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Autore: MikaMika    07/08/2015    8 recensioni
Vi ricordate "una vacanza movimentata"???
Spero di sì ;) Comunque Rosie torna ad Hogwarts con tutti i cugini al seguito. I suoi rapporti con Scorpo dopo il fattaccio come si evolveranno????? Non credo che i due troveranno facilmente un equilibrio sano! E poi gli altri.. Alice e Lorcan che fanno i piccioni; Domi che porta avanti il suo fidanzamento segreto; Lily e Roxenne che ne combinano una dopo l'altra; Albus che cerca sempre di fare la cosa giusta ma ogni volta combina un disastro. Tutto questo con la cornice della nostra scuola preferita; con il torneo TreMaghi; con la Coppa di Quidditch che non è stata sospesa! Spero vorrete leggere
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Rose Weasley, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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CHAPTER XXXVI - La terza prova

 

Il nervosismo mi logorava mentre attendevo di iniziare la prova.

L'ambientazione era la stessa per tutti i tornei, un labirinto.

Leggendo il volume "Torneo TreMaghi, storia ed evoluzione" avevo scoperto che rispondeva al nome di "labirinto alla Rowling" in onore della strega che lo aveva ideato quasi mille anni prima.

Probabilmente ero l'unica a sapere quella cosa tra i presenti ma, per la prima volta, dubitai che potesse davvero aiutarmi quanto avessi scoperto. Avevo, per anni, riposto tutta la mia fede nei libri. Sfogliavo le loro pagine ingiallite come se potessero darmi la risposta a qualsiasi problema. Ma quella volta, per quanto mi sforzassi di credere, per quanto avessi passato le dita su milioni di indici sbiaditi, mi sembrava inutile.

Intorno a me l'arena era festosa. Oramai, dopo mesi di convivenza, molti studenti delle altre scuole si erano perfettamente integrati. Sugli spalti, i colori e le uniformi erano mischiate tra loro.

Gli sfottò erano più goliardici che altro. Solo alcuni se ne stavano in disparte, e solo alcuni vantavano una, piuttosto fuori luogo, espressione arcigna.

Tutti si stavano divertendo. Alcuni scommettevano, altri cantavano, altri avevano già iniziato ad incitarci. Gli unici muti, eravamo noi campioni.

Al solito Kàtia se ne stava in disparte. Silenziosa ed algida. Guardava l'ingresso del labirinto altezzosa, anche abbastanza annoiata. Sembrava che niente potesse toccarla e, per un momento la invidiai.

Nemmeno io e Charles parlavamo. Però era diverso.

Condividevamo quel momento di ansia. Soli. Spalla contro spalla, come se il contatto fosse un modo silenzioso per sostenerci. Per dirci che, comunque sarebbe andata, quella era l'ultima prova, l'ultimo momento di ansia.

-Uno di noi due- sussurrò Charles, dopo minuti di silenzio carico di agitazione. Io annuii. Sapevo benissimo cosa volesse dirmi. Dovevamo mettercela tutta, perché quella stronza non poteva seriamente diventare campionessa. Non poteva vincere.

Dopo interminabili minuti, finalmente la McGranitt iniziò il suo discorso.

Ascoltai sporadicamente qualche parola, gettata qua e là.

"Grande gloria"

"Rispetto della correttezza"

"Opportunità di integrazione"

Ma ero troppo distratta a cercare di regolarizzare i battiti del mio cuore. A placare l'ansia.

Mi riscossi solamente quando il cannone decretò l'inizio della gara. Lanciai un ultimo sguardo a Charles. Sapeva di imbocca al lupo. Di ci vediamo dopo. Di molte cose.

Non eravamo diventati "amici". Ma senza ombra di dubbio quell'esperienza aveva creato un legame che sarebbe durato nel tempo, eternamente. Nessun altro avrebbe a pieno compreso quell'esperienza come noi.

Magari, ci saremmo rincontrati dopo molto tempo. Ed avremmo riconosciuto uno negli occhi dell'altra la stessa avventura, la stessa adrenalina. Lo stesso entusiasmo misto a terrore.

Mi lasciai indietro gli spalti, senza guardare nessuno e entrai nel labirinto.

Lo sapevo. Io lo sapevo quale fosse l'unico modo per uscirne. Perché lo avevo letto, ma non era facile comprendere o abbandonarsi.

L'unico modo per uscirne sarebbe stato perdersi.

Intorno a me le siepi erano mobili. Mille e mille volte mi era stata raccontata quella sensazione da Zio Harry. Quella di essere rincorsi dal proprio destino, di non esserne padroni. Ora, dubitai che all'epoca lui avesse capito il reale senso di tutto quello che era accaduto.

Per lui era stato diverso. L'anima del labirinto era compromessa. Era destino, non caos.

Ma per me non c'erano inganni. Ero io a decidere i miei movimenti. Ero io a vincere o a perdere.

Sola.

Non c'era bene o male lì dentro. Neanche Kàtia era il male. C'erano solo scelte, sensazioni.

Vagai perdendo tutto. La mia morale, la mia anima, i miei preconcetti, il senso del tempo.

Vagai fino ad un crocevia. E non avrei smesso, non mi sarei fermata se davanti a me non si fosse prospettata una visione alquanto bizzarra ed inaspettata.

Probabilmente avevo raggiunto il mio "centro". Non geografico, ma concettuale. In realtà, ne rimasi quasi offesa. Era come se mi stessero sbattendo in faccia quello che ero diventata nel corso di quell'anno scolastico. E non è che non mi piacesse, solo mi faceva sentire debole ed esposta. Anche ordinaria. E anche un po' ridicola.

Girai su me stessa, osservando in silenzio i quattro oggetti che avevo davanti.

Un libro, una pozione, una bacchetta ed una scopa.

Ognuno era sopra un altarino, semplice, quasi grezzo, ricoperto da stoffa merlettata, candida ma all'apparenza ruvida.

Davanti ad ogni oggetto c'era un guardiano.

Quattro oggetti diversi e quattro guardiani perfettamente identici tra loro.

Uguali.

Stessi occhi grigi.

Stessi capelli biondi.

Stesso corpo snello e muscoloso, posizione eretta, sguardo acceso, sorriso obliquo e fossetta.

Li guardai uno ad uno.

Parlarono in coro.

-Sei stata veloce- ero decisamente confusa –solo uno di questi oggetti ti permetterà di uscire dal labirinto. Sono passaporte, ma solo una ti condurrà sul palco del vincitore. La custodisce quello reale di noi. Sta a te scoprire quale sia-

Non potevo crederci.

-Scorpius?- mi guardarono tutti. Tutti fecero un cenno. E ora come facevo a riconoscere quello vero?

In quel momento, teoricamente, avrei dovuto sentire una folle attrazione. Il mio cuore avrebbe dovuto condurmi da lui. Avrei dovuto sapere dentro di me la risposta. Ma guardandoli solamente, niente di tutto ciò stava accadendo. Erano perfettamente identici. O i libri mentivano o io non ero tagliata per il ruolo dell'eroina romantica. 

Un'idea piuttosto idiota mi balenò nella testa. In quel momento, non avevo un'alternativa migliore, però.

Avrei potuto annusarli. O baciarli.
Insomma non potevano essere uguali fino a quel punto.

Lentamente, mi guardai intorno e feci per avvicinarmi allo Scorp scopa.

-Attenta Rose- mi voltai. Lo Scorp libro stava parlando – Se toccassi uno di noi sarebbe come se lo avessi scelto-

-E come decido?- ribattei.

-Mi sembra chiaro, tesoro. Sono io- rispose lui sorridendo rassicurante.

-Non ascoltarlo! Sono io-

-No, Rosie, io!-

-Sono io, Rose!-

Cominciava a farmi male la testa. In quel momento non ero affatto sicura che ne sarei uscita vincitrice!

PoV Domi

Differentemente dalle altre prove, quella volta non potevamo vedere dentro il labirinto. L'unica cosa che potessimo fare era attendere ed attendere che uno di loro apparisse all'improvviso sul podio. Sarebbe stata Rose, non avevo dubbi in proposito.

Contorsi il volto in una smorfia di dolore.

Quella mattina, non mi sentivo per niente bene. Avevo vampate in continuazione, mal di testa, piedi gonfi e ormai sembravo una mongolfiera. Tutto ciò mi metteva di pessimo umore. Mi faceva sentire brutta ed indesiderabile ed inadeguata.
Inoltre ero stanca da morire. E sudavo. Ed io di solito non sudavo. Non ero abituata alla fastidiosa sensazione di appiccicume dei capelli sulla fronte.

Francois, molto gentilmente, stava vicino a me e mi sventolava, evitando di farmi notare che avessi un aspetto orribile, non che la sua faccia disgustata potesse nascondermelo comunque. Lily lanciava sguardi truci a James che non smetteva un secondo di guardarmi con la tipica aria da cane bastonato che di solito mi faceva sciogliere ma in quel momento non sortiva altro effetto che irritarmi terribilmente.

-Te l'ho detto che stiamo insieme?- sussurrò il francese al mio orecchio ed io sbuffai.

Me lo aveva detto almeno un centinaio di volte. Dopo lo sconcerto iniziale, la gioia che lui trasudava divenne la mia. Non ero veramente scocciata del suo straparlare su Frank, la cosa mi distraeva dal dolore e dal fastidio. Nonostante ciò mi piaceva prenderlo un po' in giro. Dovevo ammettere che, probabilmente, provavo anche una punta di invidia.

-Un paio di volte, Franz!-

-Non trovi che siamo la coppia più bella del mondo?-

-Sì- convenni, mentre pizzicai Frank che lo guardava. Erano teneri. Il francese non smetteva di sorridere, al punto che iniziavo a sospettare gli fosse venuta una paresi. Frank, dal canto suo, si sforzava di sembrare indifferente, ma ogni tre secondi i suoi occhi finivano per cercare l'altro.
 Ero assorta a guardarli quando, una ormai abituale voce contrita mi interruppe.

-Domi-

-Oh, mi hai rotto le palle, James!- sbroccai, trovandomelo nuovamente davanti. Di solito, non ero una tipa volgare. Ma in quel momento stavo male, ero in ansia per Rose, e l'ultima cosa che mi servisse era l'ennesima discussione con lui. E poi stavo fangirlizzando. Non si interrompe una ragazza mentre sta fangirlizzando!

-Lo so di aver sbagliato, ma ascolta!- insistette ed io lo guardai dopo aver intimato con un'occhiata a Lily di stare zitta. La conoscevo abbastanza da sapere che fosse sul punto di esplodere e cruciare il fratello. Non che non lo meritasse, comunque.

-So di aver sbagliato e sono pentito. Davvero. Sinceramente- iniziò, era difficile concentrarsi sulle sue parole, le fitte erano sempre più dolorose.

-Ma io ti amo Domi. E posso giurarti che farò di tutto per essere l'uomo perfetto. Non merito il tuo perdono ma una cosa del genere non accadrà mai più. Ti amo così tanto. Se penso a quello che ho fatto vorrei morire, sparire. Non posso rinunciare a te e al nostro bambino. E' semplicemente impossibile. Non posso-

Sentivo una sensazione strana avvolgermi, ma non c'entrava con James, il che era strano. Per la prima volta, dopo tempo immemore, quello che mi stava accadendo non aveva a che fare con lui che si torturava le mani e martoriava le labbra.

- Io ho sbagliato, ma tu sei migliore di me. Non chiudermi fuori, non estromettermi dalla tua vita e da quella di nostro figlio, perché un giorno potresti pentirtene-

Sgranai gli occhi, lui ritenne che fossero state le sue parole a generare quella reazione.

-Non fraintendermi, sarai sempre in tempo per tornare indietro. Ti aspetterò per tutta la vita. Ma non voglio perdere nemmeno un minuto della mia vita lontano da te. Io...-

-Si sono rotte ...-lo interruppi.
-Lo so, ti sto rompendo le palle, lo hai già detto..-
-No- andai nel panico –James si sono rotte-
-Ho capito, ma non puoi pretendere che io rinunci a cercare di ..-
-SI SONO ROTTE LE ACQUE JAMES- strillai.

Tutti si girarono verso di me. James quasi svenne.

 

PoV Britney

 

Quando il destino vuole fotterti non è importante quanto velocemente tu cerchi di raggiungere il bagno per rifarti il trucco.

Stavo cercando di superare la folla, quando una spallata piuttosto forte mi fece barcollare dai vertiginosi tacchi blu elettrico che avevo scelto per presenziare alla terza prova.
Erano le mie scarpe fortunate. Le avevo indossate nella speranza che quella stronza di Kàtia morisse nel corso della prova, o quantomeno finisse gravemente ferita.

-Hey, dove vai così di fretta?- chiesi una volta riconosciuta la spalla che quasi mi aveva fatto cadere.

Albus mi guardò distrattamente, appena prima di riprendere a guardarsi intorno.

-Cerco Bonnie. L'hai vista?- deglutii cercando il più possibile di fingere indifferenza.

-No-

Gli occhi di Albus si spostarono velocemente su di me.

-Dov'è?-

-Ti ho detto che non l'ho vista-

-Sai che quando menti succhi l'interno della parte destra del tuo labbro inferiore, Britney?-

-Cosa?- si stava agitando e si avvicinò a me muovendo le mani.

-Sì, come quando godi e giri gli occhi all'indietro, quando sei agitata e ti gratti l'orecchio, quando sei ansiosa rigiri l'anello. Riconosco ogni singola sfumatura di ogni più impercettibile emozione tu possa provare. Quindi non cercare di prendermi per il culo, Bri! Dove è Bonnie?!- il suo dito indice puntava minacciosamente la mia faccia. Io deglutii di nuovo il groppo che mi si era formato in gola. Il fatto che mi conoscesse così bene mi rendeva felice, in qualche modo, come sempre, Albus era in grado di farmi sentire un calore, una sensazione che io non conoscevo, e che comunque sicuramente non meritavo.

Ma in quel momento non potevo concedermi di indugiare su quell'aspetto.

In quel momento dovevo allontanare da lui l'idea che io ne sapessi qualcosa.

-Non so di cosa parli, Albus-

-Cosa le hai fatto?- la sua morsa ferrea si chiuse attorno al mio avambraccio. Non mi faceva male la presa più dell'accusa.

-Di cosa mi stai accusando precisamente, Al?-

-Lei non c'entra niente con quello che c'è tra noi! E' una brava ragazza. E' buona!-

-Fino a che punto mi credi in grado di fare del male a qualcuno?!- ribattei sentendomi un'ipocrita. Mi arrabbiavo perché temeva potessi essere oscura e cattiva fino a quel punto. Ma non lo ero, forse? Non stavo in combutta con Katia? Non avevo lasciato che prendesse quella cretina e ne facesse qualsiasi cosa? Per non parlare del fatto che mi fossi prestata a fare il dottor stramortenzia per mesi.

-Scoprirò il tuo gioco Bri! La troverò e scoprirò cosa stai tramando. E ti giuro che se le hai solo spezzato un'unghia te la farò pagare amaramente- pronunciò quelle parole ad una distanza ridicola da me. Toccandomi dentro. La minaccia. La vergogna. La paura. Il pentimento.

Albus era l'occasione che avrei potuto cogliere se fossi stata un'altra persona. Se non avessi perso la vera me molti anni prima. Se non fossi nata per ammaliare. Se non fossi stata cresciuta per sedurre.

Albus era colui al quale avrei voluto donare il mio corpo, al solo scopo di goderne insieme. Ma il mio corpo era un'arma. Era merce. Era qualcosa di sibillino che serviva a comprare informazioni e favori per la causa.
Io ero la moneta della setta. Non altro.

Ero bella, luccicante, attraente come la più preziosa delle gemme. 

Ma inutile. 

Potevo essere posseduta, per un momento, per un attimo, per avere altro. Non per sempre.
Ero un mezzo. Bonnie era un fine. 

Ma qualcosa di buono potevo farlo.

Potevo evitare che l'unico al mondo che avesse davvero provato a guardare oltre non restasse coinvolto in qualcosa di troppo grande e pericoloso. Potevo salvare Albus, riportandogli il suo cucciolo. 

Lui scambiò per risentimento il mio brusco liberarmi. Senza dire una parola mi allontanai.

 

PoV Rose

 

-ADESSO BASTA- mi portai le dita a massaggiare le tempie, mentre con gli occhi socchiusi tentavo di ritrovare la concentrazione. Mi era stata strappata via. Da quattro esseri sessualmente appetibili, identici tra loro, che non facevano che battibeccare l'uno con l'altro. 

Dovevo trovare un modo. Avevo provato ad annusarli, ma non potevo avvicinarmi troppo, perché se ne avessi toccato uno, anche accidentalmente, sarebbe stato come fare una scelta. Dunque, non avevo risolto nulla. L'unica cosa che avevo ottenuto era stata quella di farli ridere assomigliando ad un cane da tartufo.

-Ok, ok- camminavo avanti ed indietro. Loro, in silenzio mi guardavano. Qualcuno paziente, qualcuno scocciato. Dovevo trovare una soluzione.

-Facciamo così- proposi ad un certo punto -Ognuno di voi mi dirà una cosa, la prima cosa che gli viene in mente, ok?-

Annuirono tutti, ma li interruppi prima che potessero iniziare di nuovo a sbraitare.

-Uno per volta e quando ve lo dico io!- Pregando Merlino che avrei risolto qualcosa, raggiunsi il primo altarino. Quello con la pozione. 

Guardai l'ampolla violacea senza neanche domandarmi cosa contenesse. Poi tornai con gli occhi su Scorpius.

-Forza!- lo invitai piuttosto scontrosa. Lui mi sorrise dolcemente, facendo un passo in avanti -Buono lì, non muoverti!- gli intimai.

-Hai ragione, scusa! L'avevo dimenticato- sorrise ancora, troppo dolcemente -E' che ho così tanta voglia di toccarti! Non vedo l'ora che tutto questo finisca-

Troppo. Troppo tenero. Troppo affettato. Troppo dolce. 

Lo guardai con sospetto.

-Che c'è?- mi chiese.

-Non sei tu- lo dissi lapidaria. Senza l'ombra di un'emozione. Non era lui. Non poteva essere lui. Dovevo convincermene per smuovermi da quella situazione. Provò a parlare, ma io lo ammonì a tacere e lui obbedì. Altro indizio. Non era lui. Ne ero certa.

Mi spostai lateralmente, raggiungendo l'altarino con il libro. 

-Parla!- cercavo di mantenermi lucida e fredda. Cercavo di non lasciarmi trasportare dall'impazienza. Ma non era facile. In quel momento, avrei solo voluto stringermi a lui, lasciare che si prendesse cura di me e finire dritta sul gradino più alto del palco. Mi concessi solo un sorriso, quando sull'altarino riconobbi Storia di Hogwarts.

-Sono molto fiero di te! Sei stata impeccabile fino ad ora. Non deludermi, Rose!- lo guardai con circospezione. 

-Ho sempre creduto in te, Rose. Ho sempre saputo che ce l'avresti fatta!- mi allontanai di scatto. Avevamo litigato perché lui non voleva che partecipassi a quella gara. Forse aveva sempre creduto in me, ma certamente non era stato contento. Non avrebbe mai sprecato l'unica frase a sua disposizione per dire quella cosa. 
-Basta così!- 

Lui non disse niente.

Ne rimanevano due. Bacchetta e Scopa. Bacchetta o Scopa. Entrambi mi guardavano. Li avevo lasciati per ultimi, non a caso. C'era una scintilla. Una scintilla che riconoscevo, ma che dovevo approfondire. Da subito, avevo capito che fossero i papabili. Dovevo scegliere.

-Cosa avete da dire? Prima tu!- indicai lo Scorpius bacchetta.

-Ti donano quei pantaloni, Rosie!-

Sollevai il sopracciglio.

-Il tuo sedere ci sta benissimo lì dentro- 

-Non ascoltarlo- intervenne l'altro, richiamando la mia attenzione -Potrei aver ripetutamente parlato del tuo sedere. Tutti sanno che ho un debole per quel sedere. Non ascoltarlo, Rosie!-

-Non farti fregare, Weasley!- rise ScorpBacchetta.

Spostavo lo sguardo da l'uno all'altro.

Sentivo che il panico si stava impossessando di me. Erano entrambi credibili. Il modo di muoversi, di guardarmi.

-Sono io Rose, guardami!- urlò lo Scorp-Scopa.

-No, Rosie! Sono io! Sono io e tu lo sai, perché mi appartieni- ribatté l'altro. Lo guardai. 

"Sei mia" quante volte quella frase. Quante volte tra di noi il possesso aveva avuto la meglio. L'essere l'uno dell'altro. Non con. Del.

Voltai le spalle allo Scorp-scopa.

-No Rosie!- urlò quello.

-Sì- sorrise incoraggiante l'altro.

Feci qualche passo.

-Io ti amo, Rose- mi bloccai sui miei passi. Non lo aveva urlato per fermarmi. Lo aveva detto, con un tono normale. Quasi rassegnato. Voltai appena la testa verso di lui. Non diceva niente, limitandosi a guardarmi. L'ombra di una strana sfida sul volto.

E allora capii.

Una prova nella prova.

Credere nei suoi sentimenti. Avere fede nel suo amore. Abbandonarmi a quello che provavo. 

Mi voltai velocemente, correndo verso di lui. In un primo momento, sembrò quasi stupito. Io, avevo il cuore che mi mitragliava nel petto, al suono dolce della resa. Non pensavo. Non contemplai neanche per un attimo l'ipotesi di essermi sbagliata. Se mi fossi sbagliata lo avrei ucciso una volta uscita. 

Allargò le braccia ed io mi lasciai avvolgere mentre, insieme, impugnavamo il manico di scopa. Non potevo essermi sbagliata. Era impossibile. Poteva ingannare gli occhi, le orecchie. Ma non la pelle. La pelle era incandescente. Tremavo. Il cuore batteva e le palpebre sfarfallavano da sole. Forse potevo essere un'eroina romantica.

Uno strappo, appena qualche momento. Poi vidi il palco materializzarsi sotto di me, ed elegantemente scesi.

Percepii appena Scorpius che si allontanava da me.

Il boato, intorno, era assordante.

 

PoV Britney

 

Avevo un po' di tempo. 

Non sapevo quanto. Non sapevo neanche come fare, ma avevo un po' di tempo e dovevo sfruttarlo.

-Hey, Pollicina, apri gli occhi e collabora!- le gettai un secchio di acqua gelata addosso. Se ne stava rannicchiata in un angolo, tutta sporca. Sembrava proprio costretta nell'attimo prima dell'arrivo del Principe Azzurro. Perché Bonnie era destinata ad essere salvata da un aitante cavaliere. Purtroppo per lei, non quella volta. Non c'erano spade scintillanti o armature dorate. C'ero solo io. E il nero del mio cuore.

La nave di Durmstrang era vuota. Tutti a fare il tifo alla loro regina sguarldrina. Ma non sapevo quando sarebbero tornati. Dovevo sbrigarmi.

-Britney- Bonnie invocò il mio nome, guardandomi con gratitudine. Si stava affidando a me, non aveva dubbi che volessi aiutarla. Stupida idiota.

-Non fare gli occhi da cucciolo! Non sono qui per te, sono qui perché Albus altrimenti finirà con il farsi ammazzare e sei molto fortunata che sia l'unica persona di cui mi importi qualcosa!-  la informai piatta.

Lei non rispose, si limitò a sorridere e mi porse le mani, sperando che le sciogliessi i polsi.

-Non posso farlo, idiota!- girai gli occhi al cielo -Credi che Kàtia sia così stupida da fare in modo che chiunque possa liberarti? Solo la famosa ascia che ti ostini a non evocare può rompere quelle catene- la informai -e considerato il fatto che, dato il tuo acume, non ci siano dubbi sul tuo essere una vera tassorosso, credo solo tu debba essere adeguatamente motivata!- 

Mi allontanai rigirandomi la bacchetta tra le mani.

-Cosa vuoi fare, Britney?-

-Semplice, pasticcino- addolcii fintamente voce e sguardo -il mio scopo è che Albus sia al sicuro. Non mi interessa se smetterà di parlarmi. L'unico modo per non farlo impelagare in questa storia è che abbia tue notizie. O stringendoti di nuovo tra le sue braccia- storsi il naso schifata -o piangendo il tuo cadavere- conclusi puntellando il mio dito con la bacchetta.
-Non lo faresti- 

-Fidati, sì!- le assicurai. Non mi toccava il fatto che vedesse del buono in me. Non era come Al.

Albus vedeva del buono perché, anche se solo per un momento, mi aveva amata. Perché era penetrato nella mia anima, mi aveva costretta a togliermi la maschera a furia di carezze, sospiri e baci. Mi aveva riconosciuta tra le pieghe candide delle lenzuola mentre facevamo l'amore. Mentre sussurravo parole tra le lacrime silenziose, pulite per una volta. Senza l'ombra del mascara sciolto, senza il pizzo o i corpetti o il profumo dolciastro. Solo me.
Bonnie vedeva del buono in chiunque. Perché era stupida.

 Perciò preseguii.

-La differenza tra me e Kàtia non sta nella bontà d'animo, ma nella mia naturale propensione a farmi gli affari miei- le puntai la bacchetta contro.

-Ti conviene evocare quell'ascia, Sullivan- la ammonii -Crucio- la formula scivolò dolcemente dalle mie labbra. Erano anni che non la utilizzavo. Dall'addestramento. Non ne avevo mai avuto veramente bisogno. Conoscevo il dolore che provocava. Conoscevo la sensazione di voler morire, tanto quanto conoscessi la potenza che vibrava dentro nell'aver la vita di un'altra persona nelle tue mani. I muscoli che si contorcevano, i nervi che si accapponavano, la mente completamente divorata dal dolore. Bonnie soffriva. Io ero impassibile. Era un supplizio che avevo imposto e subito. 

Troppo giovane per oppormi.

Perché quella parola, per me, non era una maledizione senza perdono. Quella parola era la tortura del mio primo animale domestico, era la perdita dell'innocenza, era l'obbedienza, era l'appartenenza ad una setta che mi aveva etichettata come un pezzo di carne, era la mia prima volta tra le braccia di qualcuno che non mi amava e che non amavo, era la consapevolezza del ruolo che rivestivo.

Quella parola era la mia infanzia. 

Era quello che non mi avrebbe mai resa degna di quelle notti con Albus.

Non potevo temerla, perché mi aveva già tolto tutto.

Non registravo i gemiti o le grida. Solo il ticchettio nella mia testa, il tempo che passava. Ogni secondo, ogni attimo.

Abbassai la bacchetta quando seppi di essere arrivata al limite. Scientificamente, conoscevo il momento esatto in cui i sensi stavano per abbandonare il corpo.

Bonnie si riprese alzando gli occhi colmi di lacrime verso di me.

Ansimava senza parlare. La speranza svanita. Vedeva il mostro dietro l'angelo, finalmente. 
Non potei impedirmi di ridere per averle, almeno, tolto qualcosa.

Le puntai nuovamente la bacchetta contro.

-Non è ancora abbastanza?- la persona era chiusa fuori. L'essere umano ero scomparso. Una macchina, ecco cosa restava. 

-Ti prego, basta- preghiere. Noiose, vuote, insulse. 

-Evoca quell'ascia, Sullivan- le intimai -Kàtia ha bisogno che tu viva. Io no!-

Aprii la bocca per pronunciarla di nuovo. La parola. La mia parola.

-Cr...-

Prima che lo facessi una luce abbagliante invase la stiva. Qualcosa si stava materializzando davanti a Bonnie Sullivan, tra le sue mani.

Un'ascia.

 

PoV Scorpius

Subito dopo la premiazione mi ero allontanato.

Rose aveva vinto. Era arrivata prima. Era ufficialmente la campionessa del Torneo Tremaghi.

Eterna gloria.

C'era da aspettarselo.

Ero orgoglioso di lei. 

Ma non era quella la cosa che realmente mi interessava, ero felice. Felice perché, finalmente, si era abbandonata. Finalmente, aveva creduto ai miei sentimenti al punto tale da scommetterci la sua vittoria. Per questo mi ero dovuto allontanare. Per evitare di prenderla lì. Di stringerla e farla mia davanti ad una platea di persone. Non che volessi nascondermi. Oh no. Il mondo avrebbe saputo. Tutto il mondo magico avrebbe saputo che fosse mia. Rose Weasley era mia. Non mi importava dell'immagine, della reputazione. Sarei stato un patetico fidanzato appiccicoso. Per la barba di Merlino non me ne fregava un cazzo.

Ma, conoscendola, non avrebbe apprezzato un'ulteriore punizione da parte della preside, soprattutto non a ridosso dei Mago.

Dovevo calmarmi.

Passeggiavo mollemente agli inizi della foresta proibita quando avvertii una presenza alle mie spalle.

Mi voltai.

E lei era lì.

Ancora il completo della vittoria. Il sorriso smagliante. Lo sguardo fiero. Molto fiero. Troppo fiero.

E vorrei vedere. Si era appena guadagnata un posto nei suoi amati libri. 

-Complimenti- mi congratulai.

Lei neanche rispose.

Camminò velocemente verso di me, gettandosi tra le mie braccia. 

-Fai l'amore con me, Scorpius- mi chiese sulle labbra prima di prenderne possesso.

Come potevo non accontentarla? Mi ero negato in quei giorni, ed aveva probabilmente fatto più male a me che a lei. La mia campionessa. Finalmente potevo abbandonarmi, potevo prendere ciò che potevo dire mio. Mio realmente. Completamente.

La distesi a terra ed, immediatamente, lei ribaltò le posizioni mettendosi a cavalcioni su di me.

Ed era perdizione e confusione. 

Mentre le mani, piccole e voloci, mi spogliavano dei vestiti, dei fraintendimenti, delle riserve. Avevamo sempre fatto l'amore, ma quella volta, volevamo dargli il nome che gli spettava. Quella volta non c'erano bugie.

-Ti amo Rose- lo sussurrai, per esserne certo.

Lei neanche arrossì. Sorrise.

-Anche io ti amo- niente imbarazzo. Andava aldilà di quanto avessi sperato. Era diversa da come l'avevo immaginata. Meno timida, meno languida. Ma non potevo, in quel momento, fermarmi a pensare.

Quando, nuda, si calò sulla mia erezione mi sentii morire. Era bella. Ed era diversa.

Probabilmente, mi sarebbe mancata quella Rose capricciosa e caparbia. Quella pudica rispetto ai suoi sentimenti. Ma, in quel momento, non volevo pensarci.
Perché ero stanco della guerra che ci eravamo fatti. E se la sua resa spazzava via quell'adorabile velata timidezza dai suoi occhi, avrei dovuto accettarlo.

Perché quella era una nuova storia. Perché eravamo l'uno con l'altra e non contro. Stavamo trovando la nostra dimensione. 

E mentre lei cavalcandomi mi trascinava verso l'oblio dell'orgasmo, io mi sentivo perso. Ogni parte di me si staccava. Tutto roteava. Ero perso nei suoi occhi. Mi privava di tutto. 

Era liberatorio. Ero privo di orgoglio.

Era frastornante. Ero privo di morale. Del senso di giusto e sbagliato.

Era spaventoso. Ero privo di volontà.

Restai rinchiuso dentro qualcosa. 

Improvvisamente non provavo più niente. Nulla. Tutto era freddo. Anche Rose sopra di me. Il suo fuoco assente. Il mio cuore indifferente alla sua presenza.

E i capelli che da rossi diventavano neri. E gli occhi chiari si scurivano. E gli zigomi si affilavano.

Aprii la bocca trascinato in un orgasmo meccanico e composto, mentre una spada enorme giaceva al mio fianco.

 

PoV Rose

 

Stavo correndo come una pazza lungo quei corridoi. 

Praticamente non avevo neanche fatto in tempo a festeggiare. I miei piani erano stati stravolti.

Nella lista c'era bere come se non ci fosse un domani. Scorpius. Doccia. Scorpius. Letto e Scorpius. 

Invece mi ritrovavo a girare come una trottola per le corsie dell'ospedale.

Domi stava partorendo.

Stava partorendo. In quel momento. Me lo avevano detto, anzi gridato, appena terminata la premiazione. In un momento ero talmente presa dal trionfo che non avevo notato la totale assenza della mia famiglia.

Quando arrivai nel giusto reparto me ne accorsi dal capannello di teste prevalentemente rosse che si era formato davanti ad una porta a vetri.

-Allora?- chiesi con il poco fiato che mi era rimasto, una volta raggiunta la mia famiglia.

-Non sappiamo niente-

-Vicky è dentro con lei-

-Mi sta per venire un infarto!-
-Credete che la sua vagina tornerà mai normale?-
-ROX!?!-

Nessuno ci stava capendo nulla. Ognuno dava voce a qualsiasi pensiero. Nessuno riusciva a stare fermo. Nonna Molly alternava dei "Povera bambina" a "Jamie è dentro con lei, hanno fatto pace" in entrambi i casi piangeva.

Zia Fleur era la più composta e cercava di placare zio Bill. Nel frattempo annotava su una lista le cose che avrebbe dovuto fare nei giorni seguenti. Diedi una sbirciata. "Iscrivere Domi in palestra" era la prima voce della lista. Sorrisi.
Zio Harry cercava di far mantenere la calma a Zia Ginny che stava, letteralmente, per gettare giù la porta del reparto. "Se quel cretino fa qualcosa di sbagliato stavolta lo ammazzo, Harry! Te lo avevo detto che non dovevi viziarlo così!" sbraitava facendo avanti ed indietro.

Nella confusione totale, quando nessuno la stava più guardando, la porta si aprì.

Davanti a noi, uno spettacolo che ci ammutolì tutti.

James avanzava, un'espressione estasiata ed adorante sul volto. Gli occhi fissi sul fagottino che teneva tra le braccia.

-E' un maschio- sospirò guardandoci tutti -Si chiama Larry- 

 

PoV Britney

-Confesso, sono felice di non averti fatta fuori- abbassai la bacchetta mentre, Bonnie impugnando l'ascia si liberava dalle catene.

-Tu.. come hai potuto ..-

-Oh, smettila di frignare!- alzai gli occhi al cielo -Se non fosse stato per me saresti ancora in catene. Muovi il culo ed andiamocene- certa gente, non aveva proprio idea di cosa fosse la gratitudine. Ovviamente, qualora ne fossi stata costretta, la avrei uccisa. Ma lo avrei fatto comunque in un modo più gentile rispetto a Kàtia. O comunque per uno scopo più meritevole: salvare Albus.

Riluttante, lasciò che l'aiutassi ad alzarsi in piedi. 

-Dobbiamo sbrigarci- le intimai. Dovevamo andare via. Simulare la fuga, prima che Kàtia tornasse. Non avevo idea di quanto tempo ci restasse. 

In quel momento, la porta si spalancò. Mi voltai di scatto, mollando la presa sulla cretina che caracollò a terra di nuovo. 

-Britney- osservò Kàtia osservando la scena nella stanza. Gli occhi, si illuminarono non appena videro l'ascia tra le mani di Bonnie.

Avevo fallito. Era tardi. Troppo tardi. Cercai una scusa.

-Mi annoiavo alla prova. Ho pensato di fare qualcosa di utile-

-Imperio- pronunciò appena. Non guardai la volontà abbandonare lo sguardo della Tassorosso. Mi limitai a farmi da parte. Al fianco di Kàtia, Daniel mi guardava con gli occhi sgranati.

-Sono molto colpita- mi encomiò -Come hai fatto a fargliela evocare..?-

-Io..- iniziai.

-Ah già, la tua fama di torturatrice ti precedere, Britney! Sono molto fiera di te-

Mi morsi il labbro chinando il capo come se volessi ringraziare. 

Tutto ciò era sbagliato. Andava male, anzi malissimo.

Per un attimo, credetti che non potesse andare peggio. Poi vidi Scorpius oltrepassare la soglia della cabina, con lo sguardo vuoto, e la grande spada di Serpeverde stretta in pugno.

Eravamo nella merda.

Mi accorsi appena di essermi schierata dalla parte dei buoni.

 

 

ANGOLO DI MIKA:

Questo capitolo è stato difficilissimo da scrivere. 

Spero di aver spiegato bene la dinamica degli eventi.
La tortura di Britney è durata moltissimo. E nei suoi pensieri, ho voluto evocare i ricordi ai quali cerca di non pensare.
Vi ho sempre detto che amo profondamente questo personaggio. Per il suo vissuto. Perché l'ho immaginata così fin dal principio. Spero che la vostra idea di lei sia un po' cambiata. E' cattiva? Sì, lo è. Ma ha i suoi motivi. 
Domi e Jamie sono mamma e papà. Il bimbo si chiama Larry. Qualcuno di voi saprà di cosa parlo, altri no. Semplicemente è un omaggio alla OTP delle OTP.

Scorpius, ovviamente, non era con Rose. Era Kàtia sotto polisucco. Ha spezzato l'ultimo sigillo, il sesso. Ora Scorpius è praticamente un'arma nelle sue mani. E' più profondo dell'Imperio, perché fa leva su qualcosa dentro di lui. 

Mancano Lorcan ed Alice. Ma immagino non vi siano mancati più di tanto XD

Nel prossimo capitolo.
Battaglia. Le armi sono tutte trovate.

Non so quando pubblicherò, non so se sarà la preparazione alla battaglia o la battaglia vera e propria.

Comunque, cosa ne pensate?

A presto, Mika!

PS In copertina James con il bambino!

 

  
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