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Autore: Mrs Carstairs    28/07/2015    1 recensioni
-tratto dalla storia-
A svegliare Tris fu la luce del sole che entrava dalle finestre. La sera prima doveva essersi dimenticata di chiudere le veneziane. Si accorse poco dopo di non essere a letto ma… in poltrona. Aveva dormito tutta la notte in quella scomoda posizione, appollaiata su quella poltrona infossata, perché? D’istinto, lo sguardo corse al letto, trovandosi a rimirare le coperte sfatte, il lenzuolo attorcigliato e uno dei due cuscini a piedi del letto. Andrea sussurrò. E decise finalmente di alzarsi per sgranchirsi quelle povere gambe piegate da chissà quante ore. Come si avvicinò al materasso dalla parte dello scendiletto, vide qualcosa, incastrato tra le pieghe del piumone. Allungò una mano e lo prese tra due dita. Un biglietto. “Grazie.” A.
in un certo senso la storia è presa dalla realtà. quello che ho sentito ho descritto.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La metrò di Cardiff correva sotto la città veloce come il vento, permettendo ad Andrea di intravedere soltanto i manifesti dell’underground spiaccicati sulle pareti. La metrò correva, quasi alla velocità dei suoi pensieri. Era tutto un miscuglio, tra la musica che gli batteva sui timpani ad un volume pazzesco e tutto quello che gli girava per la testa. Aveva impresso nella mente lo sguardo sconvolto di Tris al finestrino del treno. Lui era sceso dal treno di fretta, non era stato ben attento e si era accorto troppo tardi di essere arrivato. Così aveva preso i bagagli di forza e s era trascinato giù. Una volta con i piedi a terra, aveva realizzato di aver mancato Tris. Non l’aveva salutata, non l’aveva nemmeno cercata, a dire il vero. Non l’avrebbe rivista per quattro settimane, eppure non aveva mosso un dito per salutarla.
Il fatto di aver avuto fretta era tutta una scusa. Andrea sapeva perfettamente qual era il motivo vero per cui non era andato da lei. sarebbe stato tutto molto più difficile se avesse attraversato mezzo treno per lei. sarebbe stato tutto più complicato se le avesse lasciato capire che gli importava. Così era sceso dal treno e poi l’aveva cercata a un finestrino, sperando impotentemente di poter vedere quegli occhi ancora una volta. E così era stato. L’aveva vista, non appena il capotreno stava serrando le porte e la vettura cominciava a pensare di muoversi. Si era alzata in piedi di scatto, accorrendo al finestrino, per stare più verso di lui. Gli occhi spalancati, increduli, come sorpresi di qualcosa. E sì, forse era sorpresa quanto lui. era strano, infatti, che un ragazzo, sceso dal treno, si fermasse in mezzo alla banchina rivolto verso il treno, per accendersi una sigaretta. Ma poi Andrea ci pensò. No.. non è strano per niente.
La vibrazione del telefono, distolse il ragazzo da tutta quella marmaglia di pensieri e risposte, facendolo concentrare sullo schermo colorato del suo I Phon.
“brutto stronzo che non sei altro. Se tua madre non diceva alla mia che saresti tornato, ad oggi non lo saprei ancora. Vengo a prenderti alla metro. E non azzardarti a fare storie. Stasera andiamo a bere.
Bekka.” 
Andrea sorrise intanto che scendeva dalla metro e saliva le scale. Una volta sul marciapiede, venne investito da qualcuno che gli saltò praticamente in braccio.
“sei davvero incredibile, tu! Un bastardo. Il mio bastardo preferito” Bekka lo salutò, con le parole che si confondevano nell’incavo del collo del ragazzo. Andrea la strinse a sé, con i bagagli che lo tiravano giù, ma con la sensazione di essere tornato a casa davvero.
“che accoglienza! Sei rimasta la solita impicciona, vero?”
 
***
 
Quando Tris arrivò alla villetta, mancavano pochi minuti alle due del pomeriggio e un sole pallido, ma abbastanza caldo, allungava i suoi raggi fino alle pietre di quella stradicciola, passando attraverso i rami degli alberi che circondavano la casa. La ragazza rimase un po’ indietro, guardando se qualcuno la aspettava. Non c’era nessuno sulla porta, eccetto suo nonno, che sotto il portico stava sulla sedia a dondolo a fumare la pipa di legno scuro in tutta tranquillità. Sollevando il trolley da terra, Tris si avvicinò ancora un po’ alla casa, sempre di soppiatto, non volendo che qualcuno s’accorgesse di lei. Ma Shakespeare, seduto composto accanto alla sedia sotto al portico, sembrava aver sentito i suoi passi sul sentiero. Infatti partì in corsa verso di lei, frenando a poco meno di un metro dalla ragazza, per poi tirarla per i pantaloni della salopette, trascinandola fuori dal suo nascondiglio.
“Shakespeare!” protestò Tris, costretta dal cane a raggiungere il portico della villetta.
“Beatrice!” esclamò il signore anziano, alzandosi dalla sedia con molta più agilità di quella di cui si riteneva capace. “sei arrivata, finalmente!”
“nonno!!!” e la ragazza si fiondò tra le braccia dell’uomo, stringendolo forte, respirando forte l’odore di tabacco dalla sua camicia a quadri.
“la nonna ti ha preparato il pasticcio! E sarà bene entrare, io sto morendo di fame!” Richard Fairfox aprì la porta di casa proprio nel momento in cui sua moglie Emily faceva lo stesso dall’interno, ritrovandosi con l’uscio spalancato quasi sul naso. Per un momento di sbalordimento guardò i due sul portico con gli occhi spalancati, ma poi piegò le labbra in un gran sorriso, protendendo le bracci averso Tris.
“Beatrice, tesoro!” e la ragazza si ritrovò nel cerchio strettissimo delle braccia della nonna, con il grembiule allacciato fino al collo e il suo solito profumo al mughetto che le solleticava il naso.
“nonna.. come sono contenta di vederti!!” Tris non si era resa conto di quanto i suoi nonni le fossero mancati. E di quanto quella casa le era mancata e di quanto…
“Tris.” La voce di suo padre echeggiò attraverso al corridoio, arrivando svelta alle orecchie della ragazza, che si staccò dall’abbraccio della nonna, rimanendo ferma di fronte alla figura di Albert. L’espressione era quella di quando lei era partita, il primo giorno di scuola. Seria, decisa, dispiaciuta, ma orgogliosa. Ma adesso un sorriso gli increspava gli angoli delle labbra, distendendo quei lineamenti duri tipici del Galles. I capelli neri cominciavano a riportare riflessi argentati, ma gli occhi verdi rimanevano sempre lucenti e giovani. Suo padre era un bell’uomo. Questo l’aveva sempre pensato. Ed era felice di come l’aveva sempre visto. Era la persona di cui si poteva fidare. Quella che non l’avrebbe mai lasciata. Anche se con tutti i difetti del mondo. Era serio, diligente, ordinato… faceva un po’ paura in realtà, specie agli amici di Tris, ma con lei era tutta un’altra cosa. Ridevano spesso insieme. Andavano a cavallo, parlavano come parlano i migliori amici… e lei trovava sempre saggezza nelle parole di Albert. Come nelle parole di suo nonno, a dir la verità.
Sorridendo azzerò la distanza tra loro, buttando le braccia al collo del padre e stringendo anche lui fortemente a sé.
“ci hai fatto aspettare… stiamo tutti morendo di fame qui dentro! Il profumo del pasticcio ci tenta da mezzogiorno!” Tris rise, scuotendo la testa.
“mi dispiace.. mi sono fermata…a Waterloo Bridge. Non avrei dovuto farvi aspettare tanto”
“Waterloo Bridge, eh?” Richard annuì, portandosi la pipa alla bocca in modo pensieroso. Aggrottò la fronte e poi alzò lo sguardo verso di lei.
“beh, vogliamo metterci a tavola?” Emily sembrava aver colto l’osservazione di Richard, ma non voleva aspettare oltre. Il pranzo era servito.
   
 
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