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Autore: FantasyAddicted    05/08/2015    0 recensioni
Tutti conosciamo le vite di Katniss e Peeta e dei loro amici durante e dopo i 74esimi Hunger Games, ma come erano le loro vite prima di questo evento? Come andavano avanti prima che le loro vite venissero stravolte per sempre?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Oh, Peeta! Guarda cosa hai combinato: hai bruciato il pane!” mia madre. Un sonoro ceffone da parte sua colpì la mia faccia. “Non possiamo vendere o mangiare quelle pagnotte, quindi ora dalle in pasto ai maiali!” mi disse lei, indicando con disprezzo il recinto con gli animali. Ma io non l’ascoltavo: qualcosa (o qualcuno) in lontananza aveva attirato la mia attenzione. Tra le gocce di pioggia riuscivo a distinguere la sagoma di una persona rannicchiata sotto un albero. Era una ragazza: le vedevo i capelli lunghi raccolti in una treccia che le incorniciava il viso. Tremava e non potevo biasimarla, era in atto una tempesta come poche mai viste. Si gelava e le gocce d’acqua scendevano dal cielo veloci. Si dice che, quando piove così tanto, il cielo stia piangendo. Magari stava piangendo per quella povera ragazza e per la sua famiglia o per la povertà in generale del Distretto 12. Non a caso, il 12 è l’ultimo distretto di Panem. L’ultima ruota del carro, per intenderci. Il 12 è ricco di miniere: forniamo ogni giorno a Capitol City un’enorme quantità di minerali, soprattutto carbone, e come veniamo ripagati? Non veniamo ripagati affatto. E’ triste, me ne rendo conto, ma purtroppo non possiamo farci niente. Quella ragazza molto probabilmente proveniva dal Giacimento, lo capivo dalla sua pelle leggermente scura. Le persone che vivono nel Giacimento sono notevolmente più povere del resto del distretto; la ragazza doveva essersi avventurata nella parte più “ricca” del 12 per procurare un po’ di cibo per sé e per la sua famiglia. Riuscivo a vedere i suoi occhi sofferenti e leggermente socchiusi. Guardai le pagnotte, poi i maiali e pensai: “Oh, al diavolo i maiali!” Mi assicurai che mia madre fosse entrata in casa, per evitare l’ennesimo schiaffo, e lanciai le pagnotte a quella ragazza. Lei mi guardò come per ringraziarmi, poi rientrai in casa per evitare che qualcuno venisse a cercarmi. Circa 10 minuti dopo uscii con la scusa di controllare i maiali e notai che la ragazza se n’era andata e aveva portato con sé il pane. Almeno quel giorno lei e la sua famiglia avrebbero avuto qualcosa da mangiare. Conoscevo quella ragazza. Il suo nome è Katniss Everdeen. L’ho vista per la prima volta il primo giorno di scuola, quando avevamo circa cinque anni. Aveva due trecce, che le cadevano morbide sulle spalle, invece di una. La maestra di musica chiese chi sapeva cantare la canzone della valle e lei subito mano alzata! Aveva una voce stupenda, che faceva invidia ad ogni uccello lì fuori. Ho subito capito che ero spacciato e per tutti gli anni a seguire mi sono domandato se fosse possibile che tra me e lei ci potesse essere qualcosa. Per dare una risposta a quella domanda, ho tentato di trovare il coraggio di parlarle, senza riuscirci. Purtroppo, dopo tutti questi anni, la risposta è ancora in sospeso… Il rumore del forno che annunciava che il pane era pronto mi svegliò. Era ancora quel sogno che mi perseguitava, nonostante quell’episodio fosse accaduto qualche anno fa. Mi ero addormentato nel panificio (ancora una volta) e per fortuna nessuno se ne era accorto. Mia madre arrivò in cucina e mi chiese se il pane era pronto; io lo sfornai, lo avvolsi nella carta e glielo diedi. Tutta la mia famiglia lavora nel panificio: nostro padre ci ha insegnato il mestiere. Non ho un bel rapporto con la mia famiglia. Mia madre mi sgrida sempre: nessuna delle cose che faccio le va bene, ma non posso ribellarmi. Be’, forse perché non ho abbastanza coraggio per farlo. Voglio dire, sono solo il figlio del fornaio, nessuno presta attenzione al ragazzo del pane. Se solo avessi l’occasione di dire tutto quello che penso… Non sono idiota: ho anch’io delle opinioni, solo che preferisco dipingere torte che condividere le mie idee con persone che non le capirebbero. Ho anche due fratelli maggiori. Come ho detto prima, anche loro lavorano nel panificio, perciò ci incontriamo molto spesso ma il nostro unico argomento di conversazione è… il pane. Solo mio padre sembra importarsi di me… sin da piccolo mi ha insegnato le tecniche per cuocere il pane. Vado a parlare con lui se ho un problema e mi capisce al volo. E’ un ottimo compagno di conversazione. Be’, l’unico che io abbia mai avuto. Non ci sono molti amici con cui parlare qui al 12. Scommetto che se il mio nome venisse estratto per gli Hunger Games nessuno si offrirebbe volontario per me. Oh, ma non è il momento di pensare a queste cose. Oltre a preparare il pane, mio padre mi ha insegnato una cosa che mi piace molto fare: dipingere le torte. La considero una specie di “arte”, infondo. Grazie a questo piccolo lavoro che considero anche un “passatempo” riesco anche a dipingere sul mio corpo. Mischio le varie tonalità di colori creandone degli altri, tipo il grigio delle rocce o il marrone del fango. Mi piace anche dipingere l’arancione. Non intendo l’arancione acceso, ma l’arancione… del tramonto. E’ il mio colore preferito. Magari, qualche giorno questa attività si rivelerà utile: potrei aver bisogno di mimetizzarmi mentre mi nascondo da qualcuno. Mi scappa una risata.
   
 
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