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Autore: jellyfish    23/01/2009    2 recensioni
Balor, dio della morte, decide di prendere moglie e sceglie la bellissima dea dell’amore Branwen. Dal matrimonio nascono tre figlie femmine che il dio della morte educa come sue future aiutanti. Ma cosa succederebbe se una di loro si dovesse innamorare di uno dei mortali, che invece dovrebbe uccidere? Scatenerebbe di sicuro l’ira del padre. “-saranno le mie eredi. Diventeranno il mio braccio destro. Appena avranno compiuto tutte cinque anni, le educherò io, come più mi aggrada. Mi avete capito? -sì, ma non ho intenzione di ascoltarvi! Non me le porterete via e non ne farete dee di morte e di disperazione come voi! Non lo permetterò- la voce della dea adesso era forte e acuta, disperata quasi. Sapeva benissimo che le sue erano solo vuote minacce, Balor avrebbe fatto comunque quello che voleva e nessuno lo avrebbe mai fermato.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Grazie dei commenti e grazie anche a chi ha inserito la storia tra i preferiti!!! Sono contenta che vi stia piacendo!!! Ok non mi dilungo… vi lascio alla lettura del prossimo chappybye… Jelly^^

 

 

VIII

 

Anni dopo, la vita scorreva normale nel bel palazzo del dio della morte. La moglie a sua insaputa aveva il suo amante e si confidava con la sua serva; Badb, la sua figlia prediletta, svolgeva i suoi compiti di dea con diligenza e senza commettere mai errori; Nemain restava sempre assorta e persa tra le note della sua piccola arpa, parlando poco e ascoltando ancora meno di quello che avveniva nel mondo reale; Macha svolgeva i suoi compiti con il cuore pesante e carico di sensi di colpa opprimenti, ma cercando di non commettere errori per non dover anche traghettare le anime al posto del padre. Nulla sconvolgeva l’ordine e l’equilibrio della loro vita e Balor ne era contento. Un giorno però, senza nemmeno volerlo, proprio lui sconvolse irrimediabilmente la vita di tutta la famiglia.

Era nella sua grande sala da ricevimento, come sempre, e sedeva stanco sul suo trono, con una mano che reggeva la fronte aggrottata e l’altra che stringeva tra le dita rattrappite un foglio pieno di nomi; nomi di poveri mortali destinati a vagare per il resto dell’eternità nel macabro fiume che scorreva attraverso l’isola degli dei.

-Tonke, chiamami le mie figlie

-certo, mio signore

Il piccolo Tonke era già sparito dietro la grande porta, senza farselo ripetere due volte. Poco dopo rispuntò dal punto in cui era sparito, accompagnato questa volta da tre bellissime ragazze che entrarono con passo lento e cadenzato nella sala.

-padre ci avete fatte chiamare?- era stata la maggiore delle tre a parlare, con lo sguardo fiero rivolto verso la figura imponente del padre.

-sì, care. Oggi voglio affidarvi del lavoro extra, scusatemi ma non ce la faccio da solo, sembra che oggi ci siano più persone del solito che devono lasciare il mondo mortale!

Aveva un tono quasi allegro, come se quello che aveva appena detto poteva essere motivo di una battuta felice. In effetti per Badb fu una bella notizia, era sempre felice di poter aiutare Balor.

-allora, Badb a te spetta una donna: Ariel

-sì, padre

Badb uscì in fretta dalla sala, orgogliosa di aver ricevuto l’incarico per prima.

-Nemain, a te spetta un giovane col nome di Tom

Nemain uscì dalla stanza senza nemmeno rispondere al padre, semplicemente canticchiando una poesia che stava giusto componendo per lo sventurato Tom.

-Macha, ti affido l’anima di un giovane: Natan, non mi deludere

Con lei la voce di Balor era stranamente più fredda e impersonale.

Anche Macha uscì dalla sala, non per niente contenta di quel lavoro e con il cuore oppresso già solo all’idea di quello che doveva fare. Non le piaceva assolutamente lavorare da sola; non sopportava di dover affrontare i visi delle persone in lacrime attorno al morente e non capiva come facevano le sue sorelle a farlo senza nessun problema, anzi quasi con gioia nel caso di Badb.

 

_.¤°*.¸¸.·´¯`»*(o)*«´¯`·.¸¸.*°¤._

 

Macha era appena arrivata nel mondo dei mortali e, come ogni volta che ci veniva, si meravigliava di quanto potesse essere strano quel mondo ai suoi occhi, rispetto a quello in cui viveva lei. Il mondo divino, la loro bella isola, era così calma e silenziosa, come avvolta in una nuvola ovattata di nebbia che riduceva tutti i rumori. Il mondo degli esseri umani invece era stranamente caotico, come se tutti quanti non potessero fare a meno di correre; correvano dietro qualche capra scappata dai recinti, dietro un ladro che aveva appena rubato un frutto da una bancarella, i bambini si rincorrevano per gioco, i giovani rincorrevano fidanzate che si facevano desiderare e i vecchi correvano dietro a nipoti troppo scalmanati. Nessuno riusciva a stare un attimo fermo e in silenzio e il rumore, in quella strada dove era giunta Macha, era quasi insopportabile. Per non parlare degli odori; al naso fine della dea arrivavano gli odori più strani, sia piacevoli che terribili da sopportare; l’odore di un dolce appena sfornato da una mamma per la sua figlioletta, l’odore di fiori appena raccolti da un giovane innamorato, l’odore di spezie rare che erano esposte sul tavolo di un mercante; ma anche l’odore di sudore di un uomo che aveva appena finito il suo pesante lavoro nei campi, l’odore di letame appena pulito dalle stalle, l’odore di bruciato proveniente dalla cucina di un maldestro apprendista cuoco. Ma la bella dea non poteva soffermasi su quei particolari, aveva un lavoro da svolgere e voleva farlo al più presto. Si diresse verso la casa del giovane Natan e vi entrò senza esitazioni. La casa non era nulla di speciale, piccola e un po’ spoglia, ma fortunatamente ben pulita e libera dagli odori più sgradevoli che Macha temeva di annusare. Trovò il ragazzo con un coltello affilato vicino alla gola, era arrivata giusto in tempo per assistere alla sua fine e prendergli l’anima. Era un peccato che dovesse proprio morire, pensò Macha, perché era davvero un gran bel ragazzo. Aveva neri capelli lisci e leggermente lunghi, con la frangia che gli ricopriva la fronte, sudata per la tensione al pensiero di quello che stava per fare, e i ciuffi che ricadevano sul collo muscoloso anch’esso sudato; doveva avere anche un bel fisico scolpito e doveva essere molto alto, poiché sembrava che facesse fatica a stare piegato in quella posizione, con le ginocchia piegate, la testa appoggiata su queste e il coltello poggiato minacciosamente alla gola. Ad un certo punto alzò lo sguardo, come se avesse sentito entrare qualcuno, e lo posò sulla figura della dea.

Macha restò sconvolta da quello che i suoi occhi videro. Quegli occhi lei li aveva già visti. Erano due grandi e profondi occhi viola, lucidi per la tristezza, che fissavano con una strana espressione quelli sconvolti della dea che gli stava di fronte. Anche lui sembrava averla riconosciuta. Il cuore di Macha ebbe un sobbalzo quando si ricordò dove aveva già visto i suoi occhi e per un attimo fu come se il tempo si fosse fermato per entrambi, per poi tornare indietro di anni, fino a quel giorno di quasi venticinque anni prima; quando Macha aveva preso l’anima della sua prima vittima insieme alle due sorelle: l’anima di Kona. Ecco dove aveva visto quegl’ occhi: erano quelli del bambino che, dal suo angolo ai piedi del letto della madre morente, la implorava con lo sguardo di non portargliela via. Ora non erano più due occhi infantili che la imploravano, ma i due occhi di un adulto che aveva deciso di farla finita, ma che potevano vedere perfettamente la dea pronta a portargli via l’anima.

-perché io vi posso vedere?

-io… non lo so… non dovreste vedermi

-ma anni fa io vi ho vista di nuovo! portaste via mia madre e a poca distanza da quel giorno vidi portare via anche i miei fratelli e mio padre, ma non eravate più voi la loro assassina

-sono state le mie sorelle, io non volevo portarvi via vostra madre, credetemi!

-sì, me ne ricordo. Voi cercaste di fermare la dea dai capelli bianchi

-sì, mia sorella, ma non ci riuscii e i ho sensi di colpa tutt’oggi per avervi fatto assistere ad un simile spettacolo, troppo crudele per i vostri occhi allora infantili 

-e ora siete venuta a concludere il vostro dovere? Sarete voi a prendere la mia anima?

-sì

-era proprio destino che ci rincontrassimo, ma non speravo in questa circostanza

-non vedo in quale altra circostanza avrei potuto incontrarvi

Macha era sconcertata, non pensava che avrebbe mai rivisto il bambino dagli occhi viola e adesso non lo voleva uccidere, il suo cuore sembrava che non volesse permetterglielo e minacciava pericolosamente di smettere di battere, nonostante la sua natura immortale.

-già, avete ragione

Il giovane non sembrava per niente spaventato, anzi sembrava realmente felice di aver rivisto la bella dea, che non aveva mai smesso di perseguitare i suoi sogni sin dall’infanzia. Adesso che l’aveva ritrovata non la voleva più lasciare.

-e se io adesso non volessi più morire? Se volessi passare il resto della mia vita accanto a voi?

Macha era ancora più sconcertata. Non pensava che avrebbe mai sentito pronunciare simili parole da una delle sue vittime e non sapeva come comportarsi. Decise di non porre fine alla sua vita.

-non credo che voi vogliate realmente passare il resto della vita accanto alla dea della morte

-ma voi non potete essere la dea della morte. Siete troppo bella e troppo buona, dovreste essere la dea dell’amore

Quelle parole colpirono a fondo nell’animo di Macha. Quello sconosciuto aveva colto nel segno il suo problema.

-e invece sono quello che sono, ma visto che dite di non voler più morire me ne andrò e spero di non dovervi più rincontrare o sarei costretta a terminare il mio dovere, quindi non cercate più di uccidervi, Natan

Natan, come era dolce il nome di un semplice mortale se pronunciato dalle labbra di quella bellissima dea. Il ragazzo credeva di vivere un sogno meraviglioso e non voleva dirle addio così.

-io invece vorrei rivedervi. Tornerete da me, mia dea? Non so nemmeno il vostro nome…

-sono Macha. No, non credo che tornerò da voi perché non desidero uccidervi. E non cercate di uccidervi per vedermi, perché se dovessero venire da voi le mie sorelle, o peggio mio padre, non vi risparmierebbero

-allora se non volete che io muoia tornate da me

La dea andò via, sparendo dalla vista di Natan, visibilmente sconvolta per quello che era successo e impaurita al pensiero delle conseguenze che sarebbero derivate dalla sua trasgressione delle regole.

 

 

 

 

  
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