Rieccomi qui,
a distanza di meno di ventiquattro ore, a pubblicare il mediocre seguito
della mia fic senza pretese. Questa volta si
tratta di un capitolo bonus, che ho voluto inserire
come prologo a ció che succederá
(prima o poi, dipende dal mio tempo e dalla mia ispirazione, che sono incerti
come il domani) piú avanti nella “storia”.
Ringrazio
infinitamente la mitica Silen per il
bellissimo commento che mi ha lasciato e per aver fatto una visitina sul mio
sito, per me è un vero onore dal momento che sono una
sua grandissima fan…aaah queste sí
che sono soddisfazioni^^
• CAPITOLO BONUS - CRONACHE DA UNA
SERATA INFAUSTA
PRELUDIO:
Chi di rutto
ferisce...
Era
scontato. Figurarsi se quei due imbecilli non avrebbero
provato ad imbucarsi. Anzi, a dirla tutta dal Kaiser non se lo aspettava
proprio, era Kaltz il piú prevedibile,
per cui il suo stupore fu genuino e sincero quando
l’amico, che era passato a prenderlo, gli annunció
che anche il loro capitano avrebbe preso parte alla serata.
-Ma
chi, Schneider?-
-Quanti
altri capitani abbiamo? Uno basta
e avanza, e richiuditi quella mascella. Mi ha detto che tanto non aveva
nient’altro di meglio da fare stasera, e che veniva volentieri a scrutare i
musi gialli di quelle schiappe dei tuoi compatrioti che hanno perso 5 a 1.-
Genzō scosse il capo, abbozzando un mezzo sorriso. In fondo non gli
dispiaceva affatto, in loro compagnia non si annoiava mai e poi avrebbe avuto qualcuno con cui divertirsi a sfottere Kojirō senza che lui capisse un’acca di quello che
dicevano. Sempre che ci fosse stato anche lui, chiaro.
Ma a quel punto non aveva piú
molta importanza.
Dopo aver
chiamato Tsubasa, si erano dati appuntamento per le
nove al “Bar Rossi”*, un pub-birreria in zona Sternschanze
che il suo ex-capitano aveva dichiarato di saper raggiungere da solo, senza
bisogno che li passassero a prendere.
-Ho capito
la zona, e poi ho con me la cartina…mal che vada
chiameremo un taxi- Aveva detto baldanzoso al telefono e Genzō,
sapendo quanto potesse essere orgoglioso e testardo quando si impuntava, non
aveva osato contraddirlo. Tuttavia, si era preparato a vederseli arrivare con
un bel po' di ritardo, Amburgo non era poi cosí semplice da girare se non ci si era mai stati, senza
contare che quegli sprovveduti non sapevano una vocale di tedesco nel caso in
cui avessero dovuto chiedere informazioni. “Che palle” si era detto “mi toccherá andarli a raccattare da qualche parte, lo sento.”
Appena
preso posto al tavolo che avevano fatto riservare per diciassette, Kaltz dichiaró di voler prendere
qualcosa di diverso dalle solite bibite da poppanti, beccandosi un’occhiataccia
da Schneider che gli ricordó, guardando il proprio orologio da polso, che fra
circa 9 ore avrebbero avuto gli allenamenti e che per allora lo voleva sobrio e
nel pieno delle sue facoltá motorie e mentali.
-Anche se
per quanto riguarda quelle mentali non c’è niente da fare, cambia poco che beva o no- sghignazzó Genzō, mentre buttava un occhio al menu che Hermann stava sfogliando, alla ricerca di qualcosa che lo
ispirasse.
-Massí,
massí, capirai…per un goccetto
di birra, e che sará mai- borbottó
lui che era troppo impegnato a leggere e non aveva
ascoltato la battuta del portiere.
-Che vi porto, ragazzi?- Squittì una cameriera i cui capelli erano
talmente biondi da sembrare bianchi, arrivando dal nulla e facendo sobbalzare i
tre che erano immersi in una fitta discussione per decidere che cosa prendere.
-Ordiniamo solo per noi?- Fece Kaltz, indeciso.
-Si capisce
genio, come sappiamo i gusti dei musi gialli? Magari con un sorso di birra
quelli vanno k.o., o si
mettono a svomitazzare per tutto il locale…- replicó il Kaiser, facendo una faccia insofferente davanti all’ottusitá dell’amico.
-Fai poco
lo splendido, che anche noi abbiamo la birra, e lo sai- puntualizzó
Genzō piccato, pensando che tuttavia era vero che i suoi compagni non reggevano molto qualsiasi tipo
di alcolico, almeno stando ai ricordi che aveva dell’ultimo tragico festino a
cui aveva partecipato in Giappone. La triste serata era finita con Matsuyama riverso sul tavolo a blaterare assurdità con la
bava alla bocca, Ishizaki che per poco non si metteva
a ballare nudo, Kojirō che attaccava briga con
innocenti lampioni sferrando fendenti, Misaki che mandava
baci di qua e di lá appollaiandosi alla schiena di
chiunque gli capitasse a tiro mentre rideva come un malato di mente, i gemelli
che facevano le prove per la catapulta infernale lanciandosi addosso agli
astanti, insomma, gli unici che ricordava completamente sobri e che alla fine
si erano ritrovati a fare le infermierine erano Misugi, che tanto non poteva bere,
e Tsubasa, che per dare il buon esempio non aveva
voluto toccare nulla. E lui…bé, lui si era ubriacato
un po’, ma solo un po’, e poi aveva bevuto molto piú
degli altri senza andare fuori di testa. E di questo c’era di che andarne fieri, si disse risoluto.
–Comunque no, non credo che apprezzerebbero la birra di qui.-
Concesse infine, pensando che fosse meglio per loro se quei pazzoidi dei suoi
connazionali non gli facevano fare delle figure barbine. Aveva una reputazione
da difendere, lui!
Tuttavia,
in barba ai buoni propositi del Kaiser che avrebbe voluto mettere un paletto al
consumo di alcolici per quella sera, alla fine il loro
tavolo venne invaso da tre boccali di birra da un litro e mezzo l’uno (per Genzō e Kaltz) e da un paio
di lattine di Coca-Cola (per lo stoico Schneider che
quando diceva NO era veramente NO.)
Ore nove e
un quarto, primo messaggino di Tsubasa:
“tra un po' siamo lí, scusa per il ritardo.”
Ore nove e
venticinque, secondo messaggino: “siamo
quasi arrivati”.
Genzō rispose scrivendogli “non c’è bisogno che mi informi
ogni dieci minuti, non ti stavo dando per disperso”.
Seguí
il silenzio stampa.
Verso le
dieci meno un quarto si era ormai costretti ad urlarsi nelle orecchie per capirsi,
visto che il volume della musica di sottofondo del
locale era stato alzato notevolmente, come pure l’atmosfera al tavolo del trio,
riscaldata dalla birra che iniziava ad entrare in circolo.
-Senti
portiere mezzasega, ma a che ora hai detto che
dovevano arrivare i tuoi amici?- Fece uno Schneider
completamente sobrio a differenza degli altri due, che iniziavano a dare segni di instabilitá mentale, mentre
buttava un occhio all’orologio tra un sorso di Coca e l’altro.
-Mhm,
alle nove, se non ricordo male…- bofonchió il
portiere mezzasega staccando il boccale di birra
dalle labbra per rispondergli.
-Ebbene,
sono quasi le dieci, non ti sembra il caso di sentire che fine hanno fatto?- Continuó lui
saggiamente, muovendo una mano su e giú davanti agli
occhi di Kaltz mentre si chiedeva se non fosse il
caso di confiscargli il resto della birra, visto il sorriso ebete che aveva
stampato in faccia e lo stato catatonico in cui sembrava caduto, dopo che aveva
continuato imperterrito a sparare cazzate a raffica
fino ad un attimo prima.
-Naaah,
Tsubasa è in gamba, ce la fará.- Taglió
corto lui, impigrito dalla birra al punto che tirare fuori il cellulare e
mettersi a cercare nella rubrica il suo numero gli sembrava
un’impresa titanica.
-Fá
come vuoi…dopotutto sono i tuoi amici, non i miei- concluse,
facendo spallucce.
Genzō sbuffó rumorosamente e fu costretto ad
ammettere a sé stesso che il Kaiser quella volta aveva ragione, per cui infiló una mano in tasca
per ripescare il cellulare e chiamare quel deficiente che, evidentemente, si
era perso nei meandri di Amburgo.
-Chi chiami?- Chiese un redivivo Kaltz,
destandosi improvvisamente dalla catalessi.
-Quella
piattola di Tsubasa. Non ce la possono proprio fare,
sono in ritardo di un’ora…sono degli autentici casi clinici- mugugnó lui stropicciandosi la faccia per cercare di darsi
un tono e conferire almeno alla sua voce una parvenza di normalitá,
mentre aspettava che dall’altra parte della linea qualcuno rispondesse.
-Wakabayashi? Stiamo arrivando, non preoccuparti- disse la voce tranquilla del suo
ex-capitano, dopo pochi istanti di attesa. – Scusa se
non ti abbiamo piú avvertito, ma ci sono stati dei
contrattempi. Abbiamo avuto un piccolo…problema tecnico, per cosí dire.-
-Vabbé,
ammettilo che vi siete persi- fece Genzō,
sorridendo sornione mentre immaginava che doveva essere proprio lo stesso Tsubasa il contrattempo di cui parlava, dato che
probabilmente nella sua ottusa testardaggine si era rifiutato di chiedere aiuto
a qualcuno -…e sí che io nella mia infinita magnanimitá ve l’avevo pure offerta, una mano.-
-Non osare
provare a rinfacciarmelo- rise l’altro –e comunque
almeno intanto abbiamo avuto l’occasione di visitare un po’ la cittá, non è stato tutto tempo sprecato! Tra dieci minuti
saremo lí, porta pazienza. Non sarai mica tutto solo soletto al locale, vero?-
-No, ho due
grulli che mi tengono compagnia. Oltre chiaramente a un bel boccale di birra.-
-Perfetto,
allora sei in buone mani. A dopo!- E detto questo Tsubasa
interruppe la conversazione.
Genzō ripose il cellulare nella tasca dei jeans sospirando,
e aggiornó i due “grulli” sulla situazione. Schneider scosse la testa borbottando qualcosa circa la stupiditá di certa gente e Kaltz scoppió in una fragorosa risata ad immaginare i quattordici
allocchi nipponici che vagavano senza una meta per Amburgo.
Ad un certo
punto Stecchino, togliendosi il sorriso beota dalle labbra, disse con tono
solenne e una serietà davvero inusuale per lui:
-Sai…c’è una cosa che mi tengo dentro da un po'. E’
giusto che tu ora lo sappia, poi stará a te prendere
una decisione in merito. Ma ti prego di ascoltarmi
senza interrompermi.-
Genzō fissó
accigliato il volto dell’amico che, con un’espressione serissima,
si stava avvicinando pericolosamente al suo, infrangendo il limite dei
10 centimetri minimi di distanza. Poi, dopo attimi di silenzio carichi di tensione in cui
il portiere meditó seriamente di tirargli un pugno sui
denti, Hermann ruppe il pathos che si era
creato cacciandogli un rutto da guinness in faccia.
-Oddio, mi
hai fatto prendere un colpo, ma quanto sei fesso- esclamó Genzō mettendosi una
mano sul cuore a sottolineare la frase –per un attimo ho temuto che volessi
baciarmi, ho davvero sudato freddo.-
-Baciarti?
Ma quando mai, il nostro è un amore platonico, stellina!- Lo
canzonó lui soddisfatto per la bella prestazione, che
gli era valsa un plauso da Schneider.
-Ok,
l’hai voluto tu. Non posso farti diventare biondo con un rutto dato che per tua
fortuna lo sei giá, ma
almeno proveró a farti qualche meches.
Che colore preferisci, scimmia?-
Genzō ridacchiando si riattaccó al boccale per bere alla goccia la poca birra
rimasta e, non contento, afferró una delle lattine di
Coca del
Kaiser bevendone un paio di sorsate, ben deciso a rendergli la pariglia. Non
era certo avvezzo alle competizioni a suon di rutti, nessuno dei suoi amici in
Giappone si sarebbe mai sognato di fare una cosa simile, ma di sicuro non
voleva subire quell’onta in silenzio. Era giunto il
momento di darsi da fare.
Il destino
volle che, proprio mentre si concentrava per esprimersi al meglio in ruttese, affascinante e mistico idioma compreso in
tutto il mondo, la Nazionale giapponese facesse il suo
ingresso nel locale, e che la musica che era sempre stata a palla fino a quel
momento fosse sostituita da un breve ma fatale silenzio mentre il gestore cambiava
il cd. E, neanche a dirlo, lui non se ne accorse
minimamente se non dopo aver giá cantato il suo poema
direttamente nell’orecchio di un recalcitrante Kaltz
che aveva cercato invano di scrollarselo di dosso, quando cioè ormai l’aveva giá visto (o per meglio dire, sentito) sia la squadra al
gran completo, sia i due terzi del locale.
-Buonasera
anche a te, Wakabayashi! Ma
che bella voce baritonale, non me la ricordavo mica cosí
quando eri in Giappone!- Fece Ishizaki sghignazzando
senza ritegno, mentre metá dei suoi compagni si
rotolava e l’altra metá scuoteva la testa, costernata.
Genzō per poco non cadde dal divanetto e si voltó
a guardarli con gli occhi sgranati, notando solo in quel momento che la musica
era appena ripartita. Ergo, l’avevano sentito tutti
i presenti.
“Giappone-Germania 1 a 0, che figura di merda”
pensó nella sua testa, mentre si ricomponeva e si
alzava per salutarli e presentarli a Kaltz e Schneider, che se la ridevano
della grossa.
-Notevole,
un benvenuto che entrerá negli annali della storia,
senza dubbio…- stava cercando di dire Stecchino fra le risate, quasi con le
lacrime agli occhi, mentre il Kaiser si passava una mano sulla faccia e con un sorrisetto sarcastico commentava –Un vero esperto nella
raffinata arte dell’accoglienza…Wakabayashi, ma sei sicuro di essere giapponese? Non eravate noti per i modi
gentili e la compostezza?-
Genzō li fulminó
con uno sguardo e li fanculizzó in tedesco, poi passó di
malavoglia a fare le presentazioni. No, decisamente la serata non
cominciava al meglio, ma almeno –cosí gli parve- Kojirō non sembrava essere tra i presenti.
NOTE:
*Non fatevi ingannare dal nome
apparentemente nostrano: il “Bar Rossi” è un pub realmente
esistente allocato a Sternschanze, ovvero il quartiere
giovane e “trendy” (Dio solo sa quanto odio questa
parola, ma tant’è) di Amburgo.