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Autore: Elly_Lucy26    31/07/2015    2 recensioni
L'ho fatto, questa è la pura realtà, il peggior peccato di cui l'umanità da millenni si è sporcata l'anima rendendo il corso della vita un vero e proprio inferno. Il senso di colpa in questi casi dovrebbe essere automatico, per ogni singola cosa brutta, atroce e cattiva che si compie, il risentimento e il senso di colpa devono essere lì pronte a colpirti alle spalle... Ma io in fondo sono sempre stato diverso agli occhi di tutti...
Alzando lo sguardo, incrociai gli occhi vispi del ragazzo che mi stavano sfacciatamente squadrando da capo a piedi. Il cuore batteva sempre più forte e l'adrenalina cominciava a farsi strada nelle mie vene...
Due strade diverse, un'unica via.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vento soffiava forte verso destra scompigliandomi i capelli da una parte e coprendomi la vista del fienile davanti ai miei occhi. Una volta amavo la natura. L'odore della terra dopo una giornata di pioggia e il senso di libertà che cercava di sprigionare in tutti i punti della mia pelle. Non sono mai stato soddisfatto dalla mia vita, le persone hanno sempre avuto dei pregiudizi nei miei confronti e non sono mai stato accettato nella spocchiosa società di questi tempi. Il cuore mi batteva così forte che da un momento all'altro poteva uscir fuori dalla mia gabbia toracica e cadere a terra inerte. Forse sarebbe stata la cosa migliore.

L'ho fatto, questa è la pura realtà, il peggior peccato di cui l'umanità da millenni si è sporcata l'anima rendendo il corso della vita un vero e proprio inferno.

Il vento soffiava tra l'erba alta del fienile creando una coreografia fantastica, come se la natura avesse una propria anima, al ritmo del dolce tocco del vento. Il sfruscio delle foglie in qualche modo calmava il mio animo in tumulto, portandomi a riflettere realmente su ciò che avevo fatto con le stesse mani, che un tempo accarezzavano dolcemente quelle piante, tanto amate dal mio cuore. Il senso di colpa in questi casi dovrebbe essere automatico, per ogni singola cosa brutta, atroce e cattiva che si compie, il risentimento e il senso di colpa devono essere lì pronte a colpirti alle spalle.

Ma nella mia anima sentivo solo la paura, il fiato corto e un dolore lancinante alla schiena che si propagava in tutto il corpo. Il cielo si stava stranamente rischiarendo dopo una giornata piena di tumulti tra temporali e pioggia.

Le nuvole davano spazio all'imminente arrivo del sole, e dei leggeri raggi solari spuntavano imperterriti tra gli sprazzi del cielo bianco, illuminando il vasto fienile rendendolo bizzarramente splendente come se fosse un gesto divino per il perdono dei miei atroci peccanti. Come se quei raggi potessero in qualche modo purificare la mia anima dannata per sempre.

 

 

 

Trattenni il respiro, chiusi gli occhi, e udii il rumore della natura che mi cullava dolcemente dandomi la forza di andare avanti. Da lontano riuscivo ad intravedere un fienile, con delle vecchie tegole marroni. Sembrava fosse disegnato e posizionato proprio in quel punto per coordinare tutti i colori che mi circondavano. Il cielo blu chiaro coperto da qualche nuvola bianca e il vasto campo color oro che splendeva sotto il tocco dei raggi solari. Il tutto sembrava rispecchiare un vecchio quadro antico, semplice rilassante e molto confortevole. Il soffio del vento donó vita a questo magnifico panorama, muovendo gradevolmente tutta la natura che colmava il mio cuore infranto di amore.

Un crepitio mi fece voltare, i individuando una figura di spalle, imponente. Il corpo longilineo e alto, con una folta chioma dorata spettinata dal soffio del vento, che copriva gran parte del suo volto. Poi un colore rosso acceso attirò la mia attenzione, distraendomi dalla sua figura misteriosa.

Le sue mani erano rosse come il sangue. I suoi occhi osservavano rapiti il vasto campo, come se stesse meditando sul da farsi. Era troppo preso nell'ammirare il fienile da non rendersi conto della mia presenza a poca distanza da lui.

Seduta a gamba incrociate a terra, cercai di alzarmi lentamente, tenendo gli occhi puntanti sulla figura a poca distanza, tentando di fare meno rumore possibile anche se il terreno era ricoperto da foglie secche e piccoli ramoscelli. Ma grazie al forte ululare del vento che copriva gran parte dei rumori intorno a noi, riuscii ad alzarmi senza dare nell'occhio.

Presi di scatto lo zaino che avevo distrattamente lasciato a poca distanza da dove mi ero seduta. Alzando lo sguardo, incrociai gli occhi vispi del ragazzo che mi stavano sfacciatamente squadrando da capo a piedi. Il cuore batteva sempre più forte e l'adrenalina cominciava a farsi strada nelle mie vene, creandomi una stretta atroce allo stomaco che mi impedii di muovermi.

A passo svelto cominciò a dirigersi nella mia direzione, sfregandosi animatamente le mani sporche su i suoi lunghi jeans. Senza riflettere i miei piedi iniziarono a correre sempre più veloce, cercando di ricordare la strada che avevo intrapreso prima per arrivare fin li. Da dietro riuscii a percepire l'inquietante figura di quel ragazzo avanzare nel mio stesso percorso, udendo il passo pesante e il rumore della natura infrangersi sotto i suoi piedi.

Il respiro cominciò a farsi irregolare, e da lontano intravidi una strada su cui sfrecciavano veloci le auto sull'asfalto. Il passo divenne sempre più lento e la speranza di arrivare lì iniziò a farsi più incerta, fino a quando delle dita avvolsero energicamente il mio polso fermandomi, e con l'altra coprirmi violentemente la bocca, impedendomi di urlare e respirare con regolarità.

Poi il buio mi inghiottì.

 

Il rumore di una lampada che si accendeva e spegneva ininterrottamente mi svegliò e dovetti pararmi gli occhi con le mani per non rimanere accecata dalla luce che mi penetrava le iridi bruciandole. Tentai di alzarmi disorientata, ma il mio corpo era stretto da una corda spessa che mi impediva qualsiasi movimento. Sentivo il muro freddo alle mie spalle, e guardandomi intorno capii di trovarmi in una camera da letto, arredata da vari tipi di mobili color mogano e tanti poster ritratti grandi icone del cinema e famosi cantanti. La stanza sembrava appartenesse ad un adolescente, individuai facilmente una foto sul comodino accanto a me raffigurante una allegra famiglia dove riuscii ad individuare il volto sorridente e spensierato del ragazzo al fienile, qualche anno addietro.

Dei passi decisi salirono le scale velocemente, e con uno scatto la porta della camera si aprì rivelando la figura imponente del ragazzo dagli occhi verdi e vispi.

-Ti ho portato dell'acqua!- Esclamò, porgendomi un bicchiere di vetro che teneva nelle mani.

-Cosa vuoi da me?-Chiesi disperata guardandolo negli occhi, e cercando di trattenere le lacrime che iniziavano a pizzicarmi le iridi.

-Pensavo avessi sete.- Proruppe, guardandomi con sorriso sghembo.

-N-Non ho sete! Voglio andarmene da qui! I-Io non volevo insomma ti ho visto lì e .. e mi sono spaventata. Ti prego lasciami andare!- Sentenziai e delle lacrime tracciarono il mio viso stremato.

Allungò la mano verso il comodino. Senza pensarci mi scansai di scatto ma poi per fortuna mi accorsi che stava solamente posando il bicchiere d'acqua.

Sghignazzò chinandosi dinanzi a me così che i nostri volti erano a poca distanza l'uno dall'altro. Con le sue lunghe dita affusolate tirò su il mio mento, permettendomi di guardarlo dritto nelle sue iridi verdi, sorrise e lasciò la presa.

Si tirò su di scatto e abbandonò la stanza chiudendosi la porta alla spalle.

Chiusi gli occhi e presi un lungo respiro cercando di mantenere la calma, anche se avevo una forte emicrania e mi doleva gran parte del corpo per colpa di quella stupida corda che mi teneva stretta al muro, tra il letto ed il comodino.

Il ticchettio dell'orologio adiacente, mi tenne compagnia in quegli interminabili minuti che divennero ore, non sapevo con certezza da quanto tempo mi trovassi in quelle quattro mura ma dall'oblò dinanzi al lento ebbi modo di intuire dal calar del sole, che almeno un paio d'ore erano passate. Cercai di udire un minimo movimento nel piano terra ma fui intrappolata in un fastidioso silenzio che in qualche modo mi fece pensare che tutto questo non è che uno sciocco incubo da cui mi sveglierò presto. Le mie speranze però vennero a mancare quando la porta della camera si aprì con un colpo secco, lasciandomi di stucco e spaventandomi a morte. Il suo viso fu illuminato dalla fioca luce del sole che attraversava l'oblò. Indossava una tuta grigia e dal volto corrucciato dedussi avesse corso per molto tempo, le spalle si alzavano e abbassavano senza sosta e sentii il suo respiro irregolare che non gli permise facilmente di aprire bocca per parlare, ma poi la sua voce graffiante ruppe il silenzio.

-Non volevo spaventarti.-Sussurrò, appoggiandosi allo stipite della porta per riposarsi.-Non ho, come dire...-Si fermò prendendo un respiro.- idea di cosa io stia facendo.- Disse tutto d'un fiato senza alzare lo sguardo da terra e passandosi disperato una mano fra i capelli scompigliandoli.

Il mio petto si muoveva spasmodicamente, sembrava di trovarsi su quelle montagne russe che non volevo mai fare, proprio perchè odiavo sempre la sensazione della salita, il rumore del carrello che va sempre più su, il fremito e l'adrenalina che ti invade il corpo, il fiato corto e la paura che prima o poi bisogna arrivare alla discesa finale. L'attesa.. dove ogni battito accelera sempre di più. In questo momento mi sentivo nell'agghiacciante salita di una montagna russa pronta a concludere il suo giro della morte.

Iniziò a ridere, guardandomi di colpo con aria triste. Si girò di scatto scendendo le scale di corsa, sentii che tentava di cercare qualcosa facendo rumore con sportelli, pentole e mi parse di sentire la porta del frigo aprirsi. I suoi passi pesanti salirono di nuovo le scale, portando con se un vassoi e posandolo timidamente a terra davanti ai miei occhi. Lo guardai con aria confusa osservando un piatto con della frittata un po' bruciacchiata ai bordi e in trasparenza mi sembra di notare la presenza delle zucchine. L'aspetto non era male, ma una stretta allo stomaco mi impedii di mangiare qualsiasi cosa di commestibile o meno.

-È ora di cena, pensavo avessi fame.- Intimorito, mi osservò cercando di capire cosa mi stesse passando per la testa, come se potesse leggermi nel pensiero.

-Non ho fame.- Mormorai, abbassando il capo e concentrandomi il più possibile sul pavimento di quella stanza che stava diventando sempre più piccola.

-Mm, okay va bene- Chiarì, voltandosi dall'altra parte.-Se vuoi, puoi stenderti sul letto qui affianco per la notte.-Disse dirigendosi verso la porta.

Il suo comportamento non riuscivo a capirlo, mi aveva presa e legata in camera sua, come dannazione facevo a rilassarmi dormendo tranquillamente, insomma non ero in un albergo per le vacanze.

-Mi lasci andare, per favore!-Scandii, fermandolo dinanzi alla porta.

Balzò nella mia direzione con il volto serio e illuminato solo dalla luce poco intensa della luna, che metteva in risalto gli occhi verdi.

-Certamente, ma prima devo essere sicuro che tu...-Proruppe, indicandomi con sguardo inquisitorio.-non dica in giro di avermi visto oggi al fienile.- Concluse, uscendo dalla camera e sbattendo furente la porta che si chiuse con un tonfo sordo in grado di farmi sussultare.

Le palpebre iniziarono a farsi pensati, e fui rapita in un sonno colmo di incubi.

 

-Ehi! Svegliati!- Sentii scuotermi le spalle dolcemente sbattendo più volte le palpebre per abituarmi alla luce forte del mattino.

Una figura a pochissima distanza dal mio viso ancora assonnato prese forma, il suo volto aveva una espressione preoccupata e particolarmente seria.

Mi scrutò attentamente, soffermandosi sui i miei polsi ben stretti dalla spessa corda. Tentai invano di slegarmi e l'unica cosa che feci fu procurarmi delle profonde ferite e bruciature su gran parte dei polsi e delle braccia.

-Aspetta un secondo.- Esordì, puntandomi un dito contro e scendendo di corsa le scale.

La testa è continuamente in subbuglio, e una strana sensazione cominciava a farsi strada dalla stomaco alla bocca da cui sentivo un sapore amaro.

Ero troppo presa a rassicurare il mio corpo sulle condizione poco gradevoli che stavo affrontando, da non badare al fatto che il ragazzo dagli occhi verdi a me di fronte stava lentamente con un cortellino molto affilato, tagliando la corda legata intorno a i miei polsi e piedi.

Con un batuffolo di ovatta imbevuto di acqua ossigenata, iniziò a disinfettare delicatamente le mie bruciature, sentii un pizzicorio sulle miei ferite e sussultai impaurita da quanto stesse accadendo.

I suoi occhi mi osservavano da sotto i ciuffi di capelli che gli erano caduti sul volto, quando aveva abbassato il capo per controllare le miei lesioni.

-Adesso va meglio!-Proruppe, girandosi dall'altra per ordinare il ckit medico che aveva premurosamente preso.

-Non guardarmi con aria spaventata, ti ho detto che faccio passare un po di tempo così che tu possa dimenticare la mia presenza al fienile- Concluse, sorridendomi divertito.

Sembrava davvero che provasse piacere in tutta questa assurda situazione, io invece non ci trovavo nulla di splendido, anzi volevo andare via da questo posto a me ignoto.

Mi sentivo comunque meglio senza quella corda che mi impediva qualsiasi movimento, ma questo non mi portò ad essere più tenace e coraggiosa verso quella figura alta ed imponente che mi squadrava languidamente. Un brontolio risvegliò il mio stomaco da troppo tempo inquiete, avevo fame e mi dannai di non aver mangiato quella stupida frittata la scorsa sera.

-Ho del latte con cereali se vuoi?-Domandò con disinvoltura, voltandosi nella mia direzione e aspettando fremente una risposta.

Annui, abbassando il capo così che i miei occhi non dovessero incrociare i suoi.

-D'accordo!- Disse.

 

Passarono davvero pochi minuti, prima che la sua figura ripiombasse di nuovo nella stanza imperterrita, con in mano una scodella piena di latte e cereali. Me la porse e titubante la presi.

Cercai di mangiare distrattamente, ma fu difficile visto che il suo sguardo era fisso su di me. Mi esaminava come fossi un leone in una gabbia, pronto a scappare da un momento all'altro pur avendo un grande recinto intorno, che gli impediva di farlo. Posai lo sguardo su tutti i mobili, poster, tegole e mattonelle della stanza pur di non considerare il suo volto freddo.

Il silenzio inondava la camera e l'unica cosa che faceva rumore erano i cereali che scricchiolavano sotto i miei denti.

Quando finii non feci in tempo ad alzare lo sguardo che lui era già accanto a me pronto a riprendersi la scodella ormai vuota. Distese il braccio e involontariamente i miei occhi scrutarono un ambiguo tatuaggio sulla parte anteriore del polso, raffigurante una rondine nera non molto grande e vistosa, seguita da un altro paio di rondini che susseguivano in base alla grandezza del loro corpo. Si irrigidì e iniziò ad irritargli il fatto che io in qualche modo avessi scoperto qualcosa di così personale, insomma non che questo mi portasse a capire meglio chi fosse, ma sapere del suo tatuaggio mi rincuorò.

Pensai a quando sarei uscita da qui, andando dritta in una centrale di polizia e raccontando di quanto accaduto e del bizzarro tatuaggio che avevo visto sul polso del mio rapitore.

Mi ghiacciò con gli occhi, chinandosi nella mia direzione e cercando in tutti i modi di far scontrare i nostri occhi, anche se io cercavo di non farlo. Afferrò il mio volto facendo poca pressione con il palmo della mano, riuscii a sentire il suo respiro sulla guancia e prima che potessi liberarmi dalla sua presa, il ragazzo ruppe di nuovo il silenzio fissando senza batter ciglio le mie iridi.

-Catherine Jackson! Come mai il tuo nome mi sembra molto famigliare.-Ringhiò, stringendo la presa della mano sul mio volto.

Sbarrai gli occhi sorpresa, come diamine sapeva il mio nome?... Poi capii.

Lo zaino.

Avevo portato con me il mio portafoglio con la carta d'identità ed il passaporto per l'imminente viaggio in Europa con la mia famiglia. Avevo ritirato quest'ultimo proprio prima di andare a prendere una boccata d'aria fresca, per liberare la mente nel fienile dove ho fatto un orribile conoscenza.

Sghignazzò divertito nel vedere la mia espressione sorpresa e confusa insieme.

-Davvero pensavi che non sapessi nulla di te!-Esclamò rallegrato, lasciando la presa dal mio volto.

Feci un respiro profondo, ed il cuore cominciò a battermi forte nel petto.

Lo fissai irritata.

-Non hai il diritto di toccare la mia roba!-Sentenzia alzando il volume della voce, pur rimanendo seduta nello stesso punto dove prima ero legata con la corda.

La paura mi impedii di muovere anche solo un muscolo del mio corpo, lasciandomi con il sedere incollato a terra.

Iniziò a ridere di gusto per la mia esclamazione infuriata, di nuovo quel sorriso di piacere si fece strada sul suo volto freddo.

-Sei così buffa!- Chiarì, sogghignando ancora e asciugando con le punte delle dita le “finte” lacrime che stavano uscendo dagli occhi a causa del suo continuo ridere.

Fulminai quel volto tanto pretensioso con lo sguardo.

-Ci si vede più darti.- Disse congedandosi, uscendo dalla stanza con passo svelto.

 

Prima che potessi dire o pensare qualcosa, le mie palpebre iniziarono a farsi pesanti e senza rendermene conto fui rapita nel sonno.

 

Delle note di una canzone a me stranamente famigliare, mi strappò via dai miei sogni. La musica si diffuse in tutta la stanza, non la udivo solo dalla miei orecchie ma la sentivo mia, in ogni singola parte del mio corpo provavo quella canzone che lentamente mi portò nel passato...

 

The Police - Every Breath You Take - YouTube

Every breath you take


Every move you make

 

Every bond you break
 

Every step you take
 

I'll be watching you

 

 

-Questi sono quei fighi dei Police!-Strillò eccitata la mia amica Clare, scuotendo con disinvoltura i fianchi al ritmo della musica.

-Già! Mi piacciono un casino.-Affermai, facendole l'occhiolino e aleggiando nell'aria le mani, sulle note di quella dolce melodia.

La voce dolce, confortevole e profonda del cantante mi trasportò, rapendomi completamente.

Chiusi gli occhi e seguii la musica con il corpo abbandonandomi a quelle note che cullavano dolcemente il mio animo. Indossavo un vestito leggero di seta azzurro con una scollatura non molto ampia sul davanti, comprato a poco prezzo in un carinissimo negozio, nascosto in una delle tante viuzze della zona. Muovendomi con cautela sulla pista da ballo, sentivo il vento scompigliarmi i capelli e aderire gran parte del tessuto del mio abito sulle gambe.
Riaprendo gli occhi mi accorsi che delle iridi color cioccolato stavano inosservate scrutando il mio corpo.

Sorseggiava distratto un cocktail, dall'aspetto invitante, in uno dei tavoli del bar che affacciava sul mare. Indossava una camicia dal color blu inteso sbottonata leggermente, che risaltava l'abbronzatura dorata del suo corpo, tipica di chi ha passato molto tempo sulla spiaggia a rilassarsi.

I capelli erano scuri come i suoi occhi, tagliati corti ai lati e sistemati con attenzione al centro con del gel che li rendevano lucidi e voluminosi.

Mi sorrise increspando le labbra e mostrando una dentatura perfetta,che risaltava sulla sua pelle abbronzata. Si portò il bicchiere alle labbra per prendere un sorso, mentre era seduto disinvolto su uno sgabello. Aveva un piede poggiato sulla barra intorno al sellino e l'altro a terra, come se stesse da un momento all'altro scappando via.

Mi voltai quando i nostri occhi si incontrarono di nuovo e dopo poco tempo la canzone terminò facendomi tornare alla realtà.

Le persone abbandonarono la pista da ballo posizionata al centro della spiaggia, e per un momento riuscii ad udire infrangersi le onde del mare sulla riva. Quel naturale suono mi rapii costringendomi ad avvicinarmi lungo la battigia, lasciandomi alle spalle il mormorio ormai lontano delle persone che si stavano divertendo.

L'acqua del mare brillava sotto la luce fioca della luna, che creava un gioco di colori in grado di far diventare quel banalissimo panorama, uno splendido dipinto ad acquarelli, che ti mozza il respiro.

L'odore pungente ma allo stesso tempo particolare del mare, mi invade le narice trasportandomi in un vortice di ricordi ormai lontani per sempre.

-È bellissimo, non crede?-Domandò una voce alle mie spalle, che mi strappò da miei pensieri.

-Si, è splendido!-Concordai, voltandomi per dare un volto al mio interlocutore.

-L'ho vista ballare, non è niente male come ballerina.-Disse, sorridendomi e guardandomi all'improvviso con quei suoi occhi color cioccolato.

Annuii, distogliendo lo sguardo per ammirare ancora il panorama dinanzi ai miei occhi.

-Mi scusi se sono così indiscreto, ma credo di doverlo fare, si arrabbierà ma un giorno ci rincontreremo e forse si ricorderà di me.- Affermò, girandosi di scatto.

Prima ancora di riflettere o pensare a cosa fosse giusto o meno, mi prese il volto tra le mani, dolcemente si avvicinò quel poco da sentire il suo respiro che lentamente si confondeva con il mio.

Le sue labbra morbide si unirono alle mie, con leggerezza e trasporto regalandomi un bacio tanto carico di passione ed affetto, come se tutto ciò potesse spezzare un antico sortilegio.

 

Una voce distante mi riportò alla realtà, costringendomi ad aprire gli occhi di scatto.

La sua figura prese forma dinanzi a me, indossava la stessa tuta che aveva il primo giorno che ero stata rinchiusa in queste quattro mura, ma stranamente riusciva a respirare con regolarità.

Il suo sguardo corrucciato mi sorprese, chiedendomi cosa poteva mai passargli per la testa, cosa quella mente contorta stava progettando di farmi.

-Cosa c'è?-Chiesi preoccupata involontariamente, cercando di capire se la sua espressione era rabbia o semplicemente angosciata per qualcosa a me ignoto.

-Niente!-Rispose irritato alzando le spalle con noncuranza. Poi all'improvviso si avvicinò con tono provocatorio.

Per timore che mi potesse fare del male, indietreggiai con la schiena quel tanto da farla aderire al muro dietro alle mie spalle.

Lui mi guardò triste, si chinò in ginocchio così che i nostri volti erano a poca distanza l'uno dall'altro, allungò la mano nella mia direzione e proprio in quel momento il mio cuore iniziò ad accelerare, mi trovavo sulla salita di quella montagna russa pronta a farmi urlare.

Una delle sue dita affusolate percorsero delicatamente i lineamenti del mio viso, partendo dal contorno dei miei occhi intimoriti, alle mie guance e poi lentamente mi sfiorò le labbra provocandomi un brivido di paura e piacere, il suo tocco era famigliare come se sapesse risvegliare ogni singola particella del mio corpo.

Vedendo la mia reazione rimase sorpreso e ritirò di scatto la mano.

-Non può essere!-Sussurrò, fissandomi in modo penetrante.

 

Caro lettore spero che il primo capitolo della mia storia vi sia piaciuto!!
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, visto che sono alle prime armi con la creazione di una vera e propria storia. 
Saluti,
-Elly 
   
 
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