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Autore: OfeliaMontgomery    25/07/2015    1 recensioni
[IN REVISIONE]
«Il libro delle Lune narra che diciassette anni dopo la morte di ogni Guardiano della Notte, quest'ultimi verranno reincarnati nel corpo di cinque ragazzi che compieranno diciassette anni nel giorno di Halloween. I cinque ragazzi che verranno prescelti per la reincarnazione si ritroveranno con un marchio a forma di Luna Crescente sul dorso della mano destra nel giorno del loro compleanno e saranno i discendenti delle cinque famiglie di Guardiani stessi.»
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Derek, ma sei impazzito!» strillai sconcertata, tirandogli un pugno sulla spalla. Simon fra le braccia di Sophie si massaggiava la guancia colpita.
Derek mi scansò da lui, facendomi cadere con forza sul divano e sbattere violentemente la schiena contro al bracciolo, mozzandomi il fiato per alcuni secondi, poi si alzò da esso per uscire sul balcone a fumarsi una sigaretta.
«Ma che stronzo!» borbottai indispettita mentre mi rimettevo a sedere e mi massaggiavo la schiena dolorante. Incrociai le gambe in stile indiano poi mi coprii il viso con le mani, passandomi dopodichè le dita tra i capelli per cercare di calmarmi, essendo che vorrei prendere a pugni quel brontolone ed infine emisi un forte sospiro.
«Tranquille ragazze, sto bene. Non avrei dovuto dire quella cosa» bofonchiò Simon aggiustandosi gli occhiali, adesso leggermente storti, sul naso.
Storsi il naso poi scossi la testa. No, non avrebbe dovuto reagire in quel modo, soprattutto per una stupidata del genere. «E lui non avrebbe dovuto reagire così» esclamai stringendo nervosamente i pugni lungo i fianchi. Vedere l’ematoma violaceo che si stava già formando sullo zigomo di Simon mi fece sentire in colpa perché alla fine era partito tutto per aver pronunciato il mio nome e le parole “emotivamente coinvolto” nella stessa frase.
«Avis, stai tranquilla. Adesso ci pensa Sophie a rimettermi in sesto» Simon mi rassicurò con un sorriso, accompagnato dalla sua adorabile fossetta e dai suoi occhi color nocciola che mi guardavano con gentilezza. In tutto questo, Sophie, dopo aver controllato per l’ennesima volta Simon, si era alzata ed era andata in bagno a prendere la cassetta del pronto soccorso, borbottando qualche insulto verso il brontolone.
«Vado a parlargli» replicai sospirando poi mi alzai dal divano e mi diressi verso il balcone.
Dovevo assolutamente chiarire con Derek, perché era stata solamente una stupida battuta, nulla di più e nulla di meno. Il suo comportamento era stato inappropriato e assai violento.
Mi fermai davanti alla finestra scorrevole e lo guardai, cercando di tranquillizzare il mio respiro e il mio battito cardiaco che sembrava essere impazzito e non so per quale motivo, dovevo solamente chiarire un equivoco con lui, quindi perché mi sentivo così agitata e con lo stomaco sottosopra?
Derek stava fumando nervosamente una sigaretta con il viso rivolto verso il cielo, mentre picchiettava le dita sulla ringhiera come se facendo così riuscisse a sbollire l’arrabbiatura.
«Posso?» domandai a bassa voce, aprendo poi la finestra scorrevole. Derek scrollò le spalle senza staccare gli occhi dal cielo. Sbuffai seccata e alla fine decisi di uscire lo stesso. Dovevo parlargli e vaffanculo lui e il suo essere arrabbiato.
L’aria era davvero fredda e pungente e, con gli abiti che avevo addosso stavo letteralmente congelando. Il cielo era scuro e ricoperto da un manto di nuvole grigie che promettevano pioggia e rendevano più cupa tutta la città. Davanti a noi si stagliava l’appartamento di qualcuno che abitava nello stesso condominio di Simon; le luci erano quasi tutte accese e, riuscii persino a vedere una giovane donna preparare il pranzo per due piccoli bambini che correvano come pazzi per il salotto. Emisi una bassa risata poi scossi la testa e tornai alla realtà, ricordandomi per quale motivo ero uscita con quel freddo. Derek, ecco il motivo.
Presi un profondo respiro poi mi decisi a parlare. «Si può sapere che ti è preso? Stava solamente scherzando. Tutti noi abbiamo capito che non vuoi stare con tuo fratello perché sennò soffriresti il doppio se dovesse accadergli qualcosa sotto alla tua protezione» parlai a bassa voce mentre con piccoli passi incerti mi avvicinavo a lui.
Derek emise un forte sospiro poi lanciò, oltre il balcone, il mozzicone della sigaretta e dopo una paio di secondi di silenzio, sussurrò un «mi dispiace» con tono dispiaciuto.
Senza pensarci appoggiai una mano sulla sua, ancora stretta intorno alla ringhiera, poi appoggiai la testa contro il suo braccio ed infine ridacchiai. Mi aveva chiesto scusa, anche se la persona con cui doveva scusarsi era Simon, ma mi aveva comunque resa felice. Le guance mi si tinsero di rosso, nonostante fossi stata io a fare la prima mossa, e in più se non ci fosse stata la ringhiera, a quest’ora sarei crollata al suolo perché le gambe mi erano diventate molli come un budino. Mi sentivo così nervosa e non riuscivo a capirne il motivo. Diamine, avevamo dormito nello stesso letto il giorno prima e in quel caso non mi ero sentita così, come se avessi degli elefanti nello stomaco, quindi perché ora?
«Che c’è?» domandò irritato Derek, passandomi una mano tra i capelli e guardandomi di sottecchi.
Scrollai le spalle. «Niente, è solo che mi piace stare con te anche se sei scorbutico, brontolone e impulsivo, ma in fin dei conti sei anche molto protettivo e un bravo combattente» bofonchiai con le guance dello stesso colore dei miei capelli poi sorrisi al cielo nuvoloso.
Lo sentii soffocare una risata, ma il suo petto vibrò comunque e la cosa fece si che il mio sorriso si allargasse ancora di più. «Mi dispiace, ma devi accettare tutto il pacchetto, non solamente i miei meravigliosi pregi» mi prese in girò Derek, scompigliandomi i capelli con la mano libera.
Mi risistemai i capelli con la mano libera, cercando di renderli meno “nido di uccelli” per colpa del brontolone. «Sbruffone» lo punzecchiai, facendogli la linguaccia.
«Rompiballe» ribatté lui, picchiettandomi un dito sul naso. Ci guardammo negli occhi e poi scoppiammo a ridere. Era bello stare con lui. Mi faceva sclerare, ma in fin dei conti, mi stavo abituando alla sua presenza e so che quando tornerò a casa, mi mancherà sicuramente, sempre se farò ritorno a casa.
«Ehi, grandissimo stronzo, perché non ti scusi con Simon?» sbraitò Sophie alle nostre spalle. Sobbalzai per lo spavento e il mio cuore iniziò a pompare con più velocità nella mia gabbia toracica, per poi regolarizzarsi una volta tornati in casa.
Derek si avvicinò a passo spedito verso Simon e dopo una stretta di mano e una spallata – tipico saluto dei ragazzi –, il più grande gli chiese scusa.
«Bene, ora che è tutto risolto perché non ci prepariamo per la nostra missione? Voi ragazze andate a comprare un po’ di provviste e abiti. Mentre Derek ed io, andremo alla ricerca di armi» disse trionfante Simon tenendo un dito puntato in aria.
«Perché abiti?» domandò seccata Sophie mentre guardava con cura la sua manicure rosa.
«Perché creeremo i nostri costumi» disse eccitato Simon, stringendo i pugni davanti al suo petto come un bambino quando vedeva i suoi cartoni animati preferiti. Vidi una scintilla brillare nei suoi occhi color nocciola che mi fece sorridere.
«Come Arrow e The Flash» esclamai esaltata, stringendo una mano a pugno per poi puntarlo verso il soffitto.
«Esatto» ribatté Simon con un grande sorriso sul viso. Sia Derek che Sophie scossero la testa e borbottarono un «perché a me» seccato.
«Bene. Hai già in mente come farlo? Cappuccio? O senza? Colore della stoffa? Tasche per le armi?» lo bombardai di domande perché era troppo figa come idea quella di avere un costume.
Simon picchiettò un dito sul mento con fare pensoso, «Con il cappuccio. La stoffa blu scuro e ovviamente ci dovranno essere delle tasche per i miei coltelli» mi rispose convinto di quello che diceva.
«Bene, allora a dopo. Bye bye» salutai i due ragazzi con la mano poi svogliatamente, presi per un braccio Sophie e la trascinai fuori dalla casa.
Il mio costume doveva essere verde. Pantaloni di pelle verdi militare, un top dello stesso colore, magari con un fiore sul seno sinistro e una giacchetta con cappuccio. E per non dimenticare, un bel paio di stivali alti marroni scuro.
 
Eravamo al centro commerciale di Raven Town da circa due ore e per tutto il tempo Sophie si era lamentata come una bambina capricciosa. «Ho finito con le provviste» esclamò stanca morta Sophie dopo aver finito riempito due carrelli di ogni tipo di mangiare, bibite e altro.
«Bene, ora dobbiamo trovare gli abiti» dissi allegramente mentre mi dirigevo verso un piccolo negozio nel centro commerciale di Raven Town.
Mi girai verso Sophie che mi guardava in cagnesco, «Ci pensi tu a quello, vero?» domandai indicando i due carrelli. Sophie grugnì un «sì» incavolato poi si diresse verso una cassa, con una fila assurda di persone. Così imparava a lamentarsi di continuo. Almeno adesso potevo cercare quello che desideravo senza sentire i suoi commenti sui miei gusti “infantili e stupidi”.
Entrai saltellando nel negozietto, felice come una pasqua e iniziai a fare le mie ricerche. Mi avvicinai ad una pila di magliette, dove trovai quella che volevo, poi controllai se ci fosse la mia taglia e dopo aver constatato che ci fosse – tra l’altro l’ultima –, la presi con una mano. Ma nello stesso istante che la presi io, la agguantò anche una donna dai capelli rigorosamente biondi.
Digrignai i denti. No, quella maglietta doveva essere mia. «Mi scusi, ma l’avevo vista prima io» dissi fulminandola con lo sguardo mentre la tiravo verso di me.
«E allora? Voglio questa maglietta» ribatté la donna tirando la maglietta verso di sé e sorridendo beffarda. E no cara. Se vuoi la guerra e guerra sia.
Strattonai la maglietta, tirandola nuovamente verso di me. «Se ne trovi un’altra, questa è mia» esclamai indispettita, scoccando la lingua contro il palato e esibendo il sorriso più perfido che potessi avere.
La donna mi guardò male, ma non lasciò la presa sulla maglietta. Questa vuole morire o cosa?Dio Thor dammi la tua forza per disintegrare ‘sta stronza!
«Senta, non è un po’ troppo vecchia per una maglia del genere?» domandai acidamente sotto allo sguardo allibito della commessa. Cazzo, la maglietta o meglio top crop doveva essere mia. Era essenziale per il mio costuma da guardiana della Terra e in più quella era troppo vecchia per indossarla. Avrà come minimo quaranta e passa anni.
La donna mosse con una mano i suoi capelli boccolosi e così biondi da farla sembrare una lampadina, «No, mia cara. Piuttosto tu non dovresti essere a scuola a fare la brava bambina?» ribatté lei aspramente. La commessa spalancò, se si poteva, ancora di più la sua bocca ricoperta di lipgloss e gli occhi color caramello.
Scoppiai in una fragorosa risata, muovendo una mano davanti al mio viso per cercare di mandar via la cazzata appena detta. «Ma mi faccia il piacere. Quale brava bambina…Senta ma perché non se ne cerca una di un’altra taglia e se ne va a fanculo?!» domandai retoricamente, strappando definitivamente la maglietta dalle grinfie di quella stronza che mi guardò scioccata.
«Maleducata» strillò incavolata poi prese la sua borsa di Prada che avrebbe potuto sfamare tutti i barboni che c’erano davanti al centro commerciale e se ne andò dal negozio.
Feci un profondo respiro poi sorrisi vittoriosa, guardando con orgoglio la maglietta che tenevo tra le mani. Era stato amore a prima vista e poi era perfetta per me. Esibii un finto sorriso alla commessa poi tornai alla cacciai dei vestiti mancanti. Per prima cosa trovai tutto quello che serviva per il mio costume, compresi gli stivali. Del costume di Simon scelsi: un paio di pantaloni neri con un paio di tasche, una normalissima maglietta azzurra e una giacca di pelle blu con il suo cappuccio di un blu più chiaro.
Pagai tutto e poi uscii dal negozietto con due borse pesantissime. Sophie era ancora bloccata nella fila per la cassa e il suo viso era divento rosso dalla rabbia. Mi mimò un «dopo me la paghi» poi mosse i carrelli in avanti, essendo che la signora che aveva appena finito di pagare aveva spostato il suo di lato. Mentre che aspettavo la bionda, mi andai a sedere su una panchina davanti alla sua cassa ed estrassi il cellulare per scrivere un messaggio a mia sorella.
Neanche il tempo di bloccare lo schermo, che mia sorella mi stava già chiamando. Il potere delle sorelle.
‹Ciao sorellina› strillò Amanda dall’altra parte del cellulare.
‹Ciao Amy. Come va con il lavoro? Sai noi siamo in missione. Mi sono creata il mio costume da ‘guardiana della Terra’ e non vedo l’ora di indossarlo› raccontai allegramente la faccenda a mia sorella.
‹Mmmh…Avis, questo non è un gioco!› borbottò contrariata mia sorella.
Emisi un sospiro, ‹Lo so. Infatti è stato Simon, il guardiano dell’acqua, ad avere questa idea e poi anche a me piace› risposi, giocherellando con un ciocca di capelli in attesa dell’arrivo di Sophie, la quale stava appoggiando tutta la spessa sul rullo.
‹Va bene, va bene. Fa’ come credi, ma stai attenta› dall’altro capo del telefono si sentirono delle interferenze, ‹Amanda, tutto okay?› domandai allarmata e con i battiti accelerati.
‹Sì, non prende molto il cellulare qui. Ci sentiamo più tardi. Ora torno a lavoro. E tu sta’ attenta› mi disse con tono severo l’ultima parte.
Alzai gli occhi al cielo poi accennai un piccolo sorriso; le sorelle maggiori sempre così protettive. ‹Sì, tranquilla. Ciao e buon lavoro› chiusi la chiamata poi ritirai il cellulare in borsa e aspettai annoiata che Sophie finisse di spostare la roba sul rullo. Certo che ne avevamo presa di roba. Un po’ mi dispiaceva che doveva fare tutto lei, no, scherzo, se lo meritava per avermi insultata sin da subito.
Sophie mi chiamò e mi chiese se gentilmente potevo aiutarla, ma il suo tono era fuorché gentile, mi era sembrato acido, non sicuramente gentile. Sophie pagò la spesa e io nel frattempo misi tutto in sacchetti di carta. Con due carrelli pieni di sacchetti della spesa e i due con dentro gli abiti, ci dirigemmo verso il catorcio di Sophie.
 
Stavamo viaggiando da circa quindici minuti e ne mancavano altri dieci per arrivare alla casa di Simon. Avevo un forte bisogno di dormire e di mangiare un bel piatto di pasta al ragù. Ah, mia madre me la preparava ogni volta che mi sentivo giù.
Appoggiai la testa contro lo schienale del sedile poi mi misi a guardare fuori e con la coda dell’occhio vidi, attraverso lo specchio retrovisore esterno, che c’era una macchina nera, dai finestrini oscurati, che ci seguiva da quando eravamo partiti. O forse era solo una mia impressione? O semplicemente con la storia dei cacciatori mi stavo suggestionando un po’ troppo?
«Sono cacciatori» sibilò Sophie facendo una curva e accelerando un po’ troppo.
Nonostante la cintura di sicurezza venni scaraventata verso di lei e poi nuovamente contro il finestrino, facendomi strizzare gli occhi per la sorpresa e per il lieve dolore che avevo provato alla spalla destra. «Sophie rallenta» strillai agitata quando prese tutta velocità in una curva. Con la grande sfiga che mi perseguitava i cacciatori ci avevano già raggiunto. Era proprio sfiga.
Sentivo il battito del mio cuore rimbombare nelle orecchie. Il respiro accorciarsi, i muscoli irrigidirsi e la paura impossessarsi del mio corpo. Non volevo morire, né per mano di Sophie, né per mano dei cacciatori.
Sophie accelerò ancora, e la macchina non riuscì a tenere una curva ed iniziò a slittare sull'asfalto bagnato. Gridai come una pazza, stringendo fortemente la mano, facendomi diventare le nocche bianche, intorno alla maniglia di sicurezza e tutto per cercare di non venir sballottata più del dovuto nella macchina. Sophie cercò di frenare, ma la macchina era, ormai, senza controllo e finimmo giù per un burrone.
Sentivo le cinture schiacciarmi prepotentemente contro al sedile, togliendomi il fiato mentre precipitavamo al suolo. Sophie picchiò la testa contro al volante, ferendosi la fronte, mentre io la picchiai contro al finestrino dell’auto, facendomi un male assurdo. Il respiro mi si mozzò in gola e le lacrime iniziarono a bagnarmi le guance, poi chiusi fortemente gli occhi mentre aspettavo inevitabilmente la mia morte, ma la macchina non si schiantò al suolo, anzi rimase a mezz’aria. Aprii gli occhi, sbattendo le ciglia un paio di volte poi vidi che Sophie giaceva svenuta contro il volante dell’auto, con un profondo taglio sulla fronte, mentre la macchina era sostenuta da un enorme ragnatela di rami. Ero stata io a fare tutto ciò? Il mio potere ci aveva salvati?
«Sophie! Ehi, Sophie! Svegliati» gridai spaurita, allungando una mano verso la bionda ed iniziando a scuoterla per provare a svegliarla.
Sophie mugugnò di dolore poi lentamente, molto lentamente, aprii gli occhi e si portò una mano alla fronte, dove vide del sangue uscirle dal profondo taglio che si era procurata durante al quasi schianto – non avvenuto, grazie alle mia magia –.
«Non siamo morte?» domandò tra lo sconvolto e il rallegrato, tornando con la schiena contro il sedile e cercando alla cieca dei fazzoletti sui sedili posteriori.
«No, il mio potere ci ha salvate» risposi elettrizzata poi mi lasciai andare stremata contro al sedile dell’auto.
«Sophie! Avis!» le voci preoccupate di Simon e Derek si propagandarono nell’ambiente e ci fecero scattare verso il finestrino dalla mia parte per poter vedere da dove arrivavano le voci.
«Siamo qui sotto» urlammo noi con tutto il fiato che avevamo in corpo, prima di svenire stremate contro ai sedili dell’auto.

 

  
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