Ridendo
e scherzando, siamo arrivati al quarto (OMG) capitolo di questa mia fic mediocre e senza pretese. Mai avrei
pensato di farla durare cosí a lungo, e il punto è
che ci sto prendendo gusto e per il momento non ho proprio nessuna
intenzione di concluderla, anche perché non so ancora come xD
Anzi,
a dir la veritá non so neanche quello che succederá nel prossimo capitolo…^^;
Il
festino continua, e con l'ingresso di Kojirō la vicenda si
arricchisce di nuovi e mirabolanti colpi di scena, sí
come no. Vi avviso subito
che il finale sará un po’ schifoso, in
senso letterale, non mangiate o bevete nulla
mentre leggete, mi raccomando.
Rinnovo
la mia imperitura gratitudine a tutti quelli che continuano a commentare. Non
potete neanche immaginare quanto la cosa mi faccia
piacere, ogni volta che vedo il numerino delle recensioni aumentare salto dalla
sedia per la contentezza xD
• CAPITOLO 3 – L’ingrediente segreto.
Kojirō era deliziato. Un ridacchiante Matsuyama
mezzo brillo, cercando di non farsi vedere da Genzō
ancora in pieno litigio/scazzottata con Hermann, gli
aveva raccontato dell’altra figura da chiodi di cui il portiere si era reso
protagonista e a cui purtroppo lui non aveva assistito.
-Ma bene,
vedo che non ci facciamo mancare niente!- Esclamó a
voce volutamente troppo alta, apposta per farsi sentire anche da quel citrullo
che, come previsto, drizzó prontamente le antenne,
interruppe la punizione di Stecchino e gli chiese, digrignando i denti con gli
occhi fiammeggianti d’ira: -Che vorresti dire, deficiente?-
-Non ci
arrivi? Allora sei proprio tarato.- Fece l’attaccante
senza aggiungere altro, lanciandogli uno sguardo di commiserazione mentre
scuoteva la testa, sogghignando.
-Ma vai a
dar via il culo, ci mancavi
solo tu stasera a rompere i coglioni!- Esplose
l’altro che invece ci era arrivato eccome, senza risparmiarsi sul fraseggio
particolarmente fine e ricercato. Era davvero troppo per lui che, complici i
fiumi di birra in circolo nelle vene, aveva perso giá
da un pezzo il suo proverbiale self-control. Quel dannato era l’ultima
persona che aveva voglia di sentir blaterare.
Battendo le
mani, Kojirō disse –complimenti per la
parafrasi, eh…ma che vocabolario forbito che hai, da vero signore!- Genzō si sentí salire il
sangue alla testa.
Come sapeva
urtargli lui il sistema nervoso non lo sapeva fare nessuno, e se Schneider non fosse intervenuto a placcarlo afferrandolo
saldamente per le spalle, gli sarebbe saltato alla gola finendo per passare
probabilmente dalla parte del torto, visto che Kojirō si era mantenuto piuttosto controllato fino a
quel momento. Senza contare che lui era piuttosto alticcio (per usare un
eufemismo), mentre la sua nemesi era del tutto sobria.
-Diamoci
una calmata, intesi? Piantala di fare l’isterico.- Lo ammoní il Kaiser, pronto anche a prenderlo a sberle se
fosse stato necessario a farlo tornare in sé.
-Kojirō, stai gettando benzina sul fuoco.- Dal fronte nipponico invece era intervenuto Misugi, che si era
ripromesso di piantarli in asso senza troppi complimenti nel caso in cui fosse
scoppiata pure una rissa. Passassero i nove decimi della squadra ubriachi, ma
non era disposto a fare buon viso anche a quello, meglio cercare di sedare gli
animi rivoltosi prima che fosse troppo tardi. Da
quanto aveva visto, poi, condivideva con il capitano tedesco che stava cercando
di far rinsavire Genzō non solo la medesima
inclinazione a non bere (anche se a dire il vero lui aveva fatto di necessitá virtú, dati i suoi
problemi di salute), ma anche la stessa attitudine a temperare le atmosfere
surriscaldate. Peccato che non parlassero la stessa lingua, gli sarebbe
piaciuto conoscerlo un po’ meglio, avrebbero avuto molte cose da raccontarsi.
Kojirō lo guardó nello
stesso modo in cui avrebbe guardato uno scarafaggio nel piatto e replicó:
-Perché,
lui si è comportato in maniera diversa con me, e con tutti voi? Sarete mica sordi, non avete sentito cosa ha avuto il coraggio di
dire quel bastardo oggi in campo?- Jun sospiró e allargó le braccia. –Non
sto cercando di redimerlo, ma possibile che tu non veda com’è ridotto, anzi,
come sono ridotti tutti? Ti pare saggio mettersi a discutere con degli
alcolizzati, vuoi forse metterti al loro stesso livello?- L’attaccante sbuffó e incroció le braccia,
rendendosi conto che purtroppo aveva perfettamente ragione. Non c’era nessun
gusto a prendersela con un Wakabayashi non nel pieno
delle sue facoltá mentali, sebbene ne fosse tentato
perché conciato cosí sarebbe stato davvero il punching-ball
ideale.
-E va bene,
buon samaritano- ringhió infine, schioccando la
lingua –lo lasceró in pace,
ma alla prossima parola sbagliata che dice lo stendo, non mi frega se è ubriaco
o no.-
Jun sospiró
mentre si massaggiava la fronte, sentendo che di lí a
poco gli sarebbe venuto un gran mal di testa. Era soddisfatto dell’esito della
sua mediazione, anche se non poteva permettersi di perderlo di vista un solo
istante perché conosceva, come tutti del resto, il suo carattere altamente
infiammabile. E questa peculiarità messa in
combinazione con il suo antagonista preferito avvinazzato voleva dire solo una
cosa, ovvero una zuffa in piena regola.
Schneider,
la cui forza di persuasione non risiedeva
principalmente nelle parole bensí nei fatti, si alzó da tavola e con fiero cipiglio afferró
per la collottola sia Genzō sia Hermann, trascinandoseli dietro in bagno. Chiuse la porta, poi con gesto rapido si impossessó
dell’amato cappello del portiere e, senza tante cerimonie, gli ficcó la testa sotto il getto gelido del rubinetto per
rinfrescargli un po’ le idee. Quello saltó su quasi
subito, resuscitato dal freddo pungente dell’acqua e, mentre si scrollava
intirizzito i capelli bagnati sibilando improperi a mezza voce, Schneider agguantó per la nuca Kaltz che stava cercando di scappare e gli fece fare la stessa fine.
-Ti sei
brasato il cervello?- Sbottó il difensore ribellandosi
alla sua presa e schizzandolo d’acqua mentre riemergeva dal lavandino.
-Siete
svegli, beoni? Possiamo tornare di lá senza che ci sia
il rischio di macchiarsi la fedina penale?- Guardó Genzō che si stava stropicciando la faccia con una
salvietta per asciugarsi, dicendo –ce l’ho con te,
pezzo di cretino. Sei sobrio?- Sobrio era una parola
grossa, pensó lui, ma si sentiva giá
un po’ piú lucido rispetto a prima.
Il Kaiser,
per testare i suoi riflessi, gli lanció
il cappello che riuscì miracolosamente ad intercettare al volo. Il portiere lo ringrazió con la mente
perché aveva avuto l’accortezza di non farlo bagnare e si diede una riassettata
alla chioma scompigliata e ancora umidiccia, mugugnando –Sto bene, sto bene. Per
stasera non lo faró a pezzi,
stai tranquillo.-
Kaltz,
starnutendo, si infiló in
bocca uno stecchino che aveva riesumato dalle tasche dopo essersi accorto di
aver perduto quello vecchio poco prima, durante la colluttazione (o rituale
d’accoppiamento, come lo definiva Karl) con Genzō, e si disse pronto a rientrare in sala.
-Bene, vi
siete ricomposti, teste di rapa? Andiamo allora, e sappiate che vi tengo
d’occhio.-
-Sí,
mamma…- bofonchiarono i due quasi all’unisono, alzando gli occhi al cielo con
un ghigno beffardo scolpito in faccia.
Quando
rientrarono, notarono che l’allegra combriccola era diventata ancor piú allegra e che i boccali vuoti presenti sul tavolo fino
a poco prima erano stati sostituiti da altri, belli
traboccanti. Si entrava cosí ufficialmente nel
secondo girone, si disse Schneider, mentre incrociava
lo sguardo di Misugi che scrolló
le spalle con aria sconsolata, come a voler dire “ho provato a fermarli, ma
hanno ordinato lo stesso.” Il fatto che non parlassero
tedesco era un dettaglio, non ci era voluto molto per
dare a intendere alla cameriera che volevano farsi riempire di nuovo i
bicchieri.
Con
disappunto scoprirono peró che purtroppo i
cambiamenti non riguardavano solo la sostituzione dei boccali, ma anche la disposizione
dei posti, e non si sa come Genzō
e Kojirō si ritrovarono seduti fianco a fianco,
senza che nessuno dei vicini volesse accettare di scambiarsi con uno di loro.
-Questa
cosa puzza di cospirazione…- borbottó Genzō adirato, scrutando di sottecchi le facce
sornione dei compagni.
-Credo
anch’io, e comunque visto che ci tocca vedi di rigare
dritto.- Lo redarguì l’altro, imbronciato quanto lui.
-Chi se ne
frega di te. Tu non spaccarmi i coglioni che io non
li spacco a te, va bene?-
Suggellarono
quel monito scambiandosi un’occhiata truce e misero mano ai boccali.
Intanto, Tsubasa era sempre piú sulla via
della perdizione ormai quasi totalmente consacrato ad un promettente futuro da
etilista, accompagnato dal sempre fido Tarō e
pure da Ishizaki, che quando si trattava di bere era
sempre in prima linea. Quest’ultimo richiamó l’attenzione di Genzō,
dicendo: -Ehi Wakabayashi! Me lo fai un favore?- Il
portiere si voltó a guardare la sua faccia da pirla inebetita dall’alcool e, sopraffatto dalla
compassione, annuí sospirando.
-Mi dici
alcune frasi da rimorchio in tedesco? Quella cameriera è un vero schianto!- E
si passó la lingua sulle labbra in modo sensuale, o
almeno cosí credeva.
Genzō, soffocando un conato di vomito davanti a quel gesto, stava per
rifiutare la sua assurda richiesta quando gli si accese la lampadina della bastardaggine.
-Ma ceeeerto, mio caro- disse subdolamente –vieni qui che ti illumino.-
Ishizaki
si sistemó lungo disteso a pancia in giú sulle ginocchia dei tre compagni che lo separavano dal
portiere (ovvero Kojirō, Wakashimazu
e Izawa che mugugnarono infastiditi, concedendogli di
stare 2 minuti al massimo in quella posizione scomoda per loro) e, poggiando il
mento sulle mani, gli si fece vicino allungando il collo, tutto orecchi.
L’occasione
era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, pensó Genzō con un lampo
diabolico negli occhi mentre insegnava al difensore giapponese una tipica frase
da abbordaggio, du bist eine grosse Schlampe*.
-Ok,
non dirmi altro, faccio giá fatica a ricordarmi solo quella, quant’è
difficile ‘sta lingua- piagnucoló Ishizaki
mentre tornava al proprio posto, e Sōda esclamó –Tu sei tutto scemo, cosa credi di fare sapendo
dire una sola frase?- In quel momento si intromise Izawa, centrando il punto della discussione: -Meglio
ancora, cosa credi di fare in generale, tedesco o non tedesco…tu sei proprio un
caso patologico- e giú a ridere sguaiatamente, mentre
il povero Ryō faceva una faccia offesa
borbottando –adesso vi faccio vedere io…-
Kaltz,
seduto alla destra di Genzō, aveva sentito la frase
che aveva pronunciato l’amico e gli diede di gomito
con le lacrime agli occhi dal ridere, chiedendogli quali cavolo fossero le sue
intenzioni. Genzō gli fece un sorriso complice
indicandogli col mento la cameriera indaffarata a pulire uno dei tavoli vicino
al loro, e quando l’altro realizzó rischió di strozzarsi col sorso di birra che stava bevendo.
Mise subito al corrente il Kaiser, che gli sedeva di fianco,
il quale assunse un’espressione costernata cercando di contenersi, mentre soffocava
il ghigno che gli stava involontariamente apparendo sul viso.
Il gruppo osservó col fiato sospeso l’eroico Ishizaki,
abituato ad immolarsi a suon di pallonate in faccia, mentre beveva
un bel sorso di birra per darsi coraggio e partiva alla conquista della fauna
femminile amburghese.
Ebbe solo un unico, piccolo tentennamento prima di portare a termine
la sua missione. Si voltó verso il portiere
chiedendogli: -Che vuol dire quella frase, Wakabayashi?-
-Significa “mi
piaci molto, usciamo insieme?”- Disse prontamente il numero uno dell’Amburgo e
dei bastardi, che si era preparato la risposta,
prevedendo la possibile domanda. Ryō annuí risoluto e per poco Genzō non gli scoppió a
ridere in faccia.
Era peró accaduto un altro fatto inquietante poco prima, quando
l’ignaro portiere si era distratto per rispondere alla domanda di Kaltz e aveva lasciato incustodito il suo boccale. Kojirō aveva provato a resistere alla tentazione (non
che si fosse sforzato poi piú di tanto), ma alla fine
senza troppi rimpianti aveva permesso alla sua indole fetente di prendere il
sopravvento, lasciando cadere un copioso sputo dentro il proprio boccale e sostituendolo
poi rapidamente con quello del rivale. Matsuyama seduto
di fronte a lui aveva visto tutto e, tentando di reprimere una risata mezzo schifato
e mezzo divertito, per poco non si fece uscire dal
naso la birra che si stava tracannando.
Dal tavolo
si levarono improvvisamente dei fischi, poi degli applausi e delle risa. Due
terzi del Triumvirato dei Fessi era letteralmente
rotolato in terra tenendosi la pancia dal ridere, mentre il restante terzo era
finito con la fronte poggiata sul tavolo, cercando di dare un contegno agli
Imperiali sghignazzi. Il resto della cricca si stava sganasciando agitandosi
scompostamente sui divanetti.
Era
accaduto l’immaginabile, ovvero il flop del
povero Ishizaki, il cui penoso tentativo era
culminato con la prevedibile reazione della bella camerierina
dai capelli cosí biondi da sembrare bianchi che,
sentendosi dare della donna dai facili costumi (per usare una parafrasi)
gli aveva versato in testa il contenuto della pinta che avrebbe dovuto servire
ad un tavolo, concludendo il capolavoro con un bello sberlone a dita larghe.
-Ishizaki,
sei un coglione da competizione- stava ridendo Izawa –l’avevano capito tutti che quello che ti aveva detto
Wakabayashi non era quello che credevi!-
-Giá,
c’era da aspettarselo, da lui- rincaró Wakashimazu, asciugandosi una lacrima. Per una volta, si ritrovó a constatare, quell’idiota di Wakabayashi
l’aveva fatto ridere di gusto.
Ryō,
abbattuto, andó a darsi una rinfrescata in bagno,
accompagnato da Misugi che ormai si era rassegnato a
dover fare da crocerossina per quella sera e, una volta tornato al tavolo, si rintanó in un angolino isolato
chiedendo che gli “amici” rispettassero il suo lutto.
-Perché,
chi è morto?- Fece uno Tsubasa
storditissimo, che aveva capito meno di metá di quello che era successo ma aveva riso lo stesso.
-La mia dignità.-
Rispose lui con un muso chilometrico, facendo esplodere delle risa ancor piú grasse. Una cosa era certa, non si sarebbe
mai potuto mettere contro Wakabayashi perché
quello era capace di smontarlo con un pugno, si disse. Meglio lasciar perdere,
tanto era abituato ad essere allegramente sfottuto e la cosa ormai non gli
facevá piú né caldo né freddo.
Comunque,
non essendo proprio insito nel suo carattere lo stare troppo a piangersi
addosso, dopo appena cinque minuti che se ne stava imbronciato e solo in
castigo in un angolino buio, pensó “che due palle peró fare lo scazzato, mi sto
perdendo tutto il divertimento.”
Giusto il
tempo di finire di formulare il pensiero che si ributtó
nuovamente nella mischia, piú gasato di prima, come
se nulla fosse successo.
…e Genzō? Aveva bevuto la
birra “corretta” da Kojirō?
Ebbene,
sí.
E
sotto lo sguardo estasiato dell’artefice del misfatto, che peró
non sospettava minimamente che il portiere, pur restando all’oscuro di tutto,
aveva giá provveduto a ricambiarlo con la stessa
moneta.
Era
accaduto che all’SGGK,
poco prima, scappasse uno starnuto, probabilmente a causa della doccia fredda
che gli aveva fatto fare Schneider. Il suddetto
starnuto era partito senza che potesse fermarlo, e indovinate
dove? Ma sul proprio boccale, ovviamente.
“Che schifo…” aveva pensato disgustato, mentre osservava la
fresca e genuina produzione di bollicine di saliva e muco galleggianti sulla
birra, che ora poteva vantare una nuova “schiumina”
apparentemente invitante sulla sua superficie. Poteva forse berla? Giammai, e si guardó rapidamente intorno
per vedere con chi scambiare il boccale. Provate a
indovinare con chi effettuó la sostituzione.
E cosí Kojirō, che credeva di
star bevendo la sua pulitissima birretta, se ne stava
invece tracannando una variante inedita, a cui lui stesso aveva dato un prezioso
contributo appena un quarto d’ora prima.
I due
antagonisti si guardarono in cagnesco posando i boccali con una smorfia sadica,
ognuno convinto di aver fregato l’altro. Ma solo uno di loro era uscito
trionfante da questa silente battaglia, ed era meglio per il bene collettivo
che lo sconfitto continuasse
a credere di essere il vincitore.
E in
tutto ció, la serata era ancora lunga.
NOTE (stavolta assolutamente superflue):
*Letteralmente “sei una gran bagascia”. Il folkloristico
termine “bagascia” si presta agevolmente alla
sostituzione con tutte le altre ben note espressioni equivalenti.