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Autore: riccardoIII    26/07/2015    2 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, aveva pensato di aver provato il dolore più grande che potesse sostenere.

-Avanti-
Sirius aprì la porta e si fece avanti nella stanza, per poi chiudersela dietro. Regulus stava seduto alla scrivania, chino su pergamene e libri.
-Ora puoi parlarmi, vedo-
Il ragazzo alzò la testa verso di lui e lo guardò. Era strano, tornare a vedere suo fratello. Lui, però, non aprì bocca.
-Suppongo che ti abbiano detto della tregua, è per questo che sono finalmente ammesso alla tua presenza?-
Regulus chinò di nuovo il capo, e lo vide mordersi il labbro.
-Posso capire che tu abbia evitato di disubbidire ai loro ordini quando eravamo qui, in casa. Ma perché non mi hai concesso nemmeno di parlarti a scuola?-
Il minore rialzò la testa e prese di nuovo a fissarlo; nei suoi occhi scorse delusione, ma anche vergogna.
-È vero, che hai sputato sul buon nome della nostra famiglia? È vero, che hai affermato che esistono Nati Babbani migliori di te? Che hai detto di non rispettare più i nostri genitori? Che hai dato della folle a Bella, che hai detto che tenta di plagiarmi? È questa la considerazione che hai di me, Sirius? Pensi che chiunque possa manipolarmi, come mi hai manipolato tu quando ero ancora un bambino?-
Sirius fece un passo indietro, scioccato.
-Io non ti ho mai manipolato!-
Regulus si alzò in piedi, questa volta arrabbiato.
-Si che lo hai fatto! Tutte quelle lettere, l’anno scorso, non erano per questo? Per tirarmi dalla tua parte, per fare di me un reietto che potesse farti compagnia?-
Anche Sirius cominciò a scaldarsi.
-Non volevo affatto questo! Se avessi accettato di parlarmi a inizio anno, sul treno, sapresti che non mi importa nulla della Casa in cui sei stato Smistato! Non sono io a tentare di manipolarti, Reg! Sono loro che ti stanno mettendo contro di me, con tutte queste sciocchezze che ti hanno ficcato in testa!-
-E allora perché non accetti di mollare i tuoi stupidi amici traditori e indegni e torni ad essere quello di prima?-
-Perché non posso accettare che loro facciano di me un fantoccio! Perché voglio essere libero di credere in quello che ritengo più giusto, e non obbligato ad accettare qualsiasi cosa mi venga detta senza proferire parola! Apri gli occhi, Regulus! Non ti ho lasciato indietro per i miei amici, altrimenti non avrei avuto ragione di cercarti così spesso a Hogwarts nonostante tu non volessi evidentemente avere nulla a che fare con me!-
Il ragazzino perse un po’ della sua furia.
-Non volevo parlarti perché non ho l’abitudine di avere a che fare con i Traditori del Sangue-
Sirius si fece di ghiaccio.
-Allora è questo che sono per te, Regulus? Non sono più tuo fratello perché non credo che il mio sangue mi renda più meritevole di dignità e diritti? Perché ritengo che la mia vita non valga più di quella di chiunque altro?-
Non ottenne risposta, solo uno sguardo pieno di nulla. Gli ricordò così tanto suo padre, in quel momento, che la rabbia ricominciò a montare nel suo petto: avevano fatto di lui il loro degno erede.
-Allora dimmi, fratellino, perché mi hai mandato quel dannato libro? Perché?-
L’altro prese un respiro profondo prima di rispondere e un po’ della durezza del suo sguardo sparì, lasciando vedere il dolore.
-Perché ti voglio ancora bene, Sirius, e vorrei che tu tornassi quello di prima. Il mio fratellone. Accetta il patto con mamma e papà, rimangiati tutto. Scusati con loro. Accetta quello che sei, accetta di essere superiore agli altri! Non è una colpa questa! “Toujours Pur”, Sirius! Noi siamo davvero migliori di quella feccia! Non vedi la gloria di questa casa? Non vedi la ricchezza, il potere? Credi che tutto questo ci sia piovuto dal cielo? È perché lo meritiamo, Sirius, perché la supremazia scorre nel nostro sangue puro!-
-Nel nostro sangue scorre solo la follia, Regulus. Questo è quello a cui ci hanno condotto i matrimoni tra consanguinei che sono serviti alla tua adorata famiglia per mantenere il tuo adorato sangue incontaminato. Io dovrei scusarmi con i tuoi genitori? E per cosa? Per aver sputato loro in faccia la verità, per avergli detto che non hanno nessun diritto di sentirsi migliori di chicchessia? Mi hanno picchiato, Regulus, quando ti hanno mandato fuori di qui. Mi hanno Cruciato, per Merlino!, mentre tu dormivi nel tuo bel lettino di ebano e seta! E tu mi chiedi di scusarmi con loro? L’unico motivo per cui non ho mandato al diavolo tuo padre stamattina, Regulus, è perché volevo avere la possibilità di parlare con te, cosa che cerco di fare ormai da un anno e mezzo senza ottenere nulla! Hai dimenticato chi era, Regulus, a salvare il tuo bel faccino da mamma e papà quando avevi paura di essere punito? Chi si è preso le prediche e gli schiaffi per te? Da chi correvi quando avevi paura di dormire da solo? Questo sangue che mi scorre nelle vene, Regulus, mi importava finora solo per un motivo: perché mi legava a te!-
Per un attimo credette di averlo scosso; vide la sua sicurezza tremare quando ammise di essere stato Maledetto. Poi, la maschera ritornò sulla sua faccia.
-Noi siamo la tua famiglia, Sirius, che tu lo accetti o meno. Per quanto tu possa tentare di degradare te stesso per adeguarti agli altri, non potrai mai riuscirci. Se davvero il nostro legame conta per te, allora rinuncia a questa pazzia per me e tutto tornerà come prima. Smetti di perdere il tuo tempo con quegli idioti, Sirius, non è troppo tardi per salvare te stesso, per salvare noi-
Sirius fece un passo in avanti, la collera acuta e incontrollata si trasformò in magia involontaria e fece esplodere il lume ad olio sul comodino.
-Voi non siete più la mia famiglia. Tu non sei più la mia famiglia, e sai perché? Perché se tu fossi ancora mio fratello, non mi avresti mai chiesto questo! Non mi avresti chiesto di mettere da parte i miei desideri e le mie idee per avere in cambio il tuo affetto. L’amore non si baratta. La mia famiglia è fatta da due Mezzosangue e un Traditore. James, che mi spingeva verso di te quando ero distrutto perché tu non mi consideravi, lui è mio fratello. Perché non mi ha mai chiesto di abbandonarti per lui. Perché il sangue è molto meno importante del cuore-

Uscì dalla stanza e scese le scale fino allo studio del padre. Bussò e attese di venire ammesso, poi aprì la porta.
-Puoi mandare Kreacher a portar via il mio baule e la mia bacchetta-
Detto ciò, lasciò lo studio senza attendere risposta e senza aggiungere nemmeno una parola. Salì fino alla sua stanza e vi si barricò dentro. Cinque minuti dopo, l’elfo aveva portato via il suo bagaglio, ma non era riuscito a trovare il nascondiglio dietro la testata del letto che custodiva lo Specchio, i libri sull’Animagia e una foto in cui quattro ragazzi ridevano, in piedi davanti ad un lago.

L’estate passò, così, peggio di quanto si fosse aspettato; tornò a vivere recluso nella sua stanza, a passare il suo tempo tra libri difficili riletti molte volte, pianificazione di scherzi per l’anno che sarebbe arrivato, chiacchierate allo Specchio con James, a cui aveva raccontato quasi tutto ciò che era accaduto la notte stessa del litigio. Fece addirittura tutti i compiti assegnati e lesse i testi di Incantesimi, Difesa e Trasfigurazione del terzo anno, pur di ingannare il tempo; si disse che così avrebbe dovuto studiare poco a scuola e avrebbe avuto più tempo per divertirsi. Avrebbe voluto avere anche il volume di Babbanologia, che lo incuriosiva molto, ma quando Kreacher era tornato da Diagon Alley con i libri per il nuovo anno scolastico e li aveva portati in camera gli aveva riferito che sua madre aveva categoricamente affermato che nessun testo sulla feccia sarebbe entrato in casa sua.

Suo padre entrò nella sua stanza, un paio di volte, per chiedergli se fosse certo della sua decisione; lui rispose che le sue idee non erano cambiate e che non aveva niente di cui scusarsi per questo. Orion non si mostrò meravigliato dalla risposta, ma se le altre volte si era dileguato in fretta, la sera prima della partenza si richiuse la porta alle spalle dopo essere entrato.
-Sirius, non ho intenzione di farti ancora questa domanda. Sei certo della tua decisione?-
-Lo sono-
Lui prese un respiro, senza distogliere gli occhi dai suoi.
-Ti avevo detto che avresti avuto tempo fino alla fine dell’estate e così è stato. Non ti chiederò più di tornare indietro. Da oggi in poi tua madre si occuperà della tua disciplina e io appoggerò ogni sua decisione senza riserve, in qualunque modo lei decida di trattare la tua arroganza. Stai prendendo una strada che difficilmente sarà possibile percorrere a ritroso, Sirius. Tuttavia, se saprai fare le scelte opportune per questa famiglia, forse prima o poi questa ferita potrà essere sanata-
Sirius non emise un fiato. Conosceva il reale significato di quel discorso: mi hai deluso, me ne lavo le mani, tua madre avrà campo libero e io non la fermerò. Ora capiva perché in quei mesi non l’aveva praticamente mai incontrata; doveva essere una specie di patto tra i suoi genitori. Suo padre aveva cercato di raddrizzarlo con le buone e ora che non c’era riuscito la palla passava in mano alla moglie. Aveva visto sua madre infuriata, sapeva che in lei c’era una vena di follia simile a quella di Bella, che godeva nell’umiliare e nel provocare dolore. Suo padre era lì per avvertirlo di quello a cui sarebbe andato incontro. Per un attimo la paura lo invase, poi ritornò padrone di se stesso. Continuò a guardare suo padre negli occhi, senza vacillare. Alla fine lui si voltò e uscì dalla stanza, lasciandolo a fare i conti con i suoi pensieri.

La delusione e il dolore che l’aveva attanagliato fin dalla sera della litigata con suo fratello non gli diede un attimo di pace, né in sogno né in veglia, quella notte come tutte le precedenti. Sentiva quei sentimenti corrodergli l’intestino, mentre il suo cervello ripercorreva sempre gli stessi eventi, sempre le stesse parole.
Il primo ricordo che aveva di Regulus; il primo gioco fatto con lui; la prima volta che di notte era entrato in camera sua, chiedendo asilo perché il buio portava i mostri, e i mostri la paura, e lui gli aveva fatto posto nel suo letto e gli aveva asciugato le lacrime, giurando che ci sarebbe stato sempre per proteggerlo. La prima volta che si era parato davanti a lui per beccarsi uno schiaffo che non meritava, la prima volta in cui Regulus l’aveva ringraziato per aver detto una bugia per difenderlo, la prima volta che nella tenuta estiva avevano volato insieme e Sirius gli aveva detto che era proprio bravo.
Quella volta in cui l’aveva portato in soffitta, nel suo rifugio segreto, dove nascondeva i dolci che Andromeda gli metteva nelle tasche di nascosto. E poi quando avevano fatto quel dispetto al loro precettore, pianificato insieme, perché era proprio noioso e troppo rigido. Quella volta in cui avevano sognato di avere un altro fratellino, per poter diventare i protagonisti della storia di Beda, oppure quell’altra in cui Reg gli aveva regalato un suo disegno, in cui con molta fantasia poteva riconoscere proprio loro due che si tenevano per mano.
Certo, lui non era sempre stato così buono col suo fratellino. Ogni tanto gli aveva fatto qualche scherzo, lo aveva fatto piangere, aveva riso dei suoi fallimenti quando imparava a camminare o a scrivere, ma sapeva che tutti i fratelli maggiori lo facevano con i più piccoli. Erano questi i ruoli: Regulus si comportava da piattola, piagnucolando, non lasciandolo in pace nemmeno un minuto, facendogli domande su domande, ficcandosi nei suoi affari; lui lo prendeva in giro perché era piccolo, non sapeva pulirsi nemmeno il moccio dal naso, non conosceva le risposte semplici e pensava che ci sarebbe sempre stato qualcuno a prendersi cura di lui. Questo gli aveva detto Bella, dopo un po’ che Regulus era nato: che non doveva fare in modo che fosse tutto facile, per lui, altrimenti sarebbe venuto su come un mollaccione. Andromeda, invece, gli aveva detto che era compito dei fratelli maggiori prendersi cura dei più piccoli, essere il loro punto di riferimento; che era suo dovere dare a Regulus le carezze che non riceveva da mamma e papà, sempre così rigidi e distanti, così sarebbe stato più felice. E Sirius aveva preso quel ruolo molto sul serio, perché sapeva come era difficile crescere senza qualcuno che ti dimostri il suo affetto. Per questo aveva smesso di deridere Regulus ed era diventato un buon fratellone.

Ed ora, aveva fallito. L’aveva perso. I suoi genitori glielo avevano portato via, insieme alla libertà, pur non avendo mai asciugato le sue lacrime; pur non avendo mai compreso quanto ferisse l’indifferenza, soprattutto sulla pelle delicata di un bambino, erano riusciti a toglierglielo.
Desiderò, disperatamente, che tutto questo non gli importasse più; desiderò di non soffrire, di dimenticare il dolore che si prova a perdere l’ultimo legame con la propria infanzia, l’ultima persona a cui aveva tenuto davvero in una casa tetra e buia e piena di ricordi amari. Credette quasi di esserci riuscito.

Il mattino dopo rivide per la prima volta dopo mesi Walburga e Regulus; la donna lo guardò con una rabbia tale che avrebbe potuto ucciderlo con lo sguardo, il ragazzo si ostinava a fingere che non esistesse. Orion accompagnò i due fratelli al binario e Sirius non esitò ad allontanarsi da padre e figlio non appena i suoi piedi poggiarono sulla banchina. Mentre caricava il baule sul treno, si voltò a guardarli. L’uomo parlava, l’altro ascoltava e annuiva. Non c’era affetto nella mano di Orion poggiata sulla spalla di Regulus, ma nello sguardo di quest’ultimo, anche da quella distanza, Sirius riuscì a percepire bisogno d’amore e di accettazione, voglia di essere abbastanza.
Voltò le spalle al suo sangue e salì nel vagone, gli occhi lucidi e la certezza nel cuore di non aver rimosso né il dolore né l’amore da se stesso. Si trascinò dietro il baule fino alla fine del treno ed entrò in uno scompartimento vuoto; fu solo quando il viso allegro di James comparve sulla soglia che ricominciò a respirare.
 
Note:
salve! Questo capitolo in origine era parte del precedente, ma per la lunghezza ho preferito dividerli anche se capisco che stilisticamente non sia proprio il massimo. Perdonatemi! Grazie sempre a chi legge e lascia pareri  su questa storia!
   
 
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