Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Ameliasvk    25/07/2015    5 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Miraggio
 
_ Miguel_

Non riuscivo a tenere gli occhi aperti.
Le palpebre pesavano come piombo; si abbassavano ed alzavano convulsamente, in bilico, tra la veglia e l'oblio dell'incoscienza.
Ma l'attesa dell'inevitabile non era mai stata così devastante: ormai mancavano poche ore all'inizio del processo, ed ancora non erano venuti a prendermi.
Magari Rufus si era dimenticato, i secondini non erano stati informati, o molto più probabilmente, quel vecchio ubriacone era svenuto da qualche parte a causa della sbornia.
Comunque sia, tutta quella situazione era snervante.
Odiavo aspettare.
L'attesa mi destabilizzava, m'incollava addosso l'ansia, mi corrodeva dentro... ed io non lo sopportavo.
Mi faceva sentire inutile, impotente, soprattutto quando la posta in gioco era così alta.
Respirai a fondo, dopodiché con le ultime forze che mi rimanevano in corpo, strattonai quelle dannate catene per l'ultima volta.
L'acuto stridio del metallo mi graffiò i timpani, ma ahimè, ogni tentativo di spezzarle risultava vano.
L'incantesimo di Cassandra era troppo potente, e quel poco sangue che avevo ingurgitato tre ora prima, era servito a malapena per rimarginare le ferite più superficiali di schiena e torace.
Il resto del mio corpo, era ridotto ad un colabrodo.
<< Maledetto Angus...>> ringhiai, << Sta pur certo che te la farò pagare...>>
Quello non era solo un vaneggiamento risentito, oh no... ma una promessa.
Quello stronzo non avrebbe avuto scampo.
Già pregustavo la scena: le mie mani lorde del suo sangue, il pallore spettrale della sua pelle e la gelida morsa della morte dipinta sul suo volto ripugnante.
L'avrei ammazzato, sì.
Ma tra atroci sevizie e sofferenze.
Senza pietà.
Eppure, quell'idea non bastava a soddisfarmi.
Volevo di più... pretendevo altro.
Ma cosa?
Quel senso di vuoto non accennava ad andarsene, e d'un tratto... ogni cosa perse del tutto la sua importanza.
Non volevo più saperne niente di Angus, né del Consiglio e neanche di Ryan.
Volevo solamente fuggire, uscire da quel posto... respirare.
Lasciarmi alle spalle tutto quello che aveva a che fare col fetido odore delle prigioni e le sue asfissianti mura di pietra.
La libertà non era mai stata così lontana.
Tuttavia, senza rendermene conto, la mia mente ricominciò a vagare; solcò le scanalature del pavimento, la serratura arrugginita, e poi via... oltre le sbarre d'acciaio, fino alla scalinata.
 Al di là delle pareti.
Sfiorò le stanze superiori, gli addobbi eccentrici, le decorazioni eccessive, per poi soffermarsi su un unico pensiero.
Lei.
Sì, lei era lì.
L'avevo raggiunta... e la vedevo disperarsi, in lacrime, reclusa in una gabbia dorata, senza la minima possibilità di cambiare le cose.
E come avrebbe potuto?
Loro non glielo avrebbero mai lasciato fare.
Ormai conoscevo fin troppo bene il modus operandi di quei cani rognosi del Consiglio: erano infidi, sospettosi, tanto da temere uno scricciolo di ragazza come Amelie.
Eppure, non avevano tutti i torti.
Lei era pericolosa, molto più di quanto potesse sembrare.
Sebbene fosse dotata di un'infinita goffaggine, Amelie aveva dalla sua parte la forza della disperazione; era una ragazza forte, determinata, e incredibilmente coraggiosa.
Avrebbe fatto di tutto... sacrificato qualsiasi cosa pur di salvarmi.
Persino fare un patto col diavolo... e questo, mi terrorizzava più della sentenza che gravava sulla mia testa.
<< Maledizione!>> imprecai, digrignando i denti fino a sentir male.
Il pensare a lei, faceva inevitabilmente riaffiorare nella mia mente ricordi proibiti.
Lei contro il mio corpo, le lenzuola spiegazzate, il sapore delle sue labbra e poi... il suo profumo delizioso.
Vivido come non mai, quell'odore paradisiaco mi ustionò le narici, i polmoni, il cuore.
La tenebra s'irrorò di sangue, dopodichè, la sua immagine prese a danzarmi dinnanzi agli occhi.
Era semplicemente irresistibile, bellissima, avvolta unicamente da un manto scarlatto.
La seta frusciò a contatto con i suoi seni, i veli caddero a terra, rivelando con estrema chiarezza la perfezione assoluta del suo corpo.
Deglutii a fatica, incapace di distogliere lo sguardo.
La divoravo con gli occhi.
La sua pelle era candida, nivea, talmente splendida da sembrare di porcellana.
I lunghi capelli parevano intessuti d'oro, fili di bronzo e rame, mentre gli occhi... oh, i suoi occhi.
Rifulgevano d'un bagliore sconosciuto.
Intenso.
L'usuale sfumatura castana dell'iride, era sostituita da pagliuzze verdi, tanto chiare da sembrare frammenti di smeraldo. Eppure, v'era racchiusa anche dell'oscurità, in quello sguardo.
Uno spesso strato buio, sconfinato, che tramutava le sue pupille in cupi buchi neri nei quali precipitare.
Ma niente era come le sue labbra.
Piene, succose, vermiglie come fragole mature.
Le potevo sentire aprirsi, premere contro la mia pelle e scivolare giù... lungo il collo.
Delicatamente, saggiando la sua consistenza, per poi risalire, aggirare la mandibola e raggiungere la mia bocca.
Quanto mi erano mancate, quelle labbra?
Avevo l'impressione di non aver bramato altro da tutta una vita.
Le violenze subite, l'infinite torture... svanivano a confronto col dolore della sua lontananza.
Lei era come l'aria, come il vento, come il sangue... 
Semplicemente essenziale.
" Miguel..." sussurrava languidamente, "Amore mio..."
Il suono della sua voce era tenue, delicato, sconcertante.
Trasudava al contempo timore e desiderio.
Ingenuità e sensualità come due facce della stessa medaglia.
Sentii le sue labbra unirsi lentamente nelle mie, lambirle, finché da soffice e lento, il bacio si fece rovente.
Dopodiché, l'estasi.
Le mani affondarono nella carne, le lingue s'intrecciarono, fino a farmi perdere del tutto il lume della ragione.
Cristo... !
Fremevo dalla voglia di possederla, spalancarle le gambe e farla finalmente mia... ma prima di giungere a quel fatidico momento, le morse della fame spezzarono l'incantesimo, riportandomi crudamente alla realtà.
Fu terribile.
Quasi quanto ricevere una stilettata in pieno petto, al centro del cuore.
In un battito d'ala, ogni cosa era svanita nel nulla.
Evaporata.
Come un abbaglio, un'illusione, un miraggio.
Preso dal panico, feci vagare instancabilmente lo sguardo da una parte all'altra della cella.
Non trovavo pace, lei... doveva pur essere da qualche parte!
Ma non c'era.
Non c'era!
Mi aveva abbandonato di nuovo.
Mi aveva lasciato solo.
E la follia parve quasi soffocarmi nella sua stretta rovente.
Ormai non avevo più niente tra le mie mani, solo una manciata d'incubi e sogni infranti.
Non esisteva più alcun inganno della mente, nessuna speranza, nessuna Amelie avvinghiata tra le mie braccia...
O forse... no?
Un flebile odore si sparse all'interno dell'ambiente, scontrandosi malamente con il rancido puzzo delle prigioni.
Era inconfondibile, inebriante, eccitante.
Una vera e propria droga.
" Ma no..." mi dissi, " Non può essere!"
 Eppure...

_ Amelie_

Davanti ai miei occhi, si apriva l'ignoto.
Fila e fila di porte serrate, chiuse, dipinte completamente di bianco; superfici rigide, sormontate da catene e grossi chiavistelli metallici.
Tutt'intorno, un lungo corridoio circolare.
Ogni porta, recava inciso sopra un numero romano.
In totale, ce n'erano ventisette.
Ma solo dalla numero "V" provenivano delle urla disumane.
<< Ma cosa... >> mormorai confusa, << Che sta succedendo lì dentro? Sono grida di dolore, quelle?>>
Lizzy si limitò ad annuire e senza degnarmi di uno sguardo, aprì bocca per parlare.
<< Sì. Sono le voci dei prigionieri sotto interrogatorio.>>
<< Come, prego?>> ero incredula.
<< Non farci caso, ma...>> abbassò sensibilmente il suo tono di voce, << Le vedi tutte queste porte?>>
Feci segno di "sì" col capo.
<< Dietro la soglia di ognuna, si tengono gli interrogatori. La maggior parte delle volte non c'è bisogno di calcare la mano sugli accusati, confessano i loro peccati senza troppi intoppi. Ma quando si ha a che fare con delinquenti di una certa risma... Beh, non si esclude l'utilizzo di metodi un poco più ortodossi.>>
<< La tortura...>> sussurrai d'un fiato.
A malapena me n'ero resa conto.
<< P-parli della tortura, vero?>> balbettai in preda all'orrore, ero disgustata!
<< Shhh, fa silenzio!>> mi ammonì lei, zittendomi con una mano.
Non appena mi lasciò libera di parlare, le inveii contro.
<< Mio dio, Lizzy! Che diavolo di organizzazione siete, voi?! Solo dei pazzi furiosi arriverebbero ai vostri livelli! Dei pazzi! Usare simili metodi ancora adesso... ma vi rendete conto? Siamo nel diciannovesimo secolo, maledizione! È illegale trattare le persone in questo modo! Illegale!>>
<< Ti ho detto di fare silenzio! Ci sentiranno!>>
Ma non le diedi ascolto.
Ero semplicemente terrorizzata.
Non credevo possibile che potessero esistere veramente dei luoghi del genere... dove la vita umana veniva considerata meno di niente ed era lecito utilizzare la tortura per estorcere informazioni.
Lo trovavo barbaro, assurdo, del tutto inconcepibile.
<< Adesso calmati...>> sussurrò lei, cercando di rabbonirmi.
Avrei voluto impuntarmi, gridarle in faccia tutto il mio disprezzo per l'organizzazione di cui faceva parte.
Aprirle gli occhi.
Ma a che sarebbe servito?
Solamente a farci scoprire e mandare all'aria ogni cosa.
Quindi respirai a fondo, abbassai le palpebere e contai fino a tre.
Quando riaprii gli occhi, ero calma... ma non riuscii a trattenermi dal dirle in faccia quello che pensavo.
<< Tutto questo è riprovevole.>>
<< Benvenuta nell'Ailthium, mia cara...>> fece lei trafelata.
Senza ulteriori indugi, mi sentii tirare dalla sua mano ed insieme, riprendemmo a camminare.
Il corridoio era deserto, nudo di qualsivoglia spoglia.
Solo un ammasso di pietre, portoni e lampade ad olio.
Avremmo dovuto procedere con cautela, prestando ben attenzione a non fare rumore... ma all'improvviso, Lizzy accelerò il passo, costringendomi a correrle dietro.
Ero letteralmente senza fiato.
Non per la fatica, no... ma a causa della paura.
" E se non riuscissi a salvarlo?" pensai, " Se fosse tutto inutile?"
Forse non c'era soluzione.
Miguel sarebbe morto comunque e tutti gli sforzi fatti in quel momento, non erano altro che meri vaneggiamenti di una ragazzina.
Lizzy aveva ragione: si trattava di una missione suicida.
Come darle torto?
La soluzione migliore sarebbe stata ascoltare l'istinto di sopravvivenza ed arrendersi, gettare la spugna.
Prostrarsi davanti alle ingiuste macchinazioni del destino.
Ma cos'altro avrei potuto fare?
Aspettare passivamente ed in silenzio che la situazione migliorasse?
O magari starmene immobile, con le mani in mano, mentre una congrega di folli squilibrati attentava alla vita dell'uomo che amavo?!
Oh... beh!
No, signore!
Non potevo assolutamente permetterlo!
Quindi, nonostante la totale stoltezza delle mie gesta... seguitavo a percorrere la mia strada!
Ci lasciammo il corridoio alle spalle, dopodiché imboccammo una lunga rampa di scale.
Le discendemmo in silenzio, appiattendoci alle pareti come insetti.
Una volta giunte all'imbocco del piano inferiore, Lizzy mi strattonò una spalla.
<< Ascoltami bene, principessina! Da qui in poi le cose si complicano!>>
Annuii col capo, vigorosamente.
Sapevo perfettamente quale fosse la posta in gioco: ero pronta a tutto.
<< Questa è l'entrata dell'Acheronte, il secondo girone. Ospita al suo interno i detenuti in attesa di giudizio.>>
La mia giovane amica avanzò di un passo, calandosi il cappuccio del mantello sulla testa.
Imitai il suo gesto senza batter ciglio, come un automa, facendo altrettanto con il mio.
Ma per poco non le starnutii in faccia.
Quel... "coso" era un capo d'abbigliamento piuttosto singolare.
Diciamo pure logoro, sgualcito, dotato di un odore decisamente troppo intenso...
Ma il puzzo sprigionato da quell'affare, non era niente in confronto al miasma fetido che aleggiava nell'intero ambiente.
L'aria era rancida, sapeva di lerciume, abbandono e putrescenza.
<< Che cosa inumana...>> mormorai tra me e me.
<< Che cosa ti avevo detto?>> fece Lizzy, colpendomi il fianco con una gomitata.
Ma come potevo fingere indifferenza?
Le bocche dell'inferno si erano appena aperte dinnanzi ai miei occhi.
Rischiavano d'inghiottirmi.
Seguendo i passi di Lizzy, attraversai interi filari di sbarre, mani protese e corpi intrecciati.
I detenuti erano tenuti come animali, in gabbia; lo spazio vitale tra un individuo e l'altro era del tutto inesistente.
Se ne stavano ammassati, corpi schiacciati contro altri corpi... le mani imploranti, infilate tra le sbarre e protese verso l'esterno.
Volte ad afferrare un briciolo di libertà.
Alcuni si dimenavano, altri urlavano, altri ancora se ne stavano semplicemente affacciati tra le aste di ferro.
E ci guardavano passare.
Miguel non era lì, lo sapevo.
Durante il tragitto, Lizzy mi aveva raccontato di un certo "corridoio T" l'area riservata ai traditori.
Avremmo dovuto scendere altri due piani prima di giungere a destinazione.
Eppure, non riuscivo a darmi pace.
Gli occhi di quegli uomini erano fosse scure, burroni senza fondo, che non ci abbandonavano mai.
Sembravano volerti scavare dentro, incedere la pelle come acido corrosivo.
Ed io, non riuscivo a resistere.
Provavo pena per loro.
Ma com'era possibile?
Lizzy mi aveva raccontato dei loro crimini immondi, dei loro disfatti, ciononostante, quell'orribile reclusione dava l'impressione di essere una pena più che sufficiente.
Troppo terribile, persino per loro.
" Miguel..." pensai, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime. "Chissà come ti hanno ridotto..."
Ma non osavo immaginarlo.
Se i comuni malfattori erano trattati in modo così atroce, allora... com'era l'accoglienza riservata ai "traditori"?
Doveva sicuramente sconfinare nell'abominio più totale.
Sopraffatta da quei tetri pensieri, stentai quasi a respirare.
<< Sì, là giù è molto peggio. Ma ora fai attenzione. Stanno arrivando le guardie... fingi indifferenza e lascia parlare me, intesi?>>
Acconsentii con un cenno del capo.
Mi limitai dunque a seguirla, facendo ben attenzione a dove mettevo i piedi.
Poi, giunsero dei passi, e il mio cuore parve congelarsi.
Dopodiché, due figure alte e slanciate, completamente vestite di nero, entrarono nel nostro campo visivo.
Erano uomini giovani, massicci, indubbiamente forti.
Diversi nei tratti e nei colori, ma ammantati dallo stesso mantello logoro che solcava le spalle sia a me che a Elizabeth.
Supposi dovesse trattarsi di una mezza specie di divisa riconoscitiva.
<< Lizzy!>> esclamò uno, quello dai lineamenti più aggraziati.  << Ti hanno assegnato alle prigioni, quest'oggi?>>
La ragazza annuì col capo, sforzandosi di sorridere senza destare sospetti.
<< Indovinato!>> rispose, << Porto questo novellino a fare un giro turistico!>>
Entrambe le guardie abbassarono lo sguardo su di me.
Mi sentivo esaminata, scrutata, fin nel profondo del mio essere... ma mi sforzai comunque di mantenere un atteggiamento disinvolto.
Non potevo permettere che scoprissero l'inganno.
<< Un novellino, eh? >> fece l'altro, che prima era rimasto in silenzio.
L'uomo avanzò d'un passo, e con un gesto improvviso, mi afferrò il braccio.
" Dannazione!" pensai in preda all'orrore, " L'ha capito!"
Ma la fragorosa risata che fuoriuscì dalle sue corde vocali, mi spiazzò del tutto.
<< E dove sarebbero i muscoli?>> domandò divertito, tastando il mio braccio alla ricerca di una massa muscolare inesistente. << Cazzo, Liz! È morbido come quello di una ragazza!>>
Lizzy si fece avanti, parandosi di fronte a lui, in modo che mi lasciasse andare.
<< Ah sì? Cos'avresti da ridire sui muscoli di una ragazza, eh? Vuoi forse assaggiare i miei?>> minacciò, fingendo di scherzare.
La guardia non se ne rese nemmeno conto, ma la sua voce trasudava belligeranza.
<< Oh no...>> fece lui, ritraendosi. Un sorriso a trentadue denti gli tagliava a metà la faccia. << Non sono mica matto!>>
<< Ne sei sicuro?>> lo sfidò.
<< Ci tengo alla pelle!>> rise lui.
<< Andiamo, Danny!>> intervenne il suo compare, << Lasciamo Litz al suo lavoro! Dobbiamo finire di perlustrare la zona.>>
L'uomo mi lasciò uno sguardo sospettoso, ma nulla di più.
Non disse niente, anzi. Si limitò a trascinare il suo collega per un braccio.
<< Buon lavoro, ragazzi!>> s'affrettò a dire Lizzy, accomiatandosi.
I due la salutarono con un cenno, dopodiché sparirono alle nostre spalle.
Via libera.
Arrivate alla seconda rampa di scale, Elizabeth si assicurò che nessuno ci stesse e seguendo, e come se avessimo il diavolo alle calcagna, mi trascinò in luoghi bui e corridoio scoscesi.
Quelle maledette prigioni sembravano immense, senza fine.
Si protendevano ben oltre il sottosuolo, discendendo giù, sempre più in basso, in una spirale vorticante che pareva voler raggiungere il centro della terra.
Scene di uomini imprigionati come bestiame da macello, si ripeterono anche ai piani inferiori... ma miracolosamente, non trovammo sulla nostra strada ostacoli evidenti.
Le guardie, una volta accertatesi dell'identità di Lizzy, si tranquillizzavano, lasciando sia me che la mia amica libere di proseguire.
Ma quando giungemmo a destinazione, le cose cambiarono del tutto.
Attraversammo un grosso portone, poi il vuoto.
Il buio era talmente denso da sembrare gelatina, mentre un baratro di cui non scorgevo la fine, si apriva davanti ai nostri occhi.
<< E questo?>> domandai, col cuore in tumulto e i polmoni svuotati.
La strada era sbarrata, non esisteva alcuna via di fuga.
Solo quella fossa scura, enorme, senza fine.
<< Allora?>> la spronai, << Che cosa facciamo?>>
Lizzy si voltò a finalmente a fissarmi.
I suoi grandi occhi castani erano eccitati, rilucenti, come polvere di stelle.
<< Sei pronta a saltare?>>
---

Il contatto con l'acqua fu devastante.
Una pioggia di spilli, uno schiaffo improvviso, il riverbero di uno scoppio, poi l'assenza di gravità.
Come appuntiti aghi di ghiaccio, il freddo si conficcò nella mia carne, penetrando in profondità, fino a raggelare le ossa.
Per un breve istante, riuscii a riaffiorare in superficie; giusto il tempo di prender fiato, poi giù, nelle più cupe oscurità dell'abisso.
Il gelo sembrava tagliarmi la faccia a metà. lIncurante del dolore, provai a muovermi, a dimenare le braccia, a scalciare... ma ogni tentativo risultava vano.
Non riuscivo a raggiungere la superficie.
Improvvisamente però, delle braccia piuttosto esili giunsero in mio soccorso.
Mi sentii afferrare, tirare, mentre a causa della mancanza d'ossigeno, i miei sensi si affievolivano di secondo in secondo.
Ero al limite.
Ancora pochi istanti, e avrei definitivamente perso conoscenza.
Uno, due, tre... quat-.
Ma il contatto con l'aria fresca, non tardò ad arrivare.
Ebbi un fremito, poi la mia bocca si spalancò ed emise un rantolo strozzato.
Avevo bisogno d'ossigeno, d'aria, di gonfiare i polmoni fino a farli scoppiare.
E così feci.
Dopo ci furono solo rumori indistinti, echi lontani, seguiti dalla vaga consapevolezza di galleggiare sul pelo dell'acqua.
Infine, nemmeno più quello.
Solo la durezza del suolo contro la schiena, gli abiti zuppi e le membra infreddolite.
Tremavo come una foglia.
<< Riprenditi!>> gridò Elizabeth, scuotendomi le spalle con forza.
Tentai con tutte le mie forze di formulare una risposta, ma l'impresa risultò impossibile.
Avevo bevuto troppa acqua, ed ora, non facevo altro che rigettarla dalla bocca.
Ero esausta, perfino di vivere.
<< Avanti, Amelie! Respira! Dobbiamo muoverci. Qui non siamo al sicuro!>>
Riuscii in qualche modo a rotolare su un fianco e mettermi seduta.
La comodità dei vestiti da uomo, annullata d'un colpo dalla pesantezza delle stoffe bagnate.
I pantaloni aderivano al corpo come una seconda pelle.
<< D-dove siamo?>> tossii, fin quasi a strozzarmi.
<< Nell'anticamera del corridoio "T".>> rispose Lizzy, aiutandomi ad alzarmi.
Il corridoio "T"...
Ma allora...
M'irrigidii di botto, destabilizzata, cominciando a sudare freddo.
No... non poteva essere!
<< A-allora... s-siamo arrivate?>> boccheggiai.
<< Non ancora. Ma ci siamo quasi. Questo tunnel non è altro che una scorciatoia.>>disse, << Da qui si può sgattaiolare indisturbati fino all'entrata, peccato che nessuno ha mai fatto ritorno...>>
<< Che intendi dire?>> le chiesi, ritrovando un tono di voce abbastanza normale.
<< Le guardie che sorvegliano questa zona, hanno l'ordine di uccidere a vista. Bisogna conoscere il codice per aver salva la pelle... ma solo i generali e gli alti ufficiali dell'Ailthium sono in grado di possederlo. >>
<< Potrebbero uccidere persino te?>> le domandai.
I suoi occhi si fecero talmente scuri da sfiorare i toni dell'ebano.
<< Persino me...>> confermò, << Ed ora andiamo.>>
Mi tese il palmo della mano, poi mi aiutò ad alzarmi.
Per alcuni secondi, faticai a rimanere in equilibrio.
Le gambe mi cedevano in continuazione, come se al posto delle ossa, avessi avuto pastafrolla bagnata.
<< Per di qua!>> mormorò quasi tra se, trascinandomi fuori dal fango.
Ci lasciammo dietro quella fossa d'acqua torbida, per poi imboccare il primo cunicolo a destra.
Tuttavia, tenere il passo, risultò un'impresa quasi impossibile.
Più ci inoltravamo in quel dedalo intricato di cunicoli, più il passo di Lizzy si faceva veloce.
Stava letteralmente correndo.
Molte volte inciampai nelle mie stesse scarpe, altre ancora in quelle di Lizzy, mentre un'irrefrenabile senso di angoscia, mi mozzava il respiro.
<< Quanto manca?>> sospirai.
<< Non molto.>>
Tuttavia, non riuscivo a scrollarmi di dosso quell'orrenda sensazione: temevo che stessimo girando a vuoto.
Anzi.
Ne ero quasi certa.
Le pareti di roccia s'assomigliavano tutte, ogni scenario era simile all'altro, tanto da rendere vano qualunque tentativo di riconoscimento.
Ma non per Lizzy, no.
Lei sembrava saper esattamente dove andare, cosa fare, come comportarsi.
Ed io mi ritrovai ad ammirarla. Incondizionatamente. Era davvero una ragazza incredibile.
Persa tra quei pensieri, mi accorsi solo in un secondo momento che l'ambiente era mutato in qualcosa di... diverso.
Ci trovavamo all'entrata di una grande sala rossa: era sormontata da colonne, un alto soffitto e un'infinità di piccole candele addossate alle pareti.
Il resto della stanza, era sommerso da una lieve penombra che c'impediva di vedere più in là del nostro naso.
Aguzzai lo sguardo, dopodiché la vidi.
Tra le alte colonne laterali, una minuscola scala sprofondava nel terreno.
<< Porta direttamente all'entrata del corridoio "T"...>> m'informò.
L'emozione, mi colpì come un dardo di fuoco all'altezza del cuore.
"Presto..." mi dicevo, " Presto sarò lì da te..."
Insieme, imboccammo la scalinata che ci avrebbe condotto da Miguel.
Mi limitavo ad avanzare lentamente, in punta di piedi, seguendo l'agile figura di Lizzy che scendeva i gradini con un'insolita grazia felina.
Ma non appena raggiunta la fine delle scale, ogni cosa mutò.
Vidi il volto di Lizzy cambiare colore, impallidire, per poi imperlarsi di un sottile strato di sudore.
Era preoccupata, troppo, tanto da artigliarmi il polso con le unghie.
<< Merda!>> imprecò, << Corri! Presto! Sento dei rumori provenire da nord. >>
<< Ma cosa?>>
Io non sentivo niente.
<< Shhh, non voglio che le guardie ci sentano!>> mi strattonò il braccio, << E prendi questo!>>
Senza perder tempo ulteriormente, mi porse un lungo pugnale affilato.
Era pesante, nero, non più lungo del palmo della mia mano e... terribilmente affilato.
Lo guardai spaventata, col cuore che pareva volermi fracassare la gabbia toracica.
Ero a malapena in grado di brandirlo.
Oh, mio Dio...
Avrei dovuto uccidere qualcuno?
La sola idea bastava a pietrificarmi.
Cominciammo a correre a perdifiato, finché troppo prese dalla foga di guardarci le spalle, dimenticammo totalmente di controllare chi o che cosa avremmo potuto trovarci di fronte.
Poi, trattenni a stento un grido strozzato: loro, le guardie... ci avevano trovato.

--------------------------------------------------------------------

Angolo dell'autrice!
Salve a tutti e perdonate l'ulteriore ritardo T.T io e le date di pubblicazione facciamo proprio a cazzotti! Comunque, oggi mi sono presa un bello spavento! Credevo che il mio pc fosse definitivamente morto e con lui questo capitolo, che è stato quasi un parto... quindi, ho rischiato di perdere il mio pargoletto. Forever T.T *momento di lutto* 
Ma invece no! In qualche modo, non so come nemmeno io, sono riuscita a far partire il pc di nuovo ed eccomi qui! 
Allora, premetto che ho dato solo una letta veloce e sto morta di sonno... quindi se trovate orrori, errori ecc... sappiate che è a causa del sonno! No, vabbè... sono io che sto rincretinita! 
Comuque... passando al chappy, non so troppo cosa dire! Solo che sono molto in ansi e vorrei sapere cosa ne pensate! Spero non vi faccia troppo schifo... purtroppo mi trovo in un punto alquanto difficile della storia! 
Come sempre, vi ringrazio TUTTI del supporto e l'affetto che dimostrate per questa storia!
Vi adoro! 
Un bacione...
Rob

<3

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Ameliasvk