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Autore: Midori No Esupuri    07/08/2015    3 recensioni
[WARNING: MORMOR/MORMORSTAN]
L'evoluzione del rapporto tra l'ex colonnello Sebastian Moran e il consulente criminale Jim Moriarty tramite messaggi.
(11.19) Mi sta assumendo come killer?
(11.20) Esattamente. JM

[...]
(11.24) Stia tranquillo, la sua ferita all’occhio non sarà un problema. So che possiede un conto bancario, mi occuperò di versarle la somma necessaria al costoso intervento che deve sostenere per recuperare la vista. JM
(11.26) Perché?
(11.26) Gliel’ho detto. Mi serve un collaboratore. JM

Nota: Capitoli comprensivi di messaggi e parte narrativa.
Genere: Angst, Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Mary, Morstan, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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#24: Addio
 
Giovedì 7 aprile
 
~ ~ ~ Log_Data_0704_14____03.42 ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Pausa – Termina ~ ~ ~
 
-Scusami se ti ho fatta venire qui alle tre di notte.- disse Sebastian, sedendosi sul divano. Aveva delle profonde occhiaie, il viso scavato dal dolore e dalla fame, erano settimane che non mangiava quasi nulla. Aveva persino perso peso, le vene ed i muscoli erano ora orribilmente visibili sotto la pelle scura.
-Non preoccuparti.- sorrise Mary, nonostante ci fosse ben poco di cui sorridere. Sebastian si era arrangiato per prepararle del caffè, sembrava molto simile al fantasma di se stesso. Una visione ben diversa dal giorno in cui era tornato dalla guerra, quando Jim lo aveva preso con sé come cecchino.
-Quindi, novità?
Stavano lì, seduti uno davanti all’altra, ignari.
-Ho avuto accesso ad alcune informazioni su Sherlock Holmes, e… Forzarlo a parlare è difficile, ma punto a risolvere la cosa nel giro di qualche mese.
-Settimana.- esordì Moran, la sua indole al comandare non era ancora fuggita dal suo corpo prestante ed era un bene, adesso che era solo. Si stava occupando, per come riusciva, della questione Holmes… E il motivo per cui lo faceva era ovvio, fin troppo.
-Settimana? Ma… Sebastian, John è mentalmente instabile al momento ed è stata una fatica…
-Qualche. Fottuta. Settimana.- la interruppe Sebastian, brusco. -Non intendo aspettare di più. Non mene frega un cazzo se John Watson è un essere umano, per me è un bersaglio adesso e lo sarà finchè non avrò un obiettivo diverso da quel pallone gonfiato di un detective. Questo è tutto.
Mary lo guardò e, oltre la telecamera, delle labbra sottili si curvarono appena in un sorriso compiaciuto.
-Qualcuno sta finalmente tirando fuori gli artigli, uhm?- ridacchiò, per poi tornare ad osservare l’uomo biondo che vagava per il salotto, rimasto solo, con una sigaretta accesa e i capelli scomposti. Posò la mano sul vetro lucido, accarezzandolo appena con la punta delle dita, con la stessa incertezza con cui ci si avvicina ad un oggetto troppo caldo. La ritirò subito, chiudendo il collegamento e osservando il proprio riflesso stanco.
 
~ ~ ~ Log_Data_0704_14____04.36 ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Terminato ~ ~ ~
 
-Ottimo lavoro, Sebby.- mormorò.
 
 
 
 
Lunedì 11 aprile
 
 
Fissò il proprio volto riflesso nello specchio del bagno, tra i segni di calcare lasciati dagli schizzi d’acqua del lavandino e incoraggiati da un’apatica negligenza. Si faceva la barba per passare il tempo, per non pensare, e come sempre finiva per lasciarsi addosso qualche piccolo taglio. Si fermava ad accarezzarli con la mano, lasciandoli bruciare, pensando a quanto Jim apprezzasse quei segni sulla sua pelle, quanti gliene avesse lasciati prima di ferire anche il suo interno. Si guardò intorno, la stanza vuota e spoglia senza i suoi Westwood appallottolati in giro, senza le sue cravatte alle maniglie delle porte o delle finestre, senza gli appunti affissi al muro davanti al letto. La bottiglia di vodka abbandonata sul comodino giaceva ancora lì, impolverata così come il bicchiere, spostarla era quasi un sacrilegio per Sebastian. L’orologio ticchettava poco distante dal suo orecchio, scandendo il ritmo della sua solitudine, e in un improvviso impeto di rabbia Sebastian tirò un pugno al comodino, facendo cadere qualunque cosa vi si trovasse sopra. Subito dopo si alzò, stufo di cambiare stanza circa ogni ora per riempirne il vuoto, stanco di sentirsi solo e di aspettare qualcosa che, sicuramente, non sarebbe mai arrivato.
Nessuno tornava dalla morte, e lo sapeva fin troppo bene. I suoi genitori, sua sorella, i commilitoni, i superiori, le vittime degli incidenti stradali, quelli dell’alcool e della droga. I malati, i suicidi. Nessuno scampava al buco nero della morte, al quale lui si era avvicinato così tanto dal sentirne il gelido abbraccio. Chissà se Jim si trovava a suo agio finalmente, lui che tanto detestava l’estate e il caldo.
Sorrise contro lo specchio del bagno, amaro. Il suo viso era incavato, a metà tra il furente e il rassegnato, ma era convinto di ciò che stava per fare. Guardò la pistola stretta tra le dita tremanti, lucida e quasi strafottente verso il suo cupo dolore, lasciando che il sorriso si allargasse appena un po’ di più.
-Alla tua maniera.- mormorò mantenendo gli occhi fissi sullo specchio, come se davanti a lui ci fosse proprio Jim.
La canna della pistola era dura e fredda sulla lingua, la mascella tesa faceva quasi male, ma Sebastian la ignorò e spinse il dito sul grilletto.
“Addio.”
Un boato, un fischio.
Il buio.
  
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