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Autore: Duchannes    06/08/2015    1 recensioni
"Sono sfinito, tu riesci a svuotarmi, a schiacciarmi con le tue piccole dita e io mi sento così stanco Louis, vorrei poterti dire che siamo forti, ma non ce la faccio. Non ti mentirò, non sono fatto per le bugie, non me lo merito Louis, non mi sono meritato niente di tutta questa fottuta situazione."
[...]
Aveva pensato di voler mollare, di voler lasciare la corda, eppure tutto quello che riusciva a pensare era che gli mancava terribilmente, come l’aria, come il sole a Londra.
Harry si odiava perché necessitava di lui così tanto da farsi male, da ferirsi e dilaniarsi.
Sad!louis. After!concert. Larry!love. Zouis!bromance.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So we can start it all over again.


"You decided to stay, even if it wasn’t all glitter and gold,
even if there were parts of it you hated, you stayed."
 
 
"Sono sfinito, tu riesci a svuotarmi, a schiacciarmi con le tue piccole dita e io mi sento così stanco Louis, vorrei poterti dire che siamo forti, ma non ce la faccio. Non ti mentirò, non sono fatto per le bugie, non me lo merito Louis, non mi sono meritato niente di tutta questa fottuta situazione"


Erano quelle le parole arrabbiate, ferite, schegge di uno specchio rotto che gli erano state lanciate addosso ferendolo in ogni dove; era stato ferito in così tante parti che non avrebbe saputo trovare il punto da cui sgorgava tutto quel dolore che lo asfissiava, lo appiattiva, gli faceva tenere la testa bassa per la paura di scoppiare a piangere davanti a milioni di persone.
Quelle luci che così accecanti, quella volta non sembravano guidarlo verso casa, ma sembravano smarrirlo, offuscarlo.
Quella luce che quella notte era diversa, brillava per tutti, tranne che per lui e questo lo annientava, completamente.
Harry quella notte quando era tornato a casa dopo quella stupida festa e l'aveva trovato ubriaco, mezzo nudo in camera da letto con gli occhi rossi per le lacrime che aveva versato, l'aveva guardato in quel modo che non gli apparteneva, quel modo triste che usava da un po' e che lo faceva sentire perso in quel mare d'amore dove entrambi navigavano e che questa volta sembrava perdere acqua, per i troppi colpi inflitti alle barriere.
Aveva scosso la testa con gli occhi lucidi.
"Non ci riesco Louis, è troppo per me, non riesco più a guardarti allo stesso modo e anche questo mi ferisce; è come se sentissi un vuoto, una voragine, come se qualcosa fosse andato via."


"Ma io non sono andato via" aveva sussurrato Louis in risposta, con le lacrime che continuavano a cadere e il corpo che continuava a tremare.
Harry aveva stretto i denti a quelle parole, perché non voleva piangere, non più, era stanco e triste, terribilmente triste.
"Ma io devo" aveva sussurrato quella volta e Louis aveva visto il mondo intero crollare e il nulla invaderlo.

Così quando quel concerto era finalmente finito Louis era corso dritto nel suo camerino, con il cuore in gola e le lacrime agli occhi, cercando di scappare via da tutto quel dolore, da tutta quella paura che lo faceva sentire smarrito, perso in una foresta fitta, con alberi alti che non gli permettevano più di vedere il cielo e le stelle.
Era tutto verde intorno a lui, verde come la speranza che avrebbero potuto superare quel tradimento, verde come il test di gravidanza che aveva annientato tutto, che aveva riposto le sue speranze e aperto un varco nero nella sua esistenza.
Verde come quegli occhi, i suoi occhi, quegli occhi tristi che non avevano più sorriso neanche una volta, quegli occhi che sembravano aver perso quella luce che li teneva insieme.

Verde come le pareti di quel bagno in cui bastò guardare i suoi occhi rossi e la sua figura riflessa per scatenare in lui quella reazione violenta che avrebbe mandato in frantumi lo specchio, in piccole schegge che lo ferirono meno di quanto avesse fatto quell'abbandono, quel modo in cui Harry quella notte gli aveva voltato le spalle.

E con il sangue che scorreva sulla pelle ferita macchiando tutto, anche quella maglietta bianca che piaceva tanto a lui, si era accovacciato su quelle mattonelle fredde e aveva tirato fuori il cellulare in un gesto disperato che forse avrebbe potuto rischiarare quel buio, mostrargli la strada.
 
Aveva chiamato la sua persona, quella che un giorno gli aveva voltato le spalle e l'aveva ferito, non come adesso, non come solo quegli occhi verdi potevano fare, ma in un modo lo stesso doloroso. Quella persona che però era stata comunque lì tutto il tempo, a coprirgli le spalle come sempre, fin quando Louis non aveva deciso di accettare la sua scelta, di abbracciare la sua decisione.

Zayn aveva risposto dopo qualche squillo e -Lou, vuoi che venga da te?- aveva proposto subito, perché non c'era bisogno che Louis gli spiegasse nulla, Zayn avrebbe sempre saputo tutto, perché c'era quel legame, quella cosa che li univa e che li rendeva consapevoli delle emozioni dell'altro.

Louis aveva singhiozzato e -Harry- aveva mormorato soltanto, come in una preghiera, come se Zayn potesse afferrare Harry e riportarlo lì, come se potesse guidarlo a casa con i suoi occhi caramellosi e le sue poche parole giuste.
Zayn aveva sospirato e -Harry ti perdonerà, ne avete passate tante, e Harry ti ama in un modo in cui non ho mai visto nessuno amare. Vi appartenete in un modo così intimo, siete come impossibili da separare e non succederà nemmeno questa volta- aveva snocciolato, in pensieri che aveva maturato col tempo, osservandoli innamorarsi giorno dopo giorno, lentamente, con calma, a piccole dosi.
Louis singhiozzò più forte e –N-non questa volta, ha detto di essere stanco- spiegò, cercando di riferire a Zayn il succo del discorso di Harry, quel discorso che aveva stampato sulla pelle, come tatuato con quella china nera che li aveva sempre uniti e mai divisi.

Quei tatuaggi di cui Harry quella sera aveva mostrato pentimento, come se li rifiutasse e non volesse più averli con sé, come se volesse cancellarli insieme alla loro storia.
Un pensiero che lo devastava e che gli aveva fatto mancare l’aria proprio su quel palco, quello che era sempre stato un momento felice per lui e che quella sera era stato pesante da sostenere; non con Harry così vicino, ma così lontano.
Una distanza che gli era sembrata incolmabile e gelida.
 
Zayn respirò per qualche momento in silenzio, come se stesse seguendo da vicino lo scorrere dei suoi pensieri e poi -Non posso dirti come tenere Harry, perché sei l’unico a saperlo e sei l’unico che può farlo- aveva aggiunto, come ad aprirgli gli occhi, a mostrargli la verità.
 
-Lo ferisco in continuazione, è come se fossi stato creato per succhiargli via la felicità, come se fossi il suo dissennatore e non facessi altro che nutrirmi a sue spese- snocciolò via Louis, in una dichiarazione che lo aveva attanagliato per tutto il giorno, in un pensiero che l’aveva torturato e si era impossessato di lui, come un piccolo mostro verde sulla sua spalla che non faceva altro che ripetersi nella sua testa, fino a farlo impazzire.
Zayn ascoltò quella confessione non del tutto sorpreso, abituato ai sensi di colpa di Louis, abituato al suo sentirsi continuamente in difetto.
Così –Sai che non è vero, tutti i momenti in cui Harry ha sorriso davvero, c’eri tu Louis. Non dimenticare quella volta in cui è morto il suo gatto e ha pianto per ore davanti a noi, poi sei arrivato tu e gli è bastato guardarti per sentirsi meno triste. Harry ti ama nel modo sbagliato in cui tutti dovremmo amare, quel modo che ti consuma e poi ti riempie allo stesso tempo. Fatti perdonare Louis- sussurrò, in parole che lo rincuorarono, che aprirono uno spiraglio in tutto quel dolore, quelle parole che solo Zayn sarebbe riuscito a far suonare giuste, perché era la magia che li univa a rendere tutto così semplice tra loro.
 
-Mi manchi tanto Zayn- sussurrò Louis, in un grazie anticonformista, che Zayn recepì forte e chiaro e sorrise dall’altra parte –Anch’io bro, ci vediamo presto promesso- assicurò mentre il castano asciugava le lacrime secche sulle sue guance.
-Non diventare una di quelle star bastarde perché vengo a prenderti a calci in culo- lo minacciò, in un ti voglio bene diverso, in quell’accettazione che tanto avevano faticato a conquistare.
Zayn ridacchiò di fronte a quelle parole e –Ci vediamo al primo posto su Itunes- aggiunse scherzosamente, mentre Louis imprecava sorridendo questa volta e –Bastardo,  vado da Harry- disse, con un peso sul cuore al solo pensiero di come le cose sarebbero potute andare male tra di loro.
 
 
*
 
Quando arrivò al camerino di Harry, dopo una doccia fredda per mettere in ordine i pensieri e lavare via tutte quelle lacrime e quel sangue raggrumato dalle sue nocche, stretto nella felpa grigia in cui tentava di nascondersi, Louis sentiva di perdere la convinzione che le parole di Zayn gli avevano concesso, ad ogni passo.
 
Così fissò quella porta per minuti interi, aspettando di trovare il coraggio per aprirla, per entrare lì dentro e pregare Harry di non lasciarlo.
Poi la porta si aprì di colpo e un paio di occhi verdi lo inchiodarono, il paio di occhi verdi più freddi di sempre, che lo fissarono in quel modo arrabbiato che faceva rabbrividire Louis.
Lo fissò per qualche minuto poi si spostò di lato per permettergli di entrare e Louis sperò davvero fosse  quello un modo per abbassare la guardia, per trovare un compromesso.
 
Harry si richiuse la porta alle spalle e Louis lo fissò torturando le sue dita piccole, mentre il riccio incrociava le braccia e lo fissava –Che vuoi questa volta? Hai messo incinta qualcun'altra perché sul palco ti ho ignorato?- chiese, piccato, in una battutina tagliente che colpì subito Louis.
 
Una battutina che lo riportava al giorno in cui avevano litigato atrocemente, in cui Louis si era incazzato come una belva e l’aveva tradito, quell’unico sbaglio che poi li aveva condannati ancora.
 
Così deglutì e sospirò –No, voglio parlare, non possiamo buttare tutto all’aria così…noi- cominciò cercando di snocciolare parole, di dire le cose giuste, di calmarlo.
Ma Harry lo interruppe con una risatina gelida che gli fece accapponare la pelle e fece un passo avanti fino a inchiodarlo quasi sul divanetto dietro di lui –Quando le sei venuto dentro non hai pensato che sarebbe stato un peccato buttare tutto all’aria?- chiese con tono di sfida, mentre Louis reprimeva le lacrime e abbassava lo sguardo, incapace di reggere quegli occhi verdi così freddi.
 
Sospirò e –Mi dispiace, le mie scuse non saranno mai abbastanza e mi sento una persona orribile per averti fatto questo, non lo meriti- sputò fuori, in parole messe in fuga per cercare di riparare qualcosa, di applicare un cerotto su quella frattura troppo grande.
 
Harry lo afferrò improvvisamente per la vita sotto lo sguardo stupito di Louis e poi stringendolo con le sue mani gli permise di voltarsi, schiacciandosi poi contro la sua schiena, completamente.
E Louis sentì quelle mani possenti modellarlo, e si ricordò di quell’unica volta in cui era successo, quando Harry era fuori di sé dalla rabbia e aveva voluto sentirlo, possederlo in un modo rude che non apparteneva a loro.
Lo lasciò fare perché aveva bisogno di Harry, aveva bisogno di quelle mani rudi che avevano sfilato via la sua felpa, lanciandola in un qualche punto della stanza; dei suoi denti duri che avevano premuto nella carne delle sue scapole, lasciando quello che poi sarebbe stato un livido.
Aveva bisogno di lavare via quelle ferite con Harry, anche in un modo che non era da loro, che era troppo asettico per i loro sentimenti.
Sentì l’erezione di Harry schiacciata contro le sue natiche, sentì la sua crescere, nonostante il dolore di tutto quello sbaglio continuava a divorarlo dentro.
Sentì le sue lunghe dita sfilargli i jeans quanto bastava e spingerlo a cavalcioni su quel divano che li aveva visti consumarsi tante volte.
Sentì i suoi singhiozzi sommessi mentre gli calava i boxer e afferrava la sua erezione per poter affondare dentro di lui a secco, per poterlo ferire, ferendo anche se stesso.
 
Perché era come un’arma a doppio taglio il loro amore, ferirsi a vicenda era come ferirsi il doppio questo li conduceva alla pazzia.
 
Louis aveva morso il suo polso per cercare di non gridare dal dolore che quell’intrusione improvvisa gli aveva provocato, era tutto così secco che Louis temette di poter svenire per il dolore acuto. Harry era troppo grosso e si era spinto in lui troppo velocemente.
Harry era stato fermo per un po’ lasciando che i singhiozzi lo invadessero e Louis aveva preso a piangere sapendo Harry in quello stato, più che per il dolore fisico, poi il riccio si era spinto dentro di lui in un ritmo costante che aveva continuato a fare sempre più male, accompagnato dal dolore nel petto che li distruggeva.
Harry aveva inseguito l’orgasmo senza inseguirlo davvero, aveva marchiato quel corpo, morso quella carne, senza volerlo davvero, e poi era venuto in quel corpo così familiare eppure adesso così lontano, con un singhiozzo più lungo degli altri, riversandosi completamente  con il piacere che lo invadeva e che aumentava i loro sensi di colpa.
Louis non era venuto, il dolore era stato fin troppo per potersi concentrare sul piacere e le lacrime avevano peggiorato il tutto.
Aveva sentito Harry accasciarsi contro di sé e si era voltato il possibile per poter stringere le braccia intorno al suo busto e singhiozzare insieme a lui, contro il suo petto.
Harry aveva stretto appena la presa, prima di rendersi conto di tutta la situazione e –Ti prego va via, adesso- sussurrare, distruggendo tutto di nuovo.
 
 
*
 
Erano passati quattro giorni dall’ultima volta in cui si erano visti, quattro giorni che Louis aveva passato rintanato al letto con la bottiglia di Jack daniel’s sul comodino, il pacchetto di sigarette mezzo vuoto e le lacrime che scorrevano a fiumi sulle sue guance magre.
Quattro giorni in cui aveva ingerito solo alcool, e vomitato solo quello.
Quattro giorni in cui Harry l’aveva ignorato, e aveva deciso di non rispondere alle sue chiamate né ai suoi messaggi.
Louis era distrutto e aveva tentato di tenere Zayn alla larga, lo stesso Zayn che si era incazzato da morire e che adesso era sulla soglia della sua camera d’albergo con sguardo spazientito e –Tomlinson sei un fottuto codardo, diavolo devo dirti io come riprenderti Harry?- lo aggredì, sotto lo sguardo impaurito di Louis rannicchiato in quella felpa troppo grande che lo nascondeva.
Zayn afferrò il cestino nell’angolo con un sospiro e ci gettò dentro tutto quello che gli capitava sotto mano, dalla bottiglia di alcool al pacchetto di sigarette mezzo vuoto, e i fazzoletti, raccapricciato.
Poi aprì la finestra di quella camera, per permettere il cambio d’aria e afferrò Louis con entrambe le braccia –Adesso ti fai una doccia, al resto ci penso io- sussurrò tenendolo stretto contro il suo corpo, fino al bagno.
Louis si rannicchiò contro di lui una volta in quella stanza e pianse, singhiozzando sul suo petto e stringendo la sua vita.
Zayn tirò un sospiro preoccupato e gli accarezzò i capelli sapendo che avrebbe dovuto agire per entrambi, aiutarli come aveva sempre fatto.
Così lasciò Louis in quel bagno a lavare via tutto quel dolore accumulato e si diresse nell’altra stanza per mettere tutto a posto.
 
Harry aveva passato quei quattro giorni chiuso in casa a fare una maratona di The big bang theory e a piangere, perché odiava quel telefilm con tutto se stesso eppure Louis lo amava e gli ricordava tutte le sere che avevano passato abbracciati a guardarlo, con il continuo alzare gli occhi al cielo di Harry e le risatine divertite di Louis, il suo Louis che gli mancava da morire.
 
Aveva pensato di voler mollare, di voler lasciare la corda, eppure tutto quello che riusciva a pensare era che gli mancava terribilmente, come l’aria, come il sole a Londra.
 
Harry si odiava perché necessitava di lui così tanto da farsi male, da ferirsi e dilaniarsi.
 
Non faceva altro che abbracciare quell’amore, anche quando l’unica cosa che ricava era dolore.
 
Harry si odiava e sperava di poterne uscire, di poter respirare di nuovo.
 
Quando Louis uscì dalla doccia, trovò Zayn seduto sullo sgabello della cucina che fumava tranquillamente fissando il cellulare tra le sue mani con attenzione.
Alzò lo sguardo sul castano vestito da soli boxer e sorrise –C’è la cena qui- mormorò spegnendo la sigaretta nel portacenere e fissando Louis con i suoi occhi penetranti.
Louis un po’ più tranquillo dopo quella doccia fredda si sedette sullo sgabello e fissò le patatine fritte con le crocchette di pollo, poco sorpreso che Zayn sapesse esattamente quali punti toccare e pensò per un secondo a quando Harry gliele preparava con le sue mani perché “Sono ancor meno salutari quelle pre-preparate Louis” si lamentava e cercò di mandare giù il magone che aveva sentito stringergli la gola.
Zayn lo fissò aspettando che mangiasse qualcosa e solo quando portò una patatina alla bocca, prese a parlare.
-Tu e Harry vi vedete stasera sul tetto, alle dieci, gli ho scritto col tuo cellulare e ci è voluto davvero poco per convincerlo- snocciolò entusiasta delle sue buone idee e poi –Adesso devi solo pensare a cosa fare, io devo tornare al lavoro, un album non si fa da solo- spiegò, mentre Louis lo fissava con gli occhi pieni di gratitudine, di quell’amore fraterno che li legava.
Poi –Spero non piaccia a nessuno, stronzo- sputò fuori, inveendo come suo solito, un modo poco carino di dirgli che sperava sarebbe andato alla grande.
-Cercherò di non superare drag me down, nano- rispose a tono Zayn, prima che i due scoppiassero a ridere, sereni.
 
*
 
Per quella sera Louis aveva indossato i jeans neri che lo stringevano nei punti giusti, quella maglietta bianca che Harry adorava e la sua felpa preferita, quella rossa, quella in cui Harry si era stretto per tutta la notte mezzo nudo, dopo aver fatto l’amore sul balcone di casa loro.
Aveva sperato che anche questi piccoli dettagli sarebbero serviti ad ammorbidire la situazione.
 
Quando era salito sul tetto e l’aveva trovato vuoto un po’ aveva sospirato di sollievo, contento di poter riordinare un attimo i pensieri in quel luogo.
Si era appoggiato con i gomiti contro il muretto, fissando il cielo limpido pieno di stelle e aveva sospirato pregando che tutto si risolvesse.
 
Era rimasto lì in attesa per minuti interi, contemplando quella volta celeste e forse troppo concentrato sui suoi pensieri, non aveva sentito la porta aprirsi e dei passi farsi vicini.
Se ne era accorto solo quando aveva sentito la figura di Harry appoggiarsi di fianco a lui, con lo sguardo rivolto verso l’altro e un sospiro appesantito.
 
-Oggi il cielo è bellissimo- sussurrò il riccio, in una frase che significava molto di più per loro, perché era quella che Harry gli aveva detto la sera del loro primo bacio, quando imbarazzato aveva cercato un pretesto per distrarlo e poi baciarlo.
 
Louis aveva subito puntato i suoi occhi azzurri su Harry a quella frase e –Adesso mi baci?-
aveva chiesto, in una supplica silenziosa, quasi disperata.
Harry aveva sorriso appena, mettendo in mostra un’unica fossetta e poi aveva portato l’indice ad accarezzare quelle labbra sottili fissandole incantato, poi sospirò e –Mi dispiace per l’altra sera- sussurrò con tono appesantito, come se i sensi di colpa l’avessero torturato per giorni.
 
Louis scosse la testa a quelle parole, piano in modo da non spostare le dita di Harry e –A me dispiace per tutte le volte- rispose, rammaricato per tutte le situazioni assurde e i litigi in cui ogni volta si ritrovavano per colpa sua.
Harry sospirò annuendo appena, con quello sguardo triste che lo accompagnava da giorni.
 
Poi –Cosa ci facciamo qui?- chiese, cercando di spostare l’attenzione e magari alleggerire quel peso che entrambi sembravano portare.
Louis sfilò dalla tasca della sua felpa il suo Ipod scribacchiato e consunto e –Volevo farti ascoltare una canzone- mormorò, tenendo ben fissi gli occhi su Harry per non perdersi nessuna espressione.
 
Il riccio annuì ancora e poi aspettò che Louis srotolasse le cuffie, ridacchiò appena quando il castano si incespicò come al solito, troppo impaziente e lo aiutò con le sue dita lunghe che a contatto con le sue dita piccole lo fecero rabbrividire.
 
Poi una volta srotolate le cuffie –Dobbiamo ballare scalzi, lo sai che è una regola- mormorò Harry, sorprendendo Louis che fu terribilmente stupito dell’iniziativa.
 
Poi Louis strinse le mani intorno ai fianchi larghi di Harry, e sentì le braccia del riccio stringerlo a sé e Louis quasi pianse per averlo lì, di nuovo.
La canzone partì e Harry la riconobbe all’istante, quella canzone per cui Louis era stato in fissa per mesi interi, che gli aveva dedicato milioni di volte e che l’aveva fatto piangere la prima volta, perché quella era la sua canzone preferita in assoluto e da adolescente aveva sempre sognato che qualcuno pensasse a lui ascoltandola.
 
Louis si tirò sulle punte con i suoi calzini eccentrici e raggiunse l’orecchio di Harry per potergli sussurrare quelle parole dritto all’orecchio.
 
I dream at night I can only see your face, I look around but it's you I can't replace.”
 
Sussurrò lentamente, sperando che Harry assimilasse le parole, che gli entrassero nella testa, mentre volteggiavano in movimenti sconnessi che gli appartenevano.
 
Every move you make, every vow you break, every smile you fake.”
 
Sussurrò ancora, marcando le ultime parole, mentre Harry questa volta se lo stringeva addosso, per sentirlo completamente, bloccando il loro piccolo ballo, stringendo solo l’amore della sua vita in una presa ferrea.
E pianse, perché era tutto quello che voleva e tutto quello da cui avrebbe voluto star lontano.
-Farà tutto così male- singhiozzò, mentre Louis lo stringeva con le sue braccia piccole e –Ma ti amo Harry, non posso perderti- sussurrò aggrappandosi alla sua maglietta in una supplica disperata.
Harry asciugò le lacrime con il dorso della mano e poi lo fissò con quegli occhi verdi adesso luminosi, pieni dell’amore che avevano sempre condiviso e –Potrò scegliere io il nome?- chiese affranto dalla sola idea che qualcuno potesse condividere una cosa così importante con il suo Louis.
Louis annuì –Tutto quello che vuoi amore, non sbaglierò più- sussurrò, anche sapendo che avrebbero sbagliato entrambi all’infinito, perché erano umani e avrebbero sofferto tante volte.
 
Quella volta si baciarono, consapevoli di quell’amore che li univa e a volte li distruggeva, quell’amore che era forte e vivo, vivo come fuoco che a volte li bruciava con le sue fiamme ardenti.
Unirono le loro labbra in un bacio bisognoso, con le lingue che si cercavano, possessive e il dolore che piano piano scivolava via, nonostante i tempi difficili e tutto quello che poi avrebbero dovuto affrontare.
 
Perché erano HarryandLouis, e qualsiasi persona, situazione o difficoltà che li avrebbe separati, poi li avrebbe fatti ritrovare più forti di prima.
Perché erano HarryandLouis ed erano destinati a collidere.
 
Dagli amori così non si scampa.



 
Angolo autrice: Salve cc
Prima di tutto voglio dire GRAZIE a Mil, che ha subito tutti i miei scleri per questa cosina per tutto il pomeriggio e che mi ha fatto venire in mente la canzone da far ballare a questi due, grazie di cuore, you're a beautiful person <3
Lo so, sono sempre qui a rompere con i miei attacchi di scrittura compulsiva, ma dopo aver visto Louis per tutto il concerto con quel musino triste, non ho potuto fare a meno di plottare cc
Sono così speciali i miei larry, e loro si ameranno nonostante tutto, io lo so.
E niente, spero vi sia piaciuta, spero di avere qualche parere, giusto per sapere cosa ne pensate.
E grazie in anticipo cc
All the love xx 
   
 
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