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Autore: Mia addams    03/08/2015    2 recensioni
Il mio nome era Lily Potter. La mia vita non poteva definirsi noiosa ma di certo non era all'altezza della vita che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita.
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lysander Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Il venerdì diciassette non porta mai bene.



Essere me era come impazzire, in tutti i sensi. Non sapevo mai come potevo svegliarmi la mattina, se la mia luna sarebbe stata piena, mezza o a tre quarti. Un giorno potevo essere fuori di me dalla gioia da far spavento e mettermi a ballare sul divano della Sala Comune, un altro giorno poteva accadere che fossi furibonda col creato per un qualche strano motivo impreciso, un altro giorno ancora potevo essere ottimista, per poi piombare in batter d'occhio nel famoso pessimismo cosmico. Potevo scervellarmi per ore intere a pensare al passato e a come io e Scamander eravamo giunti ad un punto morto e all'improvviso potevo benissimo accantonare quel pensiero per dedicarmi alle indagini degli incidenti nel mondo dei Babbani, informazioni che Hagrid era stato costretto a cedere e di cui io rivendicavo il merito.
Quel mattino avrei dovuto svegliarmi esultante, piena di forze, piena di voglia di scendere in campo e mettermi in gioco. Finalmente, ero riuscita a ricavare qualcosa di buono la sera precedente e a mettere fondamenta necessarie per la mia nuovissima missione. Inutile dire che, invece, quel venerdì mattina non mi sentii molto felice. Piuttosto, mi sentivo stranamente turbata: avevo addosso quella strana sensazione di catastrofe imminente che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
Quando aprii gli occhi mi trovai di fronte il mio dormitorio completamente sottosopra: il Kneazle che avevo portato di nascosto al castello stava appena finendo di mangiucchiare il mio cuscino e le coperte scarlatte del baldacchino si trovavano per terra, in brandelli come se fossero appena sopravvissute alla seconda guerra mondiale. Forse era quella la catastrofe imminente che aveva pervaso i miei pensieri.
Mi resi conto solo in quel momento che era venerdì diciassette.
E infatti, come volevasi dimostrare da quella mattinata iniziata in maniera poco tranquilla, quasi tutta la Torre di Grifondoro mi vide correre a perdifiato spettinata, con un assurdo pigiamino viola che faceva a pugni con la mia chioma fiammante e con un Kneazle impazzito tra le mani per tutti i dormitori chiamando a squarciagola mio cugino Hugo e travolgendo chi stava uscendo per andare a fare colazione in Sala Grande, innescando proteste e forti imprecazioni.
« Tutto bene, Potter? » mi chiese un tizio allampanato del quarto anno, quando mi vide sfrecciare per la torre.
« Una meraviglia! » risposi, con abbondante sarcasmo.
Udii delle risatine generali che eruppero da tutte le parti mentre cercavo di calmare la bestiola che avevo in grembo, voltandomi verso le voci familiari di Louis, Frank e Fred, che era piegato in due dalle risate e mi indicava ripetutamente e senza discrezione alcuna.
« Dove hai trovato questo coso peloso? » esordì quest'ultimo, ridendo senza pudore.
« Sì, come hai fatto a trovare un Kneazle in dormitorio? » chiese Frank, sbalordito.
« Lunga storia! »
« Non desideriamo conoscerla. » ci tenne a precisare Frank, afferrando Fred per le spalle.
« Oh, sì che lo desideriamo! » aveva esclamato Fred, mentre veniva trasportato di peso fuori dall'amico.
Cercando di mostrare del decoro dinanzi alla Caposcuola di Grifondoro e pregando il cielo di non incontrare il Capitano Baston in quello stato per nulla conforme alla dignità che avrebbe dovuto possedere un giocatore di Quidditch della sua squadra, mi recai da Hugo in dormitorio, che mi accolse con un: « Miseriaccia! » urlato a gran voce mentre si infilava velocemente i pantaloni, seguito da un delicatissimo: « Ti sei fottuta il cervello? »
Una volta che ebbi sistemato la faccenda e essermi promessa solennemente di riportare la bestiola ad Hagrid il prima possibile (anche per tentare di estrapolargli qualche altra informazione), mi preparai, sistemai la stanza a colpi di bacchetta e scesi per unirmi ai miei cugini in Sala Grande per la colazione. Proprio mentre stavo mettendo piede nella Sala Grande per darci dentro con la colazione e raccontare a Fred di come ero venuta in possesso dell'animale, dal grosso portone di quercia uscì Dominique, con l'aria di chi non aveva toccato neanche un una fetta biscottata ma di chi si era rimpinzata di caffeina.
« Lis, sei viva. » fece lei contenta di vedermi, come se mi stesse aspettando con ansia e non desiderasse altro che parlare con me.
« Dominique, dormito bene? » le risposi in fretta e per nulla interessata a conversare con lei.
Notai che aveva un sorriso radioso e malizioso allo stesso tempo, il che non mi fece pensare a nulla di buono dato che ciò che metteva di buon umore Dominique poteva essere solo qualcosa che allarmava il resto delle persone. Inaspettatamente, mi prese rudemente per un braccio e mi trascinò lontano dal portone della Sala Grande, in un corridoio deserto lì vicino.
« Dominique? » chiesi incerta, ignorando il fastidio che mi avevano provocato le sue unghie curate conficcate nel mio braccio.
Lei mi rivolse l'ennesimo sorrisetto malizioso.
« Ti devo dire una cosa. » annunciò, con trepidazione.
Fu con la sensazione che non potesse essere niente che avrebbe reso la mia giornata migliore che mormorai: « Ti ascolto... »
« Non si tratta di me, se te lo stai chiedendo. » mia cugina mise fine ai miei pensieri estremamente perversi e fece una risatina tintinnante, molto francese e molto simile a quella della madre. La risatina che aveva infastidito per anni tutta la famiglia. « Si tratta di te. »
Alzai lo sguardo su di lei con vivo interesse. « Ti ascolto molto attentamente. »
« Ho sentito Scamander parlare di te con Jerald e Dean, ieri sera. »
Sgranai gli occhi, visibilmente impressionata dall'improvvisa confessione tanto che il mio cuore aveva cominciato a battere in maniera fastidiosamente frenetica. Dentro di me conoscevo bene il motivo ma non volli neanche far prendere forma al pensiero.
« Dovevi aver bevuto molto. » replicai, dopo qualche attimo, cavalcando un'onda a cui io non credevo.
« Certo che no. » rispose Dominique, stizzendosi. « Era notte fonda, ho dovuto attendere che andassero a dormire per far uscire Mark dai sotterranei. Non potevo rischiare che li sorprendesse a parlare di te, così ho ascoltato la loro conversazione con la scusa di verificare il via libera. »
« E il caro Mark cosa ci faceva nella tua stanza, ti aiutava a pettinare le bambole? » indagai, e stavolta fu il mio turno di sorridere maliziosamente.
« Non ci sono mai troppe mani per pettinare le bambole, ricordatelo. » ci tenne a puntualizzare Dominique, ricambiando la smorfia divertita.
Preferii mettere una pietra sopra all'inquietante metafora utilizzata da mia cugina e mi limitai a nascondere le risatine con dei lievi colpetti di tosse.
« Tornando a noi. » riprese Dominique, lanciando uno sguardo accattivante al Corvonero di cui parlavamo un attimo prima, che era appena uscito dalla Sala Grande. Non appena ci vede decise che un altro giretto in Sala per una seconda colazione non gli avrebbe fatto male. « Non si imbarazza così facilmente, te lo posso assicurare. Dicevo, ho sentito chiaramente Scamander rivelare agli amici di aver saltato un appuntamento con Cassandra Smith per stare con te. »
Cercai di non apparire agitata dalla dichiarazione fatta da mia cugina nonostante avessi tutte le buone ragioni per farlo.
« Jerald e Dean hanno detto che ha fatto benissimo a non andare all'appuntamento con la Smith. »
Nel mio animo si faceva largo una strana sensazione che non aveva niente a che vedere con la ricca colazione di cui avrei potuto godere quella mattina.
« Ma lui ha detto che gli dispiaceva di aver saltato un appuntamento e ha inveito contro Jerald e Dean accusandoli di detestare quella patetica Smith solo per il fatto che anni fa lei diede buca ad entrambi. »
Feci una smorfia disgustata, arretrando con la fronte contratta. Avrei tanto voluto che mia cugina mi risparmiasse la parte in cui mi parlava di uno Scamander tanto impegnato a mostrarsi contrito per aver dato buca alla sua adorata frequentante, rimpiangendo il tempo che aveva passato in compagnia di una vecchia amica quale ero.
Serrai i pugni e tentai in tutti i modi possibili di nascondere il fastidio. Non gli avevo di certo chiesto io di passare del tempo insieme.
Dominique parve insoddisfatta dalla mia assenza di risposte. « Beh, allora? » fece, dandomi una manata sul gomito e annuendo in mia direzione.
« La faccenda non mi riguarda affatto. » fu la mia secca risposta, l'eccitazione totalmente sparita dal mio animo lasciando spazio alla delusione.
Dominique trovò interessante la mia ultima affermazione tanto quanto avrebbe trovato interessante un capo acquistato ad un mercatino delle pulci. Aprì la bocca per dire qualcosa ma in quello stesso momento Cassandra Smith aveva varcato la soglia della Sala Grande in compagnia delle sue amiche e aveva lanciato un'occhiata malevola a mia cugina e una di profondo disgusto a me.
Dominique fece una risatina cattiva, che le si addiceva particolarmente.
« Lei sa. » ci tenne ad informarmi, dando le spalle alla sua acerrima nemica e facendomi un occhiolino complice.
Ricambiai l'occhiataccia della Smith senza timore alcuno, studiando la sua espressione ripugnata. « E tu che ne sai? »
« Cugina. » esordì lei, facendo sfoggio di un sorrisetto demoniaco degno di nota. « Ti pare che non sappia riconoscere una persona invidiosa quando ne vedo una? »
« Non credo che lei sia... »
« Lascia fare. » mia cugina mi aveva nuovamente afferrata per un braccio, conficcandomi le lunghe unghie nella carne. Soffocai una bestemmia che avrebbe fatto rabbrividire pure un camionista. « Potrei avere l'onore di sapere dove ti saresti andata ad imboscare con Scamander? »
« Non mi sono imboscata con lui da nessuna parte. » risposi in fretta, scrollandomi gli artigli di mia cugina dal braccio. « E abbassa quella voce! »
Dominique mi rivolse l'espressione più scettica del mondo.
« Dico sul serio, non ho niente da condividere con quell'individuo biondo. »
« Se lo dici tu. » fece spallucce mia cugina mentre facevo per andare via a godermi la colazione, troppo scombussolata per fare altro che non fosse ingozzarmi di cibo. « Ah, un'ultima cosa. Se teneva davvero a lei non avrebbe mai saltato un appuntamento. Se io fossi in te mi deciderei a fare qualcosa. » concluse, allontanandosi con la borsetta firmata a tracolla.
« Non sai quel che dici! » protestai, correndole dietro mentre mia cugina sgambettava via a passo rapido e deciso. « Domi, non metterti in testa strane idee, mi hai sentita? E non fare niente che potrebbe indurmi a gettarti dalla Torre Nord e farlo passare come un increscioso incidente! Sono stata chiara? »
In tutta risposta, Dominique non fece che ignorarmi senza alcun rimpianto, sventolando la mano nella mia direzione fin quando non sparì dalla mia vista, lasciandomi sola con i miei pensieri e dubbi amletici che non facevano che tormentarmi. Scossi il capo ed entrai in Sala Grande, individuando il biondino che faceva colazione insieme a Jerald e Dean al tavolo dei Serpeverde e puntando con decisione verso la mia tavolata senza degnarlo di ulteriori sguardi.
« Che fine hai fatto? » chiese Hugo incuriosito, quando mi unii a lui per la colazione. Con uno sguardo accusatorio, ci tenne a precisare: « Hai fatto sparire quell'orribile gattaccio puzzolente dalla Torre di Grifondoro, spero. »
« Sì, ho dovuto trasfigurare il comodino in una gabbia per tenerlo a bada. Non che sia riuscito molto bene l'incantesimo: più che una gabbia sembrava una massa informe bucherellata. »
« Non so proprio come abbiamo fatto noi due a superare i GUFO di Trasfigurazione l'anno sco... »
L'ingresso in Sala Grande di Isabel Zabini, Caposcuola di Serpeverde, lo mise prontamente a tacere.
Isabel era la sorella di Simon Zabini. A differenza del fratello, la sua pelle era olivastra, aveva una cascata di capelli castano chiaro e un seno davvero enorme che non passava di certo inosservato. I tratti di Isabel erano duri, poco fini, il naso era abbastanza pronunciato e le guance erano ossute ma possedeva un fascino tale da non farmi biasimare per nulla i ragazzi della scuola.
« Merlino, i miei occhi non meritano di posarsi su tale bellezza celestiale... » fu il moderato commento di mio cugino.
« Oh, per favore. » sbuffai, scuotendo il capo alla vista di Fred, a bocca aperta e con una forchetta ferma a mezz'aria.
« Tu non capisci. Non possiedi il suo fascino. »
« Non c'era bisogno fossi così gentile. » sbottai, facendo roteare gli occhi. « E quella da dove spunta? » feci caso solo in quel momento alla copia della Gazzetta del Profeta accartocciata nella borsa di mio cugino.
Hugo si riscosse dalla contemplazione della ragazza. « L'ho trovata in Sala Comune stamattina. Meglio se dai uno sguardo... »
Mi ficcai una brioche intera in bocca e tuffai la testa nel giornale, ignorando di buon grado il resto della colazione. In effetti, dopo aver letto l'articolo indicatomi da mio cugino, mi si chiuse così tanto lo stomaco che avrei volentieri detto addio alla colazione.
« Come sarebbe a dire che il quartier generale degli obliviatori e il comitato scuse ai Babbani sono piombati ieri sera a Londra in un centro Babbano? » sussurrai, sconvolta dalla notizia. « Come mai quelli del Ministero si trovavano nella Londra Babbana? Deve essere successo qualcosa che ha a che fare con gli incidenti che ci diceva Hagrid, ma questo articolo non ci dice praticamente nulla. »
Hugo annuì, poco convinto. « Beh, avrebbero dedicato più parole se fosse stata una cosa importante, non credi? »
« Non ne sono sicura. » mormorai, facendo attenzione a tenere bassa la voce. Mi avvicinai all'orecchio di mio cugino, guardandomi intorno con sospetto. « Penso che dovremmo spiare i professori. Loro sono in contatto col Ministero, altrimenti Hagrid non avrebbe saputo nulla di questa faccenda. »
« Brown e Lumacorno sembrano obiettivi facili. » aveva approvato senza riserve mio cugino.
« No, il vecchio Luma e la McGranitt sono tazza e cucchiaio, Coleman non se ne parla neanche e che Godric ci punisca severamente se ci venga anche solo in mente di spiare Neville. Per adesso concentriamoci su Brown e teniamoci lontani dai guai. »
Mio cugino annuì di nuovo.
« Non che ci venga molto bene tenerci lontani dai guai, a dire il vero. » ammisi, infine.




Dopo aver preso il primo Troll in Trasfigurazione dell'anno e inaugurato l'evento con una grossa bestemmia urlata nel bel mezzo del corridoio del primo piano e che fece togliere a Grifondoro ben dieci punti, che sarebbero arrivati anche a cinquanta se Hugo non avesse avuto la brillante idea di chiudermi la bocca con un incantesimo tacitante, io e mio cugino ci trascinammo rispettivamente in maniera funerea e divertita allo stesso tempo nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure, dove ad attenderci vi era tutta la classe al completo e lo strambo professor Brown.
« Ah, ragazzi! » ci accolse il professore, alzando gli occhi dai fogli di pergamena che erano disposti sulla sua cattedra. « Come mai così in ritardo? »
« Il Caposcuola le ha tolto dieci punti per aver bestemmiato in corridoio e abbiamo perso tempo. E indovinate chi glieli ha tolti? Baston! Assurdo, vero? » rispose Hugo, tra una risatina e l'altra. Un paio di Grifondoro cominciarono a protestare e mio cugino si volse verso di loro: « Dieci punti che potevano essere molti di più se il mio genio non mi avesse illuminato per... »
Gli tirai un violento pestone e lo pietrificai con lo sguardo, mentre lui continuava a ridacchiare in maniera fiera e soddisfatta e si apprestava a prendere posto al solito banco dietro ai gemelli Scamander. Nel passare tra i banchi, ignorai le due specifiche postazioni come se nessuno di carne e ossa avesse occupato lo spazio circostante: ero decisa a non prendere in considerazione Scamander neanche per un saluto, per il resto dei miei giorni.
« Sei un morto che cammina. » sibilai minacciosa verso mio cugino, una volta accomodati nei nostri posti.
Il professore si riscosse dal momento di ilarità.
« Stavo appunto dicendo prima dell'arrivo dei vostri compagni. » proseguì, sedendosi sulla cattedra proprio davanti a Lisa e Katie, che sospirarono rumorosamente, dimenticando in un baleno la faccenda dei punti sottratti. « che il test scritto di stamattina prevede una serie di domande che riguardano voi e voi soltanto, sono omessi gli argomento di studio. »
L'insegnante cominciò a gironzolare in giro per la classe, cosa che detestavo: avevo la terribile sensazione di essere estremamente controllata. I colli di Lisa e Katie si torcevano dappertutto per seguire i movimenti del professore mentre Matthew Ford dovette fare particolare attenzione alle sigarette che stava rollando sotto al banco.
« Un test molto personale, in ogni caso, che permette alle vostre capacità ma soprattutto alle vostre incertezze di uscire allo scoperto. In poche parole: ho bisogno di capire come ve la cavate in presenza di qualche pericolo e minaccia. »
Un silenzio eccitato accolse quelle parole; dal mio canto, mi sentivo piuttosto stordita.
« A cosa serve davvero questo test, professore? » chiese Lorcan incuriosito, il tono di chi aveva capito più di quanto l'insegnante non avesse proferito.
« Beh... » Brown ci diede le spalle, tornando alla cattedra. « Magari un giorno lo saprete, ma non adesso. »
Riprendendomi dal caos infernale presente nella mia testa, fissai intensamente mio cugino e alzai un sopracciglio con eloquenza. Lui ricambiò, annuendo come se mi avesse letto nel pensiero. Era chiaro che Brown desiderava ardentemente conoscere le nostre debolezze e i nostri punti di forza per allenarci in maniera perfetta al combattimento.
Afferrai il foglio che l'insegnante aveva fatto planare su ognuno dei nostri banchi e mi affrettai a dare un'occhiata alle domande. Sembravano parecchio elaborate per essere un semplice test. Stavo giusto per sussurrare nell'orecchio di mio cugino quando vidi una folta chioma di capelli biondi muoversi all'interno del mio campo visivo.
« Sono le stesse domande? » mi chiese Scamander, che si era voltato verso di me e mi fissava con i suoi intensi occhi verdi.
Aveva indicato il suo foglio che aveva riposto sul mio banco, a pochi centimetri dalla mia mano.
Controllai entrambe le pergamene con la malsana idea di avvicinare la mia mano alla sua. « Sì, stesse domande. » confermai con tono estremamente freddo, tornando a fissare con insistenza i suoi occhi che si spostarono velocemente prima per tutta l'aula e poi sul mio foglio di pergamena, poco inclini a sostenere con me il contatto visivo.
Forse il ragazzo si aspettava che gli parlassi con una certa confidenza dopo la serata che avevamo passato insieme ma se stare insieme era stata solo una perdita di tempo che aveva fatto nascere un rimpianto non vedevo il motivo per il quale avrei dovuto comportarmi come se fossi una sua amica.
Vidi un lampo di delusione guizzare nei suoi occhi quando lo ignorai di buon grado, fingendo di prestare attenzione alle domande. In realtà, i miei occhi era fissi in un punto preciso della pergamena, la mente troppo occupata per riuscire a leggere anche solo una riga.
« Allora, siete pronti? Iniziate! »
La voce del professore mi fece sussultare violentemente. Scamander sbuffò impercettibilmente e mi diede le spalle, accarezzandosi la nuca con un gesto distratto. Dal mio canto, intinsi la piuma nell'inchiostro sentendomi vagamente in colpa.
Decisamente, non riuscivo proprio a tenermi lontana dai guai.




Dopo aver affrontato un dormitorio distrutto di primo mattino e gli scarsi tentativi di domare un Kneazle impazzito, le irritanti dichiarazioni di Dominique, un del tutto inutile articolo di giornale, il primo Troll in Trasfigurazione, un enigmatico test che supposi mi sarebbe costato molto caro e la fastidiosa presenza di Scamander per un'ora di lezione, fato volle che quella giornata non fosse finita per me. E dato che la vita non mi aveva punita abbastanza per i miei peccati, avrei dovuto lavorare due ore extra con il mio compagno di lavoro che, caso voleva, fosse proprio colui che avevo deciso di ignorare eternamente.
E per completare quel venerdì diciassette, la cosa su cui dovevamo lavorare era la Legilimanzia.
Naturalmente, non vedevo l'ora di mostrare senza pudore i miei ricordi più intimi e rischiare non solo la mia reputazione ma soprattutto il mio decoro, credeva con convinzione il mio adorabile insegnante.
E quella fu la mia condanna a morte o la catastrofe imminente...
« Che aula ci hanno assegnato? » chiesi, affacciandomi in ogni aula libera e mantenendo un passo decisamente più veloce rispetto a quello del mio compagno per mettere debita distanza tra me e lui.
« Aula tre in fondo al corridoio. » rispose il biondino. « Nell'aula accanto alla nostra ci saranno Lorcan e Justin. Credo che le loro urla rimbomberanno in tutto il corridoio. »
Sorrisi approfittando del fatto che Scamander non potesse vedermi. « Pensa se rimbomberanno le nostre... » mormorai, con sarcasmo.
Scamander fece una risatina imbarazzata mentre spalancavo la porta dell'aula con un violento calcio degno di essere chiamato tale, il cui rumore fece eco nell'intero corridoio deserto. Inutile dire che mi sentivo in trappola: temevo che se non avessi bloccato la mente sarebbero usciti fuori ricordi fin troppo personali, fin troppo intimi, da poter mostrare a lui. Non sapevo a che gioco stesse giocando Brown ma la cosa non mi piaceva. Non mi piaceva per niente.
Guardai il mio compagno di lavoro con uno strano sguardo incupito. Se ne stava a capo chino ad osservare un cuscino per terra e ci giocherellava col piede, senza dire una parola e incapace di stare fermo. Si vedeva lontano un miglio che era nervoso quanto me tanto che appariva iperattivo.
« Hai paura? » mi venne da chiedere, senza riuscire a trattenermi.
« Sono solo nervoso. » mi rispose lui prevedibilmente, non staccando neanche per un attimo gli occhi dal pavimento. « Sai, la penetrazione nella mente... »
Mi chiesi cosa avesse da nascondere.
« Mi raccomando, Scamander, niente incantesimi non verbali. » lo minacciai, sfoderando la bacchetta e ponendomi al centro della stanza, assicurandomi la salvezza dietro un grosso cuscino rosso.
« Niente incantesimi non verbali. » mi sorrise lui, avvicinandosi a me, sfoderando a sua volta la sua bacchetta. Ci fu un attimo di silenzio in cui entrambi ci fissammo intensamente e in cui sentii in maniera piuttosto chiara il mio cuore fare una capriola. « Vuoi iniziare tu? »
Annuii, con la gola secca.
« Sei pronta? »
Annuii nuovamente, mostrandomi determinata.
« D'accordo. Uno... » cominciai a contare, concentrandomi sulle sue iridi. « due... tre... Legilimens! »
In un attimo la mia mente si riempì di ricordi. Vidi un bambino biondo giocare con un giocattolino a forma di drago sul pavimento del salotto insieme al suo gemello. Erano due volti che in passato avevo conosciuto bene. Non avrei potuto non riconoscere i gemelli Scamander, avevo passato la mia intera infanzia insieme a loro con i miei cugini, come se fossimo tutti una sola famiglia.
In un lampo, i due gemellini biondi sfumarono: vedevo solamente un adolescente, alto, mingherlino e biondo. Lysander poteva avere tredici o quattordici anni e sembrava prossimo ad un appuntamento romantico dal modo in cui si sistemava la t-shirt nera e i pantaloni in pelle abbinati, con tanto di polsini e gelatina tra i capelli.
Poi non vidi più nulla e caddi per terra con uno schianto, affondando sui cuscini.
Guardai il ragazzo: sembrava parecchio scosso.
« Non credevo di riuscirci subito. » furono le mie prime parole, quasi come a giustificarmi o scusarmi con lui per l'intromissione all'interno della sua mente.
« Sei stata magnifica, non tutti ci riescono la prima volta. » mi rispose lui, accennandomi un poco sorriso.
Era scosso da brividi e aveva il respiro affannoso.
« Non volevi che vedessi l'ultimo ricordo? » mi lasciai scappare, maledicendomi un attimo dopo per la sfrontatezza.
« No. » rispose Scamander, timidamente. « Non volevo lo vedessi. »
Mi tese la mano con una smorfia e l'afferrai, rialzandomi a fatica. Avevamo nuovamente preso posizione al centro della stanza, posizionando bene i cuscini alle nostre spalle a colpi di bacchetta.
« Vuoi riprovare? » mi chiese, in tono professionale.
Annuii e riprovai l'incantesimo per ben quattro volte di seguito, fallendo miseramente nell'impresa.
O il mio incantesimo non era abbastanza potente o lui si stava concentrando in modo perfetto, non avrei saputo dirlo. Stava di fatto che non riuscii ad evocare neanche uno straccio di ricordo.
« Dovremmo... fare cambio. » proposi, a malincuore.
Il ragazzo annuì di fronte alla mia proposta, puntandomi contro la bacchetta e inspirando profondamente. « Uno... »
Tentai in tutte le maniere possibili di chiudere la mente ma non avevo idea di come avrei potuto cavarmela quella volta. A dire il vero, non sapevo neanche bene come svuotare la mente ed ero troppo nervosa per non pensare a niente.
« Due... tre... Legilimens! »
Quel che sentii un attimo dopo l'incantesimo fu un forte dolore alla testa, seguito a ruota da un ricordo che pareva molto vivido nella mia mente. Il ricordo mostrava me e mio cugino Hugo che correvamo a perdifiato nel corridoio del primo piano, inseguiti da un paio di folletti della Cornovaglia. Ricordavo con gioia quel giorno: era la seconda lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Eravamo al nostro secondo anno e durante quella lezione avevamo aperto di nascosto la gabbia dei folletti, che volarono allegri per tutta Hogwarts prima che la Preside trovasse un modo per stanarli tutti.
Il secondo ricordo che seguì era molto recente e mostrava me e i miei genitori che litigavamo. Poi tutto parve finire quando meno me l'aspettassi e caddi ancora una volta sui cuscini.
« Non riuscivo a bloccare la mente. » borbottai, distesa e priva di forze.
« Non c'è problema, non riesce sempre al primo colpo. Vuoi che ci fermiamo? Stai bene? » mi chiese piano, come se si aspettasse che lo colpissi accusandolo di aver violato i miei ricordi privati.
« Sto benissimo. » mentii, alzando lo sguardo su di lui e accennando un falso sorriso. « Riproviamo. »
Con estrema riluttanza, il ragazzo eseguì nuovamente l'incantesimo e io gli mostrai per la seconda volta tutti i miei ricordi, incapace di bloccare il flusso dei miei pensieri. In quel ricordo, Simon Zabini appariva vivido come se l'avessi avuto di fronte: riconobbi il giorno in cui ci eravamo messi insieme.
« PROTEGO! » riuscii ad urlare, ed entrambi piombammo a terra con un tonfo rumoroso, mancando i cuscini e battendo la testa sul pavimento freddo della stanza.
« Quell'ultimo ricordo. » esordì Scamander a fatica, ancora a terra, steso dalla potenza dell'incantesimo ma comunque in vena di chiarimenti nonostante l'affanno. « Eravate tu e Zabini? »
« Sì. » risposi, alzandomi da terra scossa da forti tremiti, pensando che sapesse benissimo chi fosse Simon Zabini dato che dormiva nel letto di fronte al suo da sei anni a quella parte.
« Vi stavate quasi baciando. »
« Acuto. »
« Siete stati insieme parecchio? » volle sapere, con estremo distacco.
« Qualche mese, credo. Ma stiamo parlando di tre anni fa. » replicai, non sapendo dove volesse arrivare e trovando strano che non sapesse sul serio quanto tempo il suo compagno di stanza e di corso avesse avuto una relazione con una delle ragazze più popolari della scuola.
« Meglio se ci fermiamo, sei molto pallida. »
« Possiamo continuare. » insistetti. « Non fare il timido, Scamander. Devo riuscire a bloccare la mente. »
« Come sei testarda. »
« È il nostro compito. »
Sentii il ragazzo sospirare mentre mi concentravo. « Un'ultima volta, d'accordo? »
« Sì, come vuoi. » lo accontentai.
Scamander fece un colpetto di tosse nervoso, puntandomi di nuovo la bacchetta contro decisamente più insicuro e poco convinto di quel che stesse facendo. Per quanto riguardava me, sebbene non mi sentissi nel pieno delle forze, ero più che determinata a bloccare la mente da penetrazione esterna. Cosa sarebbe successo se qualcuno fuori dalla scuola ci avesse provato? Dopo tutto quello che stava succedendo, dovevo essere capace di stanare attacchi di magia avanzata.
« Pronta? Legilimens! »
Sprazzi di ricordi invasero le nostri menti, quella volta in maniera meno vivida di prima. Io che urlavo contro James e Albus a dieci anni, io e mio cugino nell'ufficio della Preside che ci rimproverava di non dover usare Passaporte illegali all'interno della scuola, io che facevo a botte con una grossa ragazza per aver preso in giro mia cugina Rose e, infine, io e Scamander durante la vacanza di quello stesso anno che ci rotolavamo nel fango, finendo l'uno accanto all'altro.
Il ricordo svanì in fretta così com'era iniziato, lasciando spazio alla delusione: era stato lui ad interromperlo.
« Quello... » cominciò il ragazzo con un balbettio.
« Sì, eravamo io e te in vacanza. » sbuffai, irritata dai suoi continui commenti. « Cosa c'è di strano? Mi sono divertita in vacanza con voi. »
« Credevo non fosse importante. » rispose lui, in imbarazzo.
« Almeno nella mia mente ci sono ricordi di te. »
Gli voltai le spalle, cercando di calmarmi e di non pensare alla forte emicrania che mi faceva tamburellare la testa. Non dovevo permettere che l'ira prendesse il sopravvento su di me, che la mia rabbia eruttasse come un vulcano attivo: avevo già detto più del necessario.
« E con questo che cosa vuoi dire? »
« Niente. » borbottai, prevedibilmente.
In un attimo, mi ritrovai il viso del ragazzo a pochi centimetri dal mio. Di solito tendeva ad evitare il contatto visivo con me ma in quel momento cercava disperatamente i miei occhi.
« Pensi sul serio che nella mia mente non ci siano ricordi di te? »
Non l'avevo mai visto così arrabbiato, di solito il suo tono non era mai così serio. Certo, era capitato che lo vedessi furibondo ma in generale non era un tipo che si prendeva troppo seriamente.
Non risposi, totalmente disarmata dalle circostanze.
« Pensi davvero che nella mia mente non ci siano ricordi di te? » insistette lui, abbassando la voce.
« Evidentemente... »
« Evidentemente niente. » sembrava lottare contro se stesso e contro concetti troppo complicati per essere trasformati in parole. « Non ci siamo frequentati assiduamente ad Hogwarts ma abbiamo trascorso delle simpatiche vacanze insieme. Siamo comunque amici, no? »
No. Decisamente no.
« Sì, certo. » replicai, celando il tono infastidito di chi preferirebbe tifare Serpeverde piuttosto che dire di avere come amico una persona che si crogiolava nel rimpianto di aver saltato un appuntamento romantico per passare del tempo con quella che definiva una vecchia amica. « Sono quasi le dieci, il nostro lavoro l'abbiamo svolto... meglio andare. »
« Oh. » rispose il ragazzo, controllando velocemente l'orologio. « Sì, direi di sì. Non siamo andati male per essere la prima volta. »
Scossi il capo. « No, non siamo andati male. Beh, ci si vede a lezione. »
Fu con il petto che sembrava pesare quintali che corsi via dall'aula.




« La detesto come niente al mondo! » stava tuonando Hugo in Sala Comune di Grifondoro, spaventando alcuni piccoli primini che corsero nei loro dormitori con uno scatto fulmineo. Ridacchiai sommessamente, scambiando uno sguardo divertito con Fred, che stava piangendo dalle risate e batteva furiosamente un piede per terra. « Quella brutta figlia di... buona donna! Faceva battutine ridicole sui miei ricordi! »
Almeno non ero stata l'unica ad avere problemi con quella lezione extra di Difesa contro le Arti Oscure.
« Hugo, andiamo, Lisa non mi sembra... »
« Ah, non sembra, vero? » mio cugino interruppe bruscamente Louis, spalancando gli occhi come un forsennato. « Te lo dico io cosa sembra! Anzi, meglio per tutti che io taccia o Grifondoro rischia di trovarsi all'ultimo posto in classifica! »
Alice fece un risolino e Fred, come al solito, iniziò a dare spettacolo con una serie di battute simpatiche sulla situazione in cui il cugino si era trovato facendo ridere tantissimo me e Frank. Louis, dopo aver tentato inutilmente di placare i freni inibitori di nostro cugino, si immerse totalmente nel suo libro di testo di Incantesimi, non facendo affatto caso all'ira del ragazzo.
« Le faccio crescere dei vermi al posto dei capelli, vedrete. »
« E quale buona occasione per farlo se non ad una festicciola di Halloween? » si intromise una voce divertita.
Ci voltammo tutti in contemporanea verso la fonte della voce. Un Corvonero del settimo anno che conoscevamo sorrise divertito e venne a salutarci, in compagnia di una sua amica del settimo anno di Grifondoro, che mi fece un sorriso che non ricambiai. Jason Goldstein era famoso ad Hogwarts per essere l'organizzatore delle feste, insieme al Caposcuola di Corvonero, noto come l'amante di mia cugina Dominique.
« Jason. » disse Frank, alzando una mano in segno di saluto. « Tutto bene? »
« Oh, benissimo, stiamo organizzando il solito festino di Halloween. Siete dei nostri, vero? » chiese Jason vivacemente, andando subito al punto e facendoci un gran sorriso sornione.
Ricambiai il sorriso, dando una gomitata a mio cugino, il cui broncio si era trasformato in una smorfia divertita. « E ce lo chiedi? »
« È una festa clandestina, quindi mi raccomando: tenete a freno le bocche. Nella solita Stanza, naturalmente. »
« Mi piace l'idea! Chi siamo? » chiese Fred, eccitato.
« Sesto anno e settimo, fatta eccezione se qualcuno di voi conosce qualcuno di fiducia di altri anni. » rispose Jason, sorridendo ad Alice e lei arrossì di un botto. « Di base non sarebbero invitati, ma se tua sorella vuole... lo sai, Frankie, mi fido di voi. Comunque, evitate di invitare i primini: sono così noiosi. Anzi, cercate di evitare proprio la gente noiosa. »
Fantastico, allora Scamander e la Smith non sono invitati.
E strizzandoci un occhio, Jason corse via dalla Torre di Grifondoro. Mi scambiai un sorriso con i miei cugini, felice di quella notizia ricevuta, anche se non sarebbe stato affatto male vedere i capelli biondi di Cassandra Smith tramutarsi in viscidi vermi...
   
 
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