Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: hirondelle_    06/08/2015    1 recensioni
[Ristesura di "Destiny"]
[Alla luce di quanto mi è pervenuto dalle vostre gradite recensioni, ci tengo a specificare che questa NON È una storia romantica, ma la descrizione di un ABUSO (come ho voluto indicare nelle avvertenze). Grazie dell'attenzione!]
-§-
Sente il suo profumo dolce, le dita sottili che gli accarezzano la pelle, percorrendo gentilmente tutta la lunghezza del suo corpo. Chiude gli occhi, percepisce i brividi ad ogni singolo tocco, un solletico malefico e ripugnante penetrare attraverso la pelle e andare dritto ai nervi: Reize sente una parola nella sua testa. Una parola che non si sarebbe mai azzardato a pensare: nella sua mente è pronta per uscire e distruggere il mondo. La pronuncia, sbarrando gli occhi.
… no.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Paranormal'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DESTINY IX
È strano uscire all’aria aperta dopo lunghi, interminabili anni. La piazza del mercato è gremita di gente, e Reize si sente stordito da tutti quei rumori, odori e colori… Spezie di alta qualità sono esposte tra le bancarelle, gustosi frutti dall’aria esotica fanno capolino nelle cassette di legno, venditori di tappeti aspettano pazientemente clienti con cui trattare. È tutto talmente nuovo e confuso che Reize è costretto a farsi guidare dalla mano di Atsuya, che già da tempo ha smesso di borbottare frasi sconnesse. 
Silenziosi e gelidi sguardi si posano sulle sue catene, qualche donna mormora qualcosa alla vicina con fare cospiratorio, ma C-117 è fin troppo occupato a guardare dove mette i piedi per accorgersene. Sembra che il domestico voglia uscire il prima possibile da lì, e lo esprime chiaramente infervorandosi ogni qualvolta si scontra con qualcuno.
Natsumi cammina al suo fianco, tra le mani un grande cesto di vimini. Gli sorride ogni tanto, cercando di tenere il passo del collega, spesso incespica nei suoi stessi piedi e C-117 l’aiuta prima che si schianti al suolo. Fubuki cammina fin troppo veloce per i suoi gusti, ma non ha il coraggio di farglielo notare. D’un tratto il domestico si mette quasi a correre, e Reize ne intuisce il motivo: stanno passando davanti al mercato degli schiavi. 
Se ne stanno lì, in piedi e silenziosi in mezzo al vociare della gente e agli strilli striduli del mercante che scandisce il procedere dell’asta: gli uomini con la pelle cosparsa di olio rilucente per evidenziare i muscoli, le donne magre e ripulite dalla sporcizia delle miniere. I bambini se ne stanno in un angolo a lacrimare e a gridare, e C-117 quasi si mette a piangere con loro quando un grido unanime squarcia l’aria dilaniandogli il cuore: una delle madri è stata appena venduta.
Non ha il tempo di pensare: Atsuya esce dal mercato come inseguito da ombre voraci, rallenta solo quando le voci della folla si fanno indistinte. Quasi tira un sospiro di sollievo, mentre Reize si accascia a terra stremato dal trambusto. Natsumi arriva poco dopo, miracolosamente intatta, e sorride bonariamente: - Molto bravi, siete arrivati primi.
A C-117 viene da sorridere: è tutto così calmo e tranquillo, così innaturale. Non può ancora credere di essere veramente fuori, tra la gente, apparentemente libero sotto quelle catene. Alza gli occhi al cielo, il grigiore delle nuvole si riflette nel nero in una muta e indescrivibile magia. – Non vedevo tanti colori tutti assieme da anni. – mormora piano. Chiude gli occhi e sorride, semplicemente, accarezzando distrattamente ricordi lontani e perduti, che tuttavia stranamente non gli fanno male, ma sembrano scaldargli il cuore. Natsumi gli porge la mano, Reize l’afferra e si fa aiutare ad alzarsi. Non è più solo, non ha più paura del buio.
Procedono per una stradina scoscesa, appena ombreggiata dai grandi alberi dalle cime frondose. Reize non ricorda di averne mai incontrati, e la loro vista lo affascina: quante cose ci sono da scoprire, lì fuori. Sbircia con la coda dell’occhio attraverso una porta semi-aperta, ascolta il soave canto degli uccelli che si nascondono tra i rami, fa ben attenzione a non scivolare sui ciottoli umidi di pioggia. Quelle abitazioni non hanno nulla a che vedere con le ville lussuose alle quali è abituato, eppure C-117 si sente perfettamente a suo agio. Lì non è nessuno,  non dipende da nessuno, non è schiavo di nessuno. Semplicemente libero.
D’un tratto arrivano nei pressi di un borgo: case sbilenche li osservano passare silenziosamente, il fruscio del vento li accoglie in un gelido benvenuto scuotendo leggermente i panni stesi ad asciugare. Reize si guarda intorno, rabbrividendo per il freddo improvviso, e a un tratto li vede: presso un pozzo vecchio e malmesso, due bambini giocano con piccole pezze e spaghi intrecciati a formare una lunga corda. Non sembrano essersi accorti della loro presenza tanto sono presi dal gioco, le mani intente a strappare o deformare quelle stoffe consumate.
- Il principe lo faccio io! – esclama convinto uno di loro, portandosi la corona di carta sulla testa e il mantello dietro le spalle. – Perché sono il più grande.
- Non è giusto! – ribatte l’altro. – Abbiamo solo cinque minuti di differenza! Dai qua! Non voglio fare il povero!
C-117 sente un groppo in gola: ha la netta sensazione che la storia raccontata nel suo libro coincida almeno in parte a quel gioco innocente. Ma com’è possibile, e perché? In un attimo si ritrova a fissare quei bambini come se facessero anche loro parte del suo passato. Ha brivido di terrore al pensiero.
È la voce di Natsumi a riportarlo alla realtà: - Guardate che la vostra torta ce la mangiamo tutta noi!
I gemelli alzano la testa, e lo schiavo si sente invadere da una strana energia incrociando i loro occhi: blu e intensi come il cielo diurno, profondi e vasti più dell’oceano, freschi e sbarazzini come l’erba mossa dal vento pigro. Sono forti, determinati, mozzano il fiato per la loro crudele e spietata innocenza. E in un attimo sono già tra le braccia della loro madre, felici come non mai di passare un po’ di tempo con lei: Reize si sente invadere da una terribile nostalgia.
Natsumi ride, cercando di camminare pur intralciata dai loro passetti piccoli e dalle loro manine aggrappate alla gonna. Alza la cesta fino a portarla dove i bambini non possono arrivare ignorando gli strilli eccitati di pura aspettativa, ed entra nella casetta più piccola, riparata da un’enorme quercia che sembra quasi compensare la mancanza di un tetto resistente.
Reize rimane là, intento sul da farsi: da un lato pensa che vorrebbe far parte di quell’allegria, di quella dolcezza, di quella nostalgia; dall’altro però pensa che tutto ciò non sia giusto. Teme quelle persone, così lontane da lui, teme tutto ciò che gli sta attorno: d’un tratto vorrebbe essere sul letto del Lord, lì dove è sempre stato, nella sua condanna e nel suo rifugio. Solo.
Atsuya è già sulla soglia, non sembra volersi preoccupare di lui. Quando si volta, il suo sguardo ha un che di gelido e strano, ma non sprezzante. – Entri?
E C-117 se ne sta là, a fissarlo intensamente, non una parola. D’un tratto una goccia di pioggia gli bagna il viso e si fonde con una lacrima, poi arriva una seconda, una terza, sempre più numerose… finché Reize non alza gli occhi al cielo e constata che, di lì a poco, verrà giù un acquazzone senza precedenti. Atsuya non dice niente, è Natsumi invece ad uscire dalla casetta per prenderlo per mano: - Reize, ma che ci fai qui sotto la pioggia? 
C-117 non risponde, si fa portare dentro, un debole sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi di pianto. Ma non vuole darlo a vedere, si asciuga come può con un braccio. Passa davanti ad Atsuya senza che lui dica nulla, Natsumi lo molla solo quando si ritrova all’interno. 
Reize ci mette un po’ per abituarsi all’oscurità appena contrastata da una fioca candela sul tavolo e dal bagliore fumoso di una sigaretta accesa, ma presto riesce a riconoscere i visi dei presenti. E con questi, gli occhi. Duri e spezzati.
- Chi diavolo hai portato, Nats? Non ti sembra pericoloso?
C-117 rabbrividisce e si volta: a parlare è stato un ragazzo alto, sulla ventina, i capelli lunghi raccolti in una coda e il viso sporco di terra. Stringe tra i denti una sigaretta quasi del tutto consumata, con la mano giocherella  pigramente con poche monete d’argento. L’uomo accanto a lui è nelle stesse condizioni, al contrario gli sorride allegro come se fosse un raggio di sole. Eppure quell’atteggiamento tanto pacato non lo rassicura affatto, al che istintivamente fa un passo indietro… e lo sente, il rumore delle catene che strisciano sul pavimento di legno, il suo simbolo, la sua condanna. 
- Non dire sciocchezze Kazemaru! – esclama indignata Natsumi, l’altro uomo gli fa cenno di tacere, ma è troppo tardi: già Reize è indietreggiato verso la porta.
Atsuya non lo afferra appena gli passa davanti, non prova nemmeno a fermarlo a parole. E C-117 allora corre fuori, corre nella pioggia che gli sferza il viso come una frusta, inciampa nelle sue catene e si rialza. Presto la vista gli si offusca, non capisce dove sta andando ma continua a correre finché le gambe non gli tremano e il fiato non gli si mozza. 
Si ferma, ma è ben lontano dalla casa. Si guarda attorno smarrito, non ben conscio della sua situazione, ma il luogo gli è subito familiare: si trova nel cuore del mercato. Le strade sono deserte, le tende chiuse, il silenzio invadente. Reize trova riparo sotto delle vecchie travi appoggiate a una casa nelle vicinanze, si accuccia e si guarda ancora attorno: non fa freddo, ma si sente scosso dai brividi, e le lacrime continuano a scendere irrefrenabili. 
Non vuole essere un pericolo per nessuno, non vuole far star male a nessuno, non vuole vedere nessuno. Sa solo che deve arrivare a casa prima che il Lord si arrabbi, perché è vero, non gli ha chiesto il permesso convinto di tornare prima del suo rientro. E ora si sente così terribilmente solo e mortificato che fa quasi male: vorrebbe poter averlo accanto, vorrebbe essere ferito, ucciso, dilaniato dalle sue mani. 
Affonda il viso sulle ginocchia e singhiozza piano, poi si appoggia alla parete e resta lì. Le sue mani scivolano sul suo viso, sul labbro gonfio, sulle cicatrici e poi su per i capelli bagnati: ora singhiozza più forte, non gli importa di essere sentito, non gli importa più di niente. E forse sarebbe meglio se fosse davvero pericoloso, e morisse lì, proprio lì, dove nessuno lo può trovare…
- Anche per me è stato difficile. 
C-117 alza lo sguardo e la trova: eccola là, sotto la pioggia battente, una figura se ne sta immobile e paziente, eppure asciutta. Il morbido tulle è appena sporcato di fango, i capelli viola sono raccolti in una crocchia: Fuyuka ha l’aria più povera che abbia mai visto, ma c’è una cosa che la rende bella e soprattutto donna, la rende forte come una dea. E forse lo è davvero.
- Ti conviene trovarti un riparo anche tu. – sussurra solo tra i singhiozzi, e si rannicchia in parte per farle posto. Lei scuote la testa, inespressiva come al solito, allunga il braccio ossuto e gli porge una grande e morbida coperta color della notte. Reize la prende senza fiatare e sente una scarica invadergli il cuore, sollevandogli in qualche modo anche il morale: è calda, è vellutata, e com’è bello affondarci il viso e sentire il profumo di lavanda! Sa di casa, sa del Lord, sa della madre che non ha mai conosciuto. E sembra davvero un pezzo di notte, come se l’avesse strappato al cielo solo per lui. 
- Resisti.
- Grazie. – si ritrova a mormorare con un sorriso, e socchiude piano gli occhi abbandonandosi a quel tepore. Quando alza lo sguardo però Fuyuka non c’è più, divorata dalle ombre che fanno capolino dalle case: che ore saranno, le tre del pomeriggio? Reize non lo sa, non ha mai imparato lo scandire del giorno. 
Quando alla fine smette di piovere, se ne sta in silenzio e immobile ancora per un po’: la gente inizia a uscire dalle case, potrebbe vederlo. E allora si alza, avvolto nella coperta, cercando di nascondere il più possibile le pesanti catene di ferro, e inizia ad avanzare per le vie già affollate. Cammina lentamente, quasi timoroso, cercando di non incrociare lo sguardo di qualsiasi persona gli passi accanto: la regola del Lord è ancora chiara e ferrea nella sua mente, non riuscirebbe a trasgredirla. 
Si ferma solo quando è nei pressi del borgo, qualcosa gli ha ferito il piede. Reize lancia un lamento, osservandosi i piedi sanguinanti: è stato un coccio di vetro, forse appartenente a qualche bottiglia spaccata. C-117 lo guarda con una smorfia di dolore, si china sulla ferita e prova a fermare il sangue come può, appoggiandoci sopra pure la coperta, ma sa che è troppo profonda per poter fare qualcosa. Istintivamente strappa un lembo del pezzo della notte e se lo fascia, sospirando piano.
Quando alza lo sguardo, Atsuya è ancora sulla porta della cascina. C-117 lo raggiunge senza una parola, zoppicando tra le pozzanghere, non lo guarda nemmeno negli occhi. Lo supera senza dire nulla e quando si ritrova dentro la casa si limita a guardare il pavimento di legno, rovinato dall’acqua e dal tempo. Natsumi gli salta letteralmente al collo, gli dice che non deve farlo mai più, che si è preoccupata. Reize si chiede se dica sul serio o pensa solo alle possibili punizioni del Lord se lo avesse perso: ma no, i servi non ricevono punizioni. Ricambia l’abbraccio quasi temendola, e improvvisamente sente uno strano calore doloroso e forte invadergli il petto.
Kazemaru si scusa subito, un po’ mortificato.  Endou lo saluta con un cenno placido del capo. Sono contadini che lavorano per Lord Gouenji, dall’altra parte della città. Endou è il marito di Natsumi. 
Si sente  a disagio mentre stringe loro la mano: per quanto abbiano molte cose in comune, la differenza che li separa è abissale e indistruttibile. Non li guarda negli occhi, non lo farebbe mai, se ne sta in silenzio senza far nulla. Poi si volta piano verso i gemelli, intenti ad abbuffarsi con la torta: non sembrano essersi accorti della sua presenza. Si toglie di dosso la coperta, scrutandola attentamente: incredibilmente non c’è traccia di sangue o strappo. 
Si avvicina a loro e si accuccia, li fissa per un po’ e poi sorride, porgendo loro il pezzo di notte: - Perché non giocate entrambi a fare i Principi?
Uno di loro, il maggiore, lo guarda stupito: ha grandi occhi color cielo e capelli che ricordano la criniera di un leone tanto sono scompigliati; sembra quasi il sole, il sole caldo e luminoso che arroventa il suolo con i suoi raggi nelle giornate d’estate. Gli si avvicina e lo studia attentamente, il suo sguardo è gentile e Reize non si sente temuto: è strano, ma non spiacevole.
L’altro osserva la coperta, guardandola con quegli occhi color del mare: la gira tra le mani sempre più estasiato, poi lancia uno strillo: - Taiyou, si vedono le stelle!
Taiyou si volta verso il bambino e gli prende dalle mani la coperta. Sorride eccitato pure lui, prima di lanciarsi in un gridolino eccitato: - Guarda, una stella cadente!
I genitori li guardano stupiti, i loro sguardi si posano prima sullo schiavo e poi sui gemelli, non sapendo come commentare: a loro sembra solo una mantellina nera. 
- Oh sì, è magica. – prosegue Reize sorridendo calmo. – Nonostante l’abbia strappata e sporcata, è ancora asciutta e intatta… Me l’ha donata una dea.
- Una dea? – chiede raggiante uno dei gemelli voltandosi verso di lui. È talmente tenera la sua spontaneità che C-117 non può far altro che annuire. Si sente leggero, felice come non lo è mai stato: è bellissimo poter donare qualcosa a qualcuno, e vederlo sorridere. C-117 sente che vorrebbe poter avere molte più cose solo per regalarle.
Il pomeriggio passa velocemente, e i bambini non sembrano turbati dai tuoni al di fuori della finestra: C-117 si sente quasi a suo agio in quell’universo così lontano eppure incredibilmente vicino. 

- I bambini ti adorano! – esclama Natsumi procedendo per la via sassosa, portando la cesta già più leggera. – Dovrei invitarti più spesso, sai?
Reize sorride, cammina un po’ dietro cercando di mantenere il loro passo, per quanto le catene possano permettergli di avanzare. - È  stato molto divertente. – mormora pacificamente. In realtà è stato strano tornare indietro nel tempo e giocare come un bambino qualsiasi… strano, crudele e doloroso. Ma non vuole far sapere niente né a Nelly né ad Atsuya, entrambi troppo intenti a conversare tra di loro sui prezzi che si alzano e il tempo che, come al solito, non è dei migliori.
- Scusami Reize, chi ti ha dato la coperta? Oh, ma tu zoppichi! Che ti è successo?
Reize ignora le domande di Natsumi e scrolla le spalle, si controlla distrattamente i polsi rovinati. E poi è troppo intento a guardare dove mette i piedi, le strade sono buie e a malapena illuminate da fioche lampade appese ai muri. È già tardi: il Lord sarà già arrivato dal lavoro, lo punirà, ma ormai si è talmente abituato all’idea che quasi non se ne preoccupa.
Quando arriva davanti alla residenza del suo padrone, agli alti e austeri cancelli in ferro e le mura di pietra che sembra vogliano sovrastarlo, una sorta di ansia lo pervade, inquietandolo: è strano, è come un presentimento inconscio dell’imminenza di qualcosa di ben più terribile delle punizioni. Per questo guarda i suoi compagni entrare senza muoversi, e quando questi se ne accorgono lo osservano a loro volta con sguardo interlocutore.
- Vi devo rivelare una cosa. – mormora ad un tratto lo schiavo, il cuore sembra volergli uscire dalla gola tanto batte forte. – Non ho mai chiesto il permesso al Lord.
I due colleghi non sembrano aver una reazione particolare: Natsumi lo fissa un po’ apprensiva, Atsuya si limita ad alzare le spalle e a commentare con un “Masochista” appena mormorato. Eppure Reize sente che qualcosa di lì a poco avrebbe stravolto completamente le loro aspettative. Anche quando si voltano non osa varcare i cancelli e un giramento lo costringe a crollare seduto sulle gambe, lo sguardo perso a fissare la strada di sassi.
- Insomma, muoviti! – esclama ad un tratto Atsuya, ma solo Natsumi accorre in suo aiuto: - Ma che cos’hai, sei così strano… e sei anche tanto pallido. Meglio se vieni dentro, così ti scaldi un po’…
Reize annuisce: le sue paranoie non lo porteranno a nulla. Le sorride e si alza, lentamente entra dal retro senza dire una parola, passando per il campo deserto e immobile. Si siede su una delle sedie e Natsumi inizia a preparare un po’ di tè caldo per tutti: sembrerebbe quasi una scena naturale e quotidiana, ma a quell’ora dovrebbero essere già a dormire: si è fatto davvero tardi.
C-117 ascolta le parole di Natsumi come se le sentisse per l’ultima volta. È tardi, è spaventosamente tardi… - Ti chiedo ancora scusa per Kazemaru, a volte è un po’ indiscreto… - mormora distrattamente la donna buttando un po’ di foglie nella teiera. – Però è un bravo ragazzo, aiuta molto mio marito e sono grandi amici. Non devi essere arrabbiato con lui…
- Non lo sono…- sussurra piano Reize, e si accorge di star piangendo. Se ne accorge anche Nelly, tanto che si volta verso di lui e lo guarda stupita: - Ma che hai?
C-117 scuote piano il capo, prova ad asciugarsi le lacrime ma non ce la fa. Sorride triste e si limita a poche parole. Le ultime. – Sta arrivando.
Pure Atsuya sembra stupito, lo guarda accigliato dallo stipite. – Ma che hai…?
D’un tratto la porta della cucina si spalanca: Natsumi sussulta per lo spavento. Prova a balbettare qualcosa ma è davvero troppo tardi, non fa in tempo a dire nulla che già Lord Kira si è avventato sullo schiavo buttandolo giù dalla sedia con un calcio talmente forte da farlo sanguinare. 
E quando C-117 alza lo sguardo su di lui ha un brivido: nei suoi occhi, la stessa follia che ha percepito solo tempo addietro. Quando il freddo della morte lo aveva avvolto per la prima volta.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: hirondelle_