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Autore: Blue Eich    05/08/2015    5 recensioni
Blue guardò ancora giù, cupa. Perché vivere? Si chiedeva. Perché vivere una vita dove era costretta a rubare le cose che le erano state sempre negate, tra il rimorso e l'invidia nel vedere bambini ridenti con al fianco i genitori, al calore di un focolare acceso? Poteva avere senso, una vita del genere, dove doveva persino fingersi qualcosa che non era, lasciando passare le critiche su di sé come un velo di pioggia?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blue, Crystal, Green, Red, Silver
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Orfanelli a Londra

3. Vagabondi che non siamo altro

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Blue fece un respiro profondo. I suoi capelli lunghi ondeggiavano piano, spinti dalla brezza. Le acque trasparenti del Tamigi riflettevano un po' tremulo il riflesso del suo viso scarno.
«London Bridge is falling down… Falling down… Falling down…» La voce divenne un roco sussurro. «My… Fair… Lady…»
Ripensò a quando era molto piccola e camminava lì, in equilibrio sull'orlo del ponte, mano nella mano con la mamma. Gliel'aveva insegnata lei, quella canzoncina, per non annoiarsi mentre andavano al mercato a fare la spesa.
Blue guardò ancora giù, cupa. “Perché vivere?” Si chiedeva. Perché vivere una vita dove era costretta a rubare le cose che le erano state sempre negate, tra il rimorso e l'invidia nel vedere bambini ridenti con al fianco i genitori, al calore di un focolare acceso? Poteva avere senso, una vita del genere, dove doveva persino fingersi qualcosa che non era, lasciando passare le critiche su di sé come un velo di pioggia?

«Accidenti al Demonio!»
«Già, non dovrebbe nemmeno metterci piede, qui.»
Blue non dava peso alle voci. E poi, anche se avesse fatto un'espressione turbata, non avrebbero potuto vederla. A “lavoro” non le piaceva svelare la propria identità. Racimolò la scala di carte dalla sua parte del tavolo, assieme a una montagna di sterline argentee una sopra l'altra. L'uomo barbuto con la paglietta la guardava storto, così come il resto degli energumeni presenti. Sempre sottoposta a quegli sguardi truci, in quel locale illuminato dal calore soffuso del candelabro e impregnato perennemente dell'odore aspro del vino rosso. Infilò il cappotto di pelliccia bianco sopra a quel vestito nero che le evidenziava le curve e versò il suo bottino in un piccolo sacco di juta prima di andarsene.
Quello era l'unico modo per pagare almeno il loro alloggio, ma Silver non lo sapeva. L'aveva sentita molte volte sgusciare via dal letto, lasciando una scia di calore che faceva presto a dissolversi nell'aria al suo posto. Come scusa gli diceva sempre: “Vado a divertirmi, cose da grandi”, una mezza verità. Quella locanda malfamata era l'unico luogo dove poteva guadagnare qualcosa per certo. Però, per entrare, doveva fingersi una ricca signora di fuori città. La sua “divisa” erano un cappotto di lusso, dei tacchi a spillo e una maschera sorridente, così non potevano vederla in viso, salvo la bocca tinta di rosso vermiglio. Per questo lì era conosciuta con il nome d'arte di “Ragazza Mascherata” o solo “Demonio”. A dirla tutta doveva ringraziare Green, ormai solo un ricordo sfocato, se aveva sviluppato l'intelligenza e l'interesse per i giochi d'azzardo, cominciando da piccola insieme a lui con dama, ruba mazzetto e scacchi.
Era un “lavoro” pericoloso 
 perché qualche cliente, a volte, beveva qualche bicchierino di troppo e cominciava a infastidirla – ma non c'erano alternative. Aveva giurato a Silver che non si sarebbe mai prostituita, dopo che lui gliel'aveva chiesto con un'espressione triste stringendola forte, perché non voleva che un corpo bello come il suo andasse in mani sporche e avide. Francamente, anche lei rabbrividiva all'idea.

«Sei stata formidabile!» Crystal batté le mani e, fremente d'impazienza, chiese: «Allora, quant'è?»
«Niente male» rispose Blue, sorridendo maliziosamente. Si fece saltellare il portafoglio tintinnante nella mano. «Credo che porterò Silver a cena fuori, questa sera, tanto per cambiare un po'.»
«Ottima idea! Allora ci vediamo domani, al solito posto?»
Blue annuì e si congedò dalla sua amica. L'aveva conosciuta quell'anno. Era più piccola di lei, ma più abile, perché anche sua madre era una ladra formidabile e le aveva insegnato i trucchi del mestiere, tanto che gli amici la chiamavano “Maga dei portafogli”.

Da quando aveva conosciuto Crystal, la vita di Blue era nettamente migliore, perché avevano iniziato ad andare insieme a portafogli. Si erano incontrate per caso al mercato della domenica, avendo messo entrambe la mano sulla stessa mela.
Silver, comunque, era cresciuto a vista d'occhio: ancora poco e l'avrebbe superata in altezza. Ma Blue lo vedeva ancora come il suo fratellino dolce, a cui dare baci sulla guancia e prendere ogni tanto la mano. Ma questo flashback non parla di Silver, bensì del primo vero amore di Blue.
Andare a portafogli, sostanzialmente, significava sedurre un uomo e, quand'era distratto, sfilargli il portafoglio dai pantaloni per poi allontanarsi con una scusa e correre via. Crystal era famosa per i micidiali calci che tirava nelle parti basse quando cercavano di acciuffarla, mentre Blue per il fascino con cui si rigirava gli uomini in ogni modo possibile. La parte meno bella era quando doveva sfilare il portafoglio: a volte le tremava la mano, agiva troppo in fretta e veniva beccata. Ci volevano sfacciataggine, disinvoltura e anni di pratica. Poi dovevano valutare se era il caso di spendere i soldi per il treno che portava in un'altra città, dov'erano meno conosciute e quindi c'erano più possibilità, ma magari sarebbero tornate a mani vuote lo stesso.
Fu proprio mentre Blue stava scappando con un portafoglio non suo in borsa che, per la troppa fretta, sbatté contro qualcuno.
«Sta bene, signorina?»
Quando si vide una mano tesa davanti, indietreggiò d'istinto. Mai fidarsi delle persone, soprattutto appena hai commesso un crimine e devi pensare solo a metterti in salvo.
«Signorina, si sente bene?» ribadì il giovane, pazientemente. Aveva due grandi occhi color cioccolato incorniciati in un viso gentile e degli spettinati capelli mori.
«S-Sì…» Blue provò a rialzarsi, ma per un attimo ricadde in ginocchio, a denti stretti.
«A me non sembra» fu il suo schietto commento. «Venga, mi sento in dovere di accompagnarla a casa, almeno.»
Blue lo guardò, stupita. Era la prima persona che si dimostrava così cortese con lei, ma solo perché ancora non sapeva chi era e come viveva. Stregata da quelle iridi rassicuranti, si lasciò guidare dalla sua mano, zoppicando leggermente. Crystal, da dietro un cespuglio, la guardava con disappunto. Innamorarsi: brutta cosa.
Per tutto il tragitto parlarono. Lui si chiamava Red e sognava di fare il pilota di aerei militari, infatti entro pochi mesi sarebbe partito. Lei, invece, inventò di essere un'attrice a teatro, tanto per impressionarlo un po'. Si fece accompagnare anche su per le scale malandate del suo palazzo.
«Grazie, è stato davvero molto gentile, Red… Credo che dovrò offrirle un caffè per sdebitarmi. Che ne pensa?»
«Oh, beh, se me lo chiede così su due piedi non me la sento di rifiutare» rispose, con un sorriso ammaliante. «Che ne dice se passo da lei sabato mattina?»
Proprio in quel momento la porta a cui era appoggiata Blue si aprì bruscamente. Dall'altra parte c'era Silver, piuttosto di malumore.
«Blue!» esclamò, come a rimproverarla. «Chi è? Perché è qui?»
«Un amico» spiegò sbrigativa, per poi rivolgersi ancora a
lui: «Mio fratello» si affrettò a giustificare, con un sorriso sornione, pregando che stesse buono ancora un po'. «Sabato mattina sarebbe perfetto… Allora, ciao.» Fece due occhioni da cerbiatta, richiudendo la porta, mentre Silver la guardava a dir poco scioccato.
Quando furono finalmente soli, Blue batté le mani, emozionata. «Ah, come sono felice!»
«Cosa mai ci troverai in quello…» borbottò il rosso, acidamente. Quando lo chiamava fratellino era un conto, ma che lo definisse fratello vero davanti agli altri, con quel tono di non importanza, l'aveva fatto rimanere molto male. Era come se la frase reale fosse stata: “Ah, tranquillo: quello è solo mio fratello, non conta niente.”
Nonostante in quel periodo le cose con Silver iniziassero a farsi più difficili e senza volerlo gli infierisse tanto dolore, quando Blue ebbe davvero bisogno di lui, lui ci fu. Stava iniziando a uscire sempre più spesso con l'aspirante pilota, raccontando una bugia dopo l'altra sui suoi spettacoli teatrali e trovando ogni volta una scusa diversa per impedirgli di venire a vedere qualcosa che non in realtà non esisteva. Però si sentiva una ragazza felice, soprattutto quando doveva prepararsi per andare da lui. Il primo timido bacio, la prima uscita al cinema, lui che ogni tanto – nonostante fosse paonazzo – trovava il coraggio di abbracciarla mentre camminavano per strada. Ma si sa che la felicità dura poco. Infatti i mesi si susseguirono e, al compimento dei suoi diciotto anni, Red dovette andarsene. “Tornerò presto” disse, con occhi lucidi, stringendole le mani. Blue ingoiò saliva amara, con gli occhi altrettanto lucidi e lo sguardo basso. Ma non appena il treno se ne andò, portandosi via la fonte della sua felicità, non riuscì a trattenere le lacrime. E quella sera, quando Silver aprì la porta, trovò la sua Blue in lacrime disperate che lo abbracciò più stretto che poteva.
«È andato via» disse, tra i singhiozzi. «Mi… Mi ha lasciata…»
Silver fece un'espressione di dispiacere e si limitò ad abbracciarla. Non l'aveva mai vista così triste. «Ora ci sono io» mormorò in un impeto di coraggio, lasciandola sfogare tra le sue braccia.


«Mi manchi, Red… Chissà dove sei.» Blue guardò ancora in basso. «Anche voi. Mamma, papà. Voglio riabbracciarvi di nuovo.» Era giunto il momento, non poteva più indugiare, o non avrebbe concluso niente. “Tanto, sarà un attimo” si disse. Mise fulmineamente il piede in posizione, ma proprio a quel punto sentì due braccia che le si avvolgevano alle gambe, immobilizzandole. Le avrebbe riconosciute ovunque.
«…Che ci fai qui?»
«Questa domanda dovrei fartela io» rispose una voce soffiata. «Vengo a riportarti a casa con me.»
«Non posso venire, Silver» disse lei, con un sorriso triste dipinto in volto. «Mamma e papà mi stanno aspettando da tanto tempo, devo andare da loro.»
Fu allora che Silver ebbe più paura. Quelle frasi lo spaventavano. Paura di perdere la cosa più preziosa che per lui esisteva al mondo, di non riuscire a proteggerla. «Blue…» disse, tollerante. «Andiamo a casa.»
«No» mugugnò lei. «Ho detto che mi stanno aspettando. Non è carino far aspettare le altre persone, non te l'ho forse insegnato?»
«Blue… Perché?»
«Sono stanca di questa vita, di una delusione dopo l'altra, capisci? Tu eri troppo piccolo, e non ricordi cosa abbiamo passato, ma io sì. Non voglio soffrire più. Voglio rivedere mamma e papà ed essere felice con loro.»
Parlava lentamente, come fossero cose scontate, come se per lei il gesto che stava per compiere fosse davvero una liberazione. Come se la bambina che era in lei fosse uscita allo scoperto, esausta, in tutta la sua fragilità.
Il cuore di Silver batteva forte: non poteva concedersi nemmeno uno sbaglio. «Blue… Non farlo, ti prego. Sei l'unica cosa che mi resta, ma a me sta bene così, non ho bisogno di nient'altro!»
«Non essere egoista, Silver… Non voglio più soffrire…»
«Smettila!» gridò con rabbia. «Io non ti ho mai fatta soffrire! Sono sempre stato al tuo fianco, per me c'eri, ci sei e ci sarai solo tu! Sei tutto per me…» Man mano che andava avanti il suo tono diventava più flebile, alla luce intensa di quel tramonto. «Noi non siamo milionari, è vero, ma non importa… Non ci servono i soldi per essere felici. Non ti succederà più niente. Ci sarò sempre io a proteggerti… Io voglio proteggerti, Blue.»
E fu allora che il cuore della ragazza si sciolse. I pugni che prima stringeva sui fianchi con determinazione si aprirono, tremanti, e cominciò a singhiozzare lentamente.
«Andiamo a casa» fu l'ultima dolce raccomandazione di Silver. «Brava, così» commentò ancora, mentre lei piano piano scendeva, aiutata dalla sua mano.
«Silver… Io… Scusami…» Non seppe neanche lei il perché, ma dopo aver scosso bruscamente il capo rubò la cosa più bella che avesse mai rubato prima: un bacio. Un bacio che Silver si gustò appieno, un bacio atteso per anni, un bacio che segnava che finalmente era diventato grande. Che era riuscito ad aiutare Blue, questa volta davvero, e che all'alba del domani avrebbero cominciato una nuova vita più felice, perché non servivano né denaro né altro: c'erano l'uno per l'altra, e bastava questo.

 


 

Angolo Autrice
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Fine! Anche se non ha avuto “successo” sono comunque soddisfatta di questa ff, perché penso di essere riuscita a esprimere ciò che volevo.
Se l'ho scritta il merito è del fantastico libro
Memorie di una ladra di Dacia Maraini - che vi consiglio caldamente di leggere - da cui ho preso ispirazione per la vita di strada. Poi anche delle canzoni Io vagabondo di Nomadi e Millionaires dei The Script, che mi fanno salire prepotentemente i feels per la Chosen.
Piccola parentesi: riguardo all'accenno di Crystal, al posto di calciare le Sfere Poké come vedete ho usato la sua abilità in un modo alternativo (?) e ce n'è anche uno a sua madre, che al posto di una grande Allenatrice ho reso una grande truffatrice.
Beh, nient'altro da dire. 
Mi farebbe piacere sentire qualche parere!
Alla prossima!
-H.H.-

 
   
 
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