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Autore: rossella0806    03/08/2015    3 recensioni
Aurora è una ragazza con un passato molto doloroso alle spalle: dopo l'ennesima batosta ricevuta nella vita, decide di rifugiarsi in un paesino sperduto, un posto magico circondato da lago e montagne, per poter riflettere e ridare un senso alla propria vita.
Qui si ritroverà a fare i conti con se stessa e con la curiosità dei paesani, gente semplice che si rivelerà di grande aiuto per la sua rinascita spirituale.
Grazie a tutti loro, dal sindaco impicciona, a Liliana, la bottegaia del paese, a Linda, una ragazzina di dodici anni, a Macchia, un gattino trovatello e a Tommaso, aitante vigile del fuoco, Aurora imparerà a vivere e ad affrontare la sua solitudine.
E, alla fine, non solo verrà riscattata dalla sua passione per la fotografia ma, grazie anche ad un incontro inaspettato, si scoprirà più forte e amata di quanto avrebbe mai immaginato.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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 IL CARILLION




Tre giorni più tardi, Aurora sta preparando il budino al cioccolato, perché quel pomeriggio verrà a trovarla Linda, la figlia della bottegaia.
Ha smesso di piovere da due giorni, e adesso il cielo è di nuovo sgombro di nuvole, con il sole come assoluto protagonista in quell’ orizzonte così nitido e diverso da quello a cui è abituata.
Il dolce è ormai pronto: rovescia quella calda crema liquida in uno stampo di silicone che ha comprato alla bottega il giorno prima, e lo ripone in frigorifero.
Non ha molto da fare, è ancora presto per cucinare il pranzo, così decide di fare un po’ di pulizie al piano superiore, che non ha ancora avuto modo di esplorare accuratamente.
La prima stanza che s'incontra salendo le scale, oltre ad essere quella a fianco della sua camera da letto, era un tempo la biblioteca della villa: è immensa, e ha la forma di un trapezio allungato. Sui suoi scaffali impolverati dovevano essere allineati centinaia di volumi ora, invece, è rimasto solo qualche libro impolverato: tragedie di Shakespeare, alcune commedie greche di Aristofane e la Mandragola dell’Alfieri.
E’ la stanza più luminosa della casa, grazie alle quattro finestre su ognuna delle pareti, da cui entra una luce abbondante e calda.
Al centro della biblioteca, spicca un antico tappeto turco blu cobalto, sbiadito in più punti e con le frange piuttosto rovinate dall’usura e dal tempo trascorso.
Aurora si avvicina per osservarne le decorazioni, quando inciampa su un asse del pavimento non perfettamente allineata con le altre: si abbassa e tasta quella barra di legno.
Sotto la leggera pressione delle sue dita, il pezzo di faggio si solleva con estrema facilità, scoprendo quello che, a prima vista, sembra una piccola rientranza nel rivestimento sottostante i suoi piedi.
Non è molto profonda, entrambe le sue mani, infatti, vi entrano senza alcuna difficoltà, tanto che, ben presto, Aurora si ritrova a reggere un cofanetto, una sorta di carillon di zaffiro e oro intarsiato.
Lo apre incuriosita, ma anche titubante di trovare dentro chissà cosa: ci sono due foto in bianco e nero dal bordo sgualcito e ingiallito, accompagnate da una lettera, il cui inchiostro sbiadito ha quasi cancellato tutte le parole che qualcuno ha scritto tempo addietro.
Raccogliendo quell'inaspettato tesoro, la forestiera si alza per andare a sedersi sul divanetto di un verde slavato, posizionato di fronte alla libreria.
Le immagini appena ritrovate ritraggono delle persone, probabilmente una coppia di genitori con i loro tre figli, un maschio e due ragazze, vestiti secondo la moda degli inizi degli anni Venti.
Anche la missiva risale probabilmente allo stesso periodo, perché si riesce ancora a intravedere la data 192?, l’ultima cifra eliminata dal tempo trascorso.  
L’intestatario è un certo Umberto e la firma di tutte le lettere è di una donna di nome Teresa.
Non si riesce quasi a comprendere cosa c’è scritto, solo qualche parola è decifrabile: Uruguay, matrimonio, povertà, oltre ad alcune frasi di circostanza.
Si rigira tra le mani quel tesoro misterioso: non sa cosa farne, non ha l’indole da investigatrice, tuttavia considera quello che ha appena trovato una sorte di eredità della casa rossa e, in quanto tale, sente che bisogna averne cura.
Raccoglie il carillon da terra e, dimenticandosi di fare pulizia, scende in cucina.



-Ciao! Scusa il ritardo, ma sono venuta in bicicletta e ho dovuto gonfiare le ruote-
-Non preoccuparti. Entra, ti ho preparato il budino al cioccolato … spero ti piaccia-
-Tutti i dolci mi piacciono, sta’ tranquilla!-
-Bene. Vieni, da questa parte ... -
La bambina, un paio di pantaloncini blu e una maglietta bianca, entra e va a sedersi al tavolo della cucina, guardandosi attorno, incuriosita.
Aurora tira fuori il budino nelle ciotole dai bordi scheggiati, mentre dalla finestra entra distintamente il frinire dei grilli e il cinguettio di qualche capinera.
Non sa come comportarsi, perché vorrebbe raccontarle della scoperta che ha fatto quella mattina, ma non sa se è giusto, ha paura di tradire il segreto di qualcuno che oltretutto non conosce neppure, sempre che di segreto si tratti.
Così esordisce in tono vago, dopo aver ingoiato il primo boccone del dolce:
-E’ una bellissima giornata, vero?-
-Sì, molto! Però non fa tanto caldo, per fortuna! E’ proprio buono questo budino, sai? … -
-Grazie. E’ vero, alla sera poi c’è sempre un po’ di vento. A me non piace il caldo, però adoro l’estate- continua Aurora, proseguendo a mangiare con noncuranza.
-Non è un controsenso?- la interroga Linda, un baffo di cioccolato sopra le labbra sottili.
-Beh, sì, forse ... Allora, diciamo che adoro la primavera, quando ancora
non fa così caldo!-
Sei proprio una stupida, si rimprovera la forestiera, come fai ad avere soggezione di una ragazzina?!
-C’è qualcuno in paese che si chiama Teresa?- domanda con tono incolore l'inquilina della casa rossa, guardando distrattamente fuori dalla finestra, alle spalle della bambina.
-Teresa? Sì, ci sono almeno dieci comari con questo nome! Hanno superato da un pezzo gli ottanta, qualcuna anche i novanta. Perché me lo chiedi?-
-Stamattina, mentre ero in biblioteca, ho trovato un cofanetto con delle fotografie e delle lettere, firmate da una certa Teresa ... - continua Aurora, sentendosi più a suo agio.
-Io adoro i misteri e, se quello che mi stai raccontando è vero, allora vuol dire che c’è un tesoro nascosto! Lo sapevo che la storia del fantasma non era una leggenda!-
-Non saprei se definirlo proprio un tesoro- cerca di farla ragionare la forestiera -sono sicura, però, che quel carillon sia rimasto nascosto per molti anni, anzi, se non fossi inciampata nel tappeto, probabilmente lo sarebbe stato ancora per molto tempo-
-Sei davvero fortunata, Aurora, a me non capitano mai delle avventure del genere ... - ribatte Linda, facendo spallucce.
-Perché dici che c’è un fantasma alla casa rossa? Ti riferisci alla storia che mi hai accennato l’altra sera, a cena?-
La bambina si pulisce solennemente la bocca dai rimasugli di cioccolato, incrocia le mani e, appoggiandole al bordo del tavolo, comincia:
-Dunque, è la mia bisnonna che me l’ha raccontata per la prima volta. Quando era giovane, lavorava come cameriera proprio qui, alla casa rossa, dov'era diventata amica della figlia più piccola della contessa, che aveva un anno meno di lei. Il padre della sua amica era un nobile, ma aveva il vizio di giocare a non so più quale cosa, e così perdeva moltissimi soldi. In realtà era la contessa - che poi non era nata contessa ma solo molto ricca- ad avere il denaro e, grazie a lei, riuscirono ancora per molto tempo a fare la bella vita, nonostante il brutto difetto del marito. Un giorno, però, il conte la combinò davvero grossa e così dovettero mandare il loro primogenito da alcuni parenti in Svizzera, a Locarno, in modo che potesse continuare la carriera militare, mentre costrinsero le altre due figlie femmine, tra cui l’amica della mia bisnonna, a sposarsi in fretta e furia, pur di salvare i beni della famiglia.
La secondogenita che era un po’ bruttina –così mi ha raccontato la nonna- si sposò con un vecchio ma ricco mercante francese, mentre la figlia più piccola fu … come si dice … -
-Maritata?-
-Sì, credo di sì … maritata con un uomo giovane e ricchissimo, che aveva delle case e dei terreni anche in America. Solo che questo tizio non era molto fedele alla moglie che, infatti, veniva continuamente tradita. In paese, diceva la mia bisnonna, tutti lo sapevano, e lei –la sua amica- se ne vergognava tantissimo, tanto che quando lui, il marito intendo, decise di trasferirsi dall’altra parte del mondo, lei non ha voluto seguirlo, perché lì non conosceva nessuno, mentre qui aveva la sua famiglia e anche mia nonna.
Così, la sera prima della partenza, la poveretta si uccise: si sparò con la pistola del marito in giardino, proprio sotto a un ciliegio, che però hanno abbattuto dopo la sua morte, anche perché dicevano che non dava più frutti a causa delle radici che si erano … come posso dire ... bagnate? -
-Impregnate?-
-Sì, impregnate del suo sangue. E da quella notte si dice che il suo spirito continui ad aggirarsi per la casa rossa, in cerca di vendetta-
-Tu sai il nome della ragazza?-
-Certo, si chiamava Teresa! -
-E sai anche chi era Umberto?-
-Se non ricordo male era il fratello, quello che hanno mandato in Svizzera a fare il militare-
-E magari il posto in America dove sarebbe dovuta andare l’amica della tua bisnonna era l’Uruguay?-
-Questo mi dispiace ma non lo so proprio. A scuola ho studiato solo le città d’Italia e qual cosina dell’Europa, però questo Uruguay non so nemmeno cosa sia- facendo un breve respiro per riprendere fiato, Linda continua domandando:
-Secondo te, come c’è finito il carillon sotto il pavimento?-
Aurora scuote impensierita la testa, giocando con il cucchiaino sporco di cioccolato.
-Probabilmente lo ha nascosto Teresa, prima di uccidersi: non ha fatto in tempo a spedire la lettera al fratello, ma non se n’è nemmeno disfatta, così come ha fatto con le foto. E’ una storia molto triste quella che mi hai raccontato ... -
-Lo so, però almeno così la mamma smetterà di dire che sono tutte sciocchezze. Senti, posso prendere un altro po’ di budino?-
-Certo, prendilo pure. Io vado a prendere una cosa … -
E si avvia su per le scale, verso la sua camera, dove ha riposto il carillon di zaffiro e oro intarsiato.
 


VENERDI’ 21 LUGLIO


Sono le sei e mezza di mattina: Aurora ha gli occhi aperti già da qualche minuto, le palpebre per nulla pesanti come invece dovrebbero essere quando ci si è appena svegliati.
Si sofferma a guardare il soffitto, anonimo e con l’enorme lampadario a gocce di cristallo di cui, a causa del buio, non può vedere la lucentezza e l’incredibile biancore.
Se fosse ancora in città, probabilmente starebbe ancora dormendo, la tapparella completamente abbassata, le tende verdi tirate e il condizionatore in funzione.
Aspetterebbe con rassegnazione il suono della sveglia, il trillo ammonitore che la riporta alla realtà.
Poi accenderebbe la radio, già sintonizzata sulla sua stazione preferita, scegliendo i vestiti da indossare quella mattina, perché sicuramente non li ha già preparati, come invece si esorta a fare da sette anni, da quando cioè ha cominciato a lavorare.
E poi, cosa farei? Dopo scenderebbe in cucina, aprirebbe il frigorifero e prenderebbe la bottiglia di latte parzialmente scremato. Se lo verserebbe nel bollitore e ci aggiungerebbe un po’ di caffè per poterci fare il cappuccino.
Sceglierebbe i biscotti o la torta che le ha portato la sorella quando viene a cena da lei e, infine, andrebbe alla ricerca dei progetti che si è portata dall’ufficio il giorno avanti: metterebbe tutto nella ventiquattrore nera e finalmente andrebbe a fare colazione.
Stupida, si dice, cosa ti viene in mente? E’ tutto passato, è tutto finito, quella vita non esiste più.
Appoggia il dorso della mano sinistra sugli occhi, di solito quella posizione le concilia il sonno: ma ben presto si stanca, e capisce che il tempo di dormire per quella mattina ormai è concluso, così decide di uscire a fare una passeggiata.
Mentre è ancora sdraiata nel letto, avverte il campanile suonare le ore, conta sette rintocchi, un suono troppo martellante per le sue orecchie cittadine.
Si stiracchia le braccia, si gira sul lato sinistro per vedere la luce timida che filtra dalle persiane accostate: anche oggi dev’esserci il sole, constata.
Cerca a tentoni con la mano opposta l’orologio da polso che ha appoggiato sulla sedia che, da quasi una settimana, le fa da comodino.
Un po’ controvoglia per quel piacevole intorpidimento che ancora le avvolge le membra, Aurora si alza dal materasso, le lenzuola stropicciate dal sonno agitato, una mano che tenta di lisciarle.
Si toglie la camicia da notte, infila le pantofole e indossa la maglietta gialla e i pantaloni blu scuro, che portava il giorno avanti.
Poi, scende dabbasso per fare colazione.


Il paese si è già svegliato da un pezzo, nelle sue strade brulicano i primi passanti, gente che va al lavoro, alcuni contadini che si recano nei campi, persone che, semplicemente, si godono il fresco tepore di una giornata non ancora del tutto calda.
La forestiera è appena arrivata nella via principale, di fronte alla piazzetta della chiesa, quando incontra la bottegaia che sta aprendo il suo negozio, stupita dal fatto che sia così mattiniera:
-Non riuscivo a dormire- le risponde semplicemente, mettendosi un braccio davanti agli occhi, per proteggersi dai raggi solari che si stanno alzando lentamente.
-Purtroppo capita: mio marito ultimamente soffre d’insonnia, dorme magari quattro ore filate, poi alle cinque è già in piedi- spiega la donna, mentre assesta la saracinesca della bottega e infila le chiavi nella serratura.
-Comunque, meglio non pensarci, altrimenti mi viene voglia di ritornare a letto! Cambiando discorso, come prosegue la vita alla casa rossa?-
Aurora si rifugia all'ombra della porta del negozio, la schiena appoggiata al muro di pietra.
-Molto bene, anche se ancora mi devo abituare al suono delle campane del mattino!- prosegue abbozzando un sorriso.
-A quelle si può sempre rimediare con un bel doppio vetro: magari è l’occasione buona per convincere i nostri benefattori a farlo! A proposito, volevo ringraziarla per come ha trattato Linda l’altro pomeriggio, si è molto divertita! Mi ha anche  parlato di un certo tesoro che le avrebbe mostrato … -
-Sì, ho trovato delle vecchie fotografie e una lettera che probabilmente appartenevano alla famiglia della contessa-
-Linda non mi ha voluto dire di più, mi ha detto che è un segreto tra voi due-
-E' una ragazzina molto sveglia e simpatica ... -
-Non si lasci ingannare! Anche lei, come tutti, è piena di difetti! Comunque, basta parlare di quel diavoletto, ha pensato alla festa del paese? Manca appena una settimana, ormai-
-Lo so, infatti ci ho pensato e vorrei fare la mia parte, ma non so bene come: non sono molto pratica di queste cose- risponde la forestiera, ricambiando un vago cenno di saluto di un paio di contadine che passano davanti a loro, reggendo delle sidelle colme di latte appena munto.
-Troveremo sicuramente qualcosa che fa al caso suo! C’è un sacco di roba ancora da preparare! Prima di tutto, le consiglio di parlarne con le ragazze del Comitato feste. Loro, sicuramente, sapranno indirizzarla al meglio. A proposito, questa sera c’è la riunione in parrocchia: don Luigi ci affitta un locale, anche se lui, poverino, non può venire, perché si è rotto una gamba mentre stava verniciando il soffitto del refettorio. Se le fa piacere, può partecipare per farsi un’idea!-
-Va bene- risponde titubante la forestiera - a che ora devo presentarmi?-
-Alle nove andrà benissimo-
La donna dà un’occhiata all’orologio da polso, poi in tono di scusa continua:
-Ora è meglio che entri in negozio, devo finire di smistare la merce che mi è arrivata ieri sera. Ha bisogno di qualche cosa, già che è qui?-
-Adesso no, grazie. Continuo con la mia passeggiata, al ritorno magari mi fermo per comprare un po’ di pane-
-Come preferisce, a più tardi allora-


Mentre sta ritornando alla casa rossa, Aurora sente un rumore provenire da uno dei tanti cespugli che circondano l’entrata. All’inizio è un po’ spaventata, poi, avvicinandosi con cautela, si accorge che quello che sente è solo un miagolio.
C’è un gatto di circa tre mesi, seminascosto dietro al roveto: è nero, con le zampette e la pancia bianche e ha due occhi color ambra. Barcolla leggermente e si avvicina alla nuova arrivata, miagolando ancora più forte.
-E tu cosa ci fai qui?- mormora lei.
Dopo essersi infilata il sacchetto con il pane oltre il polso, la forestiera prende in braccio il piccolo felino, mentre, per tranquillizzarlo, gli accarezza la testolina.
Non sa da dove sia arrivato, sicuramente è lì da poco tempo perché, quando è uscita oltre un’ora prima, non lo ha notato.
Decide di portarlo in casa per dargli un po’ di latte, non se la sente di abbandonarlo.
Prima, però, si accerta che
nei dintorni non ci sia la madre, perché sa che se la gatta sentisse l’odore di un estraneo sul suo piccolo, non esiterebbe ad abbandonarlo al suo destino.
Sta quasi per entrare, quando sente avvicinarsi qualcuno, il rumore dei tacchi sul vialetto di terra battuta e ghiaia:
-Ciao- 
Aurora si gira, perchè sa bene a chi appartiene quella voce: una donna alta e un po’ robusta, con i capelli ramati tagliati a caschetto, le sta sorridendo.
-Mamma, che ci fai qui? Ti avevo detto chiaramente che non volevo vedere nessuno, tu più di tutti!-
-Lo so, ma sono venuta lo stesso a trovarti. Non mi fai entrare?-
-Sono appena rientrata e … -
-Non preoccuparti, non noterò il disordine, se è questo che vuoi dirmi-
-Sempre con le tue stupide fissazioni- taglia corto la forestiera, non guardandola negli occhi.
Poi, ordina alla madre di aprire la porta, perché ha le mani impegnate dal sacchetto del pane e dal gatto che tiene ancora in braccio.
-Siediti … - la invita restia Aurora, una volta in cucina; si appoggia al lavandino in marmo e, usando un po' di sapone per i piatti, si risciaqua le mani.
-Non dirmi che non hai neppure una saponetta o, peggio ancora, un bagno? Dopotutto, almeno dall'esterno, questa casa mi sembra accogliente-
La forestiera fa finta di non aver sentito e, sempre dando la schiena alla donna, tira fuori dal sacchetto la carta in cui la bottegaia ha avvolto il pane, per riporlo in un cesto di vimini intrecciato.
-E’ tuo quel gatto?- continua la madre, non infastidita dal comportamento della figlia.
-No, l’ho appena trovato-
Aurora apre il frigorifero, prende la bottiglia di latte, e ne versa un po’ su un sottovaso pulito, che ha recuperato dal davanzale, dietro il lavandino.
Il gatto, vedendo quel gesto a lui indirizzato, si avvicina traballando al suo pasto.
-Mi sembra un bel posto. La casa è in ordine ed è grande, un po’ troppo per una persona sola. Ti trovi bene?-
-Sì, molto. Tu, piuttosto, perché sei venuta? Lo sai che ho bisogno di stare per conto mio, così non mi stai di certo aiutando- risponde la giovane, riprendendo la sua postazione, il più lontano possibile dalla donna.
-Lo so, ma mi sembrava normale venire a trovarti. E’ da una settimana che non ti fai sentire: Aurora, mi stavo preoccupando, dovresti capirlo!-
-Beh, adesso che mi hai visto, sai che sto bene ... -
-E ne sono contenta. Pensavo che magari potrei fermarmi questa notte e ripartire domani mattina. Cosa ne dici? -
La forestiera alza lo sguardo dal gatto che sta continuando a bere il suo latte, avidamente e a piccole linguate veloci.
-Fai quello che vuoi. Sappi però che stasera non ci sono -
-Hai già fatto nuove amicizie?-
Aurora, le braccia conserte, non demorde a fare la sostenuta e, sempre non guardando in faccia la donna, replica:
-Sì, il paese è piccolo e le persone sono molto accoglienti e gentili-
-Mi fa piacere, anche se il tuo tono non è certo altrettanto nei miei confronti- le ribatte la madre, facendo finta di lisciare una tovaglia inesistente.
-Per favore, non ho voglia di discutere-
-Lo sai che non è mia intenzione ... -
-E’ tanto che aspetti?-
-Non molto, dalle otto e mezzo, ho sentito i rintocchi delle campane. Ho chiesto un po’ in giro dove abitava una ragazza che è arrivata da qualche giorno e mi hanno indicato questa grande casa su per il sentiero. Devo ammettere che avevo un po’ il fiatone quando sono arrivata!-
-E come mai? Non sei tu quella patita di passeggiate e biciclettate salutari?- la punzecchia, ritirando il sottovaso ormai vuoto.
-Beh, sì, ma dicevo così, per dire ... Hai visto? Ti ho portato un mazzo dei tuoi fiori preferiti, i girasoli! - la donna indica una dozzina di quelle corolle marroni dai petali gialli, abbandonate su un angolo del tavolo.
Poi, la voce acuta di una scolaretta colta a copiare, prosegue:
-Non sapevo cosa portarti: tu che viaggi molto, sai com’è in treno, e poi, visto che sei qui solo temporaneamente, non volevo ingombrarti troppo la casa … -
-Non c’era bisogno di portarmi niente. Come hai potuto notare, sono circondata da alberi e fiori.  Purtroppo non ne ho
di vasi, però se tagli un po’ il gambo con quella forbice lì appesa, puoi metterli in un bicchiere, sopra a destra, nella credenza –
-Sì, d’accordo. Volevo solo farti un regalo ...  comunque, per questa sera, non è un problema. Me ne starò qui buona buona e domani, come promesso, andrò via-
-E’ meglio che li metti nell’acqua, quei fiori, altrimenti appassiscono e tutta la fatica che hai fatto nel portarmeli, non sarà servita a nulla-
-Dove hai detto che li trovo i bicchieri?-





   
 
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