese tra due dita. Un biglietto. “Grazie.” A.
in un certo senso la storia è presa dalla realtà. quello che ho sentito ho descritto.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tris stava con le braccia appoggiate sulla ringhiera del terrazzo e guardava i prati verdi e le aiuole ordinate del campus. In lontananza si vedeva la città, con le case alte e strette, l’edificio della stazione che si stagliava più alto degli altri nel solito cielo grigio azzurrino dell’Inghilterra. Sospirò. In certi momenti il Galles le mancava tantissimo. Amava quei kilometri di verde che si estendevano attorno a vecchi castelli e all’aria fresca che si inalava la mattina presto appena svegli. E le corse a cavallo.. il galoppo sfrenato di quell’animale che rendeva liberi, che cancellava ogni pensiero. Ne avrebbe avuto bisogno, in quel momento di follia. La corsa a perdifiato era servita, ma non le aveva dato quella sensazione di liberazione. Si era sentita ancora incatenata alla realtà, senza il profumo dell’erba bagnata di rugiada e il suono del respiro accelerato di Ashes sotto di lei.
Il fatto era che adesso si trovava lì. due settimane alle vacanze di Pasqua e Andrea inchiodato alla porta della 121, per ripicca. Davvero aveva intenzione di rimanere lì fino a quando non avesse deciso di aprirgli? Ormai era più di mezzora che se ne stava dietro la porta ad aspettare. Era davvero curiosa di sapere se avesse mantenuto fede alle sue parole. Così rientrò in camera, girando la chiave nella toppa e prendendo un grosso respiro. Poi aprì la porta di scatto. Spalancò gli occhi. Andrea non c’era. Perché sono così sorpresa? Avrei dovuto aspettarmelo! in realtà forse un po’ lo aveva sperato, di trovarlo ancora seduto con la schiena contro il legno. Aveva sperato di potergli credere, almeno stavolta. Ma si era sbagliata, di nuovo. “Resta lì dentro per sempre. Perché io da qui non me ne vado”  i fatti però dimostravano altro. Così sbatté la porta dietro le sue spalle, tornando in terrazza per scendere la scala d’emergenza.
 
Andrea si era seduto con le spalle e la schiena appoggiate alla porta, in attesa di sentire qualsiasi cosa gli desse l’impressione di Tris che attraversava la stanza per aprirgli la porta. Ma non sentì nulla, se non rumori che sembravano provenire dal fondo della stanza. Allora voltò la testa di lato, in modo da pigiare l’orecchio contro il legno fresco dell’uscio. Restando in ascolto sentì la maniglia del finestrone scattare e i passi della ragazza che usciva dalla stanza. Poi il silenzio. Doveva aver chiuso la finestra, pensò. Ma perché? A Tris non piaceva stare in terrazza. Faceva troppo caldo per i suoi gusti, il sole ci batteva per tutta la mattina e parte del pomeriggio-il che era ideale per i suoi disegni- ma lo trovava un posto soffocante, se non per..
E in quel mezzo secondo di realizzazione, Andrea scattò in piedi, fiondandosi giù dalle scale del dormitorio, quasi buttandosi sulla porta d’entrata per aprirla. Una volta fuori inchiodò. Indietreggiò, portandosi sotto la finestra della stanza della ragazza, individuandola in piedi sulla terrazza. Subito, senza aspettare che potesse vederlo, si rifugiò sotto il ripiano di pietra del terrazzo. E sentì Tris sparire dentro la stanza per un attimo, per poi ritornare fuori e mettere un piede su uno dei pioli della scaletta d’emergenza. Pian piano li scese tutti, voltandosi per saltare giù. E Andrea era là. Se n’era accorta troppo tardi. Aveva già lasciato il piolo con la mano, staccando anche i piedi per quel mezzo secondo di sospensione. Il ragazzo si scostò giusto un po’, preparandosi a prenderla. E Tris atterrò proprio nel cerchio delle sue braccia. Sentì le spalle di Andrea irrigidirsi, i muscoli degli avambracci tendersi per stringerla a sé. Prontamente poggiò le mani sul petto di lui, a palmo aperto, cercando di allontanarsi, di sfuggirgli di nuovo. Ma la stretta di Andrea non le lasciava moto spazio di movimento.
“smettila Tris. Non sei nemmeno convinta di quello che fai” il tono del ragazzo era morbido, anche se deciso. Adesso le aveva preso i polsi, stringendoli sul suo sterno. La ragazza avrebbe voluto dirgli che era convinta di volersene andare, ma che non poteva picchiare più forte di così per via delle nocche e delle dita malconce dalla sessione di boxe. Ma poi si rese conto che la boxe non c’entrava niente. Che i suoi gesti di protesta erano languidi perché voleva essere stretta da quelle braccia, a quel corpo, di nuovo.
Allora smise di dibattersi, anche se, alzando lo sguardo, i suoi occhi tradivano una punta di rabbia verso il ragazzo.
“cosa vuoi da me?” la domanda non aveva nemmeno tono interrogativo, tanto la voce della ragazza era piatta, fredda. Andrea allora abbassò lo sguardo sulle mani della ragazza, che ancora teneva strette al suo petto. Solo allora si accorse delle nocche scorticate e dei polsi gonfi di Tris. Allentò la presa, aggrottando la fronte, ma capendo immediatamente perché non era riuscito a trovarla qualche ora prima.
“che hai combinato?” chiese lui tenendo le mani della ragazza tra le sue, delicatamente.
Tris ritrasse le mani di scatto, riportandole lungo i fianchi, coperte dai polsini della felpa.
“dovevo sfogarmi. –fece una pausa di qualche secondo, in cui distolse lo sguardo dagli occhi di Andrea, buttandolo chissà dove sul pavimento. –e tu non hai ancora risposto alla mia domanda” concluse spalancando il fulvo dei suoi occhi in quelli del ragazzo. Andrea si ritrovò a fissare quelle miniere bronzee che luccicavano e si rese conto che lo sfogo, le nocche graffiate e le mani che le facevano male… erano colpa sua. E quel che era peggio da sapere, era che Tris era arrabbiata. Ma arrabbiata in un modo triste, non solo incazzata. Anche ferita. E nello sguardo che gli rivolgeva ora si poteva leggere tutto quello che stava provando… o meglio.. tutto ciò che stava provando a non provare.
“voglio…” Andrea guardò con Tristezza quelle mani che sfuggivano alla sua presa e d’improvviso era come si fosse dimenticato cosa doveva dirle di tanto importante. O forse non l’aveva dimenticato.
“voglio chiederti scusa.” I lineamenti di Tris parvero addolcirsi per un momento, ma gli occhi tornarono a socchiudersi, la bocca si socchiuse un pò, incertezza e sofferenza. Quasi si stesse interrogando sulla verità che quelle parole nascondevano.
“per cosa?” chiese di nuovo la ragazza, cominciando a giochicchiare con un polsino della felpa, che ad ogni tocco si sgualciva sempre di più.
“per ieri notte” buttò fuori quelle parole di getto, come se non fosse riuscito a fermarle, o a calibrarne la forza con cui le stava dicendo. La voce tremò, gracchiò per un secondo, come se l’aria, passando dalle corde vocali gli avesse provocato dolore fisico.
Tris annuì lentamente, soppesando le parole del ragazzo. “certo. Sotto l’effetto della birra si fanno e dicono cose che da sobri non si farebbero o direbbero mai.” Andrea provò a continuare nel suo discorso, ma una mano aperta di lei si era alzata, interrompendolo.
“non dire altro. Per te ieri sera è stato un errore, bene. Finiamola qui.” E si voltò, desiderando cominciare a correre di nuovo, ma una mano si chiuse attorno al suo braccio, fermando il solo pensiero.
“aspetta Tris, ti prego.”
“che diavolo vuoi ancora, eh?! Vuoi vedermi correre fino a perdere quel poco di ossigeno che ho nei polmoni e svenire perché non riesco a fermarmi? Perché è questo quello che farò se proverai a giustificarti, se proverai a chiedermi quello che non posso fare!” la mano di Andrea si aprì lenta, lasciando il braccio di Tris con riluttanza. Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, rimanendo in silenzio.
“tu lo sapevi. Sapevi cosa provo per te. E non ti è importato. Lo hai fatto per te stesso, sapendo perfettamente che ti stavi sbagliando, che io non ero niente in quel momento. E lo hai capito-avrei dovuto accorgermene, davvero- perché quando ti sei fermato, appoggiando la testa sul mio petto.. hai capito di non poterti spingere più in là di così.” Andrea alzò di scatto lo sguardo su di lei, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi. Era giusto che lei pensasse questo. Anche perché non poteva negarlo.
“e adesso sei qui. Come se ti importasse davvero sapere come sto, cos’ho fatto per grattarmi via la pelle dalle nocche o… il perché ti sto evitando. Quando la ragione è talmente chiara che la capirebbe anche una cheerleader.”
Andrea sorrise, ma lasciò cadere gli angoli della bocca realizzando cosa aveva detto. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Mrs Carstairs