S.
La mattina
di Sabato mi svegliai con la sgradevole sensazione di aver sbagliato
tutto
nella mia vita. Non avevo voglia di alzarmi, perché l’unico posto dove
avrei
voluto essere era già occupato… affianco a Rose. Mi ero bruciato
l’unica
occasione per creare con lei qualcosa di più che un’amicizia, per
uscire con
lei, per farle capire quello che, ormai l’avevo capito, provavo nei
suoi
confronti. Ma tanto che futuro avremmo potuto avere io e lei? Una
storia tenuta
nascosta, oppure continui litigi tra famiglie. Che romantica
passeggiata
avremmo fatto a Hogsmeade, perennemente preoccupati di non farci vedere
da
anima viva.
Mentre la
mia testa veniva martellata da pensieri infelici, Mike spalancò le
cortine del
mio letto, riversandomi nelle orecchie fiumi di parole e mandando
all’aria ogni
mio tentativo di dormire.
“Sveglia
Scorp! Dobbiamo andare a Hogsmeade oggi, è l’ultima occasione
dell’anno! Devo passare
da Zonko e Mielandia, tra poco è il compleanno della mia cuginetta, le
voglio
mandare qualcosa… pensi sia meglio una scatola di dolci assortiti o le
confezioni “scherzi per tutti i gusti”? Oppure tutt’e due… Però sta
diventando
grande ormai, e se preferisse un mantello da sera? Anche dei guanti di
raso,
‘ste ragazzine sono sempre più esigen…”
“La vuoi
piantare di parlare, cretino?” mugugnai, lanciandogli il cuscino in
faccia per
farlo smettere. Mi misi a sedere sul letto e mi stiracchiai le braccia.
Mike,
già vestito di tutto punto, mi incalzava per farmi preparare in fretta.
Con un
grugnito mi trascinai verso il bagno. In fondo glielo dovevo.
Dopo una
serie di spintoni, qualche pugno e vari amichevoli insulti riuscimmo
finalmente
a uscire tutti interi. Lungo il tragitto fummo intrattenuti da diverse
persone,
per lo più ragazze. Io e lui insieme avevamo sempre attirato
l’attenzione:
eravamo diversi come il giorno e la notte, io biondo, pallido, occhi
grigi e
freddi, lui moro, dalla pelle scura, con profondi occhi neri, a detta
delle
ragazze magnetici.
Michael
aveva i lineamenti molto più delicati dei miei, era perfettamente
proporzionato
sia nel volto che nel corpo, e si era guadagnato il titolo di Bello e
impossibile tra la popolazione femminile di Hogwarts. Io facevo la mia
parte,
non ero bello come lui, ma la mia reputazione da tenebroso e i miei
colori
particolari avevano fatto il resto.
Due
ragazze ci si avvicinarono, indossavano i colori di Serpeverde e le
riconobbi
come due ragazze del quarto anno. Una di loro era sorella di una nostra
compagna, Samantha Belby.
Le due
ragazzine intraprendenti, fin troppo per i miei gusti, ci presero
sottobraccio,
cominciando a civettare da brave ochette con gli ormoni in subbuglio.
Michael
sembrava conoscere bene Lydia Belby, li sentii parlare alludendo a
qualche
evento passato, e nel mentre scambiarsi carezze piuttosto equivoche.
“Che dici,
Scorpius, ci accompagnate a bere qualcosa a Hogsmeade?” mi chiese la
ragazza
abbracciata a me, con tono suadente da piccola adescatrice. La osservai
meglio:
era carina, ma decisamente frivola.
“Lavinia
giusto? Non credo che avremo tempo, Mike ha degli acquisti da fare”
tergiversai. Mike, lì accanto, mi diede man forte.
“Esatto! E
poi è un’uscita tra uomini questa, non accettiamo accompagnatrici… mi
dispiace
ragazze sarà per un’altra volta” chiuse la questione.
Le due
parvero deluse, ma non si persero d’animo.
“Almeno
fino al paese possiamo accompagnarvi, però, vero Mikey?” chiese Lydia,
la più
spigliata. Mike rabbrividì per quell’orrendo nomignolo, ma acconsentì
comunque.
Per un intero chilometro dovetti sorbirmi le chiacchiere frivole di
Lavinia,
che non mi aveva mollato il braccio per un secondo.
“Ehi ma
quella non è la Weasley?” fece a un certo punto la biondina accanto a
me, a
voce troppo alta. Mio malgrado mi voltai nella direzione che lei
indicava e
scorsi la chioma rossa di Rose accanto al corpo scoordinato di Benson. Stavano ridendo insieme,
non si tenevano per
mano, né a braccetto, stavano semplicemente l’uno accanto all’altra. E
Ridevano. Insieme. Quindi Rose si stava divertendo…
“E quello
con lei non è quel tonto di Benson?” rincarò Lydia, da brava pettegola.
Rose,
forse sentendo il suo nome quasi gridato, si girò nella nostra
direzione. Mi
parve che il suo sguardo si soffermasse su di me e sulla ragazza appesa
al mio
braccio destro, poi però arrossì impercettibilmente e tornò a
rivolgersi al suo
accompagnatore.
“Dite che
ci ha sentito?” commentò Lydia, per nulla dispiaciuta, facendo
l’occhiolino a
Lavinia.
Una volta
giunti a Hogsmeade, liberarci delle due oche fu un sollievo, persino
per Mike,
che nonostante fosse un donnaiolo si stufava in fretta di tipe del
genere.
Girammo
vari negozi, in cerca del regalo perfetto per la cuginetta preferita di
Michael. La bimba aveva nove anni, e ormai per gli standard Purosangue
stava
diventando una nobile ragazza a tutti gli effetti. Non si poteva più
permettere giochi e
vezzi da bimba,
sebbene le coetanee giocassero ancora con le bambole. Mike però amava
viziarla
e spesso le comprava giochi che le consegnava di nascosto.
Optammo
alla fine per un cappellino estivo a con un fiore appuntato di lato, in
cui
nascondemmo un pacco di dolci tutti colorati.
Nel primo
pomeriggio ci rifugiammo ai Tre Manici di Scopa, dove Madame Hanna ci
servì due
Burrobirre. Non incontrai Rose per il resto della giornata. Mi chiesi
se lei e
Benson avessero preso un tè da Madama Piediburro, quell’orribile locale
pieno
di trine e cuoricini. Rose sicuramente non avrebbe apprezzato, ma non mi aspettavo certo che
Benson capisse una
finezza del genere, non sapeva niente di Rose, avrebbe potuto benissimo
trascinarla a forza nel bar per tentare di conquistarla.
Capìì che
il mio pomeriggio era finito quando Mike adocchiò l’ennesima preda. Era
una
moretta di un anno più piccola, di non so quale casa. Lo vidi
tentennare,
incerto se restare con me o partire all’inseguimento.
“Non fare
il coglione, Mike, vai. Io non ho più voglia di stare in giro, me ne
torno su”
“Sei un
amico, Scorp. Ci vediamo in Sala Comune!” esclamò, prima di scattare su
dalla
sedia e dirigersi con un sorriso smagliante verso il tavolo della mora
e delle
sue amiche.
Io pagai
la mia Burrobirra e uscii nell’aria calda e immobile. Avevo urgente
bisogno di
qualcosa per rinfrescarmi. Ponderai per un po’ se farmi una nuotata nel
bagno
dei Prefetti o godermi l’aria fresca di un volo sopra al parco, ma
proprio
quando ormai ero all’uscita del paese vidi una furia rossa precipitarsi
giù
dalla discesa che portava alla Stamberga Strillante. Rose mi sfrecciò
davanti
senza vedermi, e continuò la sua corsa forsennata verso il castello.
Feci a
tempo solamente a scorgere l’espressione sconvolta della ragazza e
qualcosa che
assomigliava a uno strappo sul retro della camicetta, che Rose era già
parecchi
metri avanti a me.
Di Benson
non c’era traccia. Sentii la rabbia verso quella sottospecie di ragazzo
fluire
fino al cervello, come sangue bollente nelle vene. Se aveva anche solo
provato
a far del male a Rose… Carico di adrenalina sperai di vederlo scendere
dalla
collinetta dietro a Rose, ma ne rimasi deluso. Stavo per andarlo a
cercare, ma
ricordai che Rose sembrava in lacrime, non potevo lasciarla sola.
In un
lampo decisi che la furia omicida che provavo verso Benson poteva anche
aspettare, e mi lanciai all’inseguimento della mia rossa.
La vidi in
lontananza svoltare una curva, sulla strada verso i cancelli di
Hogwarts. Corsi
a perdifiato, ringraziando gli allenamenti di Quidditch per la velocità
che
avevo acquisito.
Rose
riuscì a entrare nel castello prima che riuscissi a raggiungerla.
Provai anche
a chiamarla un paio di volte, ma non mi sentì, o non volle sentirmi.
L’atrio
ombroso era deserto, gran parte degli studenti di Hogwarts erano usciti
a
godersi la bella giornata, oppure si erano rinchiusi in biblioteca
cercando di
non vedere il cielo azzurro tentatore. Grazie a quel silenzio mi fu
facile
distinguere lo scalpiccio di due scarpette sulla scalinata di marmo.
Salii i
gradini a due a due, e finalmente la vidi, a poca distanza da me. Non
sembrava
avere una meta, perché improvvisamente cambiò rotta e virò a destra in
un
corridoio a caso. Probabilmente, mi dissi, cercava un posto tranquillo
dove
sfogare la sua rabbia e la tristezza.
La
afferrai per un braccio, facendola sobbalzare e indietreggiare. I suoi
occhi si
posarono sorpresi sul mio volto accaldato e sulla maglietta madida di
sudore.
Infine crollò, abbracciandomi con impeto e riversandomi addosso lacrime
amare.
***
R.
“Sssh,
Rosie. E’ tutto apposto, tranquilla” la voce calda di Scorpius mi
rassicurò.
Sentivo la sua mano accarezzarmi i capelli dolcemente, come farebbe un
padre
con la figlia, o un amante con la sua innamorata. Finalmente, tra le
sue
braccia, mi sentii al sicuro. Singhiozzai fino a consumare il respiro,
tentando
di calmare il nervoso e l’angoscia. Non ero solo spaventata, ma anche
triste,
delusa, arrabbiata. Maledissi il mio buonismo e la mia eccessiva
fiducia nel
prossimo, che mi avevano spinta a fidarmi di quell’idiota di Benson.
Ogni tanto
percepivo la voce di Scorpius, come proveniente da un mondo parallelo,
pormi
delle domande o rassicurarmi con parole dolci, ma non ci feci caso e
non
risposi. Non ne sarei stata in grado.
Non appena
sentii i singhiozzi farsi più radi, feci un paio di respiri profondi,
per
calmarmi del tutto. Scorpius mi stringeva ancora, protettivo, e gliene
fui
grata.
“Come stai
ora?” mi chiese.
“Meglio”
“Ora mi
vuoi dire cos’è successo? Cosa ti ha fatto?” la sua voce era
preoccupata e
fremente di rabbia.
Gli
strinsi un braccio, allontanandomi un po’ da lui. “Non mi ha fatto del
male
fisicamente, se è questo a cui stai pensando” lo rassicurai. Vidi il
volto del
biondo rilassarsi un poco, ma non del tutto.
“E questo
allora come lo spieghi?” chiese, afferrando con impeto un lembo della
mia
camicia. Tastai il tessuto dietro la schiena, scoprendovi uno strappo
piuttosto
profondo. Feci una smorfia di disappunto, era persino riuscito a
rovinare la
mia camicetta preferita…
“Deve aver
cercato di fermarmi mentre correvo via” ragionai, non trovando altra
spiegazione. Scorpius non rispose, ma dallo sguardo capii che si
aspettava una
spiegazione. Il piccolo corridoio in cui ci trovavamo era deserto,
praticamente
nessuno passava mai di li, a parte qualche primino che aveva smarrito
la
strada.
Con un
sospiro iniziai a raccontare la mia giornata, di come ci eravamo
divertiti a
parlare di Quidditch, delle nostre famiglie, di scuola. Mi ero illusa
che Roy
potesse essere una persona piacevole, un buon amico con cui passare una
bella
giornata, fino a quel momento.
“Filava
tutto liscio, ci stavamo anche divertendo… a un certo punto mi ha
proposto una
passeggiata verso la Stamberga Strillante, figurati, non mi sembrava
vero… un
uomo che propone di passeggiare è quasi un alieno. Siam saliti fino al
poggio,
sedendoci sul prato. Giuro, io non ho fatto niente di provocatorio o
simili… lui
all’improvviso mi ha tirato verso di sé e ha provato a baciarmi” feci
una
pausa, per riprendere fiato. Scorpius, accanto a me, era una statua di
sale.
“Io l’ho
allontanato con un gomito e sono balzata in piedi. Gli ho detto che non
mi
sembrava il caso, che era un’uscita tra amici e lo consideravo tale, e
lui è
esploso… mi ha urlato che l’ho illuso, che gli ho fatto credere che mi
piacesse, che ho fatto la sgualdrina con lui solo per divertimento e
poi mi
sono rivelata la solita frigida secchiona” la mia voce tremò, al
ricordo di
tutte le brutte cose che mi ero sentita rinfacciare.
“A quel
punto sono corsa via” conclusi, a occhi bassi. Mi vergognavo, sia per
le mie
lacrime sia per la paura che tutte quelle accuse fossero vere.
Sentii il
lieve solletico dei polpastrelli sotto al mento, e alzando lo sguardo
mi persi
dentro quello magnetico e insondabile di Scorpius.
“Tu… non
sei neanche un briciolo di tutto ciò che ti ha detto quel bastardo” mi
sussurrò
dolcemente. “Sei gentile con tutti, mai sgarbata, sei simpatica e
sagace,
spesso trascuri i tuoi desideri pur di far felice il prossimo, sei la
persona
meno egoista che io conosca… e sei bellissima”.
Arrossii
violentemente, sentendo i battiti cardiaci aumentare a dismisura. Le
parole di
Scorpius erano bellissime, mai avrei immaginato che pensasse tutto
questo di
me. Mi sorrise nervosamente, aspettando una mia reazione. Io non
riuscivo più a
ragionare, i miei pensieri si concentravano sulla pelle del mio viso,
che
bruciava a contatto con le sue dita. Poi però mi balenò nella mente il
ricordo
di una certa biondina che rideva allegramente appesa al braccio del
ragazzo.
“Sei stato
così bravo con le parole anche con la tua nuova fiamma?” ribattei
piccata.
Lui mi
guardò senza capire, poi i suoi occhi divennero consapevoli, stupefatti
e
infine angosciati.
“Oh no…
No, c’è un errore, intendi Lavinia? Quella tipa mi si è appiccicata
come una
piovra, non l’ho mica chiamata io… E non me la sono scrollata di dosso
solo per
fare un piacere a Mike, che stava tubando allegramente con la sua
amica.
Credimi Rose, quella lì è solo una palla al piede, neanche la conosco”
spiegò
in fretta, mangiandosi le parole dall’ansia e incespicando un paio di
volte.
Lo fissai
severamente, ma di fronte alla sua espressione tesa e speranzosa non
potei far
altro che credergli.
“Io… ok.
Allora g-grazie…”risposi, imbarazzata.
“Scorp…”
riuscii a dire dopo parecchi secondi “io… non sono neanche frigida,
vero?”
Stupida.
Idiota. Mentalmente disturbata. Tra tutte le cose che mi potevano
venire in
mente, dovevo uscirmene proprio con questa?
Scorpius
mi fissò sbigottito, come se l’avessi appena informato che avevano
cancellato
il Natale.
“Hai paura
di essere frigida?” mi chiese, avvicinandosi ancora un po’. I nostri
volti
erano a un respiro l’uno dall’altro, le mani di Scorpius scivolate
saggiamente
sui miei fianchi.
Io scossi
appena la testa, incerta. Non potevo sperare che non si accorgesse
della mia
bugia, e così fu.
“Sei piena
di calore, Rose. Tu doni a chi ti sta intorno una montagna di calore”
mi
sussurrò in un orecchio, facendomi rabbrividire.
“Sai,
Rosie, io sono davvero un’idiota. Non avrei mai dovuto permettere che
tu
uscissi con quel pallone gonfiato di Benson. Avrei voluto essere io al
suo
posto, uscire con te alla luce del sole, senza dover pensare alle
reazioni
della gente. Ma sono stato un codardo, non ho avuto il coraggio di
dirti tutto
ciò che provavo e così ti ho lasciata andare… ma ora sono qui e non
perderò
anche questa occasione. Sei diventata troppo importante per me, mi
piaci da
impazzire”
Io
ascoltavo, felice ma imbarazzata, confusa, terrorizzata, innamorata.
Scorpius
non mollò nemmeno per un secondo i miei occhi, ma io non riuscivo ad
essere
altrettanto ferma.
Avevo
appena sentito tutto ciò che anelavo sentirgli dire da tempo ormai, e
il mio
cuore urlava a gran voce di rispondergli, di rivelargli che anch’io
avevo
bisogno di lui, anch’io lo avrei voluto sempre al mio fianco.
Provai a
parlare, ma la mia voce sembrava essersi rifugiata in fondo allo
stomaco, tra
le farfalle festanti. Così mi sporsi verso di lui e gli regalai un
lieve bacio
sulla guancia sinistra, accanto al labbro. Non so neanch’io dove trovai
il
coraggio, ma fu abbastanza. Scorpius mi sorrise felice, poi intrecciò
le dita
tra i miei capelli e posò le sue labbra sulle mie. Erano morbide,
lievemente
umide, calde. Sapevano di lui. Il
mio
cuore fece una capriola, impazzito, e fu allora che la voce tornò.
“Anche tu
mi piaci, non sai quanto” gli dissi, poi risposi al bacio, con amore,
con
passione, dimenticando ogni problema e ogni angoscia. Mi strinsi a lui,
finalmente felice.
Due giorni dopo Roy Benson fu ritrovato in uno sgabuzzino, Schiantato e in mutande, con un bel due di picche disegnato sul petto.