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Autore: Marty Andry    29/07/2015    1 recensioni
Anna bello sguardo, sguardo che ogni giorno perde qualcosa.
Marco cuore in allarme, con sua madre e una sorella, poca vita, sempre quella.
Anna con le amiche, Anna che vorrebbe andar via.
Marco col branco, Marco che vorrebbe andar via.
Anna avrebbe voluto morire, Marco voleva andarsene lontano; qualcuno li ha visti tornare tenendosi per mano.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Pioveva a dirotto e doveva trovare un modo per tornare a casa e non bagnarsi. La scuola era lontana dal palazzo in cui viveva, ci avrebbe impiegato almeno tre quarti d'ora. Tirò fuori l'ombrellino tutto spiegazzato dallo zaino e cercò di aprirlo senza fare una strage. Velocemente, arrivò a casa, dove trovò sua sorella davanti ai fornelli. 
<< Bella, mamma non c'è nemmeno oggi? >> chiese mentre le dava un bacio sulla guancia.
<< No, oggi ha il turno di mattina. >> 
Nel frattempo, Marco aveva preso un pezzo di pane e aveva assaggiato il sugo che stava cucinando. Isabella gli diede col mestolo sul polso con fare scherzoso e il fratello si dileguò per lasciare le sue cose nella camera da letto. 
Poco dopo erano entrambi seduti davanti ad un piatto di pasta, nel silenzio più assoluto. Marco detestava parlare mentre erano a tavola, tranne quando con loro c'era anche la madre: allora le parole non bastavano mai, c'era sempre una marea di cose da raccontare. A volte passavano giorni senza che si vedessero a causa degli orari contrastanti, mancavano proprio di tempismo. Eppure, non era una donna assente, cercava di non diventarlo.
<< Cosa sono questi? >> 
Su una cassapanca erano stipate risme di fogli, alcuni sottolineati, altri con cerchi rossi. 
<< Prepari il concorso, vero? >> chiese, baciando la fronte della sorella.
Le sue guance si colorarono lievemente. << Sì, sarebbe meglio togliere un fardello a mamma. >> sorrise.
<< Non è vero, Bella. >> disse mentre la abbracciava, << dai una mano enorme, non sei un peso. >>
In realtà avrebbe voluto che fosse lui ad andar via, erano anni che metteva i soldi da parte per potersi costruire, finalmente, una vita. Erano anni di piombo, ma ce l'avrebbe fatta, come, ancora non lo sapeva. Sarebbe bastato solo vedere il mondo oltre la sua finestra, oltre i palazzi grigi che si ergevano, tristi, tra le strade male asfaltate della cittadina.
Finirono di lavare i piatti e risposero il pasto della madre nel forno perché non si raffreddasse, poi entrambi si sedettero sul divano, con le spalle rivolte alla finestra e accesero la radio, Gianni Morandi cantava "Occhi di ragazza". Marco sedeva con lo sguardo fisso davanti a sé, ascoltando la canzone senza prestarvi attenzione. Ad un tratto si ricordò, improvvisamente, di quella mattina, della ragazza con gli occhi blu. Fino a quattro ore prima non sapeva neanche che le persone potessero avere occhi così profondi. L'aveva guardata e di colpo la realtà attorno a lui non gli apparteneva più. Aveva provato a non pensarci per concentrarsi sulla lezione, ma ora che il pensiero era riaffiorato non sapeva come liberarsene. Se avesse pianto, le lacrime sarebbero stati schizzi di acqua di mare? Se li avesse guardati da vicino, anziché la pupilla, quali galassie avrebbe visto?

Anna in quegli occhi si era specchiata, letteralmente specchiata. Le iridi così nere si confondevano con le pupille, di quel ragazzo sapeva solo che aveva due specchi al posto degli occhi. L'avevano turbata, quando anche lui le aveva puntato gli occhi addosso, si era sentita quasi violata, come se fosse riuscita a leggerle nel profondo dell'anima. Aprì il libro di scienze, doveva assolutamente capire come funzionava quel discorso sugli atomi. La carica positiva attira quella negativa, e viceversa. Cariche dello stesso segno si respingono. Mentre sottolineava, una domanda iniziava a sgomitare, a farsi strada tra le altre per imporsi al di sopra dei suoi pensieri, come se fosse una persona prepotente ed egocentrica. Voleva sapere chi era quel ragazzo che le aveva rivolto quello sguardo. Forse stava solo farneticando, ma voleva capire perché l'aveva osservata quei due secondi in più rispetto agli altri. Forse era stato solo a una sua impressione, sì, probabilmente era stato così. Era l'unica persona che si trovava in quel corridoio oltre a lui e qualcun'altro che lo seguiva, era naturale che guardasse lei. Ma avrebbe anche potuto evitarla, era così intento a celebrare le gesta del professore... 
<< Basta, Anna, stai diventando paranoica! >> disse a se stessa mentre metteva l'acqua sul fuoco.
Poco dopo si sedette al tavolo, aspettando che il padre tornasse dal lavoro ed aprì il libro. Rammentò che mancava poco più di un mese agli esami e doveva trovare un modo per farsi piacere la filosofia. E capire gli ultimi argomenti di fisica. Non pretendeva nulla, solo vivere. Non aveva mai pensato di farla finita, al massimo sparire nel nulla, inghiottita dalla terra, sublimarsi. Frattanto che era intenta a sottolineare, riassumere e memorizzare, sentì qualcosa urtare i vetri della porta del balcone. Uscì e tra i vasi di fiori c'era un pallone. Subito pensò chi fosse l'incosciente che giocava alle due del pomeriggio sotto un cielo che minacciava ancora pioggia.
<< Puoi buttarlo giù, per favore? >> gridò una voce dal cortile. 
Anna si spinse oltre la ringhiera e vide un gruppo di ragazzi, sicuramente avevano lanciato il pallone troppo in alto. Però, quello che aveva parlato aveva un'aria familiare, così come quello accanto e... Anche quello dietro. 
Restò per un po' di tempo con le mani incatenate al metallo arrugginito della ringhiera e un po' di vernice verde le restò appiccicata sul palmo della mano, il vento umidiccio di scirocco muoveva gli steli dei garofani variopinti delle fioriere. Non c'era bisogno che li annaffiasse, per quel giorno avevano avuto acqua a sufficienza, considerò dopo aver tastato la terra all'interno dei vasi. 
Dal secondo piano del condominio sapeva dire con certezza che il terzo della seconda fila era il ragazzo di quella mattina. Ebbe l'idea di prendere le cesoie e tagliare alcune foglie secche, mentre il gruppo ricominciava a inseguire il pallone.

<< Marco, ma che diamine ti succede? Muovi quelle gambe! >> lo rimproverò un suo compagno di squadra.
Il ragazzo annuì con un cenno del capo, mentre si scostava i capelli leggermente bagnati dal sudore dal viso.
Da giù, Marco sollevò il capo  e, anche da lì, avrebbe potuto dire che quella era la ragazza dagli occhi blu. Ancora non aveva ben capito perché qualche ora prima il mondo si era fermato. Sembrava una persona che perdeva pezzi strada facendo e cercava, affannosamente, di rimetterli insieme.
  
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