capitolo
N
O N O
Ritardo (mentale).
Sasuke
afferrò la maniglia arancione della gabbietta con entrambe le mani,
concentrandosi per tenerla ben stretta mentre Neko,
al suo interno, dondolava.
«Tienitelo
contro la pancia» gli suggerì Asami, posizionando le braccia
come se stesse tenendo un grosso cesto di vimini contro lo stomaco, «Così se ci
sono degli animali dentro non li vede ed evitiamo il Pandemonio» gli sorrise.
«Dici che è
abbastanza grosso da non riuscire a girarsi nella gabbietta?» domandò senza interessi
Sasuke mentre seguiva le sue istruzioni, trattenendo il respiro per lo sforzo.
Già il gatto pesava, se poi ci si metteva pure l’ingombro della gabbia!
Asami ridacchiò, avvicinandosi al citofono
per farsi aprire la porta. «Sono venuta per il cip e l’antirabbica per un
gatto» spiegò brevemente, la guancia era quasi incollata all’apparecchio. La
porta si aprì con un sono clack che fece sobbalzare
un Sasuke sovrappensiero. Ma Neko rimase impassibile.
«Andiamo?»
chiese Asami, gentile, tenendogli aperta la porta
mentre l’altro entrava con otto chili di gatto tra le braccia.
Asami gli guardò le spalle mentre
appoggiava la gabbia di Neko su una sedia, in modo da
riprenderla in modo più comodo. Era cresciuto un sacco, aveva lo stesso fisico
di Itachi e, se non fosse stato per quel taglio di
capelli corto, sarebbe stato di certo uguale al fratello maggiore. Erano
passati quasi quattro anni da quando l’aveva visto per la prima volta –
sembrava quasi un bambino! E ora lo stava accompagnando dal veterinario per preparare
Neko al viaggio fino in Giappone.
Lei lo
sapeva che avrebbe pianto quando Sasuke si sarebbe imbarcato. Già si stava
preparando i fazzoletti!
«Asami?» la chiamò il ragazzo, girato appena verso di lei.
Aveva quel taglio di occhi un po’ stanco, quasi scocciato, e le labbra tirate
perennemente in un’espressione apatica. Che faccia da sberle! Aveva confessato
più di una volta a Itachi che ogni tanto avrebbe
voluto tirargli due calci rotanti in faccia, gliel’avrebbe gonfiata così tanto
che sarebbe assomigliato a Majin Bu
di Dragon Ball.
Ovviamente
scherzava.
«Come sei
frettoloso!» gli rispose, raggiungendolo mentre la veterinaria faceva capolino
dal corridoio, salutandoli con un sorriso.
«Siete
quelli del gatto, vero?» domandò retorica, aggiustandosi il camice, «Da questa
parte, prego» e fece strada verso il suo
studio con le pareti di vetro mentre un altro uomo con la tuta verde si univa
lei, iniziando ad estrarre da un cassetto l’occorrente.
«È per il
passaporto?» domandò la dottoressa mentre preparava tutte le carte necessarie.
«Sì» ribatté
Asami, facendo segno a Sasuke di togliere il gatto
dalla gabbia, «Va in Giappone».
«Un bel
viaggio!» commentò, infilandosi i guanti.
Sasuke aprì
la grata e lasciò che Neko zampettasse fuori dalla
gabbia arancione, gli lasciò una carezza sul pelo, facendolo stendere sul
tavolo in metallo mentre ascoltava Asami chiedere
alla dottoressa come fare per passare Neko a lui e
per ultimare il passaporto.
«Gli farà
più male l’antirabbica o il cip?» domandò poi la ragazza, togliendo la gabbia
dal tavolo, osservando la nonchalance con cui Neko se
ne stava sdraiato sul tavolo.
«Il cip»
rispose la dottoressa con un sospiro, «Ha un ago molto grosso» spiegò,
mostrando una sorta di pistola verde con la punta di quasi mezzo centimetro di
diametro. «Glielo mettiamo tra l’orecchio e la spalla sinistra, lo registriamo
e poi facciamo l’antirabbica».
Asami annuì, osservando Sasuke che continua
a coccolare Neko, tirandogli via una consistente
palla di peli caduti per il cambio stagione. L’inserviente si avvicinò al
ragazzo, mostrandogli come doveva tenere fermo il gatto. «Non avere paura di
tenerlo» gli spiegò, facendo afferrare saldamente Neko
per la collottola.
La
veterinaria si avvicinò, disinfettando la pelle di Neko
nel punto in cui ci sarebbe stata l’iniezione, prima di afferrare il lembo di
pelle e cercare di bucarlo, «Che pelle da asino!» commentò, prima di riuscire a
far entrare dentro l’ago. Neko si irrigidì di colpo e
Sasuke aumentò la presa, schiacciandolo appena contro il tavolo. In un momento,
la dottoressa estrasse l’ago e tamponò con un batuffolo di cotone, prima di
lasciare una carezza alla guancia dell’animale, «Ma che bravo gatto che sei!»
gli disse, prima di schioccargli un bacio sul muso.
«Vediamo dov’è…»
borbottò l’altro medico, brandendo uno strano strumento con un display
verdastro sul lato, assomigliava ad un metal detector e la cosa fece quasi
spaventare Sasuke. Tastò il gatto per cercare il cip, «Non lo trova» disse alla
veterinaria, passando più volte l’arnese su Neko, il
quale iniziava ad agitarsi, «Dobbiamo tosarlo».
Asami ridacchiò, osservando la macchinetta
per rasare il gatto mentre la veterinaria faceva stendere Neko,
aiutando Sasuke a tenerlo fermo. Quando la breve operazione fu conclusa, il
gatto sembrava assolutamente contrariato.
Il metal
detector suonò e il cip venne identificato. «Signorina, mi segua» disse l’uomo,
facendo segno ad Asami di raggiungerlo al computer,
in modo da poter compilare tutto il necessario per mettere in regola lo
spostamento del gatto.
«Ora tocca
all’antirabbica» informò la veterinaria, andando a prendere l’ago e la fiala
necessari, «Tienilo come prima» gli chiese.
«Neko…» lo chiamò piano Sasuke, cercando di calmarlo. La
donna lo vaccinò vicino alla zampa posteriore sinistra e, appena estrasse
l’ago, il gatto sfuggì alla presa di Sasuke, cercando di saltare giù dal
tavolo.
«Buono…»
cercò di calmarlo la donna, massaggiandogli la zona della puntura, «È un bravo
gatto…» commentò, sorridendo.
«Ha fatto
più storie per questo che per il cip» disse Sasuke, osservando Neko arrendersi alla situazione, sdraiandosi sul tavolo con
fare melodrammatico.
Ormai
mancava solo che fosse pronto Sasuke, poi sarebbe potuto partire.
Tornare
in Giappone.
-―❁―-
Asami scese dall’auto mentre Itachi aiutava Sasuke a scaricare le valige dall’auto e lei
recuperava Neko, infilando l’indice nel trasportino
per fargli una carezza. Non lo aveva mai visto così tranquillo, e anche se
sapeva che era colpa del tranquillante, le faceva quasi impressione vederlo
così docile e assonnato.
Con i suoi
otto chili era il gatto più robusto della cucciolata di Guinness, ma non era
grasso, erano otto chili di muscoli e pelo e pesava quanto un cucciolo di cane.
Si era
imposta di non piangere, Sasuke non stava partendo per la guerra, e appena Itachi sarebbe riuscito a prendersi una settimana di ferie
sarebbero andati a trovarlo in Giappone, quindi non c’era alcun bisogno di fare
la vecchia sentimentale.
Entrarono
all’aeroporto mentre Sasuke spingeva il carrello i bagagli. Sembrava
tranquillo, quasi sollevato dal solo pensiero di tornare a Konoha,
non lo vedeva così da… mai, praticamente.
«Devi
mandarmi una cartolina, Sascake» gli disse mentre si
incamminavano per imbarcare le valige, «E fatti sentire, altrimenti ti chiamerò
alle due del mattino senza farmi troppi problemi sul fusorario»
continuò con un sorriso, mentre Itachi prendeva la
gabbietta di Neko dalle sue mani con un «Lascia a
me», probabilmente dettato dal fatto che la vedeva arrancare con quegli otto
chili in più. «E mandami le foto di Neko» continuò
mentre Sasuke annuiva continuando a camminare.
«E facci
sapere come ti trovi all’università» aggiunse Itachi.
Quella forse era la cosa che più li preoccupava: non avevano consigli spassionati
da dargli a riguardo, dato che nessuno dei due aveva avuto la possibilità di
frequentarla.
Sasuke
sospirò fermandosi in coda, «Avete altro da dire?» chiese, ma non era
scocciato, aveva quell’aria da cucciolo orgoglioso che si finge infastidito per
rifuggire all’affetto, «State diventando noiosi» borbottò
mentre la mano di Itachi gli si posava sulla spalla
in un gesto d’affetto.
«Ti abbiamo
già detto tutto in quest’ultimo mese» sorrise, lasciandolo poi libero di fare.
Aspettarono
che gli consegnassero la carta d’imbarco al check-in, e poi con il bagaglio a
mano e Neko lo accompagnarono fino alla sicurezza,
dove Asami lo bloccò prima che potesse andarsene
senza nemmeno darle un abbraccio.
«Dammi un
bacio, Sascake» gli disse aggrappandosi al suo collo,
poggiando le labbra sulla sua guancia e stringendolo un poco, «Un po’ mi
mancherà sentirti borbottare» gli mormorò mentre lui la lasciava fare,
guardando Itachi sorridere a quella scena.
Sarebbero
mancati anche lui.
-―❁―-
Itachi entrò in casa chiudendosi la porta
alle spalle, cercando di non fare troppo rumore.
L’orologio
appeso nel soggiorno segnava le 23:18, ma non gli sembrava comunque il caso di
svegliare Asami. Probabilmente già dormiva, aveva
avuto tre lezioni quel giorno, e solitamente era stanchissima.
Posò la
borsa sul divano, e poi attraversò lentamente il corridoio, inseguito da
Paprika e dal suo campanellino che tintinnava nel silenzio. Quando avevano
incominciato a convivere si era dovuto abituare anche ai gatti, al loro
arrampicarsi sul cuscino e dormire ai piedi del letto, ma non era stato tanto
difficile, non quanto convincersi che Sasuke stava bene in Giappone, lontano da
lui, in un appartamento con i suoi amici. Da un lato era stato felice di sapere
che avrebbe avuto compagnia in casa, ma dall’altro non voleva che se ne
andasse, anche se sapeva che prima o poi lo avrebbe fatto.
Non poteva
restare con lui per tutta la vita, non era più un quindicenne, era perfino
diventato più alto di lui!
Entrò
in stanza osservando Asami dormire con Guinness,
appallottolata al suo fianco, e poi sorrise chinandosi a lasciarle un bacio fra
i capelli. La ragazza mugolò, stringendosi nelle spalle.
«Itachi…» mormorò girandosi a pancia in su, quasi
schiacciando la gatta che, stiracchiandosi, si spostò in fondo ai suoi piedi,
«Che ore sono?» chiese senza aprire gli occhi, e lui non capì se fosse sveglia
oppure se stesse ancora dormendo.
Le
accarezzò i capelli sedendosi accanto a lei, coprendola meglio con il piumone,
«Tardi, dormi…» sussurrò, ma Asami
gli prese la mano, intrecciando le dita alle sue e aprendo finalmente gli
occhi.
«Com’è
andata al lavoro?» gli chiese, e lui sorrise accendendo l’abatjour sul
comodino, accecandola.
«Tutto
bene, come sempre» ridacchiò mentre lei strizzava gli occhi, liberandogli la
mano, «Adesso la spengo, fammi cambiare» le disse, e lei strisciò fuori dalle
lenzuola, allungandosi per abbracciargli il collo e stampargli un bacio sulla
guancia.
Oramai
erano entrati in sintonia, ognuno aveva metabolizzato le abitudini altrui, i
tempi, i ritmi di vita, e non c’era cosa più bella del tornare a casa e avere
qualcuno nel letto ad aspettarti.
Asami lo tirò sul materasso con lei,
ridacchiando come una cretina, «Devo dirti una cosa…» sussurrò come una
bambina, sciogliendogli i capelli mentre lui faceva leva con i gomiti sul
materasso, evitando di schiacciarla.
«Domenica
andiamo a cena dai tuoi?» la precedette, ma lei sorrise e scosse il capo,
sfiorandogli il profilo del naso con la punta dell’indice.
«Ma
se ci tieni tanto dico a mia madre che andiamo da loro» ribatté facendo
scivolare le mani sul suo petto, iniziando a sbottonargli la camicia. La faccia
di Itachi
bastò a suggerirgli che non aveva intenzione di sopportare un’altra
riunione familiare, non dopo averli visti praticamente per tutta la
settimana.
«Sono
stati qui tutti i pomeriggi da lunedì» ammise facendola ridere, «Non è che non
voglia vederli, solo che-».
«Che
vuoi restare da solo con me» scherzò lei, raccogliendogli i capelli con le
dita. Era divertente metterlo in imbarazzo, anche se oramai non arrossiva più
alle sue stupide frecciatine. «Ma adesso stai zitto e ascolta me, per favore»
aggiunse tappandogli la bocca con la mano, impedendogli di ribattere in
qualsiasi modo. Lo sentì sorridere contro il suo palmo mentre lei si sforzava
di restare seria e guardarlo negli occhi senza ridere con scarsi risultati,
«Volevo dirti che ho un ritardo» disse semplicemente
Itachi non sapeva cosa aspettarsi.
Conoscendo Asami, per lei «avere un ritardo» poteva significare anche un ritardo
mentale, e di certo non si sarebbe stupito di una battuta del genere.
Ma c’era qualcosa nel suo sguardo, che gli faceva capire che non si stava
riferendo alla sua stupidità. Itachi trattenne il
respiro, cercando di concentrare il suo cervello già stanco.
«Asami…» mormorò, prima di sorridere e vedere i contorni del
viso di lei sfocati dalle lacrime, si mise in ginocchio, tirandola seduta per
stringerla e lasciarle un bacio sulla fronte.
«Spero siano
lacrime di gioia» mormorò lei accarezzandogli i capelli, prendendogli poi il
viso fra le mani, «Non ho ancora fatto il test, però» gli disse mettendo le
mani avanti – magari non aspettava nessun bambino ed era solo un ritardo dovuto
allo stress, o agli sbalzi di temperatura. Ma Itachi
non le rispose subito, si limitò a sorriderle e ad accarezzarle una ciocca di
capelli.
«Volevo
aspettare a farlo, ma visto come si sono messe le cose…» la sua voce era un
sussurro mentre le scostava i capelli dietro la schiena, «Asami,
vuoi diventare mia moglie?» domandò con una certa semplicità che la lasciò
spiazzata. Lo guardò trattenendo a stento una risata e poi gli stampò un bacio
sulle labbra.
«Oh sì!» gli
rispose mentre il cuore le scoppiava nel petto, e la bocca di Itachi le sfiorava la spalla.
«Avrei
voluto prima comprare l’anello, magari portarti fuori a cena, ma possiamo
rifare tutto quando sarà il momento e
poi rendere ufficiale la cosa» le suggerì baciandole la clavicola e poi la
radice del collo.
«E se non
sono incinta?».
«Rimedieremo
dopo il matrimonio».
NOTE
D’AUTRICI → «Aschente!, giuro sui comandamenti».
Lo sappiamo.
Lo sappiamo che siamo in ritardo di una settimana, lo sappiamo che questo non è
il “miglior ultimo capitolo” di EFP, ma per chi ci segue anche su facebook avrà notato che abbiamo deciso di rallentare le
pubblicazioni, e – purtroppo – questo ha influito anche sul benedetto nono
capitolo di Ikigai.
In tutti i
casi, speriamo possiate apprezzare almeno il contenuto. Siamo circa quattro
anni dopo l’arrivo di Sasuke e Itachi a Londra: ormai
si sono ambientati e la relazione tra Itachi e Asami è andata ancora avanti. Dopo la partenza di Sasuke
per Konoha (da cui poi parte Colla ♥).
Come per
quasi tutto quello che riguarda Neko, si tratta di
autobiografia(…), e anche l’imbarco ha qualcosa di personale – giusto a titolo
informativo.
Non vogliamo
dare una data specifica per quando uscirà l’epilogo, ma speriamo per fine
luglio (sempre mercoledì) – dato che sarebbe molto più corto di un capitolo “normale”
di Ikigai, e quindi più veloce.
Ringraziamo
tutti coloro che hanno seguito questa fan fiction, siete i migliori ♥
papavero radioattivo