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Autore: Rubus idaeus    27/07/2015    2 recensioni
L'insegna recitava a caratteri eleganti e dorati:
"Gregor R. Agravaine, Mago."
E subito sotto, legato ad una catenella, un cartello di legno grezzo con delle scritte in vernice rossa brillante:
"Si prega di non disturbare
fin quando sarà presente questo
annuncio."
E sotto ancora, come se il mago si fosse reso conto di poter apparire scortese, un altro cartello più piccolo:
"Grazie della pazienza."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima per l'imbarazzo poi per il vino, Gin si ritrovò le guance costantemente imporporate di un adorabile rosso ciliegia. Il mago sorrideva osservandola con entusiasmo mentre si dondolava all'indietro sulla sedia. Le aveva chiesto di parlargli di lei, della sua vita e delle sue passioni e anche se all'inizio era stata abbastanza reticente a parlare, erano bastati alcuni bicchieri per scioglierle la lingua. 
-Ardo Berbery é l'uomo più noioso ed insignificante del mondo.
Affermò lei ridendo.
-Se tu lo conoscessi ti chiederesti anche tu perché mai tutte le ragazze che lo vedono impazziscono per lui. E proprio non capisco perché tra tutte abbia voluto sposare proprio me.
Il Mago sogghignò e rispose placidamente:
-Sei una ragazza piuttosto sorprendente.
Gin sorrise e fece ruotare il dito di vino rimasto nel suo bicchiere e lo analizzò con sguardo assorto.
-Ma mio padre sostiene che lui sia il più adatto. E così, senza che nessuno chiedesse il mio parere, è stato decretato che io diventerò sua moglie...
Mormorò facendosi seria e malinconica.
-Se mai uscirò da qui!
Concluse scoppiando a ridere. Il Mago lanciò un'occhiata complice a Galvano che a sua volta sollevò gli occhi al cielo.
-Non sei molto abituata a bere.
Scherzò il Mago versandole altro vino con uno schiocco di dita. Gin fu contenta di quella gentilezza e ne bevve subito un sorso.
-Ginevre, hai bevuto abbastanza. Gregor, smettila di incoraggiarla.
Borbottò il gufo aprendo le ali.
-Perché? È così spassoso.
Rispose divertito il Mago. L'animale sbuffò con espressione indignata e subito prese il volo. Dopo aver svolazzato maldestramente verso il soffitto, si infilò in un'apertura delle vetrate e uscì fuori verso il cielo ormai scuro, sparendo dalla vista di Ginevre e del Mago. La ragazza rimase con il naso all'insù ad osservare il pallido luccichio delle prime stelle della sera e sospirò.
-Forse ho davvero bevuto troppo.
Mormorò tra sé e sé. Il Mago di sedette in modo più composto sulla propria sedia e la guardò con espressione pensierosa.
-È stato interessante sapere tutte queste cose di te.
Disse in tono asciutto. Gin inarcò le sopracciglia, ma rimase in silenzio.
-Sei una persona interessante, molto più di quanto mi aspettassi, e francamente credo sia stata una vera fortuna che la mia lettera sia stata recapitata a te.
Gin arrossì più di prima e stirò le labbra in un sorriso imbarazzato.
-Oh, Ginevre, ora che so così tante cose di te, non immagini quanto io invidi la tua vita.
-Invidiare la mia vita?
-Sì, invidio la tua normalità.
-Ed io invidio te.
Un ombra di angoscia oscurò il bel viso del Mago.
-Ginevre, penso che stando qui con me capirai cosa intendo.
-Vorrei che tu potessi capire cosa si prova ad essere una ragazza qualsiasi senza un minimo di aspettative eccitanti per il proprio futuro.
-Pensi che il mio futuro possa essere più radioso del tuo?
-Qui tu hai tutto quello che vuoi e potresti avere molto di più con la tua magia.
-La magia non può completare la vita di una persona.
-Ma sicuramente la migliora.
-Ginevre, la magia è tanto una benedizione quanto una maledizione.
La ragazza incrociò le dita e appoggiò gli avambracci sul tavolo, mentre rifletteva sull'ultima osservazione del Mago.
-Che ne pensi se ti facessi vedere la casa?
Di nuovo un repentino cambio d'umore: l'espressione melodrammatica del Mago si era improvvisamente tramutata in un'espressione cordiale e serena. Gin annuì e lo imitò quando lui si alzò dalla sedia. Il Mago aprì una delle porte che sboccavano su quella sala e la condusse per un breve corridoio buio, alla fine del quale il Mago spalancò un'altra porta. Al di là vi era un piccolo angolo di paradiso che lasció Ginevre a bocca aperta. Con voce soddisfatta il Mago le presentò quel cortiletto come il suo "incantevole giardino segreto" e Ginevre non poté fare a meno di sorridere estasiata. I profumi che emanavano i fiori e le piante ricordavano un ambiente esotico ed erano talmente deliziosi e intensi che la ragazza ne respirò volentieri l'essenza gonfiando i polmoni. Un piccolo stagno luccicava nel centro del praticello riflettendo sulla sua superficie instabile lo scintillio delle stelle e sotto il salice, poco distante, c'era un divanetto dall'aspetto comodo dove probabilmente il Mago in genere si rilassava leggendo.
-Ti piace?
Chiese lui. Non c'era bisogno di rispondere, il viso di Ginevre era abbstanza eloquente.
-Passiamo al resto.
Il Mago la prese per mano e la fece entrare in un'altra porta che la condusse in un'immensa cucina in stile antico illuminata da un grande lampadario sobrio ma pieno di candele. Il Mago non si fermó in quella stanza e trascinò via Ginevre mentre lei stupita osservava i piatti e i bicchieri che, tintinnando come se stessero cantando, passavano volando sotto spazzole e stracci bagnati che li pulivano mossi da mani invisibili. La stanza successiva era una sorta di anticamera quadrato con le pareti dipinte di azzurro. Il Mago aprì una porta bianca con il suo enorme mazzo di chiavi e, presa Ginevre di nuovo per mano, la fece accomodare in una stanza dal soffitto così alto che l'affresco dipintovi sopra dava l'impressione che non finisse mai. Librerie altrettanto alte, mappamondi, cartine geografiche ingiallite, enormi volumi in rilegature pregiate, fogli, penne, calamai, orologi di ogni genere riempivano la stanza, dando l'impressione che tutto fosse stato ammassato senza alcun ordine e criterio. Il Mago le lasciò la mano e aprì le braccia.
-Questo è il mio studio e la mia biblioteca privata. Potrai venire qui quando più ti aggrada, ti lascerò una copia della chiave, basta che mi prometti di non cercare di arrampicarti sulle librerie per raggiungere i ripiani più alti. Sarebbe uno spreco di tempo e di energie perché solo io posso raggiungerli, chiaro?
Ginevre promise che non avrebbe mai tentato di salire fin lassù e si guardò intorno respirando con piacere il profumo dei libri e dell'inchiostro.
Passarono alla stanza successiva, che sembrava una riproduzione in miniatura di quella appena visitata.
-Qui è dove ho deciso di accogliere i clienti. Ovviamente non ti darò la chiave di questa stanza, per non rischiare che quando gli abitanti della città verranno qui, tu sbuchi fuori. Devi restare lontana da tutti, non ammetto che qualcuno ti veda o ti parli.
Ginevre sospirò e non rispose. Attraverso una porta a due ante si ritrovarono nel candido ingresso e il Mago parve soddisfatto del giro turistico che aveva fatto fare a Ginevre.
-Il piano di sopra ospita le stanze, ma non penso che ti possa in qualche modo interessare. Per quanto riguarda il piano terra, penso che tu abbia visto abbastanza.
Spiegò lui mentre estraeva da una tasca il suo orologio da taschino.
"Non mi ha mostrato dove conducono le altre porte della sala rotonda..." pensò lei increspando le sopracciglia.
-Oh, mancano sette minuti alle dieci!
Esclamò lui sorpreso.
-Alle dieci e un quarto si spengono le luci, quindi è bene che tu ora ti ritiri nella tua stanza per prepararti alla notte prima che siano le dieci e un quarto.
Poi i suoi occhi si assottigliarono fino a ridursi ad una fessura ed osservò ancora il quadrante dell'orologio.
-Spero per quel gufo che torni entro le dieci in punto. Sa bene che non può stare fuori oltre quell'orario.
Ginevre prese in mano dalla tasca del suo abito l'orologio d'oro che aveva trovato nella propria stanza e lo consultò.
-Perché sei così ossessionato dal tempo?
Chiese con aria ingenua.
-Perché ogni cosa ha il suo tempo e se non lo si rispetta tutto si trasforma in caos.
I suoi occhi chiari furono attraversati da un lampo che Ginevre non seppe interpretare, poi il Mago alzò il braccio e drizzando due dita le indicò le scale.
-Vai ora.
-Grazie della cena.
Il Mago fu sorpreso di quel ringraziamento e rimase muto con espressione stralunata.
-Buonanotte.
Mormorò allora Gin accennando ad un sorriso. Il viso di lui si fece freddo e severo e le augurò la buonanotte con acidità. Voltatosi di spalle si avviò verso la sala rotonda e richiuse la porta dietro di sé con violenza, lasciando in Gin una strana sensazione di solitudine e di timore. La ragazza deglutì e si concesse un profondo sospiro di autoincoraggiamento, poi intraprese la salita rimuginando per l'ennesima volta su quanto era accaduto in quella giornata e credendo, a tratti, che si trattasse solo di un bizzarro, insolito, assurdo sogno incredibilmente realistico. Ma una volta giunta nella propria stanza e infilatasi nel morbido letto, in cuor suo sperò che riaprendo gli occhi la mattina seguente tutto sarebbe rimasto immutato. La sua normalità, quella stessa normalità che tanto era desiderata dal Mago, era una realtà a cui non avrebbe mai più voluto far ritorno.
  
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