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Autore: Teo_95    01/08/2015    16 recensioni
Autunno 1978.
L'ascesa al potere di Lord Voldemort sembra ormai delinearsi come una sempre più concreta e terribile minaccia.
E' quindi sullo sfondo della Prima Guerra del Mondo Magico che si intrecciano le vicende di giovani maghi e streghe pronti a combattere per proteggere il futuro che tanto desiderano vivere: giovani come James e Lily, ignari che il profondo amore che li unisce potrebbe rappresentare la loro più grande forza o, al contrario, la loro rovina; Sirius, rinnegato da una famiglia di cui non condivide i folli ideali; Remus, costretto a combattere contro un demone (interiore e non) nella speranza di riuscire ad amare e accettare in primis se stesso; Peter, alla ricerca di quel coraggio che il Cappello Parlante ha intravisto in lui durante lo Smistamento ma che il giovane pensa di non possedere. E poi Alice e Frank, intenzionati a coronare il sogno di vivere per sempre felici insieme; Caradoc e Benjy, coraggiosi aspiranti Auror; Marlene, Mary, Hestia e Dorcas, legate da un'amicizia più forte di un vincolo di sangue... Questa è la storia di liete vittorie e rovinose sconfitte, di amicizie e tradimenti - è il racconto delle vite di persone indissolubilmente legate fino all'ultimo (tragico) atto...
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Episodio 1x01
"L'inizio della storia - Parte I"

 

"I wanna say I lived each day, until I die
And know that I meant something in somebody's life!
The hearts I have touched will be the proof that I leave,
That I made a difference, and this world will see...

I was here...
I lived, I loved...
I was here!
I did, I've done everything that I wanted
And it was more than I thought it would be!"

 #Beyoncé - I Was Here


 

[ 30 Giugno 1978
Lily Evans chiuse lentamente il proprio baule, accertandosi per l'ultima volta di aver riposto tutti i propri effetti personali all'interno del – pesante – bagaglio: la professoressa McGranitt aveva più volte ripetuto agli studenti che eventuali oggetti dimenticati presso la Sala Comune sarebbero stati fatti recapitare direttamente ai legittimi proprietari in allegato alla busta contenente i risultati dei M.A.G.O, ma la giovane Grifondoro voleva essere sicura di non aver dimenticato nulla; sebbene ella avesse inizialmente deciso di preparare la propria valigia la mattina seguente, esattamente come avrebbero fatto le sue migliori amiche, Lily sentiva il desiderio di rimanere per qualche minuto da sola, seduta sul letto nel quale aveva dormito per sette lunghi anni […] Sette anni. Era davvero passato così tanto tempo da quando, decisamente emozionata e al contempo indescrivibilmente curiosa, aveva varcato per la prima volta la soglia del leggendario castello di Hogwarts? Erano davvero passati già sette anni da quando il Cappello Parlante, posato delicatamente sul capo dell'allora bambina, aveva letto in pochi istanti tutti i pensieri della piccola Lily (scrutando a fondo nella sua mente e nel suo cuore, quasi volesse cercare di carpire anche il più piccolo segreto, o il più insignificante barlume di pensiero, della ragazzina) salvo infine decretare che Grifondoro – la Culla dei Coraggiosi di Cuore – sarebbe stata la Casa adatta alla strega?
Avrebbe lasciato una parte del suo cuore ad Hogwarts – o, meglio, Hogwarts avrebbe sempre trovato dimora nel suo cuore; ella avrebbe custodito gelosamente il ricordo di ogni istante, di ogni momento (anche il più effimero) vissuto entro le mura della millenaria Scuola di Magia. Non avrebbe più atteso con trepidazione l'inizio di un nuovo anno scolastico; non avrebbe più percorso il sentiero che conduceva alla capanna di Hagrid. E poi, ancora, non avrebbe più avuto la possibilità di recarsi presso lo stadio, pronta a sostenere la squadra della propria Casa incitando i giocatori a non arrendersi. Le sarebbero tremendamente mancate le serate passate a chiacchierare con le sue amiche di fronte al caminetto della Sala Comune – e non potete davvero capire cosa Lily avrebbe dato per poter provare ancora una volta, un'ultima volta, le emozioni di cui aveva goduto a pieno durante quei sette lunghi anni. Eppure, sebbene la malinconia avesse con facilità pervaso l'animo della giovane Grifondoro, Lily sapeva che tutto non sarebbe davvero stato perduto: non avrebbe mai rinunciato ai legami affettivi che aveva avuto modo di creare durante la sua permanenza ad Hogwarts (non sarebbe nemmeno stata capace di immaginare quale senso di smarrimento e di vuoto avrebbe provato se non avesse avuto la più solida certezza che, anche fuori da Hogwarts, avrebbe continuato a frequentare Dorcas, Marlene, Mary e i frizzanti Malandrini che tanto avevano riempito di allegria e di gioia anche le sue giornate meno felici o meno spensierate), mai! E James... Stava per iniziare un nuovo capitolo della sua vita assieme a James e non poteva non sentirsi decisamente sollevata nel sapere che il ragazzo di cui si era (a sorpresa, forse?) innamorata l'avrebbe accompagnata in quella nuova – per tutti, in fondo – avventura quale era la vita nel mondo degli adulti. Un'avventura che per certi versi la spaventava; un'avventura che assumeva, talvolta, le sfumature di un salto nel buio – ma pur sempre un'avventura che Lily voleva vivere, certa che le avrebbe riservato tante sorprese! Vi era una magia, inoltre, a cui Lily avrebbe sempre potuto far ricorso: la sua memoria!
Lily stava crescendo, ma sapeva in cuor suo che il passaggio alla vita adulta – metaforicamente rappresentato dall'addio che ella avrebbe dovuto dire, l'indomani, ad Hogwarts – non implicava dover dimenticare tutto ciò che rappresentava e costituiva il suo passato; se ne sarebbe andata, libera però di non andarsene mai definitivamente. Così, se mai avesse sentito il bisogno di ritornare – anche solo per un breve istante, anche solo con un leggiadro pensiero – in uno dei pochi luoghi che aveva davvero potuto chiamare “Casa”, ella doveva soltanto compiere un semplice gesto: chiudere le proprie palpebre, lentamente, e lasciarsi cullare dal ricordo.
Se, un giorno, si fosse mai trovata a chilometri di spazio (e di tempo) da quei momenti ai quali sembrava – ora – insano dover rinunciare, Lily avrebbe potuto sempre ricordare. Ricordare, per sempre...
Ricordare, trovando così conforto nel rivivere, anche per una durata paragonabile a quella di un istantaneo battito di ciglia, quelle emozioni che l'avevano accompagnata per sette, indimenticabili anni...

Ricordare, per sempre...
 

 

James Potter si passò rapidamente la mano destra fra i ribelli capelli corvini, prima di socchiudere appena le palpebre, vinto da un improvviso moto di stanchezza; dischiuse le labbra, aggrottando al contempo la fronte e facendo poi vagare il proprio sguardo tutt'attorno a sé. La sua stanza appariva decisamente spoglia, mobilio a parte: le pareti – d'oro e vermiglio dipinte, testimonianza diretta di quanto James fosse fiero di essere stato un Grifondoro – non recavano più alcuna foto, né i poster delle band che il ragazzo e Sirius avevano provveduto ad appendere (accanto a quelli di giovani modelle babbane ritratte in costume da bagno su spaziose spiagge esotiche) nel corso degli anni; tutti gli effetti personali del ragazzo, compreso il Boccino d'Oro che egli era riuscito a farsi autografare da Gregory Cotton in persona, erano stati riposti ordinatamente in un'ampia valigia (per l'occasione ulteriormente resa più capiente dall'incantesimo di estensione irriconoscibile) che giaceva, aperta, ai piedi del letto. Davanti all'armadio (ormai vuoto) troneggiava la Silver Arrow di James, sul cui manico lucente era stata incisa a caratteri eleganti la data della prima partita a cui l'ex Grifondoro aveva preso parte. Stava davvero per lasciare quella casa? Quella domanda rimbombò, greve, nella mente del ragazzo.
Immagino di sì- ma ciò non significa che non metterò mai più piede in questa casa!
Si sedette sul letto, contemplando l'intenso silenzio che troneggiava, tiranno e incontrastato, nella stanza. Odiava il silenzio: James aveva sempre idealizzato il silenzio non come l'anticamera di uno stato di tranquillità, quanto come la mancanza di rumore. Una mancanza, e basta. Era un pensiero a tratti assurdo, certo, ma James non sarebbe mai riuscito ad apprezzare il carattere etereo che, talvolta, vigeva nel silenzio: era come se tutto apparisse freddo, coperto da una sorta di gigantesco telo trasparente e privato quindi del naturale calore che possiedono le cose. Morto.
Non amava il silenzio; non amava confrontarsi con il silenzio – non gli piaceva sentire i propri pensieri cozzare prepotentemente l'uno contro l'altro nella sua mente, e il silenzio suscitava in lui tutto ciò. La mancanza di suoni e rumori lo faceva sentire vulnerabile – e questo non gli piaceva. Decisamente no...
Eppure, in quel momento, il silenzio andava assumendo le fattezze di un nemico non poi così temibile; in quel momento, la – inquietante, forse giusto un po' – pace che regnava nella sua stanza non appariva poi così detestabile. Certo, l'innaturale silenzio che avvolgeva James aveva – come previsto – conferito alla stanza quel carattere morto che sembrava andare a braccetto con l'arredamento spoglio della stanza stessa, ma- ma dopotutto a James serviva, in quella occasione, rimanere solo con i propri pensieri: solo per quella volta, avrebbe permesso loro di inseguirsi e combattere nella sua mente, partecipanti belligeranti di un perpetuo gioco di scontri e reciproche fughe.
Aveva compiuto la scelta giusta, chiedendo a Lily di andare a vivere insieme?
Certo, James – lo sai benissimo!
Amava Lily. Aveva capito di averla sempre amata, in fondo: era rimasto colpito dalla sua bellezza fin dal momento in cui l'aveva scorta, solo di sfuggita, sul primo viaggio a bordo dell'Espresso per Hogwarts; aveva gioito, senza mostrarlo palesemente, nel momento in cui il Cappello Parlante aveva smistato entrambi nella Casa di Grifondoro. Si era innamorato della sua gentilezza, della sua dolcezza, del suo sincero interesse nei confronti delle altre persone; Remus diceva sempre che Lily sapeva vedere il buono in tutti, anche quando qualcuno non riusciva a scorgerlo in se stesso. Era però rimasto colpito anche dal suo coraggio e dalla sua testardaggine – e, per un qualche non precisato motivo, James aveva capito che Lily Evans sarebbe stata l'unica ragazza capace di tenere testa al suo carattere decisamente frizzante! Aveva sbagliato a rapportarsi con lei, all'inizio: per quanto avesse scorto in Lily tratti caratteriali che in altre – frivole – ragazze non aveva notato, James era convinto che la giovane Grifondoro – come molte altre coetanee – sarebbe rimasta affascinata dal carattere decisamente esuberante del ragazzo... Non era proprio andata così: si poteva dire che Lily provasse una palese indifferenza nei confronti di James, che talvolta arrivava a sfociare in sincera e radicata antipatia nel momento in cui il giovane (assieme a Sirius, a Peter e ad un riluttante Remus) si lasciava andare ad atteggiamenti che- basta!
Quello era il passato, ok? Lily ti ama e tu la ami! È questo ciò che conta!
E andare a vivere insieme è un'ottima idea- magari un po' destabilizzante, ma pur sempre un'ottima idea!

«Sei pensieroso?»
Dorea Potter si fermò a pochi passi dalla porta della stanza di James, sorridendo dolcemente al figlio; i lunghi capelli – ormai in gran parte ingrigitisi, fatta eccezione per qualche ciocca ancora corvina – raccolti in un'elegante treccia ricadevano, lucenti, sulla spalla destra della donna. Diverse rughe solcavano il suo viso stanco e James aveva avuto la netta impressione che sua mamma – già un po' avanti con gli anni nel momento in cui era rimasta incinta – fosse invecchiata ancora più velocemente dopo la morte del marito. Nonostante ciò, Dorea Potter rimaneva comunque una strega decisamente in gamba – una donna la cui gentilezza e bontà d'animo erano ammirate da moltissime persone (fra cui la professoressa McGranitt, giusto per citare un esempio!)
«Nulla di importante-»
«A giudicare dall'espressione vacua che leggevo nei tuoi occhi fino a qualche istante fa, direi che non è proprio così!» esclamò Dorea, entrando nella stanza e sedendosi accanto a James. «Vuoi parlarne?»
«Riflettevo-» rispose evasivo James. Dorea annuì, arricciando lievemente il naso.
«Hai qualche dubbio riguardo il trasferimento?» domandò
«No-» rispose immediatamente James, voltandosi verso la madre. Fissò per qualche istante i suoi occhi scuri, per poi tornare a guardare un punto non meglio precisato davanti a sé. «Non lo so- è solo che mi sto chiedendo se io e Lily abbiamo fatto la scelta giusta: voglio dire, sono assolutamente sicuro della solidità del legame che ci unisce e non desidero altro che vivere serenamente il mio futuro insieme a lei, ma- mi domando se non abbiamo fatto tutto troppo di fretta. Se io non ho fatto tutto di fretta, chiedendole di andare a vivere insieme... Non è nemmeno una questione economica: l'affitto dell'appartamento non è poi così alto e il vecchio Charlie ha accettato di modificare i miei turni al negozio affinchè io possa anche iniziare a seguire i corsi all'Accademia degli Auror, se alla fine decidessi di iniziare quel percorso- non è per quello... ho solo qualche pensiero, tutto qui»
Dorea ascoltò in silenzio le parole del figlio, intrecciando delicatamente le dita della mano destra con quelle della sinistra – mani decisamente non più lisce come parecchi anni prima; nel momento in cui James smise di parlare, la donna indugiò per qualche secondo alla ricerca delle parole che ella riteneva più appropriate alla situazione. «È normale sentirsi spaesati e impauriti di fronte a dei grandi cambiamenti – mi sorprenderebbe, al contrario, saperti completamente libero da qualsiasi piccolo pensiero-» esordì, sorridendo.
«Mamma, sai che non ho paura-»
«James-» mormorò Dorea, socchiudendo appena le palpebre. «Non vi sarebbe nulla di male, sai? Ho sempre pensato che la vita sia una grande e spesso inaspettata avventura da affrontare serenamente, anche quando ci riserva ostacoli o imprevisti apparentemente insormontabili, ma soltanto uno sciocco affermerebbe di non conoscere un sentimento umano come la paura. Ed è normale che tu possa provarne- non fare quella faccia! Ma credimi se ti dico che andrà tutto benissimo: tu e Lily siete due anime affini che si sono trovate e che riescono a completarsi a vicenda, e non vi è punto di partenza migliore per vivere il futuro che vi sta attendendo. Il vostro amore è il primo, ma solido, mattoncino attorno al quale iniziare ad edificare tutto il resto – e, se entrambi seguirete sempre ciò che vi suggerisce il vostro cuore, non potrete sbagliare (nemmeno se adesso tutto sembra assumere dei connotati sfumati). Non avere paura del futuro, James! Il mondo vi sta solo aspettando-»
Dorea sorrise nuovamente in direzione del figlio, per poi aggiungere: «-È bene, però, che ti ricordi qualche piccola regola per rendere una convivenza quanto più possibile efficiente, se non altro per solidarietà femminile nei confronti di Lily!»
«Mamma, per favore!» disse James, alzandosi di colpo in piedi e dirigendosi verso la porta della propria camera. Dorea accennò una piccola risata, salvo poi riprendere a parlare nel momento in cui ella si accorse che James minacciava davvero di abbandonare la stanza: «James, ascoltami! È importante-»
James si voltò – sospirando – nuovamente verso la madre, ancora seduta sul letto del ragazzo.
«Grazie-» mormorò Dorea, sorridendo. «Per prima cosa, la vostra casa non sarà un albergo: mi aspetto che tu aiuterai Lily a prendervene cura, dandole una mano anche nelle faccende di casa. Questo significa che i vestiti non si metteranno da soli nella cesta dei panni sporchi, a meno che non pensiate di incantarli magicamente con qualche strana formula- So che Lily ha deciso di attendere l'inizio del nuovo anno prima di cercare un lavoro, ed è quindi probabile che vorrà occuparsi lei stessa della casa; immagino che le farebbe molto piacere sentirsi dire “grazie” per quello che fa, perchè anche svolgere le mansioni di casa merita lo stesso rispetto di qualsiasi altro lavoro! E, infine, ricordati di alzare sempre la tavoletta del water quando lo userai! […] Sai benissimo che potrete sempre contare su di me per qualsiasi evenienza, sette giorni su sette e ventiquattro ore su ventiquattro – e ti prego di girare queste mie parole anche a Sirius: questa casa sarà così vuota, senza di voi... Ma immagino che sia giusto così – e finalmente non dovrò più temere che la vostra stanza esplodi da un momento all'altro!»
«Grazie, mamma-» disse James, lasciandosi finalmente andare ad un sorriso sincero; l'ex Grifondoro si avvicinò nuovamente a Dorea (la quale, nel frattempo, si era lentamente alzata in piedi) e l'abbracciò. «Grazie di tutto-» ripetè, cingendo dolcemente le spalle della madre.
«Di nulla, tesoro! Di nulla-»
«Sono arrivato giusto in tempo per assistere ad uno di quei famigerati saluti strappalacrime?» domandò Sirius Black, entrando nella stanza di James; si fermò accanto alla Silver Arrow dell'amico, fingendo di esaminare l'incisione presente sul manico, salvo infine alzare lo sguardo verso James e Dorea nel momento in cui si accorse che questi ultimi lo stavano osservando. «Ehi- non fate caso a me, davvero! Continuate pure-»
James scosse la testa, ridendo. «Ti hanno dato le chiavi della tua nuova casa?» domandò.
«Oh, yes!» rispose ammiccando Sirius. «Anzi, devo ammettere che la vecch- anziana proprietaria è rimasta piacevolmente sorpresa nell'apprendere che è stato proprio mio zio Alphard a suggerirmi di rivolgermi a lei, poco prima di morire – pace all'anima sua: era uno dei pochi elementi sani della mia famiglia! Ad ogni modo, non è chissà quale appartamento, ma penso che in fondo vada più che bene!»
«Poco fa, stavo proprio ricordando a James che io sono sempre qui, qualsiasi cosa abbiate bisogno! Ovviamente questo vale anche per te, Sirius!» disse Dorea, sorridendo al ragazzo che ella considerava ormai come un secondo figlio. Sirius sorrise a sua volta, dischiudendo lievemente le labbra: «Dorea, grazie per- tutto, davvero! Tu e Charlus mi avete sempre trattato come un figlio; voi- siete la mia famiglia, la mia vera famiglia, e mi piacerebbe poter fare molto di più per mostrarvi la mia infinita gratitudine piuttosto che limitarmi solo a dirvi grazie
«Non ve ne è bisogno, Sirius- è stato un grandissimo piacere! Lo sai- ma ora andate, prima che questo momento si trasformi davvero in una di quelle scene in cui si finisce per affondare il viso in un grosso fazzoletto di stoffa!» mormorò ridendo Dorea, combattendo però – al contempo – per trattenere le lacrime che premevano (agli angoli dei suoi occhi) per essere lasciate libere di scivolare lungo le gote della donna. James posò dolcemente la mano destra sulla spalla della madre, dopodichè estrasse la propria bacchetta magica dalla tasca posteriore dei pantaloni e la agitò elegantemente davanti a sè, tracciando una sorta di invisibile E nell'aria: l'ampia valigia – ancora riposta ai piedi del letto – si chiuse con un sonoro tonfo, non prima che anche il manico di scopa si fosse magicamente fiondato entro la stessa. James agitò nuovamente la propria bacchetta e un sottile fascio di luce scarlatta avvolse per qualche breve istante l'imponente bagaglio che, pochi istanti dopo, svanì senza lasciare alcuna traccia.
«Nuova casa, stiamo arrivando-» mormorò Sirius, dando una pacca sulla schiena di James.



 

Caradoc Dearborn dischiuse istintivamente le labbra, nel momento in cui il getto di acqua fredda colpì la sua nuca; socchiuse gli occhi, lasciando che il flusso continuo di acqua rinvigorisse – anche se in minima parte – il suo corpo stremato dall'ennesimo duro allenamento. Sapeva che l'Accademia degli Auror richiedeva un impegno e un grande spirito di sacrificio da parte di coloro che ambivano a completare il ciclo di addestramento, ma egli si era – ingenuamente, forse? – illuso che la preparazione per divenire Auror vertesse principalmente sull'insegnamento pratico e teorico di magie difensive e offensive, non certo su una spietata sessione di esercizi fisici e test compiuti sotto sforzo! Cercava di vedere il lato positivo, ovviamente: quelle interminabili sessioni di flessioni (intervallate dal sollevamento di ingenti carichi e da una serie di addominali capaci di stendere anche il più allenato dei culturisti babbani) avrebbero indubbiamente contribuito a far rimanere l'ex Tassorosso in perfetta forma fisica... Sempre che egli non fosse morto prima per la stanchezza! Socchiuse gli occhi, allungando la mano destra per chiudere il rubinetto; i corti capelli castani ricadevano fradici sulla sua fronte, bagnandogli anche parte del volto. Afferrò un asciugamano e se lo mise attorno al collo, asciugandosi il viso e arruffando poi tutti i capelli con un rapido gesto della mano.
«Ben, la pausa è finita...» mormorò, infilando una t-shirt grigia. «Ben?» domandò, voltandosi verso l'amico. Benjamin Fenwick dormiva, sdraiato su una delle lunghe panchine di legno dello spogliatoio; il braccio destro piegato dietro la testa nel tentativo di simulare un rudimentale cuscino, il petto che si alzava e si abbassava ritmicamente ad ogni respiro del ragazzo. Caradoc scosse la testa, sorridendo; estrasse la propria bacchetta magica dalla tasca posteriore dei pantaloni e, non senza combattere contro se stesso per reprimere la spontanea e sincera risata a cui egli voleva lasciarsi andare, la avvicinò silenziosamente al viso dell'amico. «Aguamenti!» esclamò, osservando il potente getto d'acqua che investì Benjy in pieno volto. Ben spalancò di colpo gli occhi, alzandosi velocemente in piedi; il ragazzo sbattè un paio di volte le palpebre, confuso, salvo infine posare il proprio sguardo su quello dell'amico, in piedi e in preda a quel moto di riso che poc'anzi aveva trattenuto.
«In piedi, Tasso Addormentato!» disse Caradoc, dando una pacca sulla schiena di Ben.
«Ma cos- Salazar, Doc, non potevi limitarti a chiamarmi?» domandò Benjy, usando la propria maglietta per asciugarsi il viso. Caradoc scosse la testa, sorridendo, prima di riprendere a parlare: «Pensavo fosse più divertente così! Ad ogni modo, Dawlish sta per riprendere gli allenamenti-»
Benjy annuì, poco convinto. «Di questo passo, rischierò di addormentarmi nel momento in cui dovrò Smaterializzarmi per tornare a casa: sai cosa accadrebbe, se dovessi davvero farlo? Trovereste una parte del mio corpo sul divano di casa mia e un'altra parte a cinquecento miglia di distanza!»
Caradoc si avviò verso l'uscita dello spogliatoio, seguito dall'amico. «Guarda il lato positivo-» esordì, alzando appena le spalle. «Domani tornerà Malocchio e almeno per qualche giorno potremo dire addio ad esercizi ginnici dai ritmi massacranti-»
«-e dare invece il benvenuto a fatture e incantesimi capaci di mandarci al San Mungo per un mese! Ora sì che mi sento davvero meglio, amico!» concluse ironicamente Ben, chiudendo la porta dello spogliatoio alle proprie spalle. La stanza entro la quale si svolgevano le lezioni di quella settimana ricordava molto una palestra: una lunga serie di spalliere di legno e attrezzature ginniche di varia natura occupavano la maggior parte delle pareti della sala, mentre nell'esatto centro era stata montata una sorta di lunga passerella. Alcuni dei compagni di corso dei due ragazzi si erano già riuniti attorno alla passerella stessa, intenti ad ascoltare le parole di un mago di mezza età, immobile nel centro della passatoia – la quale, ad una migliore osservazione, andava configurandosi come una sorta di piccolo palco leggermente sopraelevato. John Dawlish era uno dei più rinomati Auror dell'ultimo secolo, noto soprattutto per la sua abilità nell'uso degli Incantesimi di Disarmo e per la naturalezza con cui egli riusciva a condurre qualsiasi duello – anche il più impegnativo – senza scomporsi più di molto (o, perlomeno, senza mostrare palesemente tentennamenti, nemmeno nei momenti in cui egli si era chiaramente trovato in difficoltà). Non a caso, Dawlish faceva parte della scorta personale del Ministro della Magia, occupandosi però – durante il mese di agosto – “dell'accoglienza” di coloro che, il mese successivo, sarebbero divenuti le nuove reclute dell'Accademia. Amava la disciplina, Dawlish – ma, per quanto egli potesse apparire un uomo talvolta rude, sapeva il fatto suo.
L'Auror si schiarì la voce, mentre il chiacchiericcio di sottofondo venne immediatamente meno: «Per oggi basta esercizi fisici!» disse, facendo vagare lo sguardo sui volti dei ragazzi. «Domani mattina Alastor Moody avrà ampiamente modo di introdurvi le nozioni base di un duello magico che possa definirsi tale, ma ritengo sia utile iniziare fin da ora a prendere un po' di dimestichezza con quanto vi attenderà nelle prossime settimane!»
«Era ora! La mia schiena ringrazia-» sussurrò Ben, voltandosi appena verso Caradoc.
«E' importante che impariate a mantenere viva la concentrazione in ogni momento...»
«-Anche perchè temo che Dorcas e Mary possano chiederci di aiutarle con il trasloco, e lì sì che potrei morire-»
«Mi serve un volontario-» riprese Dawlish, impugnando la propria bacchetta. «Lei- sì, proprio lei in seconda fila!» esclamò, puntando la bacchetta in direzione di Benjy. Il ragazzo fissò in silenzio l'Auror, prima di muovere qualche passo verso il mago; con un agile balzo salì sulla passerella, fermandosi a pochi passi da Dawlish stesso. L'Auror posò i suoi occhi grigi sulla figura del ragazzo, squadrandolo rapidamente dall'alto verso il basso. «Fenwick, non è vero? La professoressa Sprite ci ha segnalato che ad Hogwarts ha mostrato attitudine e interesse per Difesa contro le Arti Oscure e per Incantesimi, dico bene?»
«Sì, signore!» rispose Ben, accompagnando le sue parole con un cenno di assenso del capo.
«Ottimo!» ribattè Dawlish, prima di tornare a guardare gli altri ragazzi. «Il signor Fenwick mi sarà gentilmente d'aiuto nel mostrarvi alcuni piccoli accorgimenti che durante un duello possono fare la differenza, specie se siete ad un passo dall'essere uccisi! Ora-» e qui l'Auror si bloccò, voltandosi di nuovo verso Ben: «Ora io lancerò uno Schiantesimo e lei dovrà respingere il mio attacco, utilizzando il contro-incantesimo che riterrà più adeguato! […] È tutto chiaro? Al mio tre-»
«Un momento, cosa intende con-»
«Tre! Stupeficium!»
«Protego!»
Il fascio di luce rossa fuoriuscito pochi istanti prima dalla bacchetta di Dawlish si infranse in mille piccoli cristalli urtando contro lo scudo evocato da Benjy; l'Auror accennò un lieve – e ambiguo – sorriso, abbassando la bacchetta e voltandosi verso gli studenti. «Un Sortilegio Scudo» constatò, sistemando il nodo della propria cravatta. «Un incantesimo di protezione difficile da evocare, ma parte indispensabile dell'arsenale di un Auror. Due sono le cose che dovete sempre tenere a mente: rimanere sempre vigili e pronti a tutto-»
Dawlish si girò repentinamente verso Benjy e dalla punta della sua bacchetta uscì un nuovo getto di luce rossa, che questa volta colpì l'ex Tassorosso in pieno petto, sbalzandolo ad almeno una decina di metri di distanza dal punto in cui egli si trovava. Come se nulla fosse accaduto, Dawlish riprese a parlare, riponendo la bacchetta nella tasca anteriore della propria giacca: «E in secondo luogo, ricordare che durante le mie lezioni non si chiacchiera- Formate delle coppie, veloci!»


 

Correva. Arrancava, tentando di compiere qualche passo senza perdere l'equilibrio. Poi improvvisamente cadde. Soffocò dei piccoli gemiti e cercò di rimettersi in piedi, barcollando. Correva, di nuovo...
Remus Lupin respirava a fatica, ansimando sempre di più man mano che procedeva, inoltrandosi nella foresta: ogni suo singolo passo risultava essere più incerto del precedente ed egli sapeva che, presto, si sarebbe dovuto arrendere. Era assurdo tentare di combattere, lo sapeva bene; fuggire, poi, non gli avrebbe procurato alcun giovamento, se non la speranza di farsi trovare ormai allo stremo delle forze, quando quel mostro lo avrebbe posseduto. Rifuggiva dal chiarore della Luna, Remus, ma sapeva in cuor suo che non avrebbe potuto fare nulla per impedire la trasformazione: sebbene il cielo del 18 Agosto 1978 si trovasse ad essere dominato da plumbee (ma passeggere) nubi, era solo questione di pochi brevi istanti prima che la Luna riprendesse possesso del posto che le spettava nel cielo – ed allora quell'effimero tentativo di ribellione attuato dal giovane mago avrebbe perso anche quel briciolo di significato che, in quel momento, egli sembrava attribuirgli.
Quando il mostro si insinuava in lui, Remus perdeva completamente il controllo delle proprie azioni: era come se il suo cervello si spegnesse di colpo, per poi riprendere a funzionare con coscienza solo nel momento in cui la Luna, finalmente, decideva di abbandonare il proprio palcoscenico – al pari di un attore pronto a salutare il proprio pubblico dopo aver concluso uno spettacolo. Il giovane Lupin sapeva che correre fino allo stremo delle proprie forze non lo avrebbe protetto, né risparmiato, dalla maledizione che egli avvertiva ormai pronta a palesarsi in tutta la sua (terribile, certo) irruenza, eppure non poteva rinunciare alla speranza di risultare meno pericoloso, nel caso egli si fosse tramutato in licantropo dopo aver perso gran parte delle proprie energie. Era la seconda volta che Remus decideva di Smaterializzarsi in quella foresta, situata in una regione a Nord-Ovest del Galles: non ricordava molto della terra natia di sua madre, eppure qualche piccolo frammento della sua memoria gli aveva suggerito di aver già visitato quella foresta, tanti anni prima. La famiglia Lupin aveva vissuto a Gwynedd relativamente per poco tempo, prima di vedersi costretta a intraprendere quella lunga serie di ciclici trasferimenti dovuti alla licantropia di Remus – licantropia che difficilmente impediva al ragazzo di riuscire a nascondere per lungo tempo il proprio status di lupo mannaro; nonostante ciò, Remus aveva immediatamente provato la strana sensazione di sentirsi a casa, nel momento in cui – con un sonoro poof capace di rompere l'etereo silenzio che regnava incontrastato in quella foresta – egli si era Materializzato per la prima volta al limitare del bosco.
Perchè aveva deciso di fuggire? Non era difficile trovare una risposta a tale quesito: Remus temeva di fare del male a qualcuno – e a poco erano serviti i tentativi di aiutarlo formulati dai suoi amici. Il ragazzo non frequentava più Hogwarts; non aveva più la possibilità di rifugiarsi presso la Stamberga Strillante, così da non mettere in pericolo la vita delle altre persone. Aveva ormai compiuto diciotto anni e nessuno poteva davvero immaginare cosa un lupo mannaro ormai adulto avrebbe potuto causare, nel momento in cui non sarebbe più stato capace di controllarsi. Sirius e James si erano proposti di seguire Remus in quella foresta, nel momento in cui il giovane Lupin aveva esposto loro la sua idea, ma Remus stesso aveva gentilmente (e mestamente) chiesto loro di non mettere in atto tale proposta: un lupo mannaro rappresentava un pericolo soltanto per gli esseri umani, ma Remus non aveva il benchè minimo desiderio di mettere a repentaglio la vita dei propri amici (anche se relativamente al sicuro nella loro forma di Animaghi), soprattutto quando già il clima rovente della guerra nel Mondo Magico rappresentava un quotidiano pericolo per tutti loro!
Dovette fermarsi, ormai incapace di procedere oltre: il suo cuore batteva ad un ritmo esagerato, il secco rumore delle sue contrazioni quasi udibile in mezzo al totale silenzio; i suoi polmoni, roventi, sembravano ormai incapaci di svolgere la propria funzione, tanto che il respiro del ragazzo venne meno per qualche istante. Si appoggiò contro il tronco di uno dei secolari alberi che lo attorniavano, lasciandosi poi di colpo cadere a terra; con le ginocchia immerse nel terriccio umido, Remus sbattè un paio di volte le palpebre, salvo infine alzare lentamente la testa verso il cielo, incrociando con il proprio sguardo la Luna che, nel giro di pochi istanti (che paradossalmente sembravano invece essere interminabili), tornò a dominare sul'intero firmamento. No...
Remus inclinò il capo all'indietro, emettendo un lungo gemito di dolore; riprese a respirare con affanno, guardandosi attorno nel vano tentativo di trovare un rifugio. No...
Il corpo del mago venne scosso da un potente fremito; Remus perse il precario equilibrio, cadendo supino sul terreno. Inarcò la schiena, portandosi le mani sul petto – all'altezza del cuore – e continuando ad agitarsi, spaventato e al contempo consapevole di ciò che stava per accadere. Le sue pupille si dilatarono rapidamente, mentre la sclera dell'occhio assunse venature rossastre sempre più marcate. Una sorta di rauco latrato fuoriuscì prepotentemente dalla bocca del ragazzo, portando con sé tutto il dolore provato, in quel momento, da Remus stesso: le mani del mago si deformarono, assumendo una forma sempre più affusolata – il dorso, istante dopo istante, sempre più ricoperto da spessi peli bruni; le unghie divennero dei veri e propri artigli, scuri anch'essi prima di tingersi di un rosso vivo nel momento in cui essi affondarono nel petto del mago, facendo letteralmente a brandelli la camicia che egli indossava. Il viso stesso del ragazzo si allungò, assumendo i connotati di un muso animalesco, dotato di fauci e appuntite orecchie irsute; la candida pelle rosata lasciò ben presto il posto ad una folta peluria grigiastra, capace di espandersi velocemente sull'intero corpo – ormai quasi completamente privo di un qualsiasi carattere umano – del giovane. Il respiro della creatura si fece più regolare, sebbene il cuore continuasse a battere ad un ritmo decisamente accelerato; il licantropo si accovacciò per qualche istante contro il tronco dell'albero, muovendo rapidamente la testa – prima a destra, poi a sinistra – come per accertarsi di non correre alcun pericolo. Distese le gambe, assumendo una posizione eretta e vagamente antropomorfa: sebbene la figura di Remus avesse ormai lasciato posto ad una creatura ancora più alta e snella (la ossa della gabbia toracica sembravano perforare la carne, quasi fossero pronte a fuoriuscire dal costato da un momento all'altro), il lupo mannaro conservava delle movenze e dei tratti umani, per quanto terribilmente deformati dalla maledizione della licantropia. Dischiuse le fauci, gettando all'indietro il capo: un penetrante e doloroso ululato si diffuse, tagliente, nell'intera foresta...


 

Hestia Jones scostò lievemente la tenda della finestra del salotto; lasciò vagare per qualche istante lo sguardo, come se ella si aspettasse di veder comparire – da un momento all'altro – qualcuno esattamente sotto la veranda della villa. Corrugò appena la fronte – sebbene questo fosse il risultato di un'espressione preoccupata, più che indispettita – e lasciò ricadere nuovamente la tenda, non prima di notato la propria immagine riflessa nel vetro: i suoi (di solito) ridenti occhi scuri erano velati da un'ombra di tristezza e di stanchezza, privi in parte di quella luce malandrina – e la scelta di questo aggettivo non è casuale! – che normalmente conferiva ancora più bellezza al suo viso; fra i lunghi capelli castani, raccolti in un'alta coda, spiccavano una decina di sottili ciocche verdi – risultato di una sessione di bellezza all'avanguardia, come era stata definita da Dorcas, nel probabile tentativo di voler mascherare lo sbaglio compiuto mentre ella si prendeva cura dell'acconciatura dell'amica – che ricadevano ribelli sulle spalle della giovane strega, risaltando brillanti sulla sua carnagione ambrata. Hestia possedeva una bellezza indiscutibile, sebbene non pareva prestarvi molta attenzione: i tratti latini ereditati dalla madre, originaria del sud America, non erano passati inosservati fin dai primi anni in cui la ragazza aveva messo piede ad Hogwarts, sebbene la sua bellezza fosse ancora – per così dire – acerba. Hestia era una ragazza solare – eppure, in quel momento, non riusciva a scacciare i numerosi pensieri che affollavano la sua mente. Una voce femminile alle sue spalle, però, ruppe il silenzio che sembrava aver pervaso il salotto della villa.
«Remus non tornerà prima di domani mattina, Hes!» disse Dorcas, entrando nel salotto seguita da tre scatoloni magicamente incantati affinchè procedessero da soli, sospesi ad almeno un metro e mezzo da terra. La ragazza sbuffò, osservando con disappunto le numerose scatole di cartone ancora impilate l'una sull'altra e ordinatamente – si fa per dire! – accatastate accanto alla porta d'ingresso. «Non pensavo avessimo davvero così tante cose!» esclamò, guardandosi attorno e raccogliendo al contempo i lunghi capelli biondi in un decisamente più pratico chignon. «Vorrà dire che mi sbarazzerò al più presto di qualche tuo vestito (e di parte di quelli di Mary), Hes, per far posto ai miei-» aggiunse, voltandosi sorridendo verso l'amica. Hestia, però, continuava a guardare fuori dalla finestra – apparentemente senza nemmeno essersi accorta dell'arrivo di Dorcas.
«Terra chiama Hestia!» esclamò Dorcas, lasciandosi sfuggire una piccola risata. Hestia si voltò, posando i suoi occhi scuri su quelli chiari dell'amica; corrugò lievemente la fronte, dischiudendo appena le labbra (quel tanto che bastava affinchè un delicato sussurro abbandonasse la sua bocca per librarsi – e perdersi altrettanto velocemente – nell'aria). «Ehm- Dicevi?» domandò, sbattendo un paio di volte le palpebre, le dita della mano destra ancora delicatamente a contatto con il lembo della lunga tenda che copriva la finestra. Dorcas incrociò le braccia appena sotto il seno.
«Hestia, Remus sta bene! Non hai nulla di cui preoccuparti- davvero!» disse, accennando un piccolo sorriso nel tentativo di rassicurare l'amica. Hestia annuì, in silenzio, non del tutto convinta; consapevole che non vi fosse nulla di concreto che ella potesse fare (se non aspettare, impazientemente, il ritorno di Remus così da accertarsi che stesse effettivamente bene), la ragazza accennò agli scatoloni che ancora svolazzavano – quasi privi di un reale peso – alle spalle di Dorcas.
«Posso darti una mano, se vuoi-» disse, accompagnando le sue parole con una rapida scrollata di spalle.
«Questa sì che è la mia ragazza!» esclamò Dorcas, sorridendo; prima che la strega potesse riprendere a parlare, la voce di Marlene McKinnon risuonò cristallina dalla cima della rampa di scale che conduceva al piano superiore della villa.
«Ragazze, questa villa è bellissima!» esclamò Marlene, scendendo rapidamente le scale. «Sembra una sorta di castello in miniatura - per non parlare della bellissima vista sul lago! Assomiglia proprio alla tenuta estiva di Celestina Warbeck: ricordi, Hes? Quella che siamo andate a visitare qualche estate fa insieme a mia zia Seraphine!»
Sì, Marlene McKinnon era decisamente la fan numero uno di Celestina Warbeck: amava le canzoni di quella strega fin da quando aveva sei anni e quella passione era divenuta ancora più forte quando, due anni prima, Marlene era riuscita ad afferrare al volo il boa turchese che Celestina, durante un suo concerto, aveva teatralmente lanciato al suo pubblico. Hestia ricordava che Marlene aveva portato quel boa di piume persino ad Hogwarts, rifiutandosi di toglierselo fino a quando la professoressa McGranitt, ormai esasperata, aveva minacciato di usarlo per ravvivare il fuoco del camino della Sala Comune!
«Ed ecco qui un'altra giovane volontaria pronta a darci una mano per sistemare la casa!» disse Dorcas, nel momento in cui Marlene – ancora intenta ad ammirare, estasiata, ogni singolo particolare di quella villa – si fermò accanto a lei. Si assomigliavano molto, Dorcas e Marlene (almeno da un punto di vista prettamente fisico): entrambe bionde, entrambe alte (sebbene Marlene fosse leggermente più bassa dell'amica) e slanciate; le iridi azzurre di Dorcas trovavano un corrispettivo più tendente al verde in quelle di Marlene ma, tralasciando qualche piccolo particolare, le due ragazze erano state più volte scambiate per due sorelle (tre, quando anche Mary si univa alla sopracitata coppia di streghe!). Marlene ammutolì di colpo, udendo le parole dell'amica: «Io?» domandò, per poi scuotere il capo. «Mi dispiace Doe, ma quando Hestia mi ha invitato per visitare la vostra nuova casa non ha accennato a scatoloni da svuotare e soprammobili da spolverare! Non puoi davvero pensare di far lavorare un ospite!»
«Mio nonno diceva sempre che un ospite educato non si lascia riverire, ma contribuisce attivamente per rendere la dimora che lo ospita un posto migliore! Sto parafrasando un vecchio proverbio-»
«Mai sentito-» mormorò Marlene, guardando Hestia in cerca di un sostegno. «-Ma eviterò di fare commenti a riguardo, visto che è solo grazie a tuo nonno se ora possedete questa fantastica villa!»
Darden Philip Meadowes era venuto a mancare quando sua nipote Dorcas aveva da poco compiuto tre anni; uomo decisamente eccentrico e stravagante (aveva sviluppato, dopo aver compiuto quarant'anni, una strana fobia nei confronti dei folletti – colpevoli, a suo dire, di aver attentato alla sua vita più e più volte nella speranza di recuperare un tesoro che si vociferava fosse custodito nella cantina della sua stessa abitazione), Darden aveva espressamente sottolineato nel proprio testamento il desiderio che la maestosa villa nella quale egli aveva vissuto per quasi tutta la sua vita diventasse di proprietà della piccola Dorcas, così che la bambina (una volta divenuta adulta) avrebbe potuto decidere liberamente se andare a viverci o venderla – ricavandone un più che lauto guadagno! Darden Meadowes adorava la sua piccola nipotina, sebbene effettivamente egli avesse potuto starle accanto solo per pochi anni; nell'impossibilità, quindi, di dimostrare di persona l'immenso affetto che provava per la bambina, il mago aveva concluso che lasciarle in eredità la cosa più preziosa che egli possedeva avrebbe potuto contribuire a far sapere a Dorcas che il nonno le aveva davvero voluto un gran bene... […] Conclusi gli studi ad Hogwarts, Dorcas aveva deciso di andare a vivere nella casa di suo nonno, invitando le sue migliori amiche a vivere con lei – ecco spiegato, quindi, l'iter organizzativo che aveva portato Hestia, Mary e la stessa Dorcas a vivere sotto lo stesso tetto! Prima che Dorcas potesse però ribattere a quanto detto da Marlene, la porta d'ingresso della villa si aprì cigolando – gettare un incantesimo lubrificante sui cardini e sulla serratura: prendi nota, Dorcas! - e una voce maschile fece eco al leggero stridio prodotto dai cardini del portone stesso.
«Dorcas, ti prego, dimmi che questa è l'ultima valigia che devo scaricare!» esclamò Frank Paciock, fermandosi sulla soglia della porta d'ingresso; quasi completamente nascosto dall'enorme (letteralmente parlando!) bagaglio che egli stava reggendo con entrambe le braccia, il ragazzo gettò un'occhiataccia in direzione della giovane strega.
«Frank, sta sfruttando anche te? Qui ci sono gli estremi per una denuncia!» esclamò Marlene, quasi ridendo.
«Dillo alla signorina qui presente!» ribattè Frank, scuotendo la testa e posando a terra la valigia. Di fianco a lui, Alice Prewett annuì, soddisfatta: «Dorcas mi ha detto che avevate bisogno di aiuto per il trasloco e allora ho gentilmente invitato Frank a proporsi come volontario per dare una mano!»
«Gentilmente?» domandò Hestia, aggrottando scetticamente le sopracciglia.
«Volontario?» le fece eco Frank.
«Non potevi usare anche tu l'incantesimo di levitazione che ho usato io? Avresti fatto molta meno fatica!» sentenziò Dorcas, scuotendo il capo.
«Lo avrei usato più che volentieri, se la mia fidanzata non mi avesse sequestrato la bacchetta magica!» esclamò Frank, ignorando la risatina che Alice si era lasciata sfuggire udendo il tono sarcastico usato dal ragazzo. «Dici sempre che vorresti frequentare una di quelle palestre babbane per tenerti in forma; ho pensato quindi di sfruttare questa opportunità per aiutarti a fare degli ottimi esercizi di sollevamento pesi! Non vi è bisogno di ringraziarmi, tesoro-»
Frank scosse la testa, socchiudendo appena gli occhi; Alice gli cinse quindi dolcemente il braccio, sorridendo, per poi stringersi a lui e posare la testa sulla sua spalla. La strega fece quindi vagare il proprio sguardo sui visi delle amiche, dischiudendo lievemente le labbra prima di riprendere a parlare. «Quindi- immagino che la casa sia ormai quasi pronta! Avete già portato qui tutte le vostre cose?» domandò.
«Sì-» rispose Dorcas. «E grazie al vostro aiuto finiremo di sistemare il tutto ancora prima! Grazie, davvero-»
«Figurati, Doe! A cosa servirebbero altrimenti gli amici? È stato un piacere!»
«Parla per te, tesoro-» mormorò ironicamente Frank, tra le risate di Hestia e Marlene
«Frank!» lo rimbeccò Alice, corrugando la fronte. «Mi sento decisamente più tranquilla a saperti qui, sommerso fra mille scatoloni pesanti, piuttosto che immaginarti di ronda là fuori per conto del Ministero!»
Sui visi dei ragazzi sembrò scomparire, quasi all'unisono, qualsiasi traccia di ilarità – per lasciare spazio ad un'espressione che non poteva non tradire la preoccupazione che vigeva nei loro pensieri. Il silenzio che, di colpo, sembrava aver avvolto l'intera villa venne rotto dalla voce di Hestia: «Quello che è accaduto nel quartiere babbano-»
Frank incrociò le braccia sul petto, socchiudendo per un istante le palpebre; la sua voce si articolò in un lieve sussurro, come se egli avesse sperato che pronunciare a bassa voce ciò che stava per dire vanificasse quanto verificatosi il giorno precedente. «Kingsley Shacklebolt mi ha fatto leggere le dichiarazioni di tre babbani, presenti nel momento in cui si è consumato l'attacco dei Mangiamorte: hanno raccontato di aver visto comparire due figure completamente vestite di nero, il viso celato da lunghe maschere argentate. I Mangiamorte – dei quali non è stato possibile verificare l'identità – hanno attaccato un piccolo locale babbano poco distante da Piccadilly Circus. Hanno ucciso dieci persone... Il Ministero ha successivamente modificato la memoria dei tre testimoni, affinchè essi non ricordassero più nulla»
«Il Primo Ministro babbano-» esordì Marlene, prima che Frank la interrompesse, scuotendo la testa.
«Sa già tutto – non che potesse fare più di molto, ad ogni modo. Probabilmente la versione ufficiale riportata alla stampa babbana parlerà di un qualche difetto all'impianto di riscaldamento del locale, o ad una morte accidentale per intossicazione; credo che anche per il Ministro babbano non sia decisamente un buon momento!»
«Oppure provvederanno ad insabbiare il tutto: sono degli esperti, in questo!» sibilò Dorcas.
«Trovo difficile riuscire a minimizzare la morte di una decina di persone» ribattè Frank, corrugando la fronte in un'espressione pensierosa e, al contempo, contrariata: «Non è difficile modificare i ricordi di due o tre testimoni, ma riuscire a tenere nascosto ad un'intera nazione quanto accaduto... Stiamo parlando di dieci uomini morti in un locale, in pieno giorno, senza il benchè minimo segno che possa far supporre l'utilizzo di una precisa arma. Il governo babbano sarà anche abile ad arginare una fuga di notizie che potrebbe allarmare la comunità, ma immagino che possa essere complicato cercare di trovare una spiegazione plausibile atta a giustificare come mai i cuori di dieci persone abbiano cessato di battere quasi all'unisono!»
«Anche i babbani dovrebbero essere informati: hanno il diritto di sapere che vi sono maghi e streghe pronti a sterminarli tutti pur di mettere in atto i loro folli propositi! Non sarebbe necessario parlare loro della magia e di tutto il resto; basterebbe dire loro di stare attenti e diffondere qualche foto dei più pericolosi Mangiamorte» disse Hestia
«E cosa potrebbero fare? Come potrebbero difendersi dall'Anatema che Uccide? È già difficile per noi maghi riuscire a combattere Voldemort e il suo esercito di Mangiamorte, Hes! Un babbano cosa potrebbe concretamente fare, se si trovasse di fronte un Mangiamorte intenzionato ad ucciderlo? Potrebbe fuggire? Non vi è casa, o edificio, o luogo babbano entro il quale un mago o una strega non possa Smaterializzarsi!»
«Vi prego, ragazzi, possiamo cambiare argomento?» sussurrò Marlene, incrociando le braccia appena sotto il seno; Dorcas si voltò verso l'amica, guardandola con uno sguardo preoccupato. «Lene, sai benissimo che puoi venire qui quando vuoi: io, Hestia e Mary abbiamo sperato fino all'ultimo che accettassi di venire a vivere con noi, ma capiamo il tuo desiderio di rimanere accanto alla tua famiglia! Però- non fatevi alcun problema a venire da noi, ok? Tu, i tuoi genitori, Alison... La porta sarà sempre aperta, ventiquattro ore su ventiquattro!» mormorò, posando la mano destra sulla spalla di Marlene.
«Grazie, Doe – ma non devi preoccuparti, ok? Il Ministero ha già provveduto ad inserirci in una sorta di “programma di protezione”; non è il massimo della vita, ma sento che non avremo alcun tipo di problema. L'articolo che papà ha insistito affinchè venisse pubblicato gli ha attirato non poche antipatie, ma Moody e altri Auror hanno concluso che le minacce che abbiamo ricevuto siano probabilmente opera di mitomani, non di veri Mangiamorte... Davvero, Doe, staremo bene!» disse Marlene, sorridendo – un po' forzatamente – nel tentativo di rassicurare l'amica. «E poi c'è un cagnaccio nero che si è offerto di perlustrare periodicamente la zona attorno a casa mia: chissà, magari qualche Mangiamorte è superstizioso a tal punto da rinunciare ad una spedizione punitiva nei nostri confronti, se mai dovesse vedere Sirius nella sua forma da Animagus! Egli ha solennemente promesso che non mi lascerà mai da sola, soprattutto quando i miei genitori dovranno compiere viaggi di lavoro: ho cercato di spiegargli che non ve ne è bisogno, ma non ha voluto sentir ragioni!»
«Chissà perchè...» disse Dorcas, sorridendo maliziosamente. Marlene roteò gli occhi, assumendo un'aria fintamente scocciata, prima di riprendere a parlare: «Ad ogni modo, state pur certe che verrò a trovarvi. Spesso. Potete già da adesso iniziare a preparare la stanza degli ospiti: il poster autografato da Celestina Warbeck va appeso esattamente accanto al letto, Doe – ricordatelo, mi raccomando!»
«Questi sono i veri problemi della vita-» concluse ironicamente Frank.

 

Incrociò le gambe, Lily, sedendosi vicino a Mary; la ragazza osservò i volti di coloro che, come lei, erano seduti uno accanto all'altro (a formare una figura che, almeno vagamente, avrebbe dovuto assomigliare ad un cerchio) sul pavimento della Sala Comune di Grifondoro – e, compiendo quella semplice azione, la giovane Evans non potè non scorgere, negli sguardi dei suoi amici, la stessa malinconia che, in parte, velava i suoi stessi occhi: Dorcas poggiava la testa sulla spalla di Caradoc, cercando di nascondere la tristezza che pervadeva i suoi occhi, ancora in parte inumiditi da piccole lacrime; Benjy guardava Mary, distogliendo rapidamente il proprio sguardo nel momento in cui la Grifondoro si voltava verso di lui; Remus parlava a bassa voce con Emmeline, mentre Peter – sdraiato supino – fissava, quasi in trance, un punto non ben specificato del soffitto della Torre di Grifondoro. Hogwarts sarebbe mancata a tutti loro, Lily ne era certa (e sebbene nessuno dei ragazzi lo avesse ancora detto apertamente, ad alta voce, le espressioni stampate quasi indelebilmente sui loro visi erano decisamente più eloquenti di mille parole). Fu James a rompere per primo il silenzio: «Ragazzi, è giunto il momento!» disse, estraendo la propria bacchetta dalla tasca della divisa; mosse appena la mano, accennando un elegante movimento verso destra. Una bottiglia di vetro, che emerse dall'oscurità che pervadeva l'area adiacente alla rampa di scale che conduceva al dormitorio maschile, si diresse – sospesa magicamente in aria – verso i ragazzi, seguita silenziosamente da almeno una decina di bicchieri. Sirius emise una sorta di ruggito in segno d'approvazione, scambiando uno sguardo complice con James e Benjy; Amelia, dal canto suo, scosse la testa, arricciando le labbra.
«Non ditemi che avete introdotto alcolici nella scuola...» mormorò, socchiudendo le palpebre e lasciandosi vincere da un sospiro ormai rassegnato. Quando riaprì gli occhi, Amelia incrociò lo sguardo soddisfatto e decisamente “malandrino” di James.
«Questa Burrobirra arriva direttamente dal negozio dei genitori di Rosmerta!» spiegò il ragazzo. «Durante l'ultima gita ad Hogsmeade, è riuscita a farcela avere ad un prezzo ragionevole – e non è poi così difficile riuscire a superare i controlli di Gazza, specie se si fa ricorso al giusto diversivo! Non vorrai toglierci dei punti, Amelia?»
«Chiuderò un occhio solo perchè è l'ultima sera che passiamo ad Hogwarts!» ribattè Amelia.
«E anche perchè dovresti spiegare come mai tu, l'impeccabile Caposcuola di Tassorosso, ti trovavi nella Sala Comune di Grifondoro nel bel mezzo del cuore della notte!» aggiunse Mary, reprimendo una risata nel momento in cui lo sguardo di Amelia – quasi offesa dal “tradimento” dell'amica – si posò sulla figura della bionda Grifondoro.
«Ben detto, Mary!» sentenziò James, afferrando la bottiglia di Burrobirra che ancora fluttuava davanti ai loro visi; il tappo della bottiglia saettò verso il soffitto della stanza nel momento in cui il ragazzo ne colpì la superficie con la punta della propria bacchetta. Riempiti i bicchieri di tutti i presenti, James si schiarì la voce: «Sapete tutti che i discorsi seri non sono decisamente il mio forte, ma sento il desiderio di dire qualcosa, in occasione di questa ultima nostra notte ad Hogwarts». Lo sguardo del Grifondoro passò velocemente da un viso all'altro, accompagnato dal silenzio che, di colpo, sembrava aver pervaso l'intera Sala Comune. «Sembra assurdo, non trovate? Queste sono le ultime ore che possiamo passare in questo castello... Mi risulta impossibile realizzare che domani mattina varcherò la soglia di questa Torre, portando con me la mia valigia, i miei effetti personali e i milioni di ricordi legati a questo posto, con la consapevolezza che a Settembre non sarò più qui. Non saremo più qui – quasi tutti noi non saremo più qui, perlomeno. Io- ricordo ancora la prima sera, quando ho potuto finalmente assaporare l'inizio di un'avventura che mai, mai avrei pensato potesse essere così speciale! Un'avventura che vorrei rivivere ancora, e ancora; un'avventura che mi ha regalato emozioni, speranze. Un'avventura che mi ha fatto crescere, e che ho avuto l'onore di condividere con delle persone speciali-». Alzò il proprio bicchiere in alto, James, sorridendo ad ognuno dei propri amici, per poi riprendere a parlare: «Ma non sono triste, dopotutto. Non sono triste perchè so che domani mattina inizierà una nuova avventura, ancora più grande di quella che, stanotte, stiamo per salutare. Domani inizia il nostro futuro, ragazzi – un futuro che ci sta aspettando e che si trova proprio al di fuori di queste mura, oltre le montagne più alte e le foreste più intricate che sembrano cullare e proteggere questa Scuola. Domani abbandoniamo le vesti di promettenti studenti e indossiamo quelle di giovani maghi e streghe pronti a scrivere il proprio futuro - pronti a vivere ogni singolo momento che questa vita vorrà regalarci, assaporandolo in ogni sua sfumatura! Domani inizia per noi un nuovo capitolo, lontano da questo leggendario e magico – magico per davvero! - Castello... Ma i legami che abbiamo creato in questi sette lunghi anni non svaniranno. Noi non svaniremo, mai! Non riesco ancora ad immaginare come sarà il mio futuro, ragazzi, ma so che voi ne farete parte. Per sempre, fino alla fine... Siamo diventati grandi insieme e insieme riusciremo ad affrontare quell'immenso viaggio che è la vita – e non importa se la Gazzetta del Profeta riporta ogni giorno notizie decisamente poco rosee circa quanto sta accadendo nel mondo magico: noi ce la faremo! Insieme, come lo siamo stati in questi anni...»
«A noi, gli unici studenti che sono stati capaci di provocare un esaurimento nervoso alla McGranitt!» esclamò ridendo Sirius, alzando anch'egli verso l'alto il proprio bicchiere ricolmo di Burrobirra. Gli altri ragazzi imitarono il gesto compiuto dai due Grifondoro, consumando il brindisi. Come se una lampadina si fosse di colpo accesa nella sua testa, James allontanò il bicchiere dalle proprie labbra, rivolgendo la propria attenzione a Sirius, Remus e Peter: «Ragazzi, non possiamo andare via da Hogwarts senza lasciare un regalo di addio al nostro amato Gazza!»
«Io avrei preferito recuperare una certa mappa dal suo ufficio» disse Peter.
«Temo che ormai non vi sia più alcuna possibilità di riottenerla indietro» gli fece eco Remus, scrollando appena le spalle. «Immagino che Gazza abbia provveduto a nasconderla per bene, anche se non credo abbia davvero compreso cosa ci ha requisito!»
«Anche in virtù di questo motivo, ho preparato un perfetto “biglietto di addio” per il custode!» disse Sirius, sorridendo soddisfatto. «Non voglio anticiparvi nulla, se non che domani mattina l'ufficio di Gazza potrebbe essere invaso da una quantità industriale di prodotti provenienti direttamente dall'emporio di Zonko!»
«Felpato, ho sempre detto che tu sei la mia anima gemella, il faro che rischiara le mie giornate!» esclamò James, dando una pacca sulla spalla dell'amico. «Basta, ormai ho deciso: più tardi ti aspetto nella mia stanza, così da lasciare per sempre una traccia del nostro amore fra le mura di questo Castello! Non sei gelosa, vero Evans?»
Lily scosse la testa, ridendo, mentre Sirius cinse scherzosamente le spalle dell'amico. «La tua stanza è anche la mia stanza, Ramoso! Questo non cambierà mai!» disse, passandosi una mano fra gli ondulati capelli castani.
«Era ora che ammetteste di essere innamorati l'uno dell'altro: è da sette anni che mi chiedo quando sarebbe arrivato il momento di condividere il mio fidanzato con te, James!» disse Marlene, scoccando un'occhiata divertita ai due ragazzi. «Sappi però, caro il mio Potter, che non rinuncerò tanto facilmente al mio Cagnaccio!»
«Lo terrò a mente, 'Lene» disse James, per poi abbassare il tono di voce tanto quanto bastava per fingere di voler riferire a Sirius un qualcosa che doveva rimanere un loro segreto: «Credo che la tua fidanzata ci abbia scoperti, Felpato! Dovremo essere più furbi e attenti, se vogliamo consumare il nostro amore!»
Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere – e quelle spontanee risate (leggere e libere di librarsi nell'immensità della notte) si articolarono come il perfetto commiato per un'avventura che, in quella stessa notte, trovava la sua degna conclusione...


 

Spazio dell'autore:
Ciao a tutti! Se state leggendo questa nota finale significa che avete letto il primo capitolo della mia long – e già solo per questo non posso che rivolgervi un grande e sincero Grazie! Si tratta di una storia che pianifico da quasi un anno, e finalmente mi sono convinto di avere a disposizione la maggior parte degli elementi per iniziarne la stesura “ufficiale”; è una storia a cui tengo moltissimo e, proprio per questo motivo, vi inviterei (se lo vorrete) a farmi sapere cosa ne pensate circa la trama, circa i personaggi e l'evolvere delle storyline. Vi chiedo di usare la massima sincerità: proprio perchè si tratta di una FanFiction che mi sta molto a cuore, vorrei cercare di migliorare il tutto quanto più possibile, ed è per questa ragione che vi invito a farmi presente le vostre impressioni – nel bene o nel male! Non mi offendo, ci mancherebbe ahahah :3

Chi di voi ha letto i romanzi della saga di Harry Potter avrà riconosciuto sicuramente i vari personaggi che sono apparsi in questo primo capitolo: la maggior parte di loro fa parte dell'Ordine della Fenice, l'organizzazione fondata da Albus Silente per combattere – durante la Prima Guerra del Mondo Magico – Voldemort e i suoi Mangiamorte; si tratta di personaggi di cui non sappiamo molto – la cosiddetta Old Generation mi ha sempre incuriosito moltissimo! Ragion per cui ho deciso di provare a narrare quanto, almeno secondo la mia immaginazione, può essere accaduto prima dell'inizio della saga che tanto amiamo! So già che scrivere questa FanFiction mi porterà a sperimentare un'incredibile tristezza e ci tengo quindi a scusarmi preventivamente con chi vorrà continuare a leggere questa storia per la venatura decisamente “angst” che, talvolta, potrà permeare i vari capitoli!
Qualche piccolo appunto: Dorea Black, dai più considerata la madre di James (sebbene vi siano ancora delle ipotesi e pensieri contrastanti a riguardo – in mancanza di una “conferma regina”), è morta nel 1977 – ma mi sono permesso di rivisitare il tutto, tant'è che nel 1978 (anno da cui prende avvio questa FanFiction) ella è ancora viva. Analogamente, sappiamo che alcuni dei membri dell'Ordine della Fenice sono morti a poche settimane di distanza l'uno dall'altro, relativamente poco tempo prima che Voldemort cadesse: sempre per esigenze legate all'evolvere della storyline, ho preferito dilazionare meglio il tutto, ragion per cui – escluse alcune date precise, canoniche e ormai assodate, quali per esempio quella della nascita di Harry o quella della tragica morte di Lily e James – alcuni avvenimenti potrebbero risultare essersi verificati non esattamente a ridosso della morte dei Potter (si tratta di una storia di cui conosciamo già il triste epilogo, capite che sarebbe stato insano e leggermente masochista concentrare troppi eventi traumatici nell'arco di pochi giorni!)
Mi sembrava corretto specificare tutto ciò!  
I prestavolti associati ai personaggi sono frutto di una scelta puramente “ludica”: mi piace pensare che questa FanFiction possa articolarsi come una sorta di connubio fra una storia romanzata e una serie televisiva (anche se, in questo caso, su carta) – ragion per cui ho scelto un ipotetico cast. Sebbene io per primo ami perdermi nella scrittura e nella lettura delle descrizioni fisiche – e non – dei personaggi di un racconto, così da poter creare nella mia mente una personale versione dei protagonisti, ho pensato che potesse essere divertente immaginare degli attori cimentarsi in questi ruoli, proprio come se si trattasse di un telefilm. Non si tratta, però, di un espediente adottato per “aggirare” le descrizioni dei personaggi: non mancheranno, infatti, passi volti a delineare gli aspetti fisici dei protagonisti, proprio per permettere a chi ama costruire i personaggi nella propria mente di saltare e ignorare il set di attori che ho selezionato! Mi pare più che giusto ribadire che quasi tutti i personaggi che compariranno in questa FanFiction sono frutto del genio, del talento e della fantasia di J. K. Rowling – e ho deciso di scrivere questo racconto senza alcun fine di lucro! Just saying...



E... Basta, direi! Grazie mille ancora per aver dedicato parte del vostro tempo a questo primo capitolo!
Aspetto i vostri pareri!! A presto!
Matteo

 


Main Characters: [Julian Morris as James Potter; [Karen Gillan as Lily Evans; [Ben Barnes as Sirius Black; [Andrew Garfield as Remus Lupin; [Max Irons as Peter Minus; [Theo James as Caradoc Dearborn; [Nathan Owens as Benjamin Fenwick; [Dianna Agron as Mary MacDonald; [Laura Vandervoort as Dorcas Meadowes; [Jennifer Lawrence as Marlene McKinnon; [Lindsey Morgan as Hestia Jones; [Nathaniel Buzolic as Frank Paciock; [Jenna Louise Coleman as Alice Prewett; [Anna Kendrick as Amelia Bones; [Crystal Reed as Emmeline Vance
   
 
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