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Autore: Eneri_Mess    23/07/2015    2 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo XIV -
[Piani]
 
 
 
 
 
 
I minuti seguiti alla sconfitta contro i Tori Rossi erano stati tesi e frenetici. Benché avessero vinto, gli avversarsi non li lasciarono andare via facilmente.
I cannoni della Conqueror presero di mira, più a casaccio e per divertimento, la Sunny. A bordo, Robin e Brook si trovarono in difficoltà a difendere da soli il brigantino dalle palle di cannone sfreccianti, ma guadagnarono tempo sufficiente per permettere a Franky di aprire con la forza la porta dei Docks, ancora incastrata, e far sfrecciare la navigatrice fuori con il Waver, seguita a breve distanza dal cyborg con la Mini Merry. Erano passati pochi minuti e l'SOS di Usopp languiva in un fumo cremisi sopra i tre imponenti galeoni avversari. Quando navigatrice e carpentiere furono a pochi metri dai compagni il tempo sciolse la sua morsa febbrile e andò come al rallentatore.
Nami individuò subito Zoro e Sanji in mezzo ai flutti. In un primo momento credette stessero litigando, si agitavano e sbraitavano, ma un istante a seguire capì dalle loro espressioni tese il problema. Tenevano a galla meglio che potevano Rufy, il cui colorito cianotico la colpì togliendole il fiato. Afferrò la manopola della moto dial mandandola al massimo, zigzagando tra i proiettili senza prestarci attenzione.
Il cuoco fu il primo ad accorgersi della presenza dei compagni in arrivo. Lo sguardo di intesa che scambiò con Nami bastò a farlo agire. Fischiò forte, il viso fradicio di acqua salmastra rivolto verso il parapetto della Conqueror, dove il cecchino e il medico stavano coprendo loro le spalle badando ai Tori Rossi.
« STELLA DI FUMO! » gracchiò il nasone ricevuto il segnale dal biondino. Seguirono diversi versi furibondi e contrariati, oltre al grido acuto della povera renna che veniva afferrata dal compagno e sbalzata – dopo un'abbondante preghiera – oltre le paratie della nave nemica, entrambi dritti in mare.
Nel frattempo il cuoco aveva letteralmente strappato dalle braccia dello spadaccino il corpo ancora incosciente del capitato, buttandolo malamente a bordo del Waver. In due bracciate si era poi portato davanti al cecchino, che annaspando teneva precariamente in testa il medico mignon in modo che non finisse in acqua. Ringhiando a mo’ di scusa, Sanji afferrò la piccola renna e le rifilò lo stesso trattamento del capitano, lanciandola sulla moto d’acqua.
Non ci fu bisogno di alcun “Vai!” perché Nami sfrecciasse via.
Franky nel frattempo riuscì a centrare alcuni dei pirati che stavano tentando di impallinarli mentre il resto dei Mugiwara si trascinava a bordo della Mini Merry.
« Andiamo! » ordinò Zoro, lanciando un’ultima occhiata furiosa verso i parapetti delle navi.
Intanto la rossa ripercorse la strada d’andata aggrappandosi saldamente al manubrio, tentando di non vacillare. L’ultima occhiata che aveva dato oltre le spalle l’aveva fatta rabbrividire e si impose di proseguire più spedita. Chopper stava strepitando qualcosa occupandosi del moretto, ma il rumore del motore a dial, delle onde e dei cannoni nemici che non davano tregua, privarono le sue parole di suoni comprensibili.
« ROBIIIN! » gridò la navigatrice, non riuscendo a celare l’angoscia quando furono sotto il brigantino.
A bordo della Sunny la moretta sentì distintamente la compagna. Facendo apparire una mano gigantesca deviò l’ennesima palla di cannone, per poi sporgersi e constatare la situazione.  
« Ci penso io qui, yohohoho! » cantilenò Brook, con una risata che di divertito non aveva niente, ma che convinse l’archeologa ad agire. Si portò le braccia incrociate al petto e quattro mani fiorirono ai bordi del Weaver, afferrando capitano e medico. Con forza furono scagliati in alto e recuperati da altre dita che sbocciarono dalle balaustre della Sunny, finché i due non atterrarono sul ponte erboso.
Nami infilò di volata la porta mezza aperta del Docks e abbandonò la moto d’acqua, correndo in un lampo sul ponte per aiutare Chopper. La renna umanoide stava praticando un poderoso massaggio cardiaco al moro quando la vide e le strillò di recuperare in infermeria la sua borsa medica.
Mentre la rossa correva con il necessario, il resto della ciurma tornò a bordo, aiutando scheletro e archeologa nel tenere testa agli avversari. Franky disse qualcosa alla vecchia Kamome, che si defilò sul dorso della sua Seal, immergendosi.
« Aggrappatevi a qualcosa! » ingiunse il cyborg, ruotando il timone e impostando il cannone posteriore.
Rufy sputò l’acqua dai polmoni un secondo prima che il Coup De Burst, riparato alla meno peggio, facesse sfrecciare la Sunny lontana miglia e miglia.
 
 
 
 
 
Nami riprese i sensi senza aprire gli occhi. Voci poco attutite oltre l’infermeria la svegliarono dal torpore, ma cercò di escluderle per tornare ad abbandonarsi alla quiete e al tepore del sonno. Non aveva dormito molto, riposato ancora meno. C'erano  troppe cose che le rimbalzavano tra le tempie.
Ma in quel momento, con le braccia incrociate appoggiate al letto e la guancia tra di esse, avrebbe solo voluto restarsene lì a riprendere un po' le forze.
Tornando alla realtà tuttavia si accorse di un piacevole dettaglio.
La mano inerte che qualche ora prima aveva tenuto con preoccupazione tra le proprie, ora stava debolmente ricambiando la sua stretta. Sorrise, schiudendo gli occhi nocciola e inclinando appena il viso in direzione del cuscino.
« Bentornato capitano » mormorò dolcemente, per quanto Rufy stesse ancora dormendo.
A vederlo non sembrava ridotto troppo male. Qualche graffio e solo la caviglia davvero danneggiata dalla catena che Chopper aveva dovuto rimuovere con delicatezza, gli spunzoni ancorati alla carne. Ma il capitano, nella sua vacuità di sensi, non aveva espresso un lamento, facendo solo che preoccupare di più il resto dell’equipaggio. Il piccolo dottore aveva detto che doveva riposare, che era stato troppo in acqua e non avrebbero dovuto forzarne il risveglio. Nami aveva capito che se l’era cavata per un pelo.
Di nuovo, i toni oltre la porta si alzarono un po’ troppo e la navigatrice non poté ignorarli. Sapeva che la tensione era una bomba ticchettante, così si scostò dal moretto e raggiunse il resto dei compagni in cambusa, dove fu investita in pieno dalla litigata in corso.
« È stato da incoscienti buttarsi così a capofitto! Inseguirli adesso è- »
« Vuoi lasciare Mizu ancora con loro!? »
« Rufy ci ha quasi rimesso la pelle! Non possiamo corrergli dietro in questo stato! »
« Stai dicendo che dovremmo abbandonare lei e suo figlio!? »
Prima che il cecchino potesse replicare al cuoco, diverse mani bloccarono i loro movimenti allontanandoli ed evitando che arrivassero a darsele. Due palmi nivei tapparono le bocche di entrambi.
Robin scoccò un’occhiata alla compagna apparsa sulla porta. Come sempre l’archeologa stava attingendo al suo sangue freddo, ma qualcosa nel suo sguardo disse all’amica che fosse grata del suo arrivo. Il nervosismo era una doppia pelle lì.
Spaziando la cucina, tuttavia, la rossa fece l’appello dei presenti. Cuoco e cecchino erano al centro della sala, paonazzi e ancora imbrigliati dal Frutto Hana Hana. Chopper era seduto sul divano vicino a Robin, mogio come se poco prima fosse stato accarezzato in cerca di rassicurazioni. Brook era alla tavola, con la sua tazzina di tè sollevata a mezzaria rimasta sospesa troppo a lungo per essere ancora calda. Le sue orbite vuote erano più fisse e vacue del solito, per una volta davvero ossa e nient’altro.
Franky era probabilmente ancora impegnato a riparare i danni. Zoro non c’era.
« Piantatela » mormorò la navigatrice, rivolta principalmente al biondino e al nasone. Era svuotata dalla maggior parte delle energie, ma doveva farsi bastare il poco sonno. Non potevano aspettare il risveglio di Rufy per calmarsi e prendere una decisione.
Come se non avessero aspettato altro che quell’ammonimento, i due contendenti lasciarono perdere, abbassando le spalle stanche e vedendo le mani sparire. Nessuno dei due era uscito illeso dagli scontri della sera precedente, come gli altri del resto. Il torso di Sanji era ricoperto da diverse fasciature, e dove queste non avvolgevano le contusioni peggiori, lividi violacei gli macchiavano la pelle chiara in più punti. Sembrava scattante e attento come al solito, ma con un’occhiata Nami vide chiaramente la stanchezza nei suoi occhi, semplicemente repressa dalla frustrazione.  
Usopp le aveva fatto il resoconto generale, chi fossero i loro avversari, la loro forza. Erano partiti in svantaggio numerico, ed essere stati precipitosi non li aveva aiutati.
Osservando le condizioni del cuoco, si ricordò di Zoro. Appena Chopper aveva dichiarato Rufy fuori pericolo l’aveva scorto dileguarsi dall’infermeria senza pronunciare una sillaba. Non le era sfuggito che gli mancassero le spade, e la piccola renna aveva dovuto penare un po’ per riuscire a medicarlo.
Un debole barrito, come un lamento soppresso, vibrò lungo le pareti della Sunny, rammentandole che anche Seal non era messa meglio.
« Usopp, Chopper » chiamò Nami, risvegliando i compagni dal torpore. « Andate a chiamare Zoro, Franky e Kamome » disse, fissandoli con i suoi grandi occhi nocciola non arresisi. Quando i due uscirono, con una vena più gentile si rivolse al cuoco, il cui sguardo fisso a un punto imprecisato della sua cucina le aveva fatto stringere il cuore. Si capiva che era angosciato per quello che sarebbe potuto succedere a Mizu. Non stava neanche fumando. « Sanji-kun, ti dispiacerebbe mettere su un po’ di tè e caffè? »
Il biondino si volse annuendo distrattamente, per poi sciogliere i nervi di fronte all’espressione dolce e incoraggiante della navigatrice.
Dieci minuti dopo erano quasi tutti intorno al tavolo. All’appello mancava solo Rufy.
« Per arrivare a Port Red Jack impiegheremo normalmente tre giorni di navigazione » sentenziò Nami, illustrando la tratta sulla cartina. « Qui » e indicò quella che a prima vista sembrava solo una macchietta di inchiostro non lontano dalla loro attuale posizione. « C’è una piccola isoletta disabitata, Nim… » ma non aggiunse altro, mordicchiandosi l’angolo del labbro, pensosa.
« … se li intercettassimo lì sarebbe meglio che a Port Red Jack » completò per lei Robin, seria e con il volto appoggiato al palmo della mano. La rossa annuì.
« Combattere i Tori Rossi a Port Red Jack potrebbe essere rischioso e problematico » iniziò, valutando nella mente possibili e spiacevoli scenari diversi. « Se la sua nomea è anche solo la metà di quella che Rashin ci ha descritto e lasciamo che Oushiza ci arrivi… potrebbe essere troppo tardi per Mizu e Matt » tornò a spiegare lugubremente Nami.
« Raggiungiamoli e basta » tagliente, Zoro espresse la sua opinione a braccia incrociate, occhieggiando con uno sguardo freddo la carta disegnata, senza vederla realmente. La pazienza della rossa vacillò e glielo fece capire ricambiandone l’espressione furibonda.
« Non è così semplice » digrignò, non volendo davvero. Stava sottovalutando i suoi stessi nervi. « Le condizioni della Sunny sono ancora disastrose e – calcò sulla congiunzione, prima che lo spadaccino potesse controbattere – l’unica alternativa è Seal, ma è convalescente quanto voi »
Calò un silenzio pesante, pieno del rimuginare di tutti e di imprecazioni soffocate per reprimere malamente l’umore tetro.
« Dobbiamo studiare una strategia… » intavolò Usopp a braccia conserte, fissando un punto impreciso della tavola. « Sia per recuperare le spade di Zoro che per avere la meglio sulla moltiplicazione di quel Kazuka »
Spadaccino e cuoco, tirati in causa indirettamente, serrarono ancora di più le espressioni e i pugni, avvertendo bruciante la sconfitta. Ma il cecchino li ignorò, proseguendo.
« Il problema principale rimane il potere di Matt. È – deglutì, scoccando un’occhiata alla silenziosa Kamome – devastante… »
Il commento non sembrò impensierire la vecchia, trincerata nel suo mutismo. Pareva combattuta tra il voler abbaiare la propria collera e reprimere il dolore di sapere la sua gabbianella nelle mani di quell’incubo tornato dal passato.
Non giungendo repliche, il cannoniere continuò.
« Potremmo provare a sedarlo…? » si arrischiò, occhieggiando la renna. La proposta fu accolta con visi ancora più cupi. Nessuno di loro avrebbe voluto arrivare a tanto, ma se Oushiza avesse ricorso ancora a Matt, Rufy non sarebbe mai stato in grado di raggiungerlo.
« Non sarà necessario »
La ciurma alzò gli sguardi sgranati l’uno sull’altro, per voltarsi poi all’unisono verso la porta dell’infermeria. Il loro capitano, un po’ pallido ma ritto sulla soglia, guardava verso il tavolo. Sorrise a tutti, con il suo rassicurante luccichio nello sguardo, prima di fissarsi su Kamome e tornare serio.
« Questa volta non mi farò battere » disse, l’espressione sul suo viso volta a promettere e mantenere ognuna di quelle parole.
L’anziana Figlia del Mare non controbatté nulla, né agitò il suo bastone. Ricambiò solo l’occhiata intensa del moretto con una contratta da una preoccupazione imbastita di rabbia. Furono secondi molto intensi, in cui nessuno si azzardò a mettere bocca.
« Non fare promesse che non puoi mantenere » sibilò in fine la vecchia, accorata.
Rufy piegò le labbra in un sorriso che diceva tutto.
« Li salverò »
Kamome scosse la testa, arrendendosi.
Il resto della ciurma poté finalmente tirare un sospiro di sollievo mentre alcuni – Usopp, Chopper e Brook – saltarono quasi in testa al capitano, riversandogli addosso un fiume di parole per quanto li avesse fatti preoccupare. Franky si soffiò il naso nella tovaglia, con sommo disgusto e una pedata da parte di Sanji, anche se questo non scalfì la sua commozione. L’unico che non riuscì davvero ad accantonare i nervi a fior di pelle fu lo spadaccino. Rufy se ne accorse subito tra tutti quelli che gli stavano danzando intorno e scambiò un’intensa occhiata anche con lui. Non ci fu bisogno di altri gesti o spiegazioni.
Nami, al contrario, si sentì la guastafeste della situazione.
« Ragazzi… abbiamo ancora il problema della Sunny » ricordò quando tutti tornarono a sedersi, Rufy sul tavolo con la caviglia fasciata a penzoloni e le braccia incrociate mentre ascoltava il riassunto sulla rotta.
« Non possiamo muoverci? » chiese innocentemente rivolto al suo carpentiere.
« Siamo suuuper incasinati » disse questo, con gli occhiati tirati su sull’onda di capelli azzurri. Si prese il mento tra le mani, riflettendo un attimo per poi scuotere il capo. « Ho bisogno di un cantiere navale attrezzato per sistemare tutto. Abbiamo un ultimo Coup De Burst, ma le vele non sono affidabili, aho! I Docks danno ancora problemi ad aprirsi » elencò per niente contento.
« E Seal? » domandò allo stesso modo verso Kamome.
Questa scrollò le spalle, sbuffando come una teiera.
« Quei maledetti l’hanno conciata male! Il tanuki l’ha medicata… »
« Sono una renna! »
« … ma è ancora molto scossa » concluse con una smorfia.
Rufy sbatté i suoi grandi occhioni con espressione limpida.
« Vado a parlarci » se ne uscì un attimo dopo, saltando giù dal tavolo con una smorfia per via della caviglia e imboccando traballante la porta.
Alcuni non capirono sul momento, altri lasciarono correre sulle stramberie che arrovellavano il cervello del capitano. La vecchia fissò l’uscio spalancato sul cielo scuro con la bocca a “o” totalmente indignata. Robin ridacchiò.
« Che accidenti crede di fare quel Figlio del Diavolo!? » ululò qualche minuto dopo Kamome, fissando Cappello di Paglia dal ballatoio della cambusa insieme alle due donne della cricca. Nami, appoggiata al suo fianco coi gomiti e i palmi a sorreggerle il viso, alzò gli occhi alla volta stellata con un sorriso più convito che esasperato. Scene come quelle non le erano poi più così fuori luogo. Seduto sulla balaustra del ponte mediano, Rufy stava chiacchierando con Seal alle luci delle lanterne come se fosse una cosa normale. E l’enorme foca bianca, con enormi cerottoni qua e là sulla pelle bruciacchiata, dava l’idea di ascoltarlo con attenzione.
« Per voi » disse intanto Sanji, apparendo elegantemente dalla cucina con un vassoio su cui aveva sistemato qualche spuntino e della spremuta d’arancia che tutte e tre gradirono volentieri.
« Prepariamoci… tra poco quello squinternato avrà la meglio » mormorò la rossa dopo un poco, lasciando andare la cannuccia dell’aranciata. Stava ancora tenendo d’occhio il capitano, più infervorato che mai a parlare con Seal. Poi un pensiero la colse, facendole crucciare sovrappensiero l’espressione. « Usopp ha ragione, ci serve una strategia »
« Riguardo a questo… » soffiò il cuoco insieme al fumo della sigaretta, voltandosi verso di lei con un’espressione che la navigatrice gli aveva visto poche volte. Era serio ma con un accenno di sorriso furbetto, mentre soppesava l’idea che aveva in mente.
« Nami-san… ho bisogno del tuo aiuto »
 
 



 
***
 
 



 
« Capo… non l’hai conciata molto bene »
Il commento del medico della Supremacy aveva una vena fin troppo leggera nel tono. Il macellaio, come qualcuno lo apostrofava, finì di strofinarsi le mani insanguinate sul grembiule rattoppato, buttandolo poi malamente in un contenitore metallico in cui aveva già infilato alcuni degli strumenti che aveva appena usato su Mizu.
La donna era incosciente su una branda dell’infermeria di bordo, la maglia arrotolata che mostrava il ventre piatto deturpato dalla ferita di nuovo richiusa con dei punti un po’ azzardati. Era pallida, sull’esangue, la fronte lucida di sudore e il respiro irregolare.
Oushiza rimase a fissarla, a tratti rimirarla. Tra tutte le donne che erano passate sulle sue navi, la mezza sirena rimaneva per lui una delle più belle, probabilmente per quel fascino legato al mare di cui lui non aveva mai saputo nulla. Le prese il mento con la mano, per poterla guardare meglio. Quegli anni l’avevano resa meno ragazza e più donna, per questo sogghignò, lasciandola andare di colpo.
« Che ne facciamo? » domandò il sottoposto con le mani sui fianchi corpulenti, come se stesse fissando un pezzo di carne particolarmente succulento.
« Finché le sue condizioni non migliorano lasciatela riposare » iniziò il capitano con la sua espressione priva di sentimenti se non di un malcelato scherno, nonostante avesse un bagliore negli occhi mentre rivolgeva un ultimo sguardo alla branda. « Non voglio che nessuno la tocchi, sono stato chiaro? » aggiunse mentre usciva dalla stanza. Il suo tono era più che sufficiente a promettere ritorsioni su chi avesse disobbedito.
Ad attenderlo sulla soglia della propria cabina c’era Kameoshi.
« Capitano, ha chiamato poco fa quella donna » spiegò ossequioso. « Ha lasciato il numero a cui ricontattarla » e nel dirlo porse un pezzo di carta scarabocchiato.
Richiusosi la porta alle spalle una volta solo, Oushiza percorse il pavimento ricoperto di tappeti e si sedette comodamente sulla poltrona larga e imbottita oltre la propria scrivania, prendendo il lumacofono poggiato su essa. La luce che filtrava attraverso la vetrata, i cui colori componevano la figura stilizzata di una dea della vittoria tra i flutti, gettò sulla camicia immacolata dell’uomo macchie cromatiche imprecise. Un gioco di bagliori dal rosso al viola contrastante il sorrisetto compiaciuto e sinistro che gli piegava le labbra. Tutto procedeva a gonfie vele.
« … Sì? » rispose una voce strascicata dall’altro capo dello snail.
« Ursula » disse lui, sistemandosi più comodamente. « Dove sei? »
Oltre la cornetta ci fu un momento di raccoglimento in cui si sentì un fruscio di stoffa e lo stridore di un letto a molle.
« Qui a Fulham ad aspettarti naturalmente » mormorò in fine la donna, suadente e miagolante. La sua espressione riflessa sullo snail era tuttavia annoiata. « Non sei in ritardo, Oushiza? Quanto ancora devo stare qui? Questa città puzza » sospirò come se si stesse lamentando di un’unghia smaltata male.
L’uomo sembrò non gradire il modo con cui lo disse, irrigidendo i lineamenti compiaciuti. Ignorò le lagnanze ritenendole inutili e andò al sodo.
« Ho il bambino con me » chiarì, ripensando a quanto accaduto qualche ora prima con quei piratuncoli che l’avevano attaccato e come Matt avesse creato il serpente d’acqua. Spalancò appena lo sguardo, gli occhi folli di una inquietante sensazione di vittoria. « Quello che mi hai raccontato sui suoi poteri era vero »
Ursula tacque di nuovo, soppesando le poche parole udite. Si sentirono di nuovo gli stessi fruscii e cigolii di poco prima, infine una risatina smaliziata riecheggiò dal ricevitore.
« Non essere precipitoso » sussurrò carezzevole. « È solo un cucciolo. Se forzi troppo la mano potrebbe rimanerne traumatizzato e non migliorare » spiegò con lentezza, mentre si stiracchiava. « Ed è pur sempre tuo figlio, no? » aggiunse con scherno.
« Saremo a Port Red Jack tra qualche giorno » tagliò corto il Toro Rosso, neanche minimamente scalfito dalla frase precedente. « Prepara tutto. Non voglio noie »
Ursula fece schioccare la lingua.
« Continua a pagarmi e avrai i miei servigi » replicò lei, velenosamente affettata, ormai annoiata da quelle chiacchiere. Lo stesso valeva per Oushiza, che riagganciò senza aggiungere altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Continuarono a fissarsi, a studiarsi.
Entrambi avevano la fronte imperlata di sudore, le gote arrossate, il fiato corto. Lui risucchiava aria come se avesse dovuto farne scorta, lei sogghignava furbetta.
Sabo conosceva quell’espressione sul viso di Koala: significava diverse opzioni poco piacevoli, tra cui che di lì a breve si sarebbe ritrovato con qualche osso rotto se avesse abbassato la guardia.  
La vide scattare, leggera e veloce, verso di sé. I suoi piedi nudi e chiari provocarono un lieve scricchiolio sulle assi del ponte della nave, ma il biondino lo registrò appena, conscio che qualsiasi distrazione sarebbe stata fatale. Altrettanto rapido serrò gli avambracci a scudo, domandandosi se sarebbe bastato a proteggersi. Quando la vide prossima a colpirlo, il suo istinto agì per lui: la sua pelle si scurì, irrigidendosi. Il piccolo pugno bianco della ragazza lo picchiò con la forza di una cannonata e l’aria intorno a loro vibrò, propagandandosi a onda d’urto.
Il rivoluzionario, scalzo come lei, scivolò fastidiosamente indietro sul legno della coperta per il contraccolpo. Esibì una smorfia alla “tutto qui?”, nonostante ebbe la sensazione di essersela cavata per poco.
Koala gonfiò buffamente le guance, fissandolo con cipiglio irritato… e distraendosi.
Scostando all’improvviso le braccia, Sabo la colse di sorpresa afferrandola per il braccio e strattonandola con l’intento di ribaltarla a terra. Ripresasi subito, la giovane non lo lasciò fare, bilanciandosi in modo da ruotare su se stessa e ricadere in piedi con un sonoro tonfo e un gemito del legno sottostante. L’occhiata che lanciò al rivoluzionario era quieta e seria, quasi distaccata nella totale concentrazione. Si liberò dalla sua presa, piroettando di centottanta gradi e assestando un calcio all’addome di Sabo. Questi incassò ricorrendo di nuovo all’Haki, evitando il dolore ma perdendo per un attimo l’equilibrio. Inarcò la schiena a ponte e, puntellandosi sui palmi, si allontanò con una rovesciata.
Si squadrarono ancora, per un’ennesima volta di cui avevano perso il conto. Il sole aveva appena accennato a sorgere quando si erano ritrovati sul ponte della Sidero ingaggiando un non-programmato allenamento mattutino. In realtà era una cosa che stava iniziando a capitare spesso da quando avevano preso il largo da Baltigo. Verso l’alba, casualmente, entrambi si ritrovavano ai piedi dell’albero maestro, e dopo aver speso un paio di chiacchiere su una presunta insonnia recidiva iniziavano con il riscaldamento.
Ripresero e la prima mossa fu del biondino. Ingaggiarono una sequenza di pugni e parate a una velocità crescente. Koala era agile, di una rapidità che Sabo talvolta stentava a seguire. Le sue mani, nonostante fossero quasi la metà delle proprie, si muovevano determinate, nascondendo una forza impressionante per una ragazza minuta.
« Non ti distrarre » sibilò la suddetta, cogliendo una finestra di negligenza data dai pensieri. Lesta e poco magnanima, la rossa gli bloccò il braccio col proprio, girando su se stessa e spazzandogli le gambe. Sabo registrò il contatto delle strette spalle di lei contro il proprio torace, ma un attimo dopo si ritrovò steso a terra vedendo le stelle.
« … ho… vinto… Sabo-kun » ansimò la rivoluzionaria, sorridendo chinata in avanti su di lui e affannata dalla stanchezza dell’allenamento.
Quando il biondino con la cicatrice in volto riaprì gli occhi non si pentì molto di aver perso. Dalla posizione in cui si trovava la visione non lo rammaricava minimamente. Nonostante il pensiero che lo sfiorò, si ritrovò comunque ad arrossire, e Koala se ne accorse, ma non fece in tempo a comprendere.
« Non per farmi i fatti vostri e rovinarvi il momento… ma esistono metodi più civili per dimostrare i propri sentimenti »
La voce scanzonata che li raggiunse li fece sobbalzare. La scarica di imbarazzo funzionò come una molla e i due si ritrovarono in piedi, quasi sull’attenti, a distogliere lo sguardo l’uno dall’altra.
Poco distante, l’uomo sulla trentina che li aveva apostrofati si ricacciò lo spazzolino da denti in bocca. Diede un’ultima rapida spazzolata ai molari con aria di chi si è svegliato da poco e poi sputò tutto oltre il parapetto, dopo un gargarismo che fece tornare alla realtà i due giovani.
« Queste cose potresti farle in bagno… » sbuffò Sabo con aria vagamente irritata. « Amon » aggiunse, ancora più marcatamente aspro.
Per tutta risposta questi sospirò paziente, grattandosi i capelli blu lasciati sciolti sulle spalle coperte dal pregiato kimono prugna, sui cui lembi svettavano aironi bianchi ricamati. Con lo stesso atteggiamento tranquillo, quasi un’aperta provocazione, lasciò sul bordo del parapetto tazza e spazzolino usati poco prima, per poi voltarsi e lanciare a Koala una delle felpe che i ragazzi avevano abbandonato all’inizio del riscaldamento.
« Sarà una mattinata fredda » spiegò all’occhiata interrogativa della giovane, che si infilò l’indumento salvo accorgersi dopo che fosse di Sabo. Amon esibì un piccolo sorriso che esprimeva un chiaro e poco dispiaciuto “ops”, per poi continuare a parlare. « Ci vorrà ancora qualche giorno per arrivare dalle parti di San Faldo, ma la temperatura andrà calando per un po’ »
Sabo, con le braccia serrate al petto, seguitò a fissarlo stizzito, ignorando la maggior parte di quello che stava dicendo. Al suo fianco la rossa, tolta una vena di imbarazzo per indossare la felpa che le stava quasi a vestito e che le arricchiva le gote già porpora per gli sforzi di poco prima, cercò di sciogliere un po’ dell’evidente tensione che il biondino provava di fronte al nuovo venuto.
« Amon-san, faremo in tempo per l’appuntamento? »
Lui le sorrise con la dolcezza che si riserva ai bambini, ma senza prese in giro. Quella ragazza gli piaceva sul serio, nonostante sapesse che fra lui e il braccio destro di Dragon avrebbe sempre scelto di fidarsi ciecamente di quest’ultimo, e non soltanto per una questione sentimentale.  
« Sì » rispose pacato e con una più che sicura nota di rassicurazione. « In caso contrario, il signor Dante o il signor Dominic dovranno trovare il tempo di riceverci ugualmente. Non è una questione su cui possiamo cavillare » e nel dirlo, spostò gli occhi scuri sul viso non più imbronciato di Sabo. I suoi lineamenti si erano serrati, diventando seri e attenti. « Dragon è stato chiaro nell’affidarci questo compito » concluse, quasi più per vedere il biondo perdere di nuovo la calma. Ma quest’ultimo non gli diede soddisfazione. Per quanto sentisse dentro rodergli lo stomaco, il fratello del futuro Re dei Pirati mantenne i nervi saldi di fronte la rinnovata provocazione.
Di contro, Amon sorrise in quel modo misterioso, arrogante e al contempo totalmente noncurante che lo caratterizzava.
Era un uomo che a prima vista si sarebbe detto rilassato e posato nei gesti, ma tutti sulla Sidero, benché non lo avessero mai visto personalmente in azione, avevano il sentore che sotto il kimono si celasse una sorta di demone. Di tanto in tanto, quando sembrava distratto o accaldato, lasciava intravedere lembi di pelle olivastra, memoria di un passato di chi era abituato a essere baciato spesso dal sole: porzioni di petto, spalle e schiena ricoperti di tatuaggi privi di senso. Qualcuno a bordo aveva riconosciuto un tipo di vecchia scrittura in uso nel regno di Alabasta, oltre che alcuni simboli, ma nessuno sembrava sapere cosa significassero. Unita alla cicatrice che gli attraversava il naso da gota a gota, tutto nella sua figura spregiudicata andava ad alimentare dubbi e il senso di reverenziale inquietudine che attorniava la sua posizione misteriosa.
Tra i rivoluzionari – e per coloro che avevano avuto la stella sfortunata di incontrarlo – era conosciuto come il Nadim, o la Mano Sinistra di Dragon. In realtà sul suo conto si sapeva meno di zero. Anzi, fino a poco tempo prima per Sabo stesso, che aveva creduto di conoscere tutti all’interno dell’Armata Rivoluzionaria, quell’uomo e il suo ruolo erano totalmente sconosciuti.
Da quando la questione di cui si stavano occupando era divenuta più di una semplice voce di corridoio, Sabo si era trovato davanti ad aspetti dell’Armata di cui non era stato minimamente messo al corrente. Tra cui l’esistenza di Amon, che si era presentato come fossero stati amici di vecchia data.
“Dragon parla sempre di te con orgoglio” erano state le prime parole che gli aveva sentito dire. Insinuazioni per nulla velate a cui non aveva saputo cosa rispondere, tanto era stato il miscuglio tra confusione e un sottile senso di rovesciamento del proprio mondo. Dragon si era espresso brevemente, dicendogli che ci sarebbe stato tempo dopo per le spiegazioni.
Intanto Sabo, sentitosi una specie di zimbello nell’essere considerato il fidato Braccio Destro del Capo e non sapere che nell’ombra agiva anche una Mano Sinistra, aveva dovuto ingoiare qualsiasi rimbrotto e concentrarsi sulla loro missione.
Ciò non toglieva che in quell’uomo non riponesse la minima confidenza, nonostante dovessero considerarsi compagni.
« … ma possiamo fidarci? »
Sabo tornò al presente alla domanda della giovane al suo fianco, credendo per un attimo stesse parlando con lui e i suoi pensieri.
Amon fece spallucce, prima di risponderle.
« Al momento i Raiders sono gli unici capaci di procurarci le informazioni che ci servono » spiegò con sguardo indecifrabile, come se tra sé soppesasse un’altra questione. « Non lo faranno gratis. Il signor Dominic si è espresso chiaramente sul prezzo… noi cercheremo di contrattare un po’ »
Koala strinse i pugni.
« Qui si parla di un potenziale incubo per tutto il mondo e c’è da discutere il valore delle informazioni!? »
L’uomo dai capelli blu ridacchiò appena, bonario, ma finendo col farla inalberare ancora di più.
« Nel mio villaggio si diceva che chi scava un fosso con cattiveria ci finisce dentro. Al di là dei Raiders, che faranno solo il loro lavoro, chi sta macchinando questa storia dovrà stare ben attento a quello che farà. E poi bambina… chi meglio di te sa quanto marcio ci sia in giro? » sussurrò in tono carezzevole, guardandola da farla arrossire di nuovo mentre reclinava il capo di lato e le passava le dita tra i capelli, sovrappensiero. La giovane si ritrasse appena, incerta, come se il marchio impresso sulla sua schiena avesse ripreso a bruciare.
Sabo si schiarì la voce, gli occhi lampeggianti verso Amon.
« Noi andiamo a farci la doccia » sibilò, afferrando la compagna dalle spalle e spingendola via, con una chiara nota di avvertimento nell’espressione del suo viso rivolto all’uomo. « Tra un’ora riunione in sala comando, vedi di esserci »
Amon gli fece cenno col pollice in su e un ampio sorrisino, ricambiando la sua occhiata velenosa con una maliziosa e insinuante, totalmente fuori luogo.
« Non sarò io a fare tardi » gli sillabò, strappandogli uno sbuffo frustrato.

 
 
 
 
 
 
To be continued
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
- Nim: … avete mai visto “Alla ricerca dell’isola di Nim”? Confesso, primo nome che mi è venuto in mente!
- Amon: dal greco, o dall’egizio, o ancora dall’ebraico… può avere vari significati che calzano tutti: “colui che è nascosto”, “segreto” o ancora “leale, fidato”.
- Sidero: dal latino. “ferro” e poi “stella”. 
- Nadim: dall’arabo “compagno di bevute”.
- Raiders: dall’inglese “sciacallo, razziatore”.
 
 
 
 
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
Heilà? Vi siete già squagliati tutti per il caldo? Io credo che a breve mi sublimerò direttamente ~
Dopo più di un mese (o due?) torno con Heavenly Eve…! Confesso di aver usato la pubblicazione de Il Tesoro di Alec Rover per avere il tempo di risistemare questo capitolo e le sue New Entry.
Siamo al Capitolo Quattordici e io ancora ho da presentarvi decine di personaggi che concorreranno nella vicenda, negli inghippi… e non vedo l’ora di arrivare a Kidd e Law (no, niente yaoi qui… solo un sacco di casini ghghgh).
Ma parliamo di adesso.
Spero di aver reso bene la sconfitta dei nostri (ispirata a Water Seven) e la loro fuga. Tutto è caotico e concitato. E poi qualche scena fluff tipo tra Nami e Rufy e poi con Sanji. Adoro scrivere e sbilanciarmi un po’ nei loro rapporti tra compagni *love*
Segue una parte sulla Supremacy… vi dico solo che Ursula non era programmata in questa parte di storia. Ma non ho capito perché da un po’ di tempo i miei personaggi fanno di testa loro e lei si è ritagliata un gran bello spazio. Malandrina. Mizu invece è proprio ko. Quella donnina mi odia, me lo sento.
Finiamo poi con la star di questi ultimi capitoli del manga di One Piece… Sabo! Dovevo mettercelo nella storia. Insomma, è tornato di prepotenza nella storia canon, perché qui no? E sì, lui e Koala sono proprio carini! Amon ci metterà lo zampino? Kufufufu ~
 
 
Grazie a jillianlughnasad, che mi sopporta e si innamora di quegli scapestrati dei miei OC XD
Lettori, so che ci siete ~ vedo il numero delle letture aumentare di volta in volta. Io persevero e spero che teniate duro anche voi…!
 
 
 
 
Not(t)e insonne mode on:
 
- Port Red Jack & Fulham: tenete a mente l’isola e la sua città principale. Sono già apparse nel Capitolo Tre [Minacce] e nel Capitolo Cinque [Madame] e torneranno… oh sì *sadic*     
 
- Ursula: be’, un nome una garanzia. Sì, tipo quella Ursula. Il nome le calza troppo a pennello, e alla fine ho deciso di attenermici. Tra qualche capitolo farà la sua comparsa a tutti gli effetti e… chissà che qualcuna di voi non mi tiri appresso qualcosa u.u pure io sono *gelosa* di lei…!
 
- Sidero: nome della nave su cui stanno viaggiando Sabo, Koala e Amon. È il primo nome che mi è balenato in mente pensandone a uno che si adattasse per un veliero rivoluzionario. “Ferro” perché mi è venuto in mente l’Haki di Sabo, “Stella” perché… adoro le stelle, e stavo pensando che i rivoluzionari si mettano a scrutarle e ammirarle di frequente, tra una magagna e l’altra u.u non sono poi diversi da pirati e sognatori.  
 
- Amon: ecco un altro di quei personaggi che nasce “volutamente”, del tipo “no, voglio un tipo così da qualche parte”. E che poi arriva e praticamente si insinua nella trama come se fosse di casa… Nadim o Mano Sinistra di Dragon. Nella mia concezione, come un po’ lo delinea già Sabo, lui è quello che fa “i lavori sporchi”. Quello che sta nell’ombra e di cui è meglio non sapere, tanto che finché non è un’emergenza, Dragon lo tiene nascosto anche a Sabo u.u insomma, ce ne saranno delle belle su di lui. Il suo primo soprannome, Nadim ossia “Compagno di bevute” è riferito al rapporto quasi fraterno che ho immaginato tra lui e Dragon.
È originario di un villaggio di Alabasta e adora punzecchiare le persone che ha intorno, soprattutto Sabo, facendo leva sia sul fatto di essergli stata taciuta la sua esistenza, sia nei riguardi di Koala per cui prova un sincero affetto. Un tipo sfuggevole e scaltro. Da non perdere di vista.
 
- Raiders e Dominic: ci siamo, ci stiamo avvicinando a un capitolo cruciale per certe cose, ma semplicemente credo la mia nemesi per altre, con diversi figuri che mi faranno sudare sette camicie… e tra questi proprio loro e il Signor Dominic, di cui in realtà avete già letto in un paio di capitoli ~ E la stessa San Faldo verso cui si stanno dirigendo diversi personaggi…! Stay tuned!
 
 
 
Queste note per certi versi sono superflue. Però ecco… ogni tanto io stessa vado a rivederle XD Sopportate!
Il Capitolo Quindici è in cantiere. Nella vecchia pubblicazione mi fermai proprio a questo numero… ma non voglio demordere questa volta! Vorrei stare qui a raccontarvi tante storie, intrecci, casini…! Che spero che la voglia di scrivere continui! Abbiate pietà!
 
 
Bacioni!
Nene
 
 
 
 
   
 
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