Siamo
cosí giunti al terzo capitolo di questa mia fic mediocre e senza pretese (ci tengo a ribadirlo nel caso qualcuno se lo dimentichi).
La
serata della vergogna procede in quel di Amburgo.
Quali altre atroci umiliazioni attendono i nostri eroi? Ma
allora è vero che non c’è mai fine al peggio? E
soprattutto, la giá vacillante dignità del buon S.G.G.K. (ribattezzato in un’azzeccatissima
battuta della sempre brillante Silen “Super
Great Goal Burper”)
riuscirá a mantenersi integra? E
Kojirō, davvero non sará presente per dare man forte allo scempio?
Ma
soprattutto, il dubbio che attanaglia le menti di intere
generazioni di fan di Capitan Tsubasa: Tarō Misaki è veramente gay?
Lo
scoprirete solo leggendo, e grazie a tutti coloro che
mi hanno lasciato (o che lasceranno, speriamo^^;) un commentino.
• CAPITOLO 2 – Al
peggio non c’è mai fine.
Ecco,
magnifico. Adesso sí che gli giravano a mille e lo scazzo stava per raggiungere proporzioni bibliche.
La
Nazionale giapponese si accomodó nei posti vuoti
accanto al trio dei pagliacci, fra cui
ne spiccava uno in particolare che credeva di aver giá
toccato il fondo, ed avendone abbastanza di quella situazione aveva elaborato
celermente un piano. E fortuna che non avrebbe dovuto sopportare le prese per
il culo di quegli sfigati
troppo a lungo, perché sarebbero ripartiti per il Giappone a Campionato
terminato, anche se era sicuro che la sua performance non sarebbe mai
caduta definitivamente nell’oblio. Non esisteva proprio, se lui aveva fatto quella
figura squallida almeno non doveva essere l’unico,
avrebbe fatto in modo di trascinare quei perdenti giú
con sé. Infatti, la diabolica strategia che aveva in mente per riscattarsi
consisteva, manco a dirlo, nel far ubriacare TUTTI (tranne Misugi che non voleva avere sulla coscienza in caso di
decesso), e l’obiettivo principale era far capitolare il virtuoso capitano
della Nazionale astemio e salutista convinto, tanto per gli altri tredici babbei
dalla testa vuota non c’era problema, era quasi certo che ci avrebbero pensato
da soli ad imbottirsi d’alcool.
E comunque no, grazie a Dio Kojirō
la Nullitá non si era presentato, si disse sollevato.
Lungi da lui chiedere a qualcuno il perché, non gliene poteva fregare di meno.
Il primo a
notare i boccali di birra vuoti sul tavolo e le varie sfumature di rosso ciliegia che tingevano le guance dei componenti del
trio guardacaso fu Misugi,
che si sentí la schiena percorsa da un brivido
sinistro.
-Vi sembra
il modo migliore per festeggiare la vostra vittoria? Con un festino alcolico?-
Disse alzando un sopracciglio, preoccupato per la piega che gli eventi rischiavano
di prendere.
-Eccome-
Bofonchió Genzō,
scuotendo la mano come se dovesse scacciare una mosca fastidiosa –voi invece di
solito per cosa bevete? Per dimenticare le
sconfitte?-
Jun serró la mascella e si impose di
contare minimo fino a trenta prima di riaprirla, altrimenti l’avrebbe mandato a
quel paese.
-Lascialo
perdere Misugi, ormai questo se la fa col nemico…-
Intervenne Matsuyama, aggiungendo subito dopo –piantala di tirartela tanto e sappi che dopo il tuo autogoal epico abbiamo deciso di graziarti, Wakabayashi…nessuno di noi ti gonfierá
di botte stasera, ci hai giá pensato tu stesso ad
infamarti come si deve, di piú non potevamo sperare!-
La squadra annuí convinta ridacchiando e a Genzō non restó di meglio da
fare che mostrare a tutti il dito medio.
-Si è giá fatto sfottere da questi minchioni appena arrivati, che
ridere…- sghignazzó Kaltz
che, sebbene non avesse inteso una parola, aveva
afferrato benissimo il senso dell’eloquente gesto del portiere.
-Ma
taci, scimmia ignorante e sbevazzona! Che cosa vuoi saperne di quello che mi hanno detto, rompicoglioni- e accompagnó l’epiteto
al solito manrovescio sulla nuca del difensore che non si scompose minimamente,
abituato com’era alle sue manifestazioni d’affetto.
La tavolata
si divise quasi automaticamente in due fazioni, quella dei bevitori e quella
dei non bevitori. Quest’ultima aveva come unici membri
Tsubasa e Misugi, ma in
teoria vi sarebbe dovuto far parte anche Schneider, che peró aveva
ovviamente preferito restare con i due terzi del trio Medusa*. Misaki
sembrava riluttante ad unirsi sia all’una sia all’altra fazione, ma infine
decise senza troppa convinzione di aggregarsi a quella di Tsubasa.
-Diamo il
via alle danze, ragazze- cinguettó Ishizaki dopo che gli immensi boccali che avevano ordinato
erano giunti al loro tavolo e tutti, anche quelli che non l’avevano chiesto, si
erano ritrovati davanti due litri di fresca birra
schiumante 100% made in Germany.
Gli sguardi allarmati di Tsubasa e Misugi si incrociarono, intuendo
che se non avessero fatto qualcosa per far contenere i ragazzi sarebbe stato lo
sfacelo totale della Generazione d’Oro del calcio giapponese.
Misaki
fissava il boccale che aveva davanti con aria corrucciata. Bere o non bere? Essere
o non essere ubriaco? Questo era il dilemma esistenziale che lo tormentava e a
cui non riusciva a dare una risposta. Memore dell’ultimo festino alcolico della
Nazionale, in cui si era guadagnato il soprannome di “zecca” per la sua straordinaria
capacitá di incollarsi letteralmente alla schiena di
poveri malcapitati mentre cercava di avventarsi sul loro collo per fare
succhiotti (…particolare che aveva praticamente
confermato anche un’altra ben piú nota diceria
su di lui), in teoria non avrebbe dovuto assolutamente neanche bagnarsi le
labbra, per cui l’argomento “alcool” avrebbe dovuto essere fuori discussione.
Ma com’è che si diceva, chi non beve in compagnia…la veritá era che a Tarō
l’alcool non dispiaceva affatto, anzi. Era un bevitore eccezionale,
un’autentica spugna, in quanto a velocitá
nel trangugiare liquidi non era secondo a nessuno. Peccato solo che il suo
fisico entrasse in sciopero e si rifiutasse di metabolizzare anche il piú piccolo sorso di bevanda alcolica, fosse anche a
bassissima gradazione.
Tsubasa
gli diede di gomito riportandolo alla realtá e gli sibiló, vedendolo incantato ad
osservare il boccale quasi in uno stato di trance:- Tu non reggi neanche
un boero, Tarō. Non pensarci nemmeno.-
-Lo so, ma
mi fa cosí gola.-
-Falla
finita, non dovresti neanche vederli in fotografia, gli alcolici- lo ammoní in tono perentorio, mentre si portava istintivamente
una mano sul collo, memore del grave rischio che aveva corso
durante quell’ultimo famigerato festino. Per una
frazione di secondo si rivide assediato da Misaki che
gli si era abbarbicato sulla schiena e, cogliendolo di sorpresa, era quasi
riuscito a conquistare un lembo del suo preziosissimo collo per fargli un
succhiotto in piena regola. Rabbrividì al solo pensiero.
-Mi si
drizzano i peli sulla nuca a pensare a come ti trasformi quando sei ubriaco. Se sei veramente mio amico, NON-BERE.- Il suo tono non dava
spazio a repliche, e a Tarō scappó
un sospiro.
-Ma io
sono tuo amico- disse lui lagnoso- peró scusa, quando
mai mi ricapiterá di assaggiare la birra tedesca? E’
un’occasione piú unica che rara…ne assaggio
solo un po’, va bene? Meno di metá.-
A quella promessa supplicante il capitano alzó gli
occhi al cielo e sbuffó sonoramente. Tarō sapeva essere veramente molesto quando si incaponiva su qualcosa, e quella sera non si sentiva
dell’umore adatto per sopportare i suoi pallosissimi piagnistei.
-E
sia, rompipalle. Ti concedo di berne meno di metá,
intesi? E centellinala, perché piú di cosí non ne avrai.-
-Puoi
contarci.- Il volto del numero undici si illuminó,
galvanizzato da quella notizia.
Misugi,
che era seduto all’altro lato di Tsubasa e stava
sorseggiando la sua tristissima Diet Coke, gli diede
di gomito bisbigliando: -Sei sicuro di aver fatto bene
a permetterglielo? Sappi che se stavolta cercherá di
violentarti nessuno verrá in
tuo aiuto.- Tsubasa non rispose e si limitó a trarre
un profondo sospiro scuotendo la testa, mentre si massaggiava le tempie. Poi si
voltó di nuovo verso Tarō.
Per quanti
minuti aveva parlato con Jun? Mezzo, uno al massimo?
Ebbene, in quel ridicolo lasso di tempo in cui si era
distratto, l’altra metá della Golden Combi era quasi arrivata a fine boccale.
-Testa di cazzo…- sibiló il capitano
strappandoglielo dalle mani –ma parlo
arabo?-
Misaki
lo guardó con la vista giá un po’ annebbiata, poi si tiró
una manata sulla fronte e con aria innocente disse: -Ops…mi
sono fatto prendere la mano come al solito, scusami tanto.-
-Ti sei fatto prendere la mano ‘sto cazzo!
Che è, diventi incapace di intendere e di volere
davanti all’alcool?- Strepitó inviperito, poi vedendo
che Tarō l’aveva platealmente ignorato e si
stava giá allungando verso il boccale di Matsuyama seduto accanto a lui, alzó
le mani in segno di resa esclamando: -E va bene, non sono la tua balia.
Arrangiati, sei una boccia persa!- Misaki non proferí verbo, era troppo occupato a bere la birra di un
ignaro Hikaru intento a parlare con Wakashimazu (che si era sistemato ben lontano da Genzō) e Tsubasa, stizzito
dal sommo menefreghismo del suo presunto migliore amico, giocó
l’ultima carta, dicendo serissimo la frase ad effetto –e adesso so quanto
valgono le tue promesse.- Se non rinsaviva con questo, pensó,
avrebbe lasciato perdere.
La mezza Golden
Combi
lo guardó e fece spallucce, emettendo un
piccolo rutto.
Tsubasa,
facendo appello alla sua grande volontá,
represse l’impulso di strozzarlo.
Nel frattempo, dalla fazione bevitori, Genzō
non si era perso neanche un nanosecondo dello pseudo-litigio
della Coppia d’Oro, scrutandoli da sotto la sua visiera
provvidenzialmente calata sugli occhi. Bene, pensó,
meno uno, e lui non aveva neanche dovuto muovere un
dito. Piú grassa di cosí
non poteva andargli. Adesso restava solo da far capitolare
l’osso duro, poi poteva anche ritenere compiuta la sua missione.
In nemmeno
un quarto d’ora Tarō si era tracannato quasi due
litri di birra e si era giá preso una sberla da un indignato
Matsuyama, accortosi che gliene aveva fregata
mezzo boccale abbondante, e poi (forse sperando che lo picchiasse ancora, si
disse Genzō che aveva sempre sospettato che la
sua aria da santarellino nascondesse in realtà una specie di erotomane
sadomasochista) gli si era nuovamente attaccato al braccio miagolando per
convincerlo a lasciargliene un altro pochino. -Senti, ma quel tipo che fa le
fusa laggiú…- fece Kaltz
indicandolo -…non sará un po’ gay?-
-Solo un
po’?- Rispose il portiere, sardonico. Quel quesito serpeggiava da tempo immemore all’interno della Nazionale, ma dal
momento che Misaki non aveva mai fatto outing,
non lo si poteva dire con certezza…fatto sta che il dubbio si insinuava
puntualmente in tutti quelli che lo conoscevano. Hermann,
facendo il buffone come d’abitudine, fece l’occhiolino e mandó
un bacio a Tarō che aveva incrociato il suo
sguardo. Non l’avesse mai fatto.
Sfoderando
riflessi felini davvero inaspettati date le sue condizioni precarie, in un
attimo Misaki scavalcó i
compagni seduti vicino a lui e si precipitó
fra le sue braccia, implorando un pó di birra dato
che “quello stronzo di Matsuyama
non me ne dá piú”. Kaltz, nauseato, lo buttó letteralmente addosso a Genzō
che si scansó appena in tempo. Non aveva neanche
finito di fanculizzare l’amico per la bella trovata
che la zecca era riemersa e si era sistemata fra loro due, impossessandosi del
primo boccale che si era trovato davanti.
-Non mi
dirai che avete fatto bere un astemio…- fece Schneider, che si era coperto gli occhi con una mano di
fronte alla patetica scenetta di poco prima, dissociandosi completamente.
-Macché
astemio, questo imbecille adora bere anche se
non regge l’alcool e non sa fermarsi quando inizia- rispose esasperato il
portiere tirando uno scappellotto sulla testa del povero numero undici, che finí col viso immerso dentro il boccale da cui stava
bevendo.
-E mi
raccomando, voi non fatelo smettere, eh…- continuó il
Kaiser, stranamente pervaso dalla pietá.
-Cos’è, ti fa compassione? Piglia, se lo vuoi te
lo regalo!- Esclamó Genzō,
afferrando Misaki per la maglia e minacciando di
gettarglielo addosso. Fortunatamente, con un sospiro di sollievo del
Triumvirato dei Fessi ma con una smorfia di scazzo di Tsubasa a cui non
mancava affatto, la mezza Golden Combi li oltrepassó goffamente incespicando un paio di volte sui piedi
prima di Kaltz poi di Schneider,
per tornare a raggiungere l’altra sua metá, ormai
stufo di sentire chiacchiere in una lingua assurda che non capiva. Messo
com’era comprendeva a stento il giapponese, figuriamoci il tedesco.
-Ne faccio
a meno di un souvenir simile dal Giappone…piuttosto, chiedi a Kaltz se lo vuole, che prima mi sembrava
avessero un certo feeling...- il Kaiser si interruppe per schivare lo
sganassone di Stecchino, poi riprese -…mi sa che hai un rivale Wakabayashi, io starei attento se fossi in te.-
Genzō lo spernacchió
senza prestargli troppa attenzione mentre si toglieva il cappello per far
circolare un pó d’aria, passandosi una mano tra la
chioma corvina perennemente arruffata. La temperatura all’interno del locale doveva
essersi alzata, oppure, piú probabile, era
l’effetto della birra. Inizió a lambiccarsi il cervello alla ricerca di un sistema per far
cedere Tsubasa, che coraggiosamente non aveva ancora
toccato nulla; non gli era certo sfuggito, peró, che
il suo sguardo indugiasse sempre piú a lungo sul
boccale, evidentemente stava iniziando a farci un pensierino. Doveva
solo dargli una spintarella e sarebbe precipitato giú nel
baratro. Senz’altro l’impresa non sarebbe stata piú
ardua che far ubriacare Schneider, con lui aveva
rinunciato fin da subito; il suo ex-capitano, invece, alla fine era un
sempliciotto e con un pó di astuzia
lo si poteva rigirare a piacimento.
Decise di
entrare in azione con la tattica piú ovvia, che
solitamente era anche la piú efficace.
-Dai Tsubasa, prova questa birra, è spettacolare…ah, come la
fanno qui non la fanno da nessun’altra parte!- Esclamó il portiere, viscido come una serpe, mentre
allungava a Tsubasa il boccale dal quale aveva appena
finito di tracannare avidamente.
-No Tsubasa, almeno tu, non puoi farmi questo…- piagnucoló Jun con le mani nei
capelli mentre osservava atterrito l’amico che senza fare troppi complimenti assaggiava
con cautela un sorsino di birra. Non voleva neanche
pensare all’eventualitá di restare l’unico sobrio in
mezzo a sedici alcolisti per nulla anonimi. Per l’appunto, aveva
notato che qualcuno all’interno del locale li aveva riconosciuti, sia loro che
i due tedeschi, e si stava levando un brusio che non prometteva nulla di buono.
Ci mancava solo che qualche fan venisse a chiedere autografi proprio mentre
erano talmente fuori da non riuscire a connettere
neanche quel tanto che bastava per reggere la penna in mano. Non sarebbero
passati inosservati per molto, questo era certo, e prima o
poi l’allenatore lo sarebbe venuto a sapere, e allora sí che sarebbero stati cazzi
amari…ah giá, anche Schneider
sembrava completamente lucido perché si stava drogando solo di Coca-Cola, ma
tanto, si disse sconsolato, il suo livello di interazione con il bel biondino
rasentava lo zero, dal momento che le uniche parole che sapeva dire in tedesco
erano “Danke” e “Guten
Tag”, vocaboli indubbiamente insufficienti ad
intavolare un qualunque tipo di discussione. E non
credeva proprio che Genzō si fosse preso la
briga di insegnargli qualche rudimento di giapponese durante il suo soggiorno.
Mentre Misugi si perdeva nelle sue congetture
appoggiato con la fronte sul tavolo maledicendosi perché aveva accettato
di esserci, “l’astemio salutista convinto” Tsubasa,
dopo aver declamato -mmmh hai proprio ragione Wakabayashi, è davvero squisita- si era letteralmente
attaccato al boccale, interrompendosi solo per domandargli -ma non è troppo
alcolica, vero?-
Al che il
portiere, con un ghigno che definire allegorico era poco, rispose in tono
mielato –ma certo Tsubasa, è una pils,
non si è mai ubriacato nessuno per una pils,
vai tranquillo!- Se solo avesse saputo che quella che
stava bevendo, non solo lui ma tutti gli altri, era in realtà una potentissima Doppelbock, un tipo di birra tedesco altrimenti noto
come “birra da sbronza”…il sapore non era cosí buono
come quello delle pils, ma era solo questione
di farci l’abitudine e dopo un paio di sorsi diventava un piacere farsela
scivolare giú per il gargarozzo. Genzō
si ricordó che la prima volta che i due scimuniti
gliel’avevano fatta assaggiare non aveva voluto
saperne, dicendo che non riusciva a mandarla giú, e
poi aveva finito col prendersi una vergognosa sbornia da paura; in effetti il
fatto che Tsubasa l’avesse gradita fin da subito lo portó a chiedersi se non celasse un lato sopito da
alcolista latente. E comunque, era consapevole di
essere in una botte di ferro, i compagni non avrebbero mai potuto scoprire la
sua colossale menzogna perché nessuno di loro ne sapeva una sega di birre,
probabilmente l’unica che avevano bevuto in tutta la loro esistenza era
soltanto la Asahi, che era acqua fresca
rispetto a quella che stavano buttando giú in quel
momento.
Come avesse
potuto lasciarsi convincere rimaneva un mistero anche
per lui, fatto sta che, dopo aver fatto tanto il moralista con Tarō, rischiava di fare una figura ben peggiore.
Non si
riconosceva piú, dove erano finiti
la sua integrità ed il suo equilibrio?
“Chissene” pensó “finisco sempre
per fare la bambinaia di tutti. Eppoi ne bevo solo un
goccetto, giusto per sentire che sapore ha. Per una
volta non sará mica la fine del mondo. ”
“Ostia,
beve come una spugna” pensó Genzō
fissandolo con gli occhi a palla “…e chi se lo sarebbe mai aspettato?” Mentre
si sfregava le mani dalla soddisfazione, una smorfia di auto-compiacimento
gli si dipinse sul viso e la cosa non passó
inosservata agli occhi di Misugi, che era tutto
fuorché cretino. Al sesto –va bene, solo questo sorso e poi basta, lo giuro- di
Tsubasa che continuava a dribblare i suoi ammonimenti,
si alzó sbuffando dal suo posto scavalcando i vicini e
raggiunse il portiere, sibilandogli: -Senti un po’, credi che io sia scemo?- Al
che Genzō lo guardó con un’espressione angelica dicendo –visto che sei
l’unico che non si sta divertendo, bé, forse un
tantino lo sei. Ah no aspetta, c’è anche quest’altro coglione qua- e terminó la frase in tedesco per farsi capire da Schneider che rispose, mostrandogli il dito medio –Non
raccolgo le provocazioni di un ubriacone, io.-
-Forse sono
io o forse sará la compagnia a non essere delle
migliori, e comunque non prendermi per il culo, lo sai benissimo che NON posso bere- riprese stizzito
Jun, ormai sull’orlo di un travaso di bile. –Ti
chiedo solo per favore di dirmi che cavolo hai dato
agli altri, con mezzo boccale a testa sembrano giá
tutti vicini alla sbronza, e vabbé che sono boccali
da due litri- osservó dando una fugace occhiata al
capitano che aveva quasi tracannato tutto il suo –peró
quella non è birra pils, vero?- Genzō, che per nulla al mondo avrebbe rivelato il suo
segreto, sbatté piú volte le palpebre mentre alzava il boccale e disse con la faccia piú serafica che riusciva a fare, mezzo ubriaco com’era:
-Se
non puoi bere non è un mio problema, e poi certo che è birra pils, per chi mi hai preso? Ci tengo ai miei amici,
io!- Si poggió il bicchiere alle labbra e bevve un
sorso socchiudendo gli occhi, e forse per questo non vide
che qualcuno gli si stava avvicinando minaccioso. Proprio mentre la birra
iniziava a scendergli lenta e rinfrescante giú per la
gola e sembrava prossimo ad uno stato di beatificazione e di pace dei sensi, la
misteriosa figura gli sferró
una gomitata dritta dritta nelle costole che per poco
non gli fece andare tutto di traverso.
-Ooooh,
habemus Koji?-
Proruppe un Wakashimazu dal volto trasfigurato ormai
quasi del tutto andato, riconoscendo il suo grande amico che aveva fatto un
ingresso trionfale ed inconfondibile.
-Hyūga!!
Sei venuto allora!!- Strepitó Tsubasa con una voce stridula piú
alta di un paio di ottave, subito imitato da Misaki
che gli aveva messo un braccio intorno al collo e stava agitando il suo boccale
per salutarlo, annaffiando di birra chi gli stava seduto di fianco e di fronte.
Peccato che di fronte avesse il belligerante Jitō,
che gli bloccó saldamente il
polso minacciando di spezzarglielo come un Kit-Kat se
non la faceva finita. Le sue sbronze erano sempre rissose, e conveniva stargli alla larga in quei frangenti, o quantomeno non farlo
incazzare piú del dovuto.
Il poverino, sebbene piú brillo che sobrio, intuí che non fosse il caso di mettersi contro quell’energumeno e giuró piagnucolando
che l’avrebbe piantata.
-Sono venuto a vedere se il portinaio si stesse rendendo ridicolo, e mi sa che non
sono passato per niente…- sghignazzó Kojirō sfoggiando il suo tipico sorriso sghembo da sfottó, notando che peró c’erano
anche altri che si stavano facendo compatire, in primis Tsubasa
che cercava di intonare le note di una canzone enka*
a dir poco deprimente, allacciato a Tarō che
rideva come un mentecatto cercando di stargli dietro. Che
pena, pensó coprendosi gli occhi con una mano.
Tempo di
riprendersi dal cazzotto che Genzō schizzó in piedi incazzoso come
non mai, trovandosi faccia a faccia con il suo eterno nemico. Peccato solo che
la mossa fosse stata un po' troppo
rapida per i suoi sensi obnubilati, portandolo a barcollare e a
sbilanciarsi per poi cadere rovinosamente addosso a Kaltz
che, ormai giá al suo terzo boccale e piú di lá che di qua,
gli cinse il collo stampandogli un bacio sulla guancia. Quella visione doveva
aver completamente risvegliato la squadra nelle cui vene circolava
ormai piú alcool che sangue, perché in quel momento
spuntarono chissà da dove quattordici cellulari quattordici che
scattarono la foto praticamente in sincrono, mentre quel beota di Hermann si metteva pure in posa facendo il segno della
vittoria con due dita.
-Ahpperó,
ti sei fatto la ragazza eh, Wakabayashi?- Esplose Kojirō con una fragorosa risata, subito imitato da
tutto il gruppo –in Giappone non ti si filava nessuna e adesso capisco perché,
ma vedo che almeno qui ti sei riscattato e fai strage di belle donzelle!-
Genzō, che per poco non si ficcava due dita in gola, raccogliendo le ultime
forze si divincoló dalla presa del numero otto
dell’Amburgo e fece partire una scarica di legnate sulla sua testa che, se non fossero servite a farlo riprendere dalla sbornia, forse
sarebbero bastate almeno a mandarlo in coma, liberando finalmente il festino
dalla sua nefasta presenza.
Perfetto, e
con questo aveva totalizzato una bella doppietta. L’aveva
detto sin dall’inizio, che quella serata era partita male, e questa ne era l’ennesima riconferma. Valutó seriamente l’ipotesi di
alzare i tacchi e di mandarli tutti a cagare.
NOTE:
*Bé, se non conoscete il Trio
Medusa vergognatevi e googlizzate cospargendovi
il capo di cenere.
*L’ Enka (演歌) è un genere di musica
tradizionale giapponese.
E’ molto caratteristico, ed è apprezzato soprattutto da persone di una certa etá, ma non si puó certo dire che
manchino gli estimatori fra i giovani. La melodia è di solito abbastanza lenta e i testi non fanno riferimento
alle gioie dell'amore, bensí al suo lato
negativo e struggente, al dolore del distacco e alla lontananza. Insomma, in
generale sono piuttosto avvilenti, anzi alcune sono proprio da taglio delle
vene, almeno per me. Le parole che comunemente appaiono nelle canzoni enka sono uomo, donna, lacrime, mare, porto, neve, pioggia,
etc.
Per fare un paragone forse piú
comprensibile, il genere potrebbe essere circa l’equivalente di canzoni
popolari italiane un pó nostalgiche come ad esempio “Romagna
Mia”, la prima che mi viene in mente visto che è
della mia zona, ma che comunque è mooolto piú orecchiabile e allegra di una vera canzone enka^^;
E anche questo capitolo demenziale è andato. Mi sono dopata di M&m’s per trovare la forza di finirlo senza che la
stanchezza si impadronisse del mio corpo e devo ancora
far interagire il trio con un sacco di personaggi, quindi la mia “opera” è
tutto meno che completa; sono in periodo esami ma GUARDACASO mi sento
particolarmente ispirata, va sempre a finire cosí. Piú ho da fare piú
il mio cervello sforna idee o pseudo-tali,
salvo poi dovermi fare il mazzo per riuscire a realizzare tutto destreggiandomi
fra i tanti impegni. E vabbé
che nessuno me lo fa fare di scrivere fanfic del cazzo come questa, ma si sa com’è in questi casi, quando
l’ispirazione chiama io rispondo…meno male che
posso contare sui miei fidi M&m’s e sugli Smarties,
che sono la mia ancora di salvezza.
Il
mio cervello pompato dagli zuccheri ringrazia, le mie arterie pompate dai
grassi dei suddetti snack un po’ meno.