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Autore: Calya_16    28/07/2015    1 recensioni
E' appena arrivato il circo in questa piccola cittadina, ma cosa nasconde? Non è come tutti gli altri circi, ma la gente riuscirà a capirlo?
Questo è primo racconto che pubblico e spero vi possa piacere. Spero anche in che commentiate, poiché son molto curiosa di sapere cosa ne pensiate :)
Buona lettura!
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Intanto al circo si stanno preparando tutti per il primo spettacolo e l’agitazione scorre da circense a circense. Le ballerine passano di gran fretta: chi con delle piume, chi con dei nastri colorati o i capelli al vento, mentre dietro di loro lasciano una lieve scia di brillantini, caduti dai corpi luccicanti e dai capelli cotonati.
- Nonno, nonno, non trovo il mio vestito!
Il bambino, con le sue solite occhiaie e la pelle cadaverica, si fa spazio tra la gente che sta finendo di prepararsi. Il vecchio Jobs da un ultimo taglio alla sua barba, prende un po’ di pasta per capelli e vi arriccia attorno l’indice, si ammira ed infine si gira verso il nipote:
- Edoardo, non costringermi a passare il resto della serata a frustarti! Guarda che tu non l’abbia lasciato sulla roulotte. Non ho tempo di occuparmi di queste cose adesso: stiamo per fare il Grande Spettacolo.
- Il Grande Spettacolo? Ma è solo la nostra prima serata.
- Prima ce ne andiamo meglio è, te l’ho già detto. E poi, sento che è tutto pronto.
Edoardo annuisce e corre fuori dal tendone più piccolo, connesso a quello più grande dove si sta finendo di sistemare le panche ed il fieno su cui si siederanno i più piccoli, forse insieme ai propri genitori. Corre verso la roulotte, mentre il sole tramonta e lascia solamente una linea di luce all’orizzonte.
Entrato, accende la fioca luce che illumina la sua stanza e subito nota di aver lasciato il vestito sul letto: un completo giacca e pantaloni blu con bottoni dorati. Si veste in fretta e sta per tornare ad aiutare gli altri quando qualcosa attira la sua attenzione: suo nonno ha dimenticato il proprio biglietto del circo sul piccolo tavolo della loro cucina. Incuriosito dalle figure danzanti bianche, si avvicina e lo prende in mano. Sa che non gli è permesso toccare le cose del nonno, ed in particolare il biglietto, ma pensa che una piccola sbirciatina a quello che è successo alla loro ultima vittima non possa fargli di certo male. Così posa entrambe le mani sul biglietto e chiude gli occhi, concentrandosi:
Vi è un uomo che cammina lungo una strada, sul cui lato vi sono tante vetrine. Questo si gira e su di una di queste nota una locandina: “E’ arrivato in città il circo!”. Contento della notizia l’uomo entra nel negozio per chiedere dove poter trovare i biglietti. La commessa gli dice che vi è un ragazzino che li sta distribuendo lungo il viale principale. Così saluta e raggiunge questo viale, trovando appunto il ragazzino che con aria allegra lancia biglietti a tutti i passanti. L’uomo gli si avvina e gli chiede di poter avere un biglietto.
- Solo uno, amico? Uno solo? Te ne do due, tre! Per la tua famiglia!
- Grazie ragazzo!
E così l’uomo torna sui suoi passi guardando i tre biglietti e rigirandoseli nelle mani. A lui ne serviva solo uno: non era molto socievole e non aveva né moglie, né compagna, né figli. Non aveva neanche più sua madre. Giunto davanti alla scuola elementare vi entra e va a posare il proprio cappotto, ripiegandolo per bene. Prende il proprio registro e si avvia a fare lezione. In un momento di pausa prende fuori dalla tasca dei pantaloni i biglietti e ne lascia due sulla cattedra, a disposizione dei suoi alunni, perché possano divertirsi anche loro.
Finita la lezione, fa per dirigersi verso la sala professori, mentre gioca con il biglietto del circo e si sofferma ancora una volta ad osservarlo. Le figure nere che vi sono stampate sopra sembrano muoversi, prima lentamente e scoordinate, ma poi più velocemente e con movimenti più fluidi. L’uomo strabuzza gli occhi mentre le figure gli si arrampicano sul braccio fino al capo. Qui l’uomo comincia a camminare indietro disperatamente e cerca di togliersele dal viso con le mani, ma niente sembra fare effetto.
Non capisce che gli stia succedendo, ha paura di essere impazzito. Sta per chiamare aiuto ma proprio in quel momento due figure gli entrano negli occhi e lui cominci a vedere strane ombre che gli danzano davanti, e sprazzi di colore si alternano ad un nero talmente intenso da potercisi perdere.
L’uomo comincia a camminare in avanti, senza notare la direzione che sta prendendo. Allunga le braccia davanti a sé cercando di trovare così un appiglio, ma attorno a lui vi è solo il corridoio vuoto che porta alle scale.
Davanti ai suoi occhi continuano a danzare in modo frenetico le figure nere, ed i pochi colori che ogni tanto gli giungono alla mente si mescolano in varie immagini: allucinazioni sempre più veloci a susseguirsi, una dietro l’altra, senza dargli il tempo di pensare se la realtà sia quella o un'altra.
Giunge ad un certo punto alle scale e mettendo un piede avanti all’altro sente che sotto la suola non vi è più il pavimento: prima di capire dove si trovi cade dalle scale, e proprio mentre atterra sulla schiena un’altra allucinazione lo coglie, e per cercare di scappare da quel che vede si rialza in piedi ma ricade quasi subito.
Le sue ginocchia urtano violentemente il pavimento di marmo e posa una mano a terra, mentre con l’altra si tiene il capo, colpendoselo contro il palmo della mano. Crolla sul gomito destro e comincia a strisciare verso una porta che compare anche nella sua allucinazione: quel posto è l’unica via di salvezza, in apparenza.
Entra così nel bagno dei bambini e si dirige verso l’ultima porta. Quando vi entra, sembra riacquistare un momento di lucidità e si guarda attorno, stordito.
Si alza su gambe instabili e tremanti e si siede sul piccolo water, mentre sente prima lo stomaco e poi la pancia gorgogliare. Seduto, si allunga di poco e chiude la porta tinta di azzurro del bagno fatto su misura: proprio nel momento in cui fa scattare la serratura, una terribile allucinazione gli fa scoppiare la testa e uno spruzzo di sangue gli esce dal naso.
Con uno spasmo la testa prima, ed il busto poi scattano in avanti. La testa gli sbatte così violentemente contro la porta e questo sembra dare via ad un picchiare del cranio continuo, incessante.
Nella mente dell’uomo le allucinazioni si seguono una dietro l’altra senza un attimo di tregua, e in queste sue visioni la pazzia prende poi il sopravvento sulla sua mente e poi sul suo corpo: la testa ad un certo punto, dopo le già innumerevoli botte, riceve il colpo finale: dentro questa il sangue fluisce fino a che il corpo dell’uomo non scivola all' indietro sul piccolo water e la testa gli ricade su una spalla, con la bocca aperta e gli occhi spalancati verso il nulla.
Le pupille nere cominciano a tremolare e a restringersi fino a scomparire del tutto. Dopo un po’ di minuti compaiono, lentamente, piccole figure nere dentro l’occhio: si aiutano l’un l’altra ad arrampicarsi lungo l’iride. Dietro di loro, al loro passaggio, lasciano un nero intenso e lucido. Si calano dall’occhio e come sfinite si ritirano nel biglietto da dove erano uscite, ancora stretto, anche se stropicciato, nella mano dell’uomo.
Ora però il biglietto ha un altro aspetto: le figure sono bianche, poiché il loro inchiostro è rimasto negli occhi della loro vittima. E così Mr. Giles rimane lì, in attesa di essere trovato, mentre il nero che ha negli occhi si moltiplica anche nei suoi organi, portandolo sempre più velocemente verso la decomposizione.
Edoardo sbarra gli occhi e lascia cadere il biglietto nuovamente sul tavolo.
- Ecco perché ci stavi mettendo così tanto.
Il bambino si gira verso la porta della roulotte e vede suo nonno tirare dalla pipa. Ha gli occhi socchiusi, come a voler scrutare bene il volto del nipote.
- Nonno, non volevo, è solo che c’era qualcosa di strano e così mi ha attirato.
- Stupido! I biglietti non attirano noi! E lo sai bene! Solo per quegli stupidi umani che ci danno la loro vita in modo che noi possiamo cibarci!
Edoardo comincia a ritirarsi in un angolo, pauroso di cosa possa mai capitargli. Jobs entra e sbatte violentemente la porta dietro di sé, per poi fermarsi e tornare a fumare la sua pipa.
- Sei abbastanza grande perché tu possa vedere, immagino.
Edoardo alza il capo e guarda sorpreso il vecchio.
- Ma tu hai sempre detto che non posso e non mi hai mai spiegato il motivo. Perché adesso posso?
- Perché sono passati talmente tanti anni che anche se non sei cresciuto nel vero senso della parola, sei abbastanza grande per poter sapere anche tu. Prima non potevi né vedere né avere un biglietto tuo perché avevo paura che ti affezionassi ad un umano e volessi tornare con loro. Cosa impossibile, lo sai bene. Ti sei mai affezionato ad uno di loro, Edo?
- No, nonno. Mai.
- Bravo, perché noi abbiamo una natura e sappiamo quello che vogliamo, sappiamo di chi fidarci o meno. Ma loro sono ancora più subdoli di noi: non si distinguono tra buoni e cattivi, hanno pensieri nascosti e non sai mai quale sia il loro scopo definitivo. Ti ricordi com’era essere umano?
- Non molto, ma non mi manca. Io sto bene qua! 
- Mi fa piacere sentirtelo dire. Ti meriti un tuo biglietto.
- Davvero?
Edoardo ora si alza in piedi e sorride, mentre i suoi piccoli occhi tornano alla consueta malizia.
- Oh sì. Te lo darò domani, perché quest’ora ed il resto della serata poi, dopo lo spettacolo, comunque, dovrai passarla insieme ai maiali.
Jobs si gira e posa la mano sulla porta, pronto ad uscire.
- Ma perché?
Il vecchio, a grandi passi, si dirige verso il nipote e lo prende per i capelli, portandolo fuori. Gira attorno alla roulotte e giunge al recinto fangoso dei maiali, che lo guardano affamati. Apre il recinto e ci butta dentro il nipote, che si mette ad urlare mentre i primi maiali si riversano golosi su di lui.
- Perché comunque mi hai disobbedito. Domani riceverai il tuo biglietto. E adesso vedi di urlare piano: non dobbiamo attirare l’attenzione.
E con queste ultime parole Jobs torna al tendone, mentre il nipote viene ancora una volta sbranato dai maiali.

Il campanello suona e Caterina corre ad aprire la porta principale, ancora scalza e con i capelli raccolti nella treccia della mattina.
- Belle, non ti aspettavo così presto. Non sono ancora pronta.
La vecchia insegnante sorride e mentre scuote il capo schiaffeggia l’aria con la mano.
- Non ti preoccupare, cara. Sono venuta per aiutarti in qualcosa, se hai bisogno.
Caterina si sposta e lascia entrare la sua nuova amica in casa.
- Per te sarebbe un problema non essere da sole questa sera?
La giovane insegnante si gira intanto verso la propria camera, mentre pronuncia queste parole.
- Nient’affatto. Dimmi: chi hai invitato di bello?
- Beh, è stato più un: chi mi ha invitato di bello? Avrai sentito quello che è successo oggi a scuola.
- Oh cielo! Che cosa orribile. Come ti senti?
Belle posa una mano sulla spalla della giovane donna e la guarda in modo materno. Caterina sospira e si lascia ricadere sul letto, per poi prendersi la treccia da dietro la schiena e cominciare a giocarci.
- Sono ancora sotto shock, ogni tanto quell’immagine mi torna alla mente e non posso farci niente.
- Il bambino come sta?
- Oh, lui sta bene. Non ha visto nulla e sua mamma è venuta a prenderlo quasi subito: si riprenderà in fretta. Anzi, sono sicura che lunedì mattina racconterà tutto ai suoi piccoli amici.
Caterina sorride e si volta verso Belle, proprio mentre questa le chiede:
- Ti hanno interrogata?
Caterina annuisce e poi abbozza un sorriso.
- Sì, e proprio da questo punto posso rispondere alla tua domanda.
Belle la guarda interessata, spostando leggermente il capo di lato, incuriosita.
- L’agente che mi ha interrogata mi ha chiesto di uscire, proprio questa sera; e così gli ho detto che dovevo andare al circo con un’amica e bè, non so come ma ho invitato anche lui.
La giovane sorride e nota lo sguardo contento dell’amica.
- Oh cara, sono così contenta! Dimmi, come si chiama? Sai che qui ci conosciamo tutti: anche solo di nome, ma se non è nuovo quanto te lo conosco di sicuro.
- Carlo Simioli.
Belle si porta una mano tra guancia e mento e distoglie lo sguardo nel nulla, pensando. Ad un certo punto solleva il capo e batte le mani tra di loro.
- Ho capito: è quel ragazzo alto, moro, molto carino?
L’anziana la guarda con un gran sorriso e gli occhi grandi.
- Esattamente lui.
Caterina sorride e si alza, dirigendosi verso l’armadio e mettendosi una giacca azzurra sulle spalle.
- Aspetta, tu hai intenzione di venire via vestita così?
Le chiede Belle alzandosi e raggiungendola, guardando il suo abbigliamento.
- Sì. Perché?
- Cara, una della mia età dovrebbe vestirsi così, dovrei farlo io, ma non si sento ancora così vecchia. Quindi adesso ti togli quella gonna monotona e quella giacca e ti cerchiamo qualcosa di colorato. L’ideale sarebbe un bel vestito leggero.
Caterina le sorride ed insieme cominciano a guardare i vari abiti nel suo guardaroba. Dopo mezz’ora di ricerca e di accostamento di colori, finalmente la giovane donna è pronta e mentre si sta ammirando nello specchio, il campanello suona di nuovo. Belle la guarda andare verso la porta sorridendo contenta.
- Signorina Lensi, questi sono per lei.
- Oh, non doveva!
Belle si avvia verso la porta e vede che l’agente, ora fuori servizio, porge alla sua giovane amica un piccolo ma ben curato mazzo di fiori. Vedendo il momento di leggero imbarazzo mentre Caterina prende i fiori e sorride al giovane, l’anziana decide di avvicinarsi e di presentarsi.
- Salve, io sono l’amica di Caterina: Belle.
- Salve signora. Io sono Carlo Simioli.
- Oh quante formalità. Diamoci del tu, che ne dici?
- Se a voi va bene.
- Se a te va bene, Carlo. E adesso porta al circo questa signora e quest’adorabile signorina.
Caterina arrossisce ancora una volta e posando i fiori in un vaso esce poi con l’uomo e l’anziana. Carlo avanza prima delle due donne fino alla strada ed apre la propria macchina, aprendo poi la portiera davanti.
- Prego, chi vuole venire davanti?
Caterina fa un passo indietro e guarda Belle.
- Vai tu, è giusto così.
- Nient’affatto cara. Gli abitanti devono vedere una bella ragazza accanto a questo giovanotto, non una vecchia maestra un po’ stramba. Io andrò dietro e ti indicherò il resto degli abitanti di questo piccolo paese.
- Grazie Belle.
Belle le sorride e le mette una mano sulla spalla e l’accompagna fino al suo posto. Carlo allora chiude delicatamente la portiera e apre quella dietro per Belle.
- Grazie.
- Figurati.
Dopo questo breve scambio l’agente si siede al volante e parte verso il circo.
   
 
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