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Autore: riccardoIII    28/07/2015    2 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, aveva pensato che i sogni potessero realizzarsi.

Il terzo fu un anno di bruschi cambiamenti.
Il dolore di Sirius si trasformò in una maschera che lo proteggesse da nuove delusioni; a parte quando era con i suoi amici, i suoi occhi erano freddi e distanti, la sua espressione apatica. Senza volerlo, utilizzò la sua educazione da perfetto Black per allontanare chiunque potesse oltrepassare la sua corazza.

Lui e James vennero riconfermati in squadra come Cacciatori; Sirius era bravo, ma James superava di gran lunga chiunque lui avesse mai visto giocare. Nella prima partita della stagione, il loro Cercatore non poté prendere parte alla gara perché fu colpito da una strana fattura e costretto nel letto dell’Infermeria per riprendersi; il Capitano della squadra di Grifondoro era totalmente distrutto: non avevano sostituti e l’idea di affrontare la squadra più temibile, Serpeverde, con una recluta senza un briciolo di esperienza che giocasse nel ruolo determinante non era troppo allettante. James si propose come sostituto Cercatore, portando Mary McDonald all’ultimo allenamento pre-partita in modo che prendesse il suo posto come Cacciatrice. La prova funzionò benissimo e gli animi si risollevarono un po’.
Lucius Malfoy, ex Capitano e Cercatore dei Serpeverde, aveva lasciato la scuola quell’anno e il suo posto in squadra era stato preso da Regulus. James si trovò così a gareggiare con lui per il Boccino e riuscì a soffiarglielo sotto il naso dopo una picchiata perfetta. Quando atterrarono, Sirius saltò al collo del suo migliore amico e lo stritolò in un abbraccio spacca costole, ottenendo in cambio un sorriso a trentadue denti. James venne acclamato da tutta la scuola, tranne che dai verde-argento, e decise che si sarebbe tenuto il Boccino in memoria della sua impresa. Quella sera, in Sala Comune, ci fu una grande festa in onore della squadra e il riccio venne osannato come il Salvatore dell’Universo. I quattro presero la prima, colossale sbronza della loro vita.

Da quel giorno divennero ancora più boriosi di quanto non fossero mai stati e James prese l’abitudine di giocare con la pallina dorata per esibirsi e di passarsi le mani trai capelli per sembrare sempre appena sceso dalla scopa.
La fama portò l’interesse delle ragazze, che cominciavano ad essere viste non più soltanto come palle al piede o compagne di scuola, ma come forme interessanti e labbra desiderabili. La bellezza tanto perfetta da sembrare artificiale di Sirius, che cresceva al pari della sua altezza, e la sua aria da ribelle gli procurarono numerose  spasimanti, a cui inizialmente non vennero rivolte troppe attenzioni. James si divertiva ad essere seguito dagli sguardi nei corridoi e perseguitato da risatine imbarazzanti e saluti stucchevoli; pur continuando a non possedere l’eleganza e il fascino di Sirius, anche lui diventava sempre più un bel ragazzo e laddove non arrivava l’aspetto suppliva la fama da giocatore eccezionale.

Remus continuò a recarsi in Infermeria prima e dopo i Pleniluni, scortato dagli amici che si occupavano anche di fornire alibi più realistici per le sue assenze. I tre presero l’abitudine di passare in Infermeria tutto il tempo che potevano quando lui si riprendeva dalle trasformazioni e Madama Chips dovette accettare la loro presenza. Portavano dolci e cioccolata per il degente, ma anche appunti e compiti, cosicché non rimanesse indietro con la scuola.
I loro studi sugli Animagi proseguirono, ma non avevano ancora trovato un libro che spiegasse nel dettaglio come dovesse avvenire la Trasfigurazione. Setacciavano la Biblioteca almeno una volta a settimana per scovare qualche testo che gli fosse sfuggito, ma non ebbero grosse soddisfazioni.
Le gite a Hogsmade portarono le scoperte della Burrobirra e della fascinosa Rosmerta, giovane strega fresca di studi che aveva preso a gestire il pub di famiglia insieme al padre. Mielandia divenne il loro rifornitore ufficiale di cioccolata per Remus e Zonko aprì un mondo di possibilità tutte nuove per i loro scherzi, che divennero sempre più fantasiosi.

Le materie opzionali si rivelarono una scelta azzeccata: Sirius, che aveva scelto il corso di Babbanologia solo per irritare i suoi genitori, si ritrovò sempre più colpito dall’arguzia dei Babbani e da come riuscivano a cavarsela senza magia. Si appassionò talmente tanto all’argomento che ben presto cominciò ad ascoltare la loro musica e a leggere riviste del mondo non magico, scoprendo il rock e i mezzi di trasporto Babbani. Anche le altre materie non erano male: con Divinazione si facevano qualche grossa risata, Aritmanzia era complicata ma ciò la rendeva una sfida a cui non poter rinunciare e Cura delle Creature Magiche fu presto usata come valvola di sfogo per le loro energie.

Tuttavia, non tutto era sempre così roseo: cominciarono a girare strane voci circa sparizioni e assassinii misteriosi, ma il tutto divenne più chiaro solo dopo le vacanze natalizie. Sirius tornò a scuola smagrito e con lividi piuttosto inquietanti, nascosti ai più grazie alle vesti ma che i suoi amici riuscirono a scorgere mentre si cambiava per infilare il pigiama, la prima sera in Dormitorio. James lo interrogò a lungo, con gli altri due e in privato, ma non ottenne altro che mormorii che potevano suonare facilmente come “Quella pazza di Walburga”. In compenso, James riportò notizie di prima mano sugli eventi non troppo chiari di cui spesso leggevano sul Profeta, a cui Remus era abbonato.
-Ho origliato una conversazione tra i miei- raccontò la sera dopo il ritorno a scuola, -Papà diceva alla mamma che stanno cercando di scovare questo Lord Voldemort, ma che non hanno molti indizi su cui lavorare. L’unica cosa che accomuna  gli omicidi e le sparizioni degli ultimi mesi è la totale assenza di prove. Pare che lui e i suoi seguaci non lascino alcuna traccia e questo rende più difficile identificare chi lo appoggia-
Sirius sbuffò.
-Beh, se può interessarti la dolce Walburga mentre mi pestava il giorno di Natale si è lasciata sfuggire che la cara cugina Bellatrix, suo marito Rodolphus e quel cretino di Malfoy stanno “portando onore alle loro famiglie, unendosi alla causa della purificazione della razza magica”, come secondo lei avrei dovuto fare io. Potresti dire a tuo padre di seguire le loro mosse, magari scopre qualcosa-
James annuì distrattamente, già alla ricerca di penna e pergamena per mandare un gufo ai suoi. Remus sembrava scettico.
-Malfoy, Lestrange e Black sono tra le famiglie Purosangue più ricche e influenti del Paese; dubito che possano arrestarli senza prove, o che venga permesso agli Auror di seguirli senza alcun capo d’accusa nei loro confronti. Non sto dicendo che hai sbagliato a dirlo a noi o al papà di James, Sirius, ma realisticamente sarà difficile che al Ministero accettino segnalazioni anonime contro personalità di alto rango-
Peter era evidentemente spaventato da quei discorsi e James era tutto concentrato a scrivere, così i due non si accorsero dello sguardo tagliente che Sirius rivolse all’amico.
-Quindi cosa dovremmo fare, starcene con le mani in mano mentre quei pazzi uccidono tutti? E quando toccherà a noi, eh? Quando toccherà ai Nati Babbani che conosciamo, tipo Evans e McDonald, o ai Traditori come me, James e i suoi genitori? Quando si schiereranno contro gli Ibridi? Non intendo lasciare che questo avvenga!-
-Non sto dicendo che dovremmo fregarcene della situazione, Sir, anche perché ormai è evidente che si sta evolvendo molto rapidamente. Non è una questione da sottovalutare, ma magari se ti trattenessi dal dire queste cose a tua madre eviteresti di essere massacrato!-
Scese il gelo nella stanza. Peter si rannicchiò contro il muro, James posò la piuma e alzò lo sguardo su Sirius, che fremeva di rabbia.
-Non ho intenzione di parlare di questo. Ciò che faccio in casa mia sono affari miei-
-No- lo interruppe James -Sono anche affari nostri. Siamo amici, Sir. Credi che sia facile per noi vederti tornare denutrito e scoprire che ti hanno usato come affilacoltelli? Puoi anche non voler parlare con noi, ma non puoi pretendere che noi fingiamo di essere ciechi di fronte alla realtà-
-E voi non potete pretendere che io torni lì e me ne stia zitto e buono mentre insultano voi e me!-
Per un attimo nessuno osò rispondere a Sirius.
-Non lo facciamo- disse timidamente Peter.
-Sirius, non chiediamo che tu faccia cose che non vuoi per compiacere la tua famiglia, ma siamo preoccupati per te. Se tu cercassi di contenerti, di ignorare le provocazioni…-
Prima che Sirius esplodesse di nuovo contro Remus, intervenne James.
-So che è difficile. Ti conosco, so che non riesci a star zitto quando qualcosa non ti va giù e ti ringrazio per averci difeso. Ma se non vuoi, se non puoi sopportare di vivere sotto il loro stesso tetto, vieni via di lì. Ho parlato con i miei genitori, Sir, gli ho spiegato la tua situazione e loro sarebbero ben felici di averti in casa nostra. Non gli importa di ciò che i tuoi potrebbero fare, sarebbero in grado di proteggerti, di tenerti al sicuro. E io sarei felicissimo se tu passassi le vacanze con me. Avresti una casa vera, Sir, e…-
-Tu non ne avevi il diritto!- Sirius saltò in piedi, quasi urlando –Non avevi il diritto di raccontare i miei problemi a qualcuno senza il mio consenso! Ma chi ti credi di essere?-
Anche James si alzò in piedi e, benché fosse più basso di Sirius, sembrò minaccioso senza essere infuriato come l’altro.
-Io non credo di essere nessuno. Io so di essere tuo fratello. Ogni volta che lasciamo questa benedetta scuola passo le giornate a preoccuparmi per te, perché lo so che ti picchieranno e ti maltratteranno e preferirei tagliarmi un braccio da solo piuttosto che vederti in queste condizioni! Non ti rendi conto, Sirius, di quanto male mi faccia chiamarti allo Specchio e vederti col labbro spaccato e l’occhio pesto?! Non lo sai, Sirius, che cosa significhi vedere una delle persone che ami di più sulla faccia della Terra venire trattata come loro trattano te! Se tu fossi nella mia situazione, non cercheresti di salvarmi?-
-Ecco! Tu e la tua maledetta mania di dover salvare chiunque, che lo voglia o no! Non ti ho mai chiesto niente, James! Non ti ho mai chiesto di essere mio amico, non ti ho mai chiesto di essere mio fratello, non ti ho mai chiesto quel dannatissimo Specchio e non ti ho mai chiesto di coinvolgere i tuoi genitori nella mia vita!-
James fece un sorriso amaro.
-Credi che non sappia quello che stai cercando di fare? Che non capisca che stai tentando di ferirmi per proteggere te stesso, Sirius? Avanti, dimmi tutte le cattiverie che vuoi! Io non me ne andrò, però! Non basta lo sguardo da Black per mandare via me! Noi non ti abbandoneremo mai, Sirius, siamo i tuoi amici! Puoi anche fingere che non sia così, puoi anche tirare fuori la tua aria di superiorità del cazzo e la maschera che ti metti ogni santo giorno prima di uscire da questa stanza, ma questo non cambierà mai le cose! Noi non ce ne andiamo, come non ce ne siamo andati quando Remus aveva bisogno di noi! Allora non mi sembravi così scocciato dalla mia voglia di salvare sempre tutti, o sbaglio? Non sei stato tua a suggerire la faccenda degli Animagi, per caso?-
Sirius si era bloccato con i pugni stretti e la bocca a aperta. Non aveva mai visto James con quell’autorità nello sguardo, duro come non mai. Il ragazzo riprese a parlare, il tono più dolce.
-Anche tu hai la mania di salvare la gente, Sirius. Sei stato tu a trovare il modo di aiutare Rem e io lo so perché non vuoi venire via da quella casa. E va bene, sul serio, non dico che tu debba rassegnarti con Re…-
-NON DIRE QUEL NOME!-
Sirius urlò sul serio, a quel punto. Non avevano parlato di Regulus dopo la litigata tra i due e il ragazzo non era pronto ad ammettere che la ferita sanguinava ancora, che l’indifferenza che suo fratello gli mostrava da giugno continuava a scavargli il petto, che non riusciva a rimuoverlo dai suoi sogni, in cui il più piccolo si allontanava sempre più da lui, scomparendo nel buio mentre Sirius chiamava il suo nome. Si svegliava ogni notte gridando, sudato, sapendo di aver parlato nel sonno, ma i suoi amici non dicevano mai nulla. Ogni notte vedeva gli occhi di James puntati su di lui, dal suo letto con le tende aperte per tenerlo d’occhio; sentiva Remus sollevarsi di scatto dal cuscino e spiare tra le cortine del baldacchino; trovava lo Zuccotto che Peter gli lasciava sul comodino ogni sera prima di coricarsi. Ma non ne parlavano, mai. Tutti aspettavano che fosse Sirius a toccare quel tasto.

Evidentemente, James aveva deciso di rischiare, quella sera. Sirius aveva sulla faccia un’espressione cattiva, spaventosa, che fece ritirare Peter ancora di più nel suo angolino e balzare Remus in piedi, a separare i due amici. James non aveva mosso un muscolo, Sirius digrignava i denti come un cane rabbioso e sembrava davvero intenzionato ad attaccarlo. Razionalmente non voleva ferirlo, non voleva fargli del male, ma sentiva il forte impulso di colpirlo, di spezzarlo. Voleva uscire da quella stanza, mettere tutta la distanza del mondo tra loro. James dovette capire tutto guardandolo negli occhi, così si chinò sul suo baule e ne tirò fuori il Mantello. Glielo mise in mano, dandogli il suo lasciapassare per la fuga, e continuò a guardarlo. Dopo un istante, Sirius si voltò ed uscì come una furia dal Dormitorio. Prima di richiudersi la porta dietro sentì la voce di Remus parlare.
-Perché l’hai fatto?-
-Perché ne aveva bisogno-
Non seppe mai se i due si riferissero al Mantello o alla discussione sulla sua famiglia; scappò fuori dalla Sala Comune e sparì, letteralmente, tra i corridoi.

Sirius tornò in camera solo all’alba. Peter russava sotto le coperte, dal letto di Remus proveniva il suo respiro lento e ritmico. James stava seduto, invece, con la schiena poggiata contro la testata della struttura del baldacchino e in mano uno dei libri di Animagia. Alzò gli occhi su di lui, gli occhiali sempre sul naso, e gli face un piccolo sorriso. Sirius posò il mantello sul letto e gli si sedette di fronte.
-Mi dispiace-
-Non devi scusarti, Sir-
-Si invece. Mi sono comportato da stronzo, hai ragione, volevo ferirti-
-Lo hai fatto perché è l’unico modo con cui ti hanno insegnato a proteggerti. Non è questo il problema. Il punto è che devi capire che non hai bisogno di proteggerti da me, da noi. So che non sei abituato ad aver bisogno di aiuto, o ad avere qualcuno che possa darti una mano, ma noi siamo qui anche per questo Sir. Forse ho forzato un po’ troppo la mano, ho tirato in ballo cose che non avevo il diritto di nominare e di questo mi scuso, perché ti ho fatto soffrire. Voglio solo che tu sappia che quando qualcosa sarà troppo per te, allora potrai contare su di noi. Ok?-
Sirius fece un debole sorriso.
-Ok. E grazie. Ringrazia anche i tuoi da parte mia, sono stati gentili a farmi quella proposta. Nemmeno mi hanno mai visto e sono disposti a correre dei guai per me…-
-Loro sanno quanto tu sia importante per me. Hanno imparato a conoscerti tramite ciò che gli racconto e mia madre sa cosa significa essere un Black-
Sirius deglutì.
-Ne... Ne avete discusso?-
James annuì.
-Una sera durante le vacanze è entrata in camera mia appena dopo che io e te avevamo smesso di parlare. È stata la sera del sopracciglio spaccato. Lei ha capito subito che c’era qualcosa che non andava in me, perché ero furioso. Così ho iniziato a rispondere urlando alle sue domande insistenti e alla fine le ho detto che ero preoccupato per te. È stato così che gli ho raccontato tutta la storia, e mi dispiace di non avertelo detto. Quando ho finito il resoconto lei ha fatto un sospiro e mi ha detto che doveva confessarmi una cosa, ma l’ho preceduta. Le ho detto che sapevo già che anche lei era una Black. Mi è sembrata stupita, ma ha voluto raccontarmi anche qualcos’altro.

Mi ha detto che all’inizio lei non era come te, che fino agli ultimi anni di scuola aveva seguito per filo e per segno gli insegnamenti dei suoi genitori e dei suoi fratelli. Solo, odiava tutta quella storia dell’etichetta e, in più, era molto affezionata al suo fratello Magonò, Marius, che allora viveva ancora in casa con loro, segregato e nascosto al resto del mondo. Quando stava per cominciare il settimo anno i suoi genitori la informarono che appena diplomata avrebbe sposato Lestrange, un suo ex compagno di Casa a Serpeverde e molto amico di famiglia. Non ne era innamorata, ma era di buona famiglia e lo conosceva. E non era nemmeno troppo più vecchio di lei, il che a quei tempi non era scontato. Non fece obiezioni, dicendosi che col tempo avrebbe imparato ad amarlo.
Quell’anno invece cambiò tutto. Un giovane Purosangue cominciò a farle la corte spudoratamente, ma lei non aveva nessuna intenzione di cedere, visto che era un Grifondoro e apparteneva ad una delle famiglie di Traditori più conosciute del Paese. Mio padre, però, non è tipo da arrendersi facilmente quando vuole ottenere qualcosa, così continuò ad insistere. Alla fine, pur di toglierselo dai piedi, lei gli confessò di essere già promessa. Lui gli chiese se fosse innamorata del suo fidanzato e lei non osò rispondergli, così papà capì che aveva ancora speranze. Le chiese solo di poterla frequentare, anche senza che nessuno lo venisse a sapere, per poter diventare amici a conoscersi meglio. Sapendo che non si sarebbe mai rassegnato ad un no, la mamma acconsentì al piano. Con l’aiuto del Mantello non fu complicato vedersi senza che nessuno lo sapesse e così finirono per innamorarsi l’uno dell’altra. Quando si trovarono a parlare delle loro convinzioni, mio padre parlò a mia madre come io ho fatto con te, quando sei stato smistato a Grifondoro. La fece riflettere, aspettando che lei traesse le sue conclusioni, e lei capì quanto fosse stata cieca fino a quel momento.
Al ritorno a casa per le vacanze di Natale, la mamma annunciò che non avrebbe sposato Lestrange. Quando le comunicarono che non era assolutamente necessario il suo consenso e che non importava nulla a nessuno di ciò che lei desiderava per il proprio futuro mandò tutti al diavolo, dicendo che non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da nessuno. La rinchiusero in camera sua e, sapendo quanto fosse legata a Marius, lo mandarono da lei per convincerla, ma ottennero l’effetto contrario. Invece che due figli obbedienti, da quella stanza uscirono due ribelli. Marius, che fino a quel momento aveva creduto di essere un’onta per la famiglia a causa dell’assenza di magia in lui, divenne cosciente del fatto che poteva vivere la sua vita pur non avendo alcun potere, perché essere un Magonò non era una condanna alla clausura né una colpa. Decisero di fuggire insieme non appena mia madre avesse avuto il diploma.

E così fu. A luglio, mia madre lasciò casa sua e andò da mio padre, insieme a suo fratello. Vennero entrambi accolti a braccia spalancate e cominciarono ad organizzare il matrimonio. Peccato che i loro piani non andassero troppo a genio ai Black. Il maggiore, Pollux, si presentò in casa dei miei nonni chiedendo di vedere i suoi fratelli. Nessuno dei due intendeva nascondersi, così accettarono di parlargli. Lui disse di aver già cancellato il nome di Marius dall’arazzo di famiglia, eliminandolo dalla discendenza, e minacciò di fare lo stesso con mia madre. Non si scomposero più di tanto, affermando che sarebbe stata una gran gioia non far più parte di quella famiglia di pazzi, e mio padre invitò quell’uomo a lasciare la loro casa.
Dopo il matrimonio, Marius decise di abbandonare la casa dei miei genitori e di cercare un posto tutto suo; ovviamente dovette trovare un’occupazione, visto che non aveva avuto nulla dalla famiglia. Cominciò a lavorare a Diagon Alley, alla Farmacia: aveva sempre avuto un gran talento con le erbe e la mancanza di magia era sostituita dalle sue conoscenze approfondite della materia.
Un giorno nel negozio entrò Pollux, andato a comprare le scorte per i kit di Pozioni dei suoi primi due figli, già ad Hogwarts. Non fu felice di scoprire che suo fratello lavorasse lì, dove chiunque poteva vederlo e sapere che fosse un Magonò; tutto ciò avrebbe messo in cattiva luce la sua perfetta e nobile famiglia. Marius si rifiutò di abbandonare il suo posto di lavoro anche quando il fratello gli promise di donargli lui stesso una rendita, affermando che da quella famiglia dannata non avrebbe accettato nulla. Pollux non la prese bene, anzi. Non volendo dare spettacolo, lo invitò a parlare con calma della questione davanti ad un buon bicchiere di vino, giurando di volersi far perdonare per i propri errori. Marius accettò, ingenuamente, e lo seguì una volta finito il suo turno. Non tornò mai più al lavoro.

A mia madre fu inviata una boccetta con i suoi ricordi, insieme ad un messaggio minatorio. C’era scritto che questo era ciò che capitava a chi sputava sopra il buon nome della famiglia. Lei e mio padre si presentarono sulla soglia di casa Black insieme ad una squadra di Auror, per arrestare Pollux con l’accusa di omicidio. Non trovarono nessuna prova e al processo i ricordi non vennero ammessi come testimonianza, perché l’avvocato dei Black affermò che l’assenza del mittente della boccetta coi ricordi e del messaggio allegato impediva di identificare con certezza il colpevole. In più, i ricordi possono essere modificati dal proprietario o da una terza persona, quindi in genere non sono accettati in tribunale a meno che questi non siano raccolti direttamente da un Maginotaio o davanti alla Corte; per eseguire questa pratica serve la certezza della colpevolezza o il consenso dell’imputato. Mancavano, ovviamente, entrambi. Il processo fu archiviato e il corpo mai ritrovato. Suppongo che un bel po’ di denaro sia passato di mano in tutto ciò, perché l’udienza fu tenuta in gran segreto e nessuno seppe mai nulla dell’indagine. Il Ministero si scusò addirittura formalmente con la famiglia per il disagio.

Dopo qualche tempo, arrivò una lettera per mia madre, con una foto. Era l’immagine dell’arazzo di famiglia, con il suo nome ancora presente, legato a quello di papà. Il messaggio diceva che non le avrebbero mai permesso di dimenticare chi fosse e da quale famiglia venisse. Che qualunque cosa facesse, sarebbe rimasta sempre una Black. Avevano capito che il dolore di sentirsi ancora legata a loro sarebbe stato molto peggiore di quello che avrebbe provato venendo rinnegata. Cadde in depressione e si riprese solo qualche anno più tardi, con l’aiuto costante di mio padre. Per un lungo periodo, dopo che si fu ripresa, tentarono di avere un figlio, ma non ci riuscirono. Pensarono che il trauma che mamma aveva subito avesse compromesso le sue possibilità di rimanere incinta. Io nacqui quando avevano ormai perso le speranze -

James terminò il suo raccontò, posò il libro sul comodino e si tolse gli occhiali, massaggiandosi le tempie. Sirius era allibito.
-Sapevo che il caro nonno fosse un vecchio squilibrato, ma questo… È troppo anche per lui-
Calò il silenzio, per qualche tempo, poi il ragazzo riprese la parola.
-Non avresti dovuto dirmelo, sono questioni private, appartengono alla tua famiglia-
James tornò a guardarlo negli occhi.
-Tu sei la mia famiglia, Sir, e ho voluto raccontarti questa storia per un motivo. Quello che hanno fatto a mia madre è stato orribile e io non voglio che accada nulla di lontanamente simile a te. Quello che c’era scritto in quel biglietto è falso, Sirius, anche mia madre alla fine l’ha capito. Il sangue, la provenienza, non contano. Conta ciò che si decide di fare, il modo in cui si agisce nella vita. Ciò che si sceglie di essere. Tu hai scelto di essere diverso dalla tua famiglia e questo ti fa onore, così come ti fa onore il fatto che tu non voglia abbandonare nessuno al triste destino che deriva dall’essere legato a persone spregevoli senza averlo scelto-
Sirius capì, in quel momento, quello che voleva dirgli il suo amico e un debole sorriso comparve sul suo viso.
-L’ho capito, James. E ho capito di non poter vincere tutte le battaglie da solo-
Anche l’altro ragazzo si aprì in un sorriso.
-Io sarò sempre qui per te, Sir. Te l’ho già detto, ma voglio ripetertelo ancora-
-Ora lo so e non lo scorderò più-
Ci fu un lungo silenzio, poi James prese il libro dal comodino.
-Ho trovato qualcosa di interessante, qui. Nella bibliografia sono elencati una serie di testi da consultare. La maggior parte li abbiamo già spulciati, ma ce ne sono un paio che non abbiamo e che promettono bene. Che ne dici se li ordiniamo al Ghirigoro?-
-Mmmh…- fece l’altro, pensieroso –Potremmo comprarli sotto falso nome, per non lasciare tracce-
-Ottima idea! Senti, mi è venuta fame, andiamo a fare colazione nelle cucine?-
-Certo! Dici di svegliare anche Rem e Pete?-
Un ghigno poco rassicurante comparve sulla faccia di James.
-Oh si che dobbiamo svegliarli!-
Fu così che i due ragazzi che poco prima stavano amabilmente ronfando vennero destati da due getti d’acqua fredda. Finsero di arrabbiarsi, ma i sorrisi che nacquero spontanei sul loro volto nel vedere Sirius di nuovo sereno fare comunella con James rovinarono un po’ l’effetto.
-Ehi, ragazzi, sentite. Io volevo chiedervi…-
Remus batté una pacca sulla sua spalla e Peter gli fece un grosso sorriso.
-Andiamo a mangiare, brutto screanzato, ora che mi hai svegliato mi è venuta fame! Su, Pete, datti una mossa con quelle scarpe!-
Sirius intercettò uno sguardo felice e grato di James diretto a Remus e sorrise. Non disse a nessuno che nei suoi vagabondaggi, quella notte, aveva trovato uno strano specchio, né quello che ci aveva visto dentro. In quel momento pensò che la realtà fosse molto meglio della fantasia irrealizzabile che aveva scorto nel riflesso: la famiglia che aveva trovato in quel Dormitorio sarebbe sempre stata meglio di quella finta che viveva in una cornice, a qualche corridoio di distanza da lui.
   
 
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