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Autore: BukowskiGirl2    24/07/2015    2 recensioni
[Jeremy Irons]
La bellezza malata di una ventottenne incontra il fascino culturale di un cinquantenne. Jeremy è semplicemente frustrato e stanco della sua solita vita e Victoria è naturalmente spaventata da quello che la aspetta, per quanto riguarda il mondo del cinema.
Dal testo:
"La guardava insistentemente, tenendo gli occhiali sulla punta del naso. Era enormemente affascinato da lei, consapevole di quanta superbia ci fosse, in realtà, sotto quel finto velo di modestia."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Bene, posa pure tutto qui. A queste cose pensiamo dopo. Loro sono Lorenzo, Antonia, Giuliano, Matteo e Giuditta.-
-Antonia, sei tu?-
La ragazza la guardò stranita, poi le si illuminò lo sguardo: -Victoria? Oh Dio, la Gran Bretagna a Roma! Fatti abbracciare.-
Le saltò letteralmente addosso, non riscontrando certo il suo pieno consenso.
-Forza, dobbiamo ancora fare un lungo percorso.-
L’Uomo della Pace la trascinò via, salvandola da quello che, a parere di lei, era uno scenario disgustosamente mieloso. Si diressero - passando attraverso tende, tendoni, riflettori e microfoni - verso un tavolo al quale erano seduti quattro uomini eleganti e invitanti.
-Lui è Andrea Guidi, il produttore. Qui abbiamo Mario Germani, Luca Sentiero e Michelangelo Bevilacqua: sceneggiatore, costumista e direttore tecnico. Imparerai a compiacerli.-
Gli uomini la guardarono con sguardo affamato e fecero a turno un sorrisetto malizioso. Victoria non si sentì a disagio, certamente le serviva per nutrire il suo ego.
-Ah, dimenticavo. Amelia! Amelia! Eccola. Lei è Amelia, sarà la tua manager. Sai, tipo consigli professionali, accompagnamento fisico, gestione dei tuoi impegni.-
-Impegni.-
-Sì, sai, interviste, conferenze, programmi televisivi.-
-Certamente… Posso parlarti?-
-Qualche problema?-
Si misero in disparte.
-Io… Sai, può sembrare stupido e sorprendente insieme, per voi che cercate qualcuno di assolutamente professionale. Ma io…non sono abituata a tutto questo. Come faccio ad abituarmi così velocemente? Non so ancora mai stata su un set vero e proprio, mai con altri attori come me, mai a contatto con le telecamere. Dico solo, come fai a puntare tutto questo su di me?-
-Ascoltami, mia dolce, dolcissima Vicky. Il tuo viso è stato considerato singolare da ogni essere vivente che respira, qui dentro. Sono rientrato e tutti erano tipo “Giorgio, ma come hai fatto!”, “Giorgio, è una favola!”. Io non rovinerò il lavoro di 4 mesi per le tue stupide paure.-
-E se questo non dovesse piacermi?-
-A chi non piace, mia cara? Avanti, non pensarci. Per oggi è tutto, Amelia ti accompagnerà al tuo appartamento.-
Lo guardò un attimo, sperando di intimorirlo. Il suo stupido sorriso soddisfatto non voleva staccarsi dal suo viso. Mentre le certezze della vulnerabile Victoria cadevano rovinosamente a pezzi, la donna dal nome generalmente francese le si avvicinò, le mise una mano sulla spalla e le riferì: -La strada non è lunga, presto potrai rilassarti e fare un bagno caldo.-
Pochi minuti dopo, era già immersa fino al collo in una brodaglia al profumo di rose e latte. Magari latte di rose. Il dolce rumore dell’acqua e il nauseante fragore del suo corpo rotante, le conciliavano un sonno leggero, simbolo di un rilassamento ben riuscito. Il suo raggiungimento del nirvana fu bloccato dal suono sgraziato del campanello. Qualcuno, dietro il suo portone d’ingresso, fremeva, spostando i piedi velocemente e sospirando. Ebbe il tempo di farsi abbracciare dall’accappatoio e lentamente percorse il lungo corridoio che divideva il bagno dalla sala d’entrata. Il campanello suonò una seconda volta e lei sbuffò. Mentre apriva si accorse che i suoi capelli grondavano d’acqua e coprì interamente la sua testa, compreso il viso, con l’asciugamani. La persona dietro la porta mostrò di avere una voce e disse con tono incerto: -Allora sei tu…Victoria?-
Rispose di sì prima ancora di vedere il volto dell’ospite. Scostato il telo dagli occhi, potette meravigliarsi dovutamente. I suoi occhi si spalancarono e con fare lesto chiuse per bene l’accappatoio che lasciava intravedere il suo seno.
-Io sono davvero… lo sa, mi dispiace. Non mi aspettavo di…insomma, sa…- sospirò –Chi è lei?-
L’uomo era insicuro quanto lei, della riuscita di quella visita. Non seppe spiegarsi il reale motivo del suo arrivo, semplicemente disse: -Sono l’inquilino del pian terreno. Sono come il segretario della portinaia, che sta di fronte a me. Ho comunque sentito che… che tu sarai la protagonista di un importante film, che tu… perché posso darti del Tu, no?-
-Oh, certamente.-
-Bene, il fatto è che, niente, abito al primo piano. E allora mi è sembrato carino che non ti dovessi sentire a disagio, a scoprirlo solo dopo. No, no. Forse la verità è che volevo proprio vedere chi era Victoria. Sai com’è, non è importante se sono del primo piano o no, l’importante è che se vuoi maggiori informazioni su qualsiasi cosa, o sulla città o sul condominio, dillo pure.-
-E’ molto gentile, ti ringrazio. Tu sei…?-
-Alfonso. Mi chiamo Alfonso.-
Aveva un viso angelico, Alfonso. E i capelli biondissimi, Alfonso. Pensandoci bene non era un nome che le piaceva, Alfonso. Ma si sa che, rimanere folgorati da qualcuno, è facile come inciampare e cadere in una pozzanghera. Forse troppo difficile da nascondere.
-Suppongo tu voglia sapere qualcosa di più sul film alla quale stiamo lavorando.-
-Oh, sarebbe così bello… grazie.-
-Peccato che ne so forse meno di te. Sono arrivata ieri e mi hanno presentato così tante persone, così tante indicazioni, istruzioni. Insomma, tante cose da seguire. Non so nemmeno con chi lavorerò e come.-
-Ah, io lo so. Ci saranno Caroline Clare, Jeremy Irons e Justin Letman.-
-Credo di capire che ti si può trovare agli angoli del red carpet, con una rosa rossa e cento lacrime. E’ così?
Sorrise abbassando la testa: -Probabilmente.-
-Ti ringrazio delle informazioni, ma se non ti dispiace io tornerei al mio bagno rilassante.-
-Oh! Certamente. Che maleducato, mi dispiace. Vai pure, io torno nella mia casa. Sai, al primo piano.-
-Non era il piano terra?-
-Sì, sì. Piano terra, certo.-
-Arrivederci, allora.-
-Sì. Ehm…sì. Arrivederci.
Si chiuse la porta alle spalle e scese le scale frettolosamente, con l’aspetto di chi sta per andare a raccontare una nuova storia da fan sfegatato a qualcuno.
Victoria non tornò nel suo latte di rose ma, entrata nella sua stanza e presa in mano la Polaroid, simulò un autoscatto: il trucco colato sul viso, i capelli ancora bagnati e l’espressione impaurita. Sosteneva fossero pezzi della sua storia, quelle fotografie. E dato che aveva aperto un nuovo capitolo, ne servivano delle nuove. La solitudine, in una casa grande come quella, iniziava a farsi sentire e la sera non le era mai stata amica. Accese la televisione e capì subito perché lei e la sua famiglia si erano traferiti in Inghilterra. Appena la sua tazza di Earl Grey fu vuotata, Victoria si diresse verso la stanza da letto. Il suo giaciglio era coperto da un lenzuolo di seta color perla. Morbido e rotondeggiante, la invitava a stendersi. Tirò fuori dal borsone il suo quotidiano Baricco: Senza sangue, questa volta. La fortuna la accolse, le bastarono poche righe perché i suoi occhi si facessero pesanti e minacciassero di scendere rovinosamente. Si concesse alle braccia di Morfeo, dormendo fino alle primissime ore del mattino quando, in modo assai brusco, venne infastidita dal suono del suo cellulare.
-Pronto?-
-Vicky, dove sei?-
-Come, scusami?-
-E’ da tre quarti d’ora che ti aspettiamo. C’è tutto il cast, in riunione.-
-Cosa? Tu non mi avevi detto…-
Non ebbe il tempo di finire, che già la chiamata era terminata. Si vestì lesta, mettendo su un vestito scandalosamente corto e nero. Fuggì dal suo appartamento, accompagnata dallo sguardo stalker di Alfonso, che spuntava dal vetro del balcone.
L’edificio era esattamente di fronte al condominio e Victoria pensò subito a come si sarebbe sentita osservata nei giorni successivi. Come all’inizio di un celebre film che probabilmente lei non aveva mai voluto vedere, la signorina fuori dalla Stanza Riunioni le disse: -Mr. Lucano la stava aspettando, venga.-
Appena le fu spiegato dove andare, iniziò progressivamente a correre, precipitando poi nella stanza e attirando l’attenzione di tutti. Fu aiutata ad alzarsi dal regista, che la guardò con un sorriso piuttosto strano, tutt’altro che dispiaciuto. Fu invitata a sedersi accanto ad un uomo, che le offrì la sua bottiglietta d’acqua ancora sigillata, con un sorriso accennato e uno sguardo penetrante.
-Bene, adesso che ci siamo tutti, volevo intanto ringraziarvi di aver tenuto duro e di aver sopportato il mio comportamento esaltato e sicuramente diverso dal solito. Volevo ringraziare in particolare la Lewis, quella bella fanciulla ritardataria…- fece per indicarla -…che mi ha salvato dalla rassegnazione. E mi ha condotto nel mondo di meraviglie che si racchiude in lei.-
Trovò quelle parole particolarmente enfatiche ed esagerate, tanto che si sentì di controbattere: -Sono molto sopravvalutata in questo momento, Giorgio. Vedo che tutti sono così armonici e concentrati qui dentro e non credo mi spettino le tue lodi gratuite, dato che non ho ancora fatto molto.-
L’uomo ‘della bottiglietta’ la guardava insistentemente, tenendo gli occhiali sulla punta del naso. Era enormemente affascinato da lei, consapevole di quanta superbia ci fosse, in realtà, sotto quel finto velo di modestia. Credette fosse opportuno aggiungere qualcosa. Così, a bassa voce, disse: -Magari ha visto in Lei quello che non aveva visto nella Jolie. Cara Victoria, la prego di accorgersi che siamo molto diversi. Non solo fra noi, qui dentro. Ma anche diversi da tutta la stupida gente che c’è fuori. Ci sentiamo schifosamente privilegiati. Ma mi creda, è talmente lecito che impazzirei, se non avessi qualcuno che continua a ripetermi che siamo tutti all’altezza di tutto questo.-
Non osò rispondere. La riunione finì presto: dopo un sacco di indicazioni tecniche fornite da Lucano, furono tutti fuori in poco tempo.
L’uomo che prima l’aveva zittita era fuori, davanti all’ingresso, con una sigaretta accesa fra le labbra. Lei correva fuori spinta da chissà quale vento.
-Victoria.- disse trasparente.
La ragazza si voltò di colpo, incontrando il suo sguardo.
-Non ci siamo presentati.-
Ancora con uno sguardo fra il sorpreso e il cinico insopportabile, gli si avvicinò.
-Io la conosco già.-
-Può darsi, non ho mai detto il contrario.- le porse la mano a mezz’aria –Jeremy.-
Gli strinse la mano continuando a guardarlo negli occhi, a testa bassa.
-Potrei offrirle un caffè?-
-Non so se posso accettare.-
-Vorrei tanto che Lei lo facesse.-
-E’ inutile dire che non ho orari da rispettare o persone che potrei deludere. Quindi, può andare.-
Si incamminarono, a passo estremamente lento. Lui teneva le mani congiunte dietro la schiena e guardava basso. Lei si teneva stretta alla sua borsa, quasi non sapesse dove collocarsi. A volte lo guardava, così, di scatto, magari per vedere qual era la sua espressione. Essa non cambiava, sempre seria e composta. Arrabbiata, si sarebbe detto.
-Eccoci, siamo arrivati.-
Si guardò intorno. I luoghi luminosi, nei momenti bui della sua esistenza, riuscivano a metterla di buon umore. Si sedettero ad un tavolo, in disparte, e prima che potessero dire qualsiasi cosa, una donna si avvicinò a loro con un sorriso smagliante.
-Lei è… Oh mio dio, Lei è…-
-Vuole una foto?- anticipò, per evitare che la cosa si dilungasse. Scattarono la foto e la donna si dileguò umilmente.
-Ci dev’essere abituato.-
-Oh, si. E’ una cosa che non si può evitare. Sii scortese una volta e lo ricorderanno. Per carità.-
Ordinarono un caffè ristretto e un cappuccino. Insieme a quest’ultimo arrivò anche un krapfen semplice, che lui avvicinò a sé lentamente. Teneva in mano il suo tazzone per farlo raffreddare, mentre pensava a quale interpretazione psicologica avrebbe dovuto dare a quel caffè ristretto, che lei aveva bevuto senza nemmeno aggiungere dello zucchero.
-Tingerò i miei capelli.-
-Gliel’ha chiesto Giorgio?-
-No, ma ha detto che posso farlo.-
-Che colore saranno?-
-Rossi, credo. Quasi arancioni. Carota, forse. Ma non è questo il punto. Vorrei che Lei venisse con me.-
-Davvero me lo sta chiedendo?-
-Mi dispiace se ho detto qualcosa di inopportuno.-
-Ma no, assolutamente no. Lo chiedo perché sono lieto che mi consideri all’altezza di accompagnarla in un viaggio di cambiamento.-
Lo guardò negli occhi, aggrottando la fronte: -Viaggio di cambiamento.-
Si impose un sorriso cortese e senza troppo imbarazzo gli riferì che era molto stanca e che avrebbe preferito tornare nel suo appartamento o andare in una libreria.
-Vuole comprare dei libri?-
-Sì, Giorgio mi ha fatto trovare testi molto stupidi nella mia libreria. Voglio comprare qualcosa di più serio.-
-Serio come…?-
-Come De Luca, o come Benni. O Baricco.-
-Quale preferisce dei tre?-
-Il terzo, assolutamente.-
-Bene. Le consiglio una libreria, qui in centro. Non è molto fornita, ma per una persona che legge De Luca credo conti l’atmosfera, più che la sostanza.-
-Questo vuol dire che verrà anche Lei?-
-Posso accompagnarla e andarmene, se vuole.-
-No! No… Dicevo solo che, insomma… Se vuole venire, può farlo.-
Lui sorrise, spostando dalla mente di lei tutti gli anni che li dividevano e tutte le lacune che probabilmente – a parer suo – lei aveva.
Giunsero alla più grande libreria che i suoi occhi avessero mai visto, piena zeppa di scaffali e colma di libri impolverati.
Si guardava intorno, non servivano più le parole. Un posto buio, umido, chiuso, non l’aveva mai presa così tanto. Sfiorava le copertine dei libri, senza leggere i titoli. “Conta l’atmosfera, non la sostanza”.
Quasi si rincorrevano, in quel posto magico, ignorando la presenza degli spettatori e di donne-autografo. Lei spariva dietro una libreria, lui la cercava disperatamente e lei ricompariva con in mano un libro estremamente interessante o estremamente stupido.
Tenendo uno di quei testi in mano, sbucò da dietro una libreria, accanto a lui e, poggiando la testa ad uno scaffale, si trattenne dal ridere: -Il parto del cavalluccio marino…-
Lui si guardò intorno assicurandosi che non ci fosse nessuno a vederli, poi si lasciò andare in una risata piena.
Era così poco concentrato su sé stesso, che Victoria stentava a crederci. Nel viaggio di ritorno verso casa sua, dopo averlo salutato con una stretta di mano, osservava il suo nuovo libro, che non era né di Baricco, né di De Luca e neppure di Benni. Era un libro di un autore, con una piccola dedica sul fronte: “A colei che precipita in altri mondi e resta sempre la stessa”.
   
 
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