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Autore: winter falls    28/07/2015    4 recensioni
3° classificata e vincitore del premio "Miglior IC" al contest "È tempo di crossover!" indetto da supersara sul forum di EFP
[Itachi Uchiha/Bilbo Baggins]
- Il primo incontro e la nascita di un sentimento.
“Non mi conosci, Bilbo. Potresti aver accolto in casa tua un criminale.”
Pronunciò a bassa voce, assumendo uno sguardo serio.
“Se per criminale intendi qualcuno che ha ucciso delle persone… l’ho fatto anch’io. Erano orchi, sì, ma pur sempre delle vite. Se invece oltre questo intendi le motivazioni che hanno spinto a tale azione… allora su questo punto potrei dissentire. D’altronde, l’hai detto tu. Non ti conosco.”
Proferì, pensando dentro di sé che non era davvero più l’hobbit rispettabile di un tempo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Un'intera vita'
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Sbatté le palpebre, destandosi dallo stato di dormiveglia in cui era caduto. Avevano bussato alla porta. Si alzò dalla poltrona, chiedendosi chi fosse, indeciso tra un parente che aveva voglia di rovinare una tranquilla serata e una delle persone che aveva incontrato durante l’avventura da cui era tornato circa un anno fa ormai. Era da tanto che non vedeva i nani e gli elfi, seppur si tenesse in contatto con alcuni di essi. Una loro visita lo avrebbe reso felice, benché già avvertisse l’agitazione salire al pensiero che fosse il Re sotto la montagna. Portò la mano sulla maniglia, aprendo, sbattendo le palpebre nel rendersi conto che aveva completamente sbagliato ogni pronostico.

“Buonasera. Non sono del posto e temo di essermi perso. Potrei chiederle un bicchiere d’acqua se non è di troppo disturbo?”

Prima scosse piano la testa, solo dopo parlò.

“Nessun disturbo… prego.”

 Disse, facendolo entrare, osservandolo un poco, pensando che aveva qualcosa di diverso rispetto agli umani che aveva conosciuto a Pontelagolungo.

“Da questa parte, sedetevi pure.”

Lo condusse fino alla cucina, prendendogli un bicchiere d’acqua, porgendoglielo, vedendolo fare un piccolo cenno con il capo e ringraziare. Stette in silenzio, aspettandosi da parte sua una presentazione, che però non avvenne. A dire il vero, non disse nient’altro. Si schiarì perciò la gola, prendendo parola.

“Da dove venite, se posso domandare?”

“Un posto molto distante da qui. Come si chiama questo luogo?”

Si sentì chiedere e poi adocchiare con fare discreto.

“Contea. La zona della Terra di Mezzo abitata dagli hobbit. Avevate mai visto un hobbit?”

Parlò d’istinto, pensando già di ricevere una risposta negativa.

“No.”

Disse infatti, portando una mano in grembo.

“Gli hobbit sono… così.” Concluse, indicandosi. “Creature assolutamente pacifiche e tranquille. Non abituate agli stranieri, ma avete scelto di bussare alla casa dell’unico hobbit non più tanto… nella norma diciamo.”

Concluse, pensando che agli occhi di tutti pareva strano e senza rispetto.

L’umano d’istinto lo guardò, accennando un breve stiramento delle labbra.

“Lei è il primo hobbit che incontro.”

“Non me ne sorprendo. Voglio dire, avevo pensato a questa ipotesi.” Si corresse, non volendo sembrare scortese. “Il mio nome è Bilbo Baggins. Piacere di conoscervi.”

Il ragazzo sembrò quasi ponderare su quel nome, per poi presentarsi a sua volta.

“Uchiha Itachi.”

Bilbo pensò nel giro di poco che quel nome era totalmente diverso da quello degli umani che aveva conosciuto, per poi notare che fino a quel momento gli aveva dato del voi e Itachi del lei. Inoltre, si era presentato prima con il cognome.

“Bene, Itachi… gradite anche qualcosa da mangiare?”

Chiese, osservandolo assumere una piccola espressione quasi sorpresa.

“Non voglio disturbarla oltre, Bilbo-san. Se mi potesse indicare un alloggio per la notte, lo considererei un ultimo favore di cui la ringrazierò.”

“Bilbo… san? Ah, in realtà qui nella Contea non penso troverete un alloggio… men che meno a quest’ora. Ma se volete, potete restare qui.”

Offrì, vedendolo aggrottare le sopracciglia.

“Le recherei disturbo. Inoltre mi conosce da meno di un’ora.”

“Vi sorprenderà allora sapere che tempo fa mi sono ritrovato tredici persone a tavola che conoscevo da pochi minuti e sembravano più padroni di me di casa Baggins.”

Disse senza pensarci, schiarendosi poi la gola. Vide con la coda dell’occhio Itachi sbattere le palpebre e restare in silenzio.

“Era un modo per dirvi che siete il benvenuto e che non mi recate alcun fastidio.”

Itachi indugiò, facendo poi un cenno affermativo con il capo.

“Mi permetta però di ricambiare la sua gentilezza, Bilbo-san.”

“Ah, a questo proposito, so già cosa chiedervi. Anzi, chiederti. Nessun voi o lei tra noi. Inoltre… mi pare di capire che aggiungi un suffisso al mio nome. Di cosa si tratta?”

“Nel mio paese è segno di rispetto.”

Disse con una nota quasi autoritaria, e lo hobbit temette di averlo in qualche modo offeso.

“Il rispetto lo colgo dalla tua persona, Itachi. Non da un suffisso.”

Affermò convinto, notando l’altro guardarlo con un pizzico di divertimento.

“Non mi conosci, Bilbo. Potresti aver accolto in casa tua un criminale.”

Pronunciò a bassa voce, assumendo uno sguardo serio.

“Se per criminale intendi qualcuno che ha ucciso delle persone… l’ho fatto anch’io. Erano orchi, sì, ma pur sempre delle vite. Se invece oltre questo intendi le motivazioni che hanno spinto a tale azione… allora su questo punto potrei dissentire. D’altronde, l’hai detto tu. Non ti conosco.”

Proferì, pensando dentro di sé che non era davvero più l’hobbit rispettabile di un tempo.

Itachi non riuscì a mascherare del tutto un’altra espressione sorpresa di fronte a quelle parole, chiedendosi internamente se il fatto che fosse uno sconosciuto aiutasse quell’hobbit a parlare così.

“Non posso darti torto.”

 Elargì allora per il momento, concedendosi di osservarlo meglio.

Bilbo sorrise, contento per quella risposta.

“Carne o pesce? Per la cena intendo.”

“Mi è indifferente.”

Lo hobbit sbatté le palpebre, sospirando piano. Non poteva credere che non avesse una preferenza oppure un cibo che quella sera gli andasse più di un altro.

“Vieni con me.”

Gli disse allora, uscendo dalla cucina, aspettandolo.

Itachi parve confuso, per poi comunque alzarsi e seguirlo, ritrovandosi in una grande e fornita dispensa.

“Come vedi, ho una buona scelta da offrire. Oh, e non fare complimenti. Una volta è stata completamente svaligiata…”

Il ragazzo incrociò le braccia al petto, dando un’occhiata ai vari ingredienti.

“Pesce.”  Concluse poi, guardandolo.

“Per contorno?”

“Basta il pesce.”

“Perché qualcosa mi dice che non sei un tipo che mangia molto?”

Lo vide trattenere un sorriso, alzando le spalle.

Bilbo non aggiunse altro, recuperando il pesce e tornando in cucina, iniziando a prepararlo in silenzio, sentendo d’altro canto che nemmeno Itachi pareva voler intavolare una discussione. Apparecchiò la tavola, servendo poi il cibo in un piatto, posandolo al posto che occupava Itachi.

“Tu non mangi?”

“Ho mangiato prima. E mi basta così.”

Affermò con un sorriso, pensando che ancora non aveva recuperato l’appetito di sempre.

“Mi sento un intruso a mangiare in casa tua da solo.”

“Devi sentirti un ospite. È ciò che sei. Mi fa piacere averti qui.”

Mormorò l’ultima frase, accorgendosi solo in quel momento di quanto si fosse sentito solo durante quell’anno a casa Baggins. L’avventura lo aveva proprio cambiato.

Itachi parve trattenere appena il fiato, per poi ringraziare.

“Itadakimasu.”

 Pronunciò, prendendo poi le posate, e Bilbo notò che sembrava avere difficoltà nell’utilizzarle. Lo guardò, chiedendosi da dove venisse visto che sembravano parecchio diversi per alcune usanze.

“Come mai ti trovi qui nella Contea?”

“Una missione. Lavoro per un’organizzazione.”

“Oh, allora questa è la vostra divisa!”

Non poté fare a meno di esclamare, osservando le nuvolette rosse sullo sfondo nero.

“Deduco che tu sia sollevato da ciò.”

“Ah, cielo, io… è che non avevo mai visto un simile abbigliamento. Non fraintendermi, ti sta bene.”

Il ragazzo rimase in silenzio, mangiando con fare calmo il pesce, limitandosi a osservarlo a quelle parole.

“Ti va di raccontarmi qualcosa di te? Senz’obbligo naturalmente.”

“Cosa vorresti sapere?”

“Oh, beh, cose semplici. Cosa ti piace, cosa non ti piace…”

“Dango.”

“Prego?”

Itachi finì di mangiare, allontanando un poco il piatto, creandosi lo spazio necessario per appoggiare i gomiti sul tavolo.

“Sono il mio piatto preferito. Delle piccole palline dolci tipiche del mio paese.”

“Non ne avevo mai sentito parlare. Come si preparano?” Chiese interessato, guardandolo. “Ho una passione per la cucina. Ereditata da mia madre.”

Alle sue ultime parole Itachi abbassò appena lo sguardo, rialzandolo poco dopo. Cominciò subito a spiegargli la ricetta, facendo chiedere a Bilbo un minuto per recuperare il necessario per scriversela. Lo hobbit prese nota, annuendo via via ai vari passaggi, constatando che avrebbe dovuto recuperare certe componenti.

“Non conosco proprio alcuni ingredienti. Spero di riuscire a trovarli in qualche modo.”

“Intendi prepararli?”

“Oh, sì. Mi piace molto sperimentare. Magari se passi di qui un’altra volta, vieni pure. Così avrò il parere di un esperto.”

“Esperto?”

“È il tuo piatto preferito, no? Non puoi non essere un esperto.” Disse, sorridendo.

Itachi assottigliò un poco gli occhi, cominciando a fissarlo senza preoccuparsi di dare nell’occhio.

“Sei una persona interessante, Bilbo Baggins.”

Lo hobbit sbatté le palpebre, preso in contropiede, sentendo per un istante le guance un poco più calde, portando d’istinto la mano su una di esse.

“Ti ringrazio. Anche tu.” Mormorò quasi, per poi cercare di riprendersi.

Era molto bello, lo aveva pensato fin da subito. Ma era giovane e nonostante gli umani e gli hobbit avessero una media di vita differente, non voleva in alcun caso sembrare inappropriato. Anche se cominciava a credere che fosse destino per lui prendersi sbandate per qualcuno che entrava dalla propria porta di sera e poi restava a cena. Sospirò piano, pensando inevitabilmente a Thorin. Erano mesi ormai che la loro storia era finita ed era inutile cercare qualcosa che non esisteva più. Quell’amore consumato e poi bruciato lo aveva lasciato alquanto scosso, ma dopo un anno dal ritorno nella Contea era impossibile tornare indietro. La malattia aveva catturato Thorin e benché ora stesse bene, la distanza tra loro era diventata incolmabile. Lo aveva amato anche dopo la battaglia e sapeva di essere ricambiato, ma non riuscivano più a comunicare. Era stato il punto più doloroso da accettare quello. E se da parte sua poteva esserci una minima speranza, Thorin non voleva ferirlo ancora, glielo leggeva negli occhi. E così non avevano fatto passi avanti, rimanendo fermi e distanti a osservarsi, facendo delle brevi chiacchierate quando le circostanze lo permettevano. Poi era tornato a casa, anche se aveva fatto molta fatica a chiamarla di nuovo casa. Certamente casa Baggins era la stessa, cose messe a soqquadro a parte. Ma era lui a non essere più lo hobbit di una volta. Eppure dopo un primo difficile periodo, aveva pensato che magari non era ancora quella la fine per lui, che fosse destinato a qualcos’altro. E forse, poteva essere Itachi la risposta. Per Bilbo però era difficile comunicare ogni emozione che aveva vissuto, tutt’al più che si conoscevano praticamente da pochissimo. E non era più un ragazzino, non poteva permettersi una cotta come quella e sperare che tra una parola e l’altra sortisse fuori qualcosa tra chissà quanto tempo.

“Sei immerso nei tuoi pensieri. Deduco di essere una presenza che induce alla noia.”

Bilbo si risvegliò, sbattendo le palpebre, guardandolo dispiaciuto.

“Ah, no, affatto! Scusami.”

Itachi non rispose, facendo un piccolo sorriso, guardandolo come a dire che non c’era alcun problema.

Fu quel sorriso forse a smuovere lo hobbit che aveva dentro di sé il lato Took ereditato dalla madre, facendolo parlare prima ancora che potesse frenarsi.

“Io ho… vissuto un’avventura. Mi ero perso un attimo nei ricordi.”

Itachi si fece attento, mostrando più attenzione negli occhi neri.

“Un’avventura?”

“Sì. Nani, elfi, umani, stregoni… oh, avevo anche il drago. Naturalmente se devo fare una cosa alternativa, la faccio in grande stile.”

Disse con una bassa risata, notando che l’altro si stava davvero interessando.

“Raccontami se desideri.”

Bilbo inclinò il viso, pensando che sì, oltre che voglia aveva il bisogno di raccontare ogni cosa. E narrò la storia di un’intera avventura, parlando senza pause, mettendo enfasi in alcuni punti e dolcezza in altri. Itachi lo ascoltò per tutto il tempo, mostrando vero interesse, passandosi di tanto in tanto le dita sulle palpebre, guardandolo con occhi che parevano stanchi ma sempre attenti.

“Incredibile che una creatura come te abbia vissuto tutto ciò. Ho potuto constatare che sei un bella persona e sinceramente fatico a vederti con una spada in mano a trafiggere nemici. Ma hai la mia stima per il coraggio che hai mostrato. Sarebbe bello vivere un’avventura come la tua, avrei qualcosa di stimolante e diverso dalle solite missioni.”

“Oh, alla prossima che mi capita ti chiamo se ci tieni.”

 Disse con tono ironico, eppure dentro di sé si accorse che scherzava il giusto.

“Perché no.”

 Concesse, facendo un altro piccolo sorriso, per poi assumere un’espressione seria.

“Come mai non sei rimasto insieme al tuo Re?”

Bilbo trattenne per un attimo il respiro, per poi sorridere amareggiato.

“Si capiva così tanto?”

“Quando parli di lui, i tuoi occhi dicono più di te.”

“Gli sono molto legato. Resterà sempre una delle mie persone importanti. Ma non c’è alcun sentimento romantico ormai. Non più.”

“Vuoi dire che non sei impegnato?”

“No. E tu?” Chiese, sperando di non sembrare sospetto.

“Con il lavoro che faccio, nemmeno volendo potrei permettermi una relazione. Mi sta bene così, non ho una persona per cui valga la pena lasciare la mia aspirazione.”

“Se posso permettermi, quale aspirazione?”

“Niente più guerre a questo mondo. Ma direi che non sono la persona adatta per proclamare pace e amore. Ho sterminato il mio clan.”

Lo disse in maniera così pacata e naturale, che Bilbo quasi non capì se lo stesse prendendo in giro oppure no.

“Perché?”

Itachi sbatté le palpebre, mostrando per la prima volta stupore vero.

“Hai un assassino in casa e invece di spaventarti mi chiedi perché lo abbia fatto? Un assassino non ha bisogno di un motivo per uccidere.”

“Prima di tutto ho in casa un essere umano di cui non conosco il passato. Pure io ho ucciso, te l’ho detto. Obiettivamente sono un assassino anch’io. Ma ciò non fa di me una persona cattiva, in quanto ho ucciso per difendere qualcuno a me caro da morte certa per mano di un orco malvagio. Nel caso della prima volta, ecco.” Disse, sperando di non irritarlo con quelle parole.

“È una lunga storia.”

“Ho un debole per i racconti lunghi, lo avresti mai detto?” Chiese, sorridendo.

Itachi lo guardò in silenzio, per poi ricambiare piano quel sorriso. Narrò del proprio passato, degli Uchiha, di Konoha e di Akatsuki.

“Pensi ancora che non sia un assassino?” Domandò a fine racconto, scrutandolo.

“Sono certo che tu abbia vissuto qualcosa che non meritavi affatto. E mi dispiace tanto per ciò.”

 Mormorò, prendendo fiato, accorgendosi di averne meno del sufficiente. Quella storia pareva incredibile, ma era la pura verità. E la cosa più dolorosa era che lui sapeva come stavano veramente le cose…  e un intero villaggio no.

“Non devi per forza proseguire su questa strada, Itachi. Sei giovane, lo vedo.”

“Cosa mi dici di te allora?”

“Io ho cinquantuno anni ormai. Non sono più giovane. Nemmeno anziano eh, però ho vissuto abbastanza per un hobbit.”

Il ragazzo lo guardò, scuotendo la testa.

“Impossibile che tu abbia tutti questi anni.”

“Ti ringrazio del complimento. Ma credimi, non sono poi così fuori dalla norma qui nella Terra di Mezzo. I nani vivono alcune centinaia di anni, gli elfi sono immortali.”

Itachi sbatté le palpebre, facendo una bassa risata, strofinandosi nuovamente gli occhi.

“Io ne ho ventuno.”

“Oh, vedi? Sei giovane. Noi hobbit raggiungiamo la maggiore età a trentatré anni. Per cui ammetto che i cinquanta anni di un hobbit non sono i cinquanta anni di un umano.”

“Allora potresti trovarti un hobbit tranquillamente.” Dichiarò, assumendo un’espressione appena furba.

“Oh, no. Ho avuto una storia con un nano, adesso tocca a un elfo o a un umano.” Disse, ridendo.

“Un umano volendo lo hai davanti a te ora.”

Affermò, posando il mento sulle nocche delle mani, tenendo saldi i gomiti sul tavolo.

Bilbo lo guardò con un’espressione ilare ma dentro di sé agitata, annuendo.

“Me ne sono accorto più che bene. Un umano dall’animo buono e gentile. E anche educato.”

“Sei il primo che mi descrive così. Non penso di meritarmelo.”

“Lascia che sia io a dirti come sei. Tu hai gli occhi troppo inquadrati ormai su altro per riuscire a guardarti. Ma vedrai che se continueremo a frequentarci, tempo poche settimane che la parola assassino andrà via dalla tua bocca.” Disse convinto, sorridendo.

Itachi lo osservò, abbassando poi lo sguardo, soffocando sulle dita una risata.

“Sei il primo a farmi questo effetto. Pensavo di essermi dimenticato cosa significasse stare così bene.”

Mormorò, per poi alzare di nuovo gli occhi, guardandolo serio.

Lo hobbit si sentì un poco imbarazzato, schiarendosi la gola.

“Spero sia un bell’effetto.”

“Assolutamente.” Affermò con sicurezza, per poi sporgersi un poco verso di lui.

Bilbo lo fissò senza accorgersene, chiedendosi se stesse equivocando qualcosa oppure gli stesse mostrando interesse o quel che era.

“Proprio una persona interessante. Mi piaci.”

“Mi piaci anche tu. Ah, ecco, nel tuo stesso senso ovviamente.”

Itachi sorrise, guardandolo ancora.

“E quale sarebbe il mio senso?”

“Beh, uno innocente. Sbaglio?”

“Sì, Bilbo. Stavolta sbagli.” Mormorò, stringendo appena le dita.

Lo hobbit trattenne il fiato, chiedendosi perché mai si sentisse così adolescente.

“Ho trent’anni più di te…”

“Non è un problema.”

“Io non…”

Mormorò, non sapendo più cosa dire. Si limitò dunque a guardarlo, sporgendosi di rimando sul tavolo. Vide Itachi compiaciuto, notandolo poi sciogliere le dita e posare una mano sopra la sua, trattenendo il fiato. Era fredda e naturalmente più grande, eppure si sentì avvampare. Girò la mano, portando il palmo contro il suo, allungando piano il viso. Vide Itachi chiudere gli occhi, facendo lo stesso. E appena sentì stringersi le dita il bacio avvenne, un piccolo sfiorarsi di labbra. Lo sentì indugiare un poco, per poi farsi coraggio e dare una maggiore consistenza a quel gesto, premendo la bocca sulla sua, dando vita a un lento susseguirsi di carezze fatte di labbra e respiri, interrotto solo da un graduale approfondirsi del bacio. Bilbo si tenne aggrappato a quelle dita, constatando che era così che voleva sempre sentirsi. Al sicuro, sostenuto e amato.

Si staccarono piano, guardandosi. Itachi si passò appena la lingua sulle labbra, facendo un sorriso che aveva qualcosa di nuovo e profondo agli occhi di Bilbo.

“Tu… mi piaci. E non intendo nel senso di prima.”

Mormorò, vedendo Itachi avvicinarsi di nuovo e dargli un altro bacio, stavolta più delicato, per poi riportare il capo indietro.

“Voglio dire…”

Continuò Bilbo, sentendo che doveva mettere a parole ciò che provava.

“Ti voglio bene. Più che bene.”

Concluse allora, pensando che dire “Ti amo” a qualcuno in così poco tempo non suonasse serio e ci volesse tempo per innamorarsi, ma desiderava in qualche modo fargli capire che verso di lui aveva del vero interesse disposto a portare avanti e far diventare amore. Qualcosa però andò storto, in quanto Itachi sgranò appena gli occhi, levando la mano dalla stretta, ricomponendosi.

“Il mio lavoro non mi permette di…”

“Non si tratta di questo. Non mi riferisco al potere, ma al volere. Tu vuoi?”

Chiese, vedendolo restare in silenzio, pensando che pareva in difficoltà.

“Ritengo che tu debba rifletterci bene. Se non fossi arrivato, saresti di sicuro tornato da Thorin.”

A quelle parole lo hobbit scosse la testa, guardandolo seriamente.

“Non lo avrei fatto. Ormai lo so più che bene.”

Itachi però non sembrò tranquillizzarsi, facendo pensare a Bilbo cosa ci fosse stato di tanto brutto in un semplice “Ti voglio bene”.

“È meglio che vada.”

“Andare? Ma resti qui stanotte…”

“Non più. Perdonami. Non voglio scombussolare così la tua vita. Non saresti al sicuro con me, ti sto solo confondendo.” Proclamò, mettendosi in piedi.

Bilbo scosse più volte la testa, alzandosi a sua volta, portandosi davanti a lui.

“Itachi… per favore. Possiamo parlarne?”

Davanti a quegli occhi, il ragazzo sembrò indugiare. Ma fu solo questione di qualche istante poiché dopo essersi strofinato ancora le palpebre, premendo piano i polpastrelli, fece un passo verso di lui.

“Non adesso, Bilbo. Ho bisogno di… riflettere.”

Lo hobbit lo guardò, annuendo a malincuore.

Vivere tutte quelle cose aveva portato Itachi a pensare di avere una barriera con ogni persona e non poteva buttarla giù nel giro di una serata. Ma l’aveva scalfita, e questo era già tanto.

“Va bene.”

 Mormorò allora, sentendo gli occhi lucidi, andando subito a sfregarci sopra le nocche.

Itachi si sentì colpevole, posando la mano sui suoi capelli, facendo un gesto simile a una carezza un po’ impacciata.

“Ci rivedremo, Bilbo. Ti lascio qualcuno che ti servirà per contattarmi in caso di bisogno.”

Proclamò, allontanando la mano. La  portò insieme all’altra, eseguendo dei sigilli, facendo comparire un corvo.

Lo hobbit osservò il tutto stupito, pensando che erano quelli i cosiddetti ninja di cui gli aveva raccontato.

“Grazie a lui, saprò quando venire.”

Disse Itachi, posando il corvo sulla spalla di Bilbo. “E grazie a questi potrò venire.” Aggiunse, concentrando una piccola quantità di chakra negli occhi, facendo comparire lo Sharingan.

Bilbo osservò quel nuovo colore che già prima gli aveva spiegato cosa fosse, facendo un piccolo sorriso.

“Sono belli, ma... ho un debole per il nero.” Mormorò, osservandogli i capelli.

Itachi fece un ultimo sorriso, facendo tornare gli occhi del loro colore naturale. Si chinò, posando le labbra sui morbidi riccioli dell’altro.

“A presto.”

Disse semplicemente, per poi allontanarsi, andando verso l’ingresso. Bilbo lo seguì d’istinto, restando sulla soglia appena Itachi varcò la porta. Lo osservò fino all’ultimo, portando piano la mano ad accarezzare l’animale mentre Itachi scompariva dalla sua vista.

Un'altra avventura era iniziata, e nuovamente doveva ringraziare un semplice incontro voluto dal destino.

E stavolta, gli piaceva pensare che potesse essere un incontro che sarebbe durato un’intera vita.

   
 
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