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Autore: koralblu    26/07/2015    3 recensioni
Amanda Vivaldi è nata e cresciuta in una famiglia che ha sempre preteso il massimo da lei, e dai suoi quattro fratelli. Grazie al suo unico talento, la scrittura, Amanda ha potuto scegliere il suo futuro senza doversi arrendere al volere dei suoi genitori. A diciannove anni, dopo cinque anni d'inferno in una scuola in cui è sempre stata vittima di insulti e invidie, Amanda inizierà una nuova vita e coronerà il suo più grande sogno trasferendosi a Firenze, per frequentare la scuola di scrittura più rinomata della città. Tutto sembra essere perfetto e, finalmente, andare per il verso giusto; ma Amanda non aveva messo in conto un piccolissimo ma fondamentale dettaglio: il volere capriccioso del destino beffardo.
[...]
Mi ritrovai, senza nemmeno accorgermene, davanti alla ''fatidica'' porta, dove avrei visto per la prima volta la mia nuova coinquilina. Speravo fortemente, che fosse una persona socievole e gioviale con cui stringere una duratura amicizia. Con queste speranze e con uno smagliante sorriso, suonai il campanello. Non attesi molto prima che la porta si spalancasse, e rivelasse quella che doveva essere, in teoria,''la mia coinquilina''. Mi ero sbagliata. Non era semplice iella la mia, ma puro e incondizionato odio nei miei confronti
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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-Sei sicura di aver preso tutto?- mi chiese mia madre, per la centesima -e spero ultima- volta. 
-Si mamma, ti ho già detto di aver ricontrollato tutto almeno diecimila volte! Non sono più una bambina-. L'ennesimo sbuffo di quella estenuante giornata. Consiglio per i posteri: mai farsi aiutare dalle proprie madri a traslocare. MAI. 
-Sei proprio sicura cara? Non vorremmo far tornare tuo padre indietro per prendere qualcosa- Molte volte nella mia vita mi sono chiesta perchè le madri debbano sempre stressare fino allo stremo, e mettere così alla prova la pazienza dei loro figli. Purtroppo, non sono mai riuscita a trovare la soluzione a questo mistero. Peccato; sarebbe stato bello trovare il rimedio perfetto per far smettere di tacere le proprie madri una volta per tutte; e soprattutto, far tacere la mia. Maria Denti, avvocatessa di grande fama, famosa per la sua pacatezza e la sua forza sul posto di lavoro; peccato che, per noi povere sei anime condannate a vivere con lei, appena la Signora avvocatessa varcava la soglia di casa, si trasformava in una creatura logorroica e altamente irritante. Non che non adorassi mia madre, per carità. L'avevo sempre stimata e rispettata per la sua forza e per la sua determinazione; c'era però un lato del suo carattere che detestavo con tutte le mie forze, e da cui speravo di non aver ereditato nulla. In questo speciale giorno, inoltre, la mia cara mammina stava dando libero sfogo a questo ''fantastico'' lato del suo carattere, rendendo il livello della mia soglia di sopportazione pari alla temperatura del polo nord. 
-Ti prego Amy, ricontrolliamo un'ultima volta. Non vorrei mai che tu debba ritrovarti a vivere senza qualcosa di essenziale- L'essenziale per mia madre, tanto per specificare, equivaleva alle forcine per capelli, e allo spazzolino da denti. Ma, pur di farla tacere, acconsentii, ritrovandomi per l'ennesima volta ad aprire e ricontrollare tutti gli scatoloni. 
-Mie principesse, siamo pronte?- Sia lodato il cielo e sia fatto subito santo quest'uomo! Mio padre, bellissimo ed elegante come sempre, fece capolino nella mia stanza, guardandosi intorno con fare preoccupato. 
-Dobbiamo caricare tutta questa roba? Non è un po' troppo?- Il solito. Mio padre, anch'esso un importante e rinomato avvocato, sempre scrupoloso e diligente al lavoro, si trasformava non appena varcava la soglia di casa, ed esattamente come mia madre, cambiava improvvissamente, passando dall'essere diligente e scrupolo ad essere l'uomo più pigro esistente sulla faccia della terra. Per questo motivo, tutti i lavori manuali di casa, fino a tre anni fa, venivano svolti da mio fratello Gabriele, o come lo chiamiamo noi ''Gabri il tutto fare''. Ora, se è mia competenza e soprattutto alla mia portata, sono io ''l'uomo di casa'', che svolge tutti i lavori. Che destino infame il mio! 
-Robby! Cosa dici?!? Pensa a cosa farebbe la nostra piccola Amy se non trovasse qualcosa di cui ha bisogno! Cosa farebbe? Oddio, non ci voglio nemmeno pensare.- Sia io che mio padre, -come dice il detto ''buon sangue non mente''- alzammo gli occhi al cielo, divertiti, ma anche leggermente irritati dalla solita scenata melodrammatica della mamma. Arriverà un giorno in cui non riuscirò più a sopportarla; e sento che quel giorno si avvicina inesorabilmente sempre di più.
-Cara, Amy ha diciannove anni. Sa badare a se stessa, e soprattutto sa dove andare a prendere la roba se qualcosa le serve- Mi fece l'occhiolino il mio furbo papino, e sentii  nascere dentro di me un immediato moto d'affetto verso quell' affascinante uomo qual'era mio padre. 
-Forza muoviamoci! Il camion dei traslochi arriverà a minuti- trillò la mamma, per spezzare quell'attimo di complicità che si era creato fra me e mio padre. Fin da quando ero piccola infatti, la mamma era sempre stata un pochettino gelosa del fatto che trascorressi più tempo con mio padre, che con lei, e sopratutto, del legame speciale che era nato fra noi. Eravamo dei complici, e non solo padre e figlia. Certo, amavo entrambi incondizionatamente, ma era la compagnia di mio padre che preferivo di gran lunga, forse per il fatto che entrambi eravamo e siamo fin troppo simili. Stessi capelli biondo mossi, stessi occhi marroni-verdi, e soprattutto stesso carattere deciso e forte. Ero sempre stata fiera di avere un padre così, e ancora di più lo ero per aver ereditato quei tratti del suo carattere. Mio padre, però, a differenza di come pareva agli occhi della gente, non era un uomo perfetto; possedeva tanti piccoli difetti che solo noi della famiglia conoscevamo e avevamo imparato ad adorare. Per esempio, quando rideva, il suono che usciva dalle sue labbra, assomigliava al verso che emettono i cinghiali. Noi ci scherziamo sopra adesso, ma mi raccontarono che quando ero piccola e sentii per la prima volta la sua risata, scoppiai in lacrime, e ci vollero venti minuti buoni per calmarmi. Giovanna ha ereditato, sfortunatamente per lei, la risata di nostro padre. Ma a suo marito la sua risata piace da morire, perciò felici loro, felici tutti.  
-La mia bambina sta per partire; mi mancherai così tanto Amy- disse mio padre, sull'orlo delle lacrime. Un altro piccolo tratto del suo carattere che mio padre non mostrava mai, era la sua sensibilità
-Oh papà.. ti prego non piangere- Ero legatissima a lui. Mi sarebbe mancato tantissimo; come tutta la famiglia del resto. Solo pensare di non sentire più i battibecchi di mio padre e mia madre, le canzoni stonatissime di Emilia, e perfino l'abbaiare del cane, mi faceva contorcere lo stomaco dalla nostalgia. Per quanto mi sarebbero mancati, però, la felicità di realizzare il mio sogno era ineguagliabile. ''Ti brillano gli occhi'' continuava a ripetermi Lia, tutti i giorni da quando avevo trovato quell'appartamento, a Firenze.. E più il tempo passava, più la mia felicità diventava fastidiosa, perfino per me. Finalmente stavo per coronare il mio più grande sogno: diventare una scrittrice. Questa passione nacque quando, all'età di nove anni, la maestra ci diede come compito quello di scrivere un racconto fantastico, completamente inventato da noi. Il mio fu talmente bello e scritto bene, che la maestra si volle congratulare personalmente con  miei genitori per la mia bravura. Da quel giorno, nacque in me il desiderio di dare vita a mondi completamente inventati dalle mie mani; mondi fantastici, in cui la tutto poteva essere possibile. Mondi in cui rifugiarmi per evadere dalla realtà quotidiana, e trovare, finalmente, un po' di pace. Più avanti, quando maturai abbastanza per capire che sarebbe stato quello il mio futuro, nacque in me il desiderio di trasmettere qualcosa agli altri. Ho sempre pensato che, in ogni libro, bello o brutto che sia, ci sia un messaggio, e sta alla bravura dello scrittore riuscire a trasmettere questo messaggio agli altri. Ed è proprio questo  il mio scopo: riuscire a trasmettere un messaggio agli altri e riuscire a lasciare una traccia nei loro cuori, e soprattutto nella loro anima, la parte più profonda che ogni persona possiede. 
Ci abbracciammo per interminabili minuti, io e mio il babbo pigrone. Ora avevo anche io gli occhi gonfi e lucidi per le lacrime. Stupida sensibilità ereditaria. Ci guardammo in viso, e scoppiammo a ridere entrambi, poichè vederci sull'orlo delle lacrime era troppo per due caratteri forti come i nostri. Dovevamo sdrammatizzare in qualche modo.
-Su, ora è meglio andare.O chi la sente più il sergente di ferro- mi staccai da mio padre, ridacchiando e allo stesso tempo rabbrividendo per la sua battuta. Mia madre poteva veramente trasformarsi in un sergente se lo voleva. E non era per niente un bene.
In meno di un'ora, tutti gli scatoli erano al loro posto, nel camion dei traslochi. Avremmo dovuto impiegarci solo una mezz'oretta, quaranta minuti massimo,  considerando che erano stati pagati ben quattro operai  per aiutarci con il trasporto, ma mia madre, però, come suo solito, mise bocca su tutto, facendo spostare mille volte le scatole, e portando quasi al limite la sopportazione di quei poveri operai, e soprattutto la nostra. ''No, quello più pesante va sotto!'' ''Questo va girato verso destra!" "Oddio così lo romperete!". Fui felice di non essere uno di quei ragazzi; prima di tutto, poichè avrei veramente sboccato, rivolgendo a mia madre i più colorati degli insulti..in secondo luogo, poichè anche se erano passati solo per un'ora sotto ''le grinfie del sergente di ferro'' sembravano davvero esausti. Non potevo biasimarli.  All'ennesimo richiamo di mia madre, non ressi più, e implorai mio padre con lo sguardo di farla smettere di gridare, o l'avrei seriamente sepolta viva sotto tutte quelle scatole. Lui sembro capire al volo, poichè vidi riflessa nei suoi occhi, ma la mia stessa espressione sofferente. ''Io la amo, tesoro mio. Ma certe volte vorrei veramente scambiarla per un gatto; almeno lui se ne starebbe un po' zitto'' mi rivelò un giorno, in confidenza. E non potevo essere più d'accordo con lui; e poi, io amavo i gatti. 
-Cara, dobbiamo avvisare i vicini di tenere Lia con loro per qualche ora. Vai tu, mentre io aiuto a sistemare le ultime cose qui- Vidi mia madre battersi una mano sullo fronte, e borbottare un ''me ne ero completamente dimenticata'', per poi percorrere quei pochi metri di distanza dal vialetto dei nostri vicini alla velocità della luce. 
-Grazie-mormorai sotto voce, temendo stupidamente che mia madre potesse sentirmi. Mio padre sorrise, e -controvoglia- aiutò a portare nel furgone gli ultimi scatoloni rimasti.
Dopo aver messo a punto le ultime cose, mi voltai verso casa, salutandola con lo sguardo per un'ultima volta. ''Non stai andando in guerra" mi rimproverai.
-AMY! AMY!- sentii le urla quasi disperate di mia sorella, e non feci in tempo a rispondere che subito mi ritrovai fra le braccia un fragile corpicino di una bambina di appena nove anni. Strinsi forte mia sorella a me, conscia che quell' abbraccio sarebbe dovuto bastare per un bel po'.
-Mi prometti che farai la brava, Lia? Non preoccuparti per la mamma. Basta farla blaterare su cose inutili, e smetterà subito di rimproverarti- Sentii la sua risata sulla mia spalla, rotta subito dopo da un singhiozzo mal trattenuto. Non voleva farsi vedere piangere, la mia sorellina. La staccai da me, e la guardai in viso, gli occhi velati dalle stesse lacrime che facevano scorrevano lungo le sue guance.
-Farò la brava Amy, te lo prometto!- Sorrisi, stampando sulla fronte di mia sorella un veloce bacio. La guardai negli occhi; ''Ci vediamo presto'', le promisi con sguardo. Lei sembrò capirlo, poichè annuii, stampandosi un sorriso sornione su quel viso rigato dalle lacrime. Salii in macchina, mentre mia sorella si dirigeva dai nostri vicini, salutandola un ultima volta con la mano. ''Mi mancherai tanto sorellina''. 
- Sei pronta Amy?- mio padre mi riscosse dai miei pensieri, guardandomi di sottecchi dallo specchietto retrovisore. Sorrisi a mio padre, e quel gesto valeva più di mille parole.  Si, decisamente. Ero pronta per vivere la vita che avevo sempre sognato. 
Arrivammo a Firenze nel giro di troppe ore. O almeno, parvero troppe a me. L'impazienza di arrivare, e la paura che mi attanagliava lo stomaco avevano reso quelle ore veramente troppo lunghe. Quando arrivammo sotto quella che doveva essere ''la mia nuova casa'', quasi mi slogai un polso per la foga che misi nell'aprire lo sportello.
-Così mi rompi la macchina!- sentii strillare a mio padre, prima di sbattere la portiera e dirigermi velocemente verso il portone. 
Il palazzo era esattamente come lo ricordavo, benchè lo avessi visto solo una volta. L'edificio, di un colore tendente al grigio, contava tre piani, e un piccola terrazza, da cui mi avevano assicurato si vedessero le stelle. Il giardino che la circondava mi aveva rapita fin da subito; avevo sempre pensato che fosse la parte migliore della mia nuova casa. La palazzina era poco distante dal centro della città, in un quartiere tranquillo ma ricco di vita. Il mio, anzi nostro, appartamento era all'ultimo piano. Fin dalla prima volta che lo avevo visto me ne ero innamorata. Appena la porta veniva aperta, il sole penetrante da un enorme porta finestra, accoglieva i suoi ospiti, rendendo l'ambiente ampio e luminoso. Sulla sinistra, di fianco alla porta-finestra, faceva capolino un meraviglioso divano di pelle bianca, fatto risaltare ancora di più dal parque scuro, di un color mogano molto acceso. Di fronte ad esso, vi era un enorme libreria, all'interno della quale era incastonato un televisore di ultima generazione; non credo però avrei avuto modo di usarlo molto spesso. Ero sempre stata restia all'uso di mezzi elettronici, se non in momenti di necessità, e sicuramente non avrei cambiato le mie abitudini qui. A dividere la zona soggiorno, dalla cucina, vi era una bellissima parete con inserti d'oro, quasi a creare l'effetto di rampicanti che si intrecciano. La parte bella però, non erano gli inserti di quella parete, ma COSA vi era incastonato all'interno: un magnifico acquario, ricco di almeno una decina di specie diverse di pesci strani e colorati. Ne ero rimasta incantata fin da subito, ed era stato quell'elemento, a convincermi totalmente, e farmi dire quel fatidico ''si, la prendo''. La cucina, era ampia e splendente, modernissima e soprattutto provvista di tantissimi, forse troppi aggeggi presso che inutili. Non ero un'amante della cucina, e preferivo preparare pietanze semplici e veloci. Diciamoci pure la verità: ero una frana totale in cucina. Da quando mandai quasi a fuoco la casa, cercando di cucinare un uovo al tegamino, inoltre, la mamma non mi fece più avvicinare a quella zona assolutamente ''VIETATA'' per me. Secondo me era un'esagerazione. La mia stanza si trovava a pochi metri dalla parete della libreria; grande e spaziosa. Decisamente troppo grande, perfino per i miei gusti. Ma non potevo di certo lamentarmi. Era stata una fortuna trovare quel bellissimo appartamento in così poco tempo. L'unica nota dolente era il bagno; purtroppo la mia coinquilina si era scusata, dicendo che la casa fosse provvista un solo bagno. Pazienza. Avremmo fatto dei turni, o qualcosa del genere. Quella casa era assolutamente perfetta, e niente avrebbe potuto farmi cambiare parere, men che meno uno stupidissimo bagno. 
Salii malamente le scale, trascurando completamente il fatto che quella palazzina, oltre a tutte le fantasticherie di cui era provvista, contava anche della presenza di un ascensore. Ma ero troppo euforica per perdere tempo con quell'aggeggio; sicuramente, mi avrebbe portato via del tempo, rendendomi ancora più nervosa ed impaziente. E se c'era qualcosa che odiavo, era perdere tempo.
Quando arrivai all'ultimo piano, quasi corsi lungo al corridoio, tanta era l'impazienza di arrivare. Mi ritrovai, senza nemmeno accorgermene, davanti alla ''fatidica'' porta, dove avrei visto per la prima volta la mia nuova coinquilina. Speravo fortemente, che fosse una persona socievole e gioviale con cui stringere una lunga e duratura amicizia. Con queste speranze e con uno smagliante sorriso, suonai il campanello. Non attesi molto prima che la porta si spalancasse, e rivelasse quella che doveva essere, in teoria,''la mia coinquilina'', femmina. Mi ero sbagliata. Non era semplice iella la mia, ma puro e incondizionato odio nei miei confronti.

Buona domenica a tutti! Si lo so, dovrei concentrarmi sulle altre storie e lasciar perdere questa per un po', ma purtroppo non riesco a staccarmi; è troppo carina *^* 
Nel prossimo capitolo incontreremo (come forse avete capito) il protagonista maschio di questa storia. Tenete a bada gli ormoni eh u,u 

Tornando seri, volevo ringraziare tutte le persone che hanno letto questa storia, e l'hanno messa fra le seguite. Purtroppo non ho ricevuto ancora nessuna recensione, e questo mi lascia un po' l'amaro in bocca. Forse non vi piace questa storia? :c Comunque, ringrazio davvero con il cuore tutte le persone che mi sostengono, e che mi spronano a dare sempre il meglio. Spero di non deludere le vostre aspettative, e lasciare qualcosa nei vostri cuori, Un grosso, grasso abbraccio! A presto. Koralblu
   
 
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