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Autore: Neera Everdeen    04/08/2015    1 recensioni
Luce non è una ragazza come tante: pochi amici, una vita passata tra lo studio e il mondo degli artisti, appassionata di arte, letteratura e di tiro con l'arco, la sua vita cambia radicalmente quando perde i genitori in un terribile incidente stradale. Una lettera spedita da un'anziana signora, sua nuova tutrice, la porterà alla scoperta di un mondo diverso, un mondo che sente suo.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Aslan, Susan Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Mi sveglio urlando a mio padre di frenare. Il sudore si ghiaccia sulla pelle , le lacrime si seccano sulle guance. Spaventata, guardo dove mi trovo.
Mi trovo in una stanza non mia, in un letto non mio, in una casa che non è decisamente la mia.
 Mi tornano in mente gli avvenimenti di ieri.
L’arrivo al maniero, la presentazione alla signora Peredine, la badante della signora Susan, al momento fuori casa, e del gatto Aslan. Lo trovo acciambellato in fondo al letto, addormentato vicino ai miei piedi. Il pelo dorato è incredibilmente morbido, una grossa palla di pelo. Mi alzo, svegliandolo e tirandomi fuori dalle spesse coperte, cosa per cui rischio di cadere faccia a terra più volte. Mi avvicino a una delle due grosse porta finestre della stanza, che partono con da un arco e finiscono al pavimento. Tirando le spesse tende rosse vedo una macchina nera procedere nel viale innevato. Quando parcheggia, ne esce dai sedili posteriori una donna anziana e vestita di un tremendo color prugna. Appena solleva la testa tiro di nuovo le tende. La signora Susan!  Cerco di mettermi in ordine ,spazzolandomi i capelli davanti allo specchio e lavandomi i denti in bagno e vestendomi in tutta fretta. Mi infilo le scarpe e corro giù per le scale.
La trovo all’ingresso, intenta a togliersi l’accappatoio cosparso di neve. Gli occhi marroni si posano su di me con un’aria divertita. Ansimo. Ho fatto le scale e i corridoi correndo e perdendomi più volte. Ci ho messo poco meno di dieci minuti.
- Tu saresti Luce ?-
Annuisco, cercando di riprendere fiato. Sono in cima alla scala, sicuramente rossa in volto, sudata e in disordine. Bel primo incontro.
- Sì, signora Pevensie. -
- Chiamami Susan, cara. Starai morendo di fame immagino. Andiamo a fare colazione. –
Il borbottio del mio stomaco non ammette repliche.
Mi accompagna nella sala da pranzo. La casa è antica e antiquata , quasi arrivasse dal medioevo, ma bellissimo nonostante tutto. Il tutto è arredato con almeno due quadri a stanza,  molti libri e finestre, tutte uguali a quelle in camera mia. Quasi tutte le stanze hanno un camino in pietra, mentre per le camere ci sono dei grossi termosifoni dall'aria antica.
entriamo nella enorme sala da pranzo. Il tavolo è enorme, con delle sedie che sembrano arrivare da un’altra epoca. Sono alte, con le fodere in velluto rosso e legno scuro. Mi siedo vicino al posto del capotavola. Susan entra in cucina e chiede al signor Frank,il cuoco, un uomo piccolo e calvo con una barbetta grigia, di prepararle due tè e i pasticcini. Dopo dieci minuti di totale silenzio, il cuoco e una giovane cameriera ci portano quello che la signora Pevensie aveva chiesto.
- Zucchero?-
- S-sì .- balbetto. Mi sento in imbarazzo. La signora che ho di fronte non è di certo una vecchietta pelle e ossa come mi ero aspettata. È sì anziana, come denotano le rughe e la leggera artrite sulle mani, ma è arzilla e gioviale, e la voce manca della di quella nota tremula che hanno i vecchi. Sorseggio il mio tè lentamente, trovandolo tiepido. Comincio lentamente a rilassarmi.
- Mia cara Luce- comincia. Ad un tratto mi chiedo se questa persona sia dura come nelle vecchiette dei romanzi, severe all’ennesima potenza e arcigne , che godono nel veder i ragazzi in custodia in imbarazzo. Mi aspetto un’infinità di cose che devo o non devo fare mentre vivrò qui, e mi preparo alla noia che di certo ne seguirà. Abbasso lo sguardo.
- Mi spiace per quello che è successo, perché avevo un rapporto stretto con tua madre. –
Non è decisamente educato dirle che non mi ha mai parlato di lei,quindi continuo a stare zitta reggendo la tazza tra le mani.
- Quando mi è arrivata quella lettera è stato un duro colpo ma ho deciso di mantenere la promessa che le avevo fatto, cioè di tutelare i suoi figli in caso di morte improvvisa. Ed ora eccoti qui. Nonostante le tragiche circostanze che ti hanno portato da me , so che saresti una ragazza modello-
La mano comincia a tremare. Morte. Una parola che sto cominciando ad odiare. La donna smette di parlare, e mi osserva con uno sguardo carico di .. cosa? Dolore? Pace? O .. sorpresa? Sì, è quella la sensazione che provo quando la guardo. Lei è sorpresa. Forse si aspettava che piangessi.
- Oggi andremo in città a comprarti qualcosa.-
Sto per ribattere, quando mi zittisce con un gesto della mano e uno sguardo di finta indignazione.
- I tuoi abiti sono troppo leggeri. Qui l’inverno è lungo e freddo,e non voglio che tu prenda una broncopolmonite. – mi sorride, e io ricambio. È una persona dolce. Sì è dolce. Dolce nei gesti, nella voce e nello sguardo. Mi accorgo di avere Aslan accanto solo quando metto la tazza vuota sul tavolo e lui mi salta sulle ginocchia. La signora Pevensie si alza stiracchiandosi lentamente.
- Ora vado a riposarmi un po’, tu fai quello che vuoi, questa ora è anche casa tua.- 
il gatto \ palla di pelo \  coccoloso orsacchiotto dormiglione comincia a fare amabilmente le fusa. Solo che quelle non sono fusa. Sembra più il ritorno di fiamma di un vecchio trattore. Comincio ad accarezzargli lentamente la testa.
- Lei è troppo gentile, davvero, vorrei sdebitarmi in qualche modo. -
- Comincia a darmi del tu, per il resto fa niente. Mi fai sentire incredibilmente vecchia chiamandomi "signora".-
- Perfetto, signo .. Susan.-
Mi sorride, compiaciuta. Comincio a sparecchiare, e la cameriera si sorprende di trovarmi sul lavandino a lavare piatti e tazze, ma mi lascia fare.
Quando ho finito, mi siedo su una poltrona davanti al fuoco, con il gatto acciambellato sulle gambe.
Mi addormento senza nemmeno accorgermene.
Neve. Neve ovunque. Nessun suono, se non quello dei miei piedi che calpestano il terreno. Fa freddo sì, ma non come uno si aspetterebbe. Ci sono centinaia di alberi. Poi lo vedo , là , nel fondo del giardino, sotto una gigantesca quercia. Un enorme leone. Trattengo il respiro.
La prima cosa che il mio cervello dice è di svignarmela e non voltarmi.
La seconda si chiede perché un leone è in giardino , in un posto sperduto e  in mezzo al ghiaccio.
La terza è perché sotto la quercia ci siano dei fiori e nemmeno un fiocco candido di neve.
Ma qualcosa di diverso, più profondo e forte mi dice “avvicinati, non ti morderà.”. Quando sono a pochi metri di distanza, il leone si alza in tutta la sua statura. Quello non è un leone. È talmente grosso che mi viene da pensare che invece di un felino sia un cavallo travestito. Ma quando mi guarda, il mondo intorno a me esplode. Fiamme dappertutto, che divorano gli alberi e la foresta. Mi giro di nuovo verso quella cosa per chiedere spiegazioni. E quella mi balza addosso.

Apro gli occhi di scatto. Il fuoco scoppietta allegramente nel camino, e il gatto è proprio davanti alle fiamme , e mi osserva attento. Sospiro di sollievo. Era solo un incubo. Mi alzo stiracchiando. Il resto della giornata è frenetico: io e Susan andiamo in giro per negozi per comprare abiti invernali e quando torno a casa metto a posto la mia camera. I libri nella grossa libreria, il quadro preferito di mia madre affianco ad essa, il computer sulla scrivania e il cavalletto di mia madre davanti alla finestra, ai piedi del letto. La stanza sembra meno tetra di stamattina. Ho anche un balcone personale, con due grossi vasi. Quando mi siedo sul letto, mi rendo conto che la spalliera è intagliata. Ne seguo gli intarsi con l’indice. Piccoli rampicanti sembrano arrivare al centro esatto in cui è incisa una figura che non riesco ad identificare. Inizialmente credo sia un fiore esotico. Poi metto a fuoco.
Quello non è un fiore.
Quella è la testa di un leone.
Del leone.

 


Angolo autrice:
Rieccomi qua. So che il racconto fa schifo ma è una specie di abbozzo , lo migliorerò con il tempo. Spero che l’idea vi piaccia ,almeno.
Mi piacerebbe che scriveste qualcosa, anche critiche negative o neutre, li apprezzo come consigli.
Un abbraccione enorme a chiunque mi darà informazioni, un Aslan incazzato in caso contrario U.U

   
 
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