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Autore: OfeliaMontgomery    27/07/2015    2 recensioni
[IN REVISIONE]
«Il libro delle Lune narra che diciassette anni dopo la morte di ogni Guardiano della Notte, quest'ultimi verranno reincarnati nel corpo di cinque ragazzi che compieranno diciassette anni nel giorno di Halloween. I cinque ragazzi che verranno prescelti per la reincarnazione si ritroveranno con un marchio a forma di Luna Crescente sul dorso della mano destra nel giorno del loro compleanno e saranno i discendenti delle cinque famiglie di Guardiani stessi.»
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Derek
 
Simon ed io eravamo ancora nel negozio di armi. Simon mi sembrava una ragazza quando faceva shopping. Due ore e mezza per scegliere dei pugnali e dei coltelli. Ed io stavo lì ad aspettarlo senza fare nulla. Mi stavo annoiando a morte e per di più Avis non mi rispondeva ai messaggi, sicuramente anche lei troppo occupata con lo shopping.
«Che ne dici di questa?» spuntò Simon alle mie spalle con in mano un kriss lungo 70 centimetri.
Scrollai le spalle, «Per me è indifferente. Vedi di muoverti che voglio tornarmene a casa» dissi con voce annoiata e roteando gli occhi irritato. Perché diamine Avis non rispondeva ai miei cazzo di messaggi? Almeno avrei fatto qualcosa oltre a stare fermo come uno stoccafisso ad aspettare che l’occhialuto scegliesse le sue armi.
Simon emise uno sbuffo seccato, «Va bene. Prendo anche questa e poi ce ne andiamo. Okay?» disse prima di sparire fra li scafali grigi del negozio.
Finalmente dopo quasi tre ore lì dentro eravamo usciti. Grazie a Dio perché davvero non ne potevo più. Io usavo la mia spada magica, e l’arsenale magico che l’accademia ci permetteva di adoperare, quindi non avevo bisogno di semplici armi come Simon che sembrava elettrizzato nel poter usare le sue nove lame.
Simon stava al telefono, probabilmente per contattare Sophie. «Dai Sophie rispondi» borbottò deluso, facendo oscillare in avanti e indietro il sacchetto di plastica.
«Prova a chiamare Avis, Sophie non risponde» disse con un sottile velo di preoccupazione nella voce.
Presi il cellulare dalla tasca del giubbotto e composi il numero di Avis. Uno, due, tre, quattro squilli e poi partì la segreteria telefonica.
«Non risponde. Parte la segreteria telefonica» chiusi la chiamata e aspettai qualche secondo, poi riprovai a chiamarla. Niente, non rispondeva.
Bene, mi stavo preoccpuando. Perché nessuna della due rispondeva al cellulare? Era successo qualcosa? Sophie l’avrà protetta?
Mi passai una mano fra i capelli disperato. Dovevamo trovarle immediatamente. Guardai Simon con la coda dell’occhio e anche lui, si vedeva chiaramente, che era preoccupato.
«Dobbiamo trovarle» dissi digrignando i denti «Al più presto possibile», strinsi fortemente il cellulare nella mia mano poi lo ficcai in tasca e insieme iniziammo a correre verso la mia auto.
«Riesco a percepire Avis» disse Simon dopo essersi seduto sul sedile del passeggero. Si mise la cintura e dopo avermi dato indicazioni su dove le potevamo trovare, accesi la macchina e partii a tutta velocità, sgommando e lasciando il segno delle gomme sull’asfalto.
«Riesci a comunicare con lei?» domandai nervoso, mentre svoltavo a destra in una piccola via. Grazia a Dio esisteva la connessione tra Guardiani. Noi protettori non potevamo localizzarli senza prima aver fatto un contratto magico con loro.
«No, riesco solo a sentire i suoi pensieri e non sono molto tranquilli anzi sono pieni di panico» sussurrò Simon poi prese il suo cellulare e provò a chiamare nuovamente Sophie, senza però alcun successo.
«Oddio, sono finite in un burrone! E ora non percepisco più i suoi pensieri!» esclamò sconvolto, passandomi le mani fra i capelli ricci, mentre scuoteva la testa disperato.
Accelerai ancora di più e dopo quasi dieci minuti, arrivammo a destinazione. Con nostra grande sorpresa, trovammo due cacciatori che stavano puntando le pistole verso il vuoto nel burrone.
Uscii velocemente e silenziosamente dalla macchina e dal nulla, feci comparire la mia spada dalla lama nera. «Ehi, teste di cazzo! Fatevi sotto» gridai correndo incontro ai cacciatori che si girarono quasi roboticamente verso di noi.
Simon dietro alle mie spalle, lanciò un piccolo pugnale verso il cacciatore sulla destra e lo colpì su un braccio. L’uomo grugnì e si scagliò contro di lui. Mentre l’altro con in mano la pistola si parò davanti a me.
Sparò un primo colpo e riuscii a scansarlo. Un secondo e mi parai con la spada. E un terzo che per sua sfortuna, venne sparato in aria, perché mi ero scaraventato con violenza contro di lui. Lo colpii in pieno viso con un pugno, rompendogli lo zigomo destro poi ringhiai, colpendo ancora e ancora.
Simon al mio fianco, combatteva con un pugnale nella mano destra e uno più piccolo in quella sinistra. Il cacciatore anche se colpito più volte, riusciva a schivare i colpi del guardiano dell’Acqua. Simon si beccò un pugno in pieno stomaco che lo fece accasciare al suolo.
Sferrai un altro paio di colpi sul viso del cacciatore sotto di me, poi estrassi dalla mia cintura un pugnale e glielo conficcai nel cuore. Mi alzai dal ormai cadavere e mi scaraventai contro l’atro cacciatore.
Quel bastardo riuscì a schivare il mio colpo, incassandomene uno lui nello stomaco. Mi si mozzò in fiato in gola e crollai in ginocchio sul asfalto. Mi portai una mano sulla pancia, cercando di riprendere fiato.
Il cacciatore, con andatura barcollante, si avvicinò a Simon poi estrasse la pistola dal suo cappotto e gliela puntò alla testa. Io cercai di alzarmi, ma il bastardo mi tirò in calcio in pieno viso, spaccandomi il naso e il labbro superiore, che iniziarono a sanguinare poi mi accasciai nuovamente al suolo.
«E’ la tua fine» sibilò rabbioso il cacciatore togliendo la sicura dalla pistola.
Simon sdraiato sul asfalto con il viso sporco di sangue, si sollevò lentamente sui gomiti poi fulminò con lo sguardo il cacciatore.
«No, è la tua fine» gridò furioso Simon. Gli occhi gli divennero neri e profondi come due pozzi e una forte aura azzurra lo circondò completamente. Puntò una mano verso il cacciatore che indietreggiò spaventato. Poi di colpo, il cacciatore iniziò a tossire acqua. Si portò una mano alla gola, mentre cercava inutilmente di prendere fiato. Simon lo stava soffocando con l’acqua e non aveva intenzione di fermarsi. Solamente dopo che il corpo del cacciatore si accasciò al suolo, senza vita, smise di usare il suo potere. I suoi occhi tornarono color nocciola e la fortissima aura azzurrò si dissolse nell’aria. Che cazzo era appena successo? Era quello il vero potere di guardiani della Notte? Il preside Cross non aveva mai accennato ad occhi neri e aura potentissima.
«Tutto okay?» mi domandò Simon aggiustandosi gli occhiali sul naso, come se quello che ero successo pochi secondi prima non lo avesse scosso minimanente.
Annuii incerto, rialzandomi da terra. Le ferite pian piano si stava rimarginando e anche la mia forza stava ritornando. E tutto per via del sangue di guardiana dello spirito di mia madre che in casi come questi era utilissimo perché la mia forza si ripristinava quasi subito.
Un po’ barcollante mi avvicinai a Simon e gli porsi una mano. Lui con la sua, macchiata di sangue, la allungò verso la mia e la strinse fortemente. Lo aiutai a rimettersi in piedi poi girai il capo verso il burrone e sperai con tutto il mio cuore che Avis e Sophie fossero ancora vive.
Simon con piccole falcate, si avviò  verso il burrone ed io lo seguii a ruota. Prendemmo un profondo respiro poi urlammo: «Sophie! Avis!» con tutto il fiato che avevamo in corpo.
Dopo pochi secondi sentimmo arrivare la loro risposta: «Siamo qui sotto» e noi iniziammo, anche se molto stanchi, a correre verso il burrone. Loro stavano bene e questo mi poteva bastare. Avis stava bene. La mia Avis.
 
 
- Avis
 
Aprii lentamente gli occhi e vidi che eravamo ancora nella macchina, sostenuta dalla grande ragnatela di rami. Mi ritornò in mente ogni cosa. I cacciatori che ci inseguivano, l’aumentare di velocità di Sophie, la macchina che slittava e finiva nel burrone e poi la ragnatale di rami creata dalla mia magia che ci sosteneva a mezz’aria.
«Sophie, svegliati» iniziai a scuoterla, fin quando non aprì gli occhi e mi mandò letteralmente a fanculo.
«Dobbiamo uscire dall’auto» dissi seria, aprendo la portiera e slacciandomi la cintura di sicurezza. Sophie fece lo stesso, e con mosse lente, veramente lente, uscimmo dall’auto.
Avevo male ad ogni parte del corpo, soprattutto il collo e la schiena. Mi massaggiai una spalla poi puntai gli occhi verso l’alto e vidi Derek e Simon. Sventolai una mano nell’aria. Nel frattempo Sophie cercava buffamente di non finire nei buchi della ragnatela di rami.
«Ce la fate a risalire?» gridò Simon, portando le mani a conca davanti alla bocca per farsi sentire meglio.
«Ho una mezza di idea di come fare» gridai a mia volta io. Mi avvicinai a Sophie e la presi per un fianco. Lei mi fulminò con lo sguardo, ma non si scansò da me.
«Al mio tre salta nel vuoto» dissi convinta e con un tono di voce serio, beccandomi un altro sguardo di fuoco da parte di Sophie. Scrollai le spalle con nonchalance poi iniziai a contare: uno, due e tre. Al tre, saltai nel vuoto, trascinandomi dietro Sophie che iniziò ad urlare come un matta. Mi stava letteralmente distruggendo un timpano.
Guardai verso il basso. Un piccolo praticello ricoperto di foglie dai colori caldi, enormi sassi sparsi in giro e alberi dai rami acuminati e spogli, si stavano avvicinando ad una velocità inaudita.
Puntai la mano libera verso un albero poi chiusi lentamente gli occhi ed infine presi un profondo respiro. Quando li riaprii, le mie dita iniziarono a brillare di luce verde e dall’albero iniziarono ad estendersi lunghissimi rami che si incastrarono perfettamente nel muro di roccia del burrone. Sotto ai nostri piedi iniziò a formarsi una nuova ragnatela di rami. Dopo aver appoggiato i piedi su un grosso ramo robusto, Sophie si staccò malamente da me e cadde dolorosamente sulla ragnatela vegetale, piegando in malo modo il polso destro.
«Tu sei pazza! Potevamo morire!» gridò indignata, puntandomi un dito contro poi si massaggiò il polso che doveva dolerle molto.
«Ha! Guarda che è per colpa tua se siamo finite nel burrone! Se non andavi così velocemente, non avresti perso il controllo della macchina e non saremmo quasi morte» sbraitai nervosa, muovendo le braccia nell’aria esasperata e indispettita. Sophie aprì bocca, ma poi la richiuse e non disse più nulla.
«Vieni. Aggrappati a me che ce ne torniamo di sopra» allungai una mano verso la bionda che con malavoglia l’accettò.
Si strinse fortemente a me, abbracciandomi la vita. Le cinsi la vita con il braccio destro e la strinsi di più a me, ritrovandomi i suoi capelli biondi in bocca, poi puntai la mano libera verso il praticello da cui spuntò un enorme ramo, da sotto quel ammasso di foglie, e si attorcigliò al centro della ragnatela in cui ci trovavamo noi. Strinsi la mano a pugno e il ramo che era spuntato dal terreno, iniziò a ritirarsi e a tirare verso il basso la ragnatela. Quando decisi che poteva bastare per fare da catapulta, aprii di scatto la mano e il ramo iniziò a srotolarsi dalla ragnatela, e noi venimmo catapultate in aria.
Saltai in avanti, trascinando con me Sophie, e finimmo in ginocchio sulla strada da cui eravamo precipitate. Emisi un verso di dolore perché avevo picchiato in malo modo le ginocchia mentre Sophie gridò fortemente perché aveva storto di nuovo il polso destro.
Derek e Simon gridarono i nostri nomi poi si fiondarono verso di noi. Derek mi strinse fra le sue braccia, togliendomi il respiro.
«Derek…non respiro» mormorai a corto di fiato e con il cuore che batteva all’impazzata nel petto. Derek allentò la presa, ma mi tenne lo stesso fra le sue braccia.
«Menomale, stai bene» mi sussurrò dolcemente all’orecchio poi iniziò ad accarezzarmi la testa. La appoggiai sulla sua spalla poi chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalle sue carezze. Profumava di dopobarba e acqua di colonia. Il cuore mi batteva all’impazzata e non sapevo se era per le cose appena accadute o per il fatto che Derek mi stava accarezzando i capelli e stringendo a sé.
«Portiamole a casa» disse Simon, prendendo in braccio Sophie che non smetteva di piangere per la paura e per il dolore al polso.
«La macchina» sussurrai flebilmente. Non potevo di certo lasciare la macchina là sotto dopo tutta la fatica che avevamo fatto per comprare tutta quella roba.
«Cos-?» Derek non fece in tempo a finire di parlare, che la macchina di Sophie venne depositata da un paio di rami, dietro alle spalle del mio protettore che sobbalzò in aria.
«Ma che cazzo!» esclamò con gli occhi spalancati, portandosi una mano davanti al cuore.
«Si, direi che è ora di andare» ribadì Simon, adagiando delicatamente Sophie sui sedili posteriori della loro macchina. Annuii stanca, aggrappandomi poi al petto di Derek e chiudendo gli occhi per riposarmi un po’, avvolta dal calore di quest’ultimo.

 

  
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