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Autore: Mary P_Stark    07/08/2015    1 recensioni
Anno 2034. Cameron e Domenic Van Berger, rampolli della famiglia omonima e giovani di brillante talento, si ritrovano loro malgrado nel mezzo di un intrigo internazionale. Sarà Cameron a farne le spese in prima persona, e Domenic tenterà di tirarlo fuori dai guai, utilizzando tutte le sue conoscenze tecniche... e non. Un segreto che, ormai da anni, cammina con lui, si rivelerà determinante per la salvezza del fratello. E della donna che ama. Antiche amicizie si riveleranno solo meri inganni, e questo porterà Domenic e Cameron a confrontarsi con una realtà che non avrebbero mai voluto affrontare. Chi è veramente il nemico, di chi possono fidarsi, i due gemelli? - SEGUITO DI "HONEY" E "RENNY" (riferimenti nelle storie precitate)
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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XXII. Resign.
 
 
 
 
 
Stralci di voci, di conversazioni, si alternarono a intere eternità di silenzio.

Domenic non seppe dire per quanto tempo, quella sensazione di estraniamento, perdurò intorno a lui.

Seppe solo che, quando riaprì gli occhi, si ritrovò a fissare la lampada alogena color azzurro scuro di quello che, all'apparenza, era il soffitto di una camera d'ospedale.

Erano tutte uguali. Non avevano usato la minima fantasia, nel fabbricarle.

Mosse un poco il capo e, subitaneo, un dolore sordo si diramò dal collo fino al coccige, dipanandosi alle gambe e ai piedi.

Si lagnò, e una voce impastata borbottò: «Ehi... ben svegliato, eh?»

«Cam?» biascicò Domenic. La gola era riarsa, e sapeva di acido da batteria.

O comunque, di qualcosa di veramente sgradevole.

Un attimo dopo, ciò che aveva nello stomaco pensò bene di trovare la via più veloce per uscire e, lesto, un drone infermiere fu da lui per aiutarlo.

«Anestesia. Io ho dato di stomaco poco fa» disse ancora Cameron, in un punto imprecisato della stanza.

Con la testa che martellava all'inverosimile, Domenic riuscì finalmente a spostare lo sguardo alla sua destra e lì, steso su un letto, trovò il fratello.

Pareva reduce da una lunga battaglia, pallido e smorto com'era.

«Che è... successo?» gracchiò il giovane, subito aiutato dal drone.

L'androide lo sollevò gentilmente per farlo bere e il giovane, dopo averlo ringraziato, lo pregò di sollevare un poco lo schienale perché potesse rimanere seduto.

Il drone lo accontentò e, al tempo stesso, inviò al dottore l'esito positivo del suo decorso operatorio.

Domenic si guardò attorno, i macchinari accesi lanciavano indicazioni a raffica sulle loro condizioni attuali e, confuso più che mai, domandò ancora: «Che ci facciamo qui?»

Cameron ghignò e, nel sistemarsi meglio contro i cuscini, gli domandò: «Dunque; partiamo dal tuo gesto idiota, o dalla fine?»

Dom rispose al ghigno con uno uguale, e il gemello fece spallucce.

«Alloooora... da quel che sappiamo, quando la bomba è esplosa, si è scatenato il parapiglia. Yuki ha dato di matto, e sono serviti sei agenti per impedirle di venire a cercarti in mezzo alle macerie. Il primo a intervenire è stato Bryce, che è stato solo scalfito leggermente dalla deflagrazione. Se l'è cavata con un taglietto sulla faccia.»

Domenic annuì, premurandosi di rammentare di chiedere scusa a Yuki per lo spavento preso.

«Per quel che riguarda Nobu-san, l'esplosione lo ha ridotto in pezzi, così come il cottage, del resto. Tu sei stato trovato, miracolosamente vivo, sotto la travatura di sostegno della casa.»

«Di miracoloso c'è stato poco. Mi trovavo lì di proposito. Sapevo benissimo che quella trave sosteneva il cottage e che, in caso di esplosione, mi avrebbe protetto egregiamente» replicò Domenic, tastandosi il fianco dolorante. «Che mi è successo, quindi?»

«Una delle travi del soffitto si è sfondata, durante il crollo, e le sue schegge ti hanno perforato il fegato. Quando ti hanno trovato, eri in fin di vita. Mi hanno chiamato d'urgenza per un trapianto parziale, così sono partito per raggiungere Sacramento il prima possibile.»

Domenic fece tanto d'occhi, a quella notizia, e fissò spiacente il fratello.

«Non era esattamente così che intendevo finisse. Pensavo di aver calcolato meglio i potenziali danni di un crollo della struttura.»

«Perché, scusa, li avresti calcolati?» gracchiò il gemello, adombrandosi.

«Per la verità, li avevo calcolati tempo fa, in caso di terremoto. Così, per gioco» ammise Dom, sorridendo contrito.
Cameron lo fissò esasperato e, nel rilasciare il capo contro i cuscini, esalò: «Non ho parole... devi uscire di più, fratello, poco ma sicuro.»

«Visto che siamo entrambi vivi, direi che è andato tutto bene, no?» ironizzò a quel punto Domenic.

«Solo fortuna. Un po' più su, e non avremmo potuto fare nulla, contro un cuore squarciato» lo rabberciò il gemello, senza più alcuna voglia di fare dell'ironia. «Mi hanno tolto solo una porzione minima di fegato e, grazie ai nanobot, si sta ricostruendo a tempo di record. Già da dopodomani potranno toglierti da quei macchinari ma... porco schifo, Dom! Potevi rimetterci la pelle!»

Domenic sospirò, annuendo spiacente.

«Non potevo permettere a Nobu-san di avvicinarsi nuovamente alla nostra famiglia. Ho rischiato di perderti una volta. Non avrei permesso succedesse una seconda. Inoltre, dovevo a Yuki-chan la sua giusta vendetta, anche se il gesto di suo fratello ha vanificato qualsiasi mio intento.»

Il tono di Domenic uscì lapidario dalle sue labbra piegate in una smorfia volitiva, e parte della rabbia del gemello scemò.

«L'ho capito, e ti rispetto. L'avrei fatto anch'io, al posto tuo. Ma ora basta. Basta. Esci da quel programma, da tutto. Rivoglio mio fratello. Non potrai essere che mio. E di mamma e papà, ovvio.» Ci pensò su un attimo, e aggiunse: «E di Yuki-necchan  e Phie, d'accordo. Ma di nessun altro. La CIA se lo può scordare che tu presti ancora il tuo genio per i suoi loschi affari. La tua carriera finisce oggi, è chiaro?!»

Il fratello lo guardò con affetto, non avendo nulla da ridire sul suo discorso.

«E' un ultimatum?»

«Sì.» E Cameron non poté nascondere le lacrime dietro quell'ordine.

«D'accordo, allora. Quando uscirò da qui, andrò da Eriksson e rassegnerò le mie dimissioni. Promesso.»

«E non mi nasconderai più nulla?»

«Promesso» assentì ancora Domenic.

«Allora, posso lasciarti in pasto a mamma con il cuore sereno. Buonanotte» dichiarò Cameron, ghignando al suo indirizzo prima di chiudere gli occhi.

Un attimo dopo, il suo respiro si fece lungo e pesante, pur se Domenic sapeva bene che stava facendo finta.

Storcendo la bocca, borbottò: «Fifone.»

«Previdente» sussurrò a mezza voce il gemello.

 
§§§

Non si era reso conto di essersi addormentato nuovamente.

Era evidente quanto, nonostante l'affabile disamina del fratello, l'operazione fosse stata difficile.

Percepiva senza sforzo l'abile lavorio dei nanobot dentro di lui e, pur se ne conosceva la natura, quella sensazione gli diede fastidio.

Il desiderio di eliminarli dal suo corpo era davvero forte, pur se sapeva che si trovavano lì per uno scopo piuttosto importante.

Sapeva che era stupido – gli stavano salvando la vita – ma sentirli lavorare lo angustiava.

E gli rendeva più chiaro che mai quanto avesse rischiato.

Nella sua testa, tutto era stato chiaro, limpido.

Nobu-san sarebbe stato facile da aggirare, ferito nel profondo com'era.

Sarebbe bastato dargli un unico fulcro contro cui scagliarsi, lui, eliminando dall'equazione Yuki e dandole così la possibilità di agire indisturbata.

Di compiere la sua vendetta senza problemi.

Tutti i suoi calcoli, però, non lo avevano preparato alla bomba con cui si era avvicinato alla casa.

E così aveva dovuto rivedere il suo piano, allontanare fisicamente Yuki da sé, dal pericolo.

Scaricandolo, di fatto, solo sulle sue spalle. E quello era stato il risultato.

Si guardò attorno, la bocca arida e bisognosa di liquidi, quando Yuki fece la sua apparizione sulla porta.

Domenic le sorrise per un attimo, prima di rendersi conto dei segni del dolore sul suo viso.

Storse la bocca, sospirò e, allungando una mano verso di lei, esalò: «Gomennasai. Scusami, Yuki-chan

Gli occhi, rossi di pianto, si strinsero per un istante, come a voler scacciare altre lacrime e, a grandi passi, la ragazza fu da lui.

Afferrò quella mano tesa e la strinse nelle proprie, portandosele al petto.

Di getto, senza prendere fiato, si allungò per baciarlo sulla bocca, premendo con forza, quasi volesse marchiarlo a fuoco.

Quando infine si scostò, la giovane sussurrò roca: «Non mandarmi mai più via. Non accetterò una seconda volta che tu mi allontani da te.»

«Non succederà più... mai più. Ho smesso per sempre di cacciarmi nei guai.»

Yuki lo guardò confusa e lui, pregandola di sedersi, le disse: «Ho promesso a Cam che abbandonerò il mio ruolo all'interno della CIA. Niente più rischi. Ma lo avrei fatto comunque. Per te, per la mia famiglia. Non voglio rischiare che le mie azioni vi mettano in pericolo un’altra volta.»

«Domenic-chan...»

Gli baciò la mano che ancora teneva tra le sue e, pur a fatica, mormorò: «Devi volerlo per te stesso, non per me. So quanto hai sempre tenuto a ciò che facevamo.»

«Altri agiranno al posto mio, Yuki-chan. Io ho dato quasi sette anni della mia vita, all'Intelligence. Penso di aver posto le basi per la creazione di una squadra più che compatta ed efficace. Se la caveranno anche senza di me, ora che hanno Eriksson a guidarli.»

«Senza di noi. Dove vai tu, vado io» replicò allora Yuki, sorridendogli.

«Al momento, vorrei scappare da qui. Sai se mia madre è nelle vicinanze?» ironizzò il giovane, guardandosi intorno con aria da cospiratore.

La ragazza ridacchiò e, nel depositargli un bacio sulla fronte, asserì: «Ancora sotterfugi, Domenic-chan? Non ne hai avuto abbastanza?»

«Questa si chiama sopravvivenza, cara. Tu non hai mai visto mia madre veramente furiosa. Io sì.»

Fissandolo scettica, lei scosse una mano con noncuranza. «Oh, andiamo, tua madre non potrebbe essere terrificante neppure se...»

Un ticchettio di tacchi a spillo li portò a volgere il viso verso la porta e lì, simile a un angelo vendicatore, scorsero la figura imperiosa di Hannah Van Berger.

Yuki fece tanto d'occhi e, come una molla, balzò dalla sedia, fissò spiacente Domenic e mormorò: «Penso che andrò a vedere come sta Cameron-kun. Non ti spiace, vero?»

Domenic la fissò malissimo. «Fifona. Esattamente come mio fratello.»

Ed esattamente come Cameron, Yuki replicò: «Previdente. A dopo, caro.»

Balzellando via, la giovane salutò in fretta Hannah e la donna, dopo averla vista sgattaiolare fuori, chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò al letto del figlio.

Deglutendo a fatica, Domenic si preparò alla sua paternale, ma la donna si limitò ad accomodarsi, prendere una mano tra le sue e domandargli: «Come ti senti, caro?»

«Aaah... malandato. Come se mi avessero calpestato dei bisonti.»

Hannah annuì, emise un sospiro tremulo e infine gli chiese: «Cam mi ha detto che ti ha imposto di mollare tutto. E' vero?»

«Sì, e io ho accettato» le sorrise lui, sperando così di farla felice.

La madre, però, scosse il capo e replicò: «Non desidero che tu lo faccia.»

«Come? Scusa, ma perché? Pensavo che...»

Lei lo interruppe con un'occhiata più che significativa e Domenic, subito, si azzittì.

«Vorrei soltanto che tu facessi ciò che desideri. Certo, se fosse per me, infilerei te e tuo fratello sotto una campana dorata e piena d'ovatta, ma sarebbe stupido. Siete adulti, fate le vostre scelte autonomamente. Tu, lo fai da molto più tempo di quanto noi tutti non pensassimo.»

Sorrise, e gli carezzò una guancia.

A Domenic venne voglia di piangere. Avrebbe dato tutte le sue conoscenze e la sua intelligenza, pur di non rivedere mai più quello sguardo colmo di dolore negli occhi della madre.

«Desidero davvero smettere, mamma. Non solo per Cam, Yuki-chan o voi. Non ho più niente da dare, e i ragazzi che sono nella mia squadra possono continuare senza di me. Inoltre, ci saranno sempre personaggi come me, che desiderano partecipare al progetto messo in piedi dal Dottor Eriksson. Ho dimostrato quello che volevo dimostrare, e ora posso occuparmi di qualcos'altro.»

«Di Yuki-chan, per esempio?» gli sorrise allora la madre, vedendolo arrossire leggermente.

Lui annuì, mormorando: «Voglio prendermi cura di lei, amarla come merita.»

«E sei sicuro che sia lei la persona adatta a te?»

Domenic, allora, sorrise divertito.

«Hai timore che non la conosca a sufficienza?»

«Non vi siete visti spesso, in effetti.»

«Conosco Yuki-chan fin da quando è piccola, e ho conosciuto Sakura in rete, il suo alter ego digitale. Quando lei è entrata a far parte della squadra, l'ho conosciuta anche come collega. Molti dei viaggi in cui mi imbarcavo, non erano di piacere. Mi recavo spesso in Giappone, per parlare con Yuki-chan o gli altri membri giapponesi della squadra. C'erano cose che non si potevano dire neppure per telefono, o tramite web.»

Levando le mani in segno di resa, Hannah allora replicò: «D'accordo, mi vuoi far capire che, quanto hai detto a Ekaterina, non è una storiella per bambini. Lei non sa della vostra partecipazione al progetto della CIA, vero?»

«No, per questo ho omesso alcuni particolari.»

«Come, a quanto pare, li ha omessi tuo fratello riguardo a Phie» ironizzò Hannah, facendolo sorridere.

«Devo aspettarmi rappresaglie, in merito alle nostre bugie?»

«Vedremo...»

«Mamma.»

«Dimmi, tesoro.»

«Scusa, per il cottage. Non è rimasto granché, vero?»

Lei scrollò le spalle, limitandosi a dire: «Lo ricostruiremo. Così come Ekaterina e i suoi figli ricostruiranno la Tashida Group.»

«Ci sono notizie, su quanto sta succedendo?» si informò a quel punto il giovane.

Hannah gli sorrise, si levò per dargli un bacio e mormorò: «Avremo tempo per parlarne a casa. Tutti insieme.»

 
§§§

Una mano poggiata sul braccio del padre, Domenic sorrise nel volgersi a mezzo per scrutare la sagoma longilinea dell'ospedale.

La sua struttura in carbocristallo e leghe metalliche era un autentico capolavoro e, dal punto di vista ingegneristico, era uno spettacolo a vedersi.

Ma ne aveva davvero abbastanza di stare lì dentro.

Era rimasto al suo interno per cinque giorni e, finalmente, gli avevano dato il via libera per andarsene.

Non sarebbe rimasto lì neppure un minuto di più anche se, una volta giunto a casa, si sarebbe divertito a studiarne i progetti strutturali.

In fondo, il lupo perdeva il pelo ma non il vizio.

Ancora un po' malfermo sulle gambe – i lividi pulsavano da impazzire – si avviò verso l'auto ibrida del padre e, nel sorridergli, disse: «Pensavo avremmo fatto un giretto sulla tua nuova Lamborghini a idrogeno.»

Nickolas ghignò, limitandosi a celiare: «Non ne hai avuto abbastanza, di scossoni?»

«Forse.»

Insieme, salirono sull'auto e, quando Domenic si accomodò sui morbidi sedili posteriori, sospirò, lasciandosi cadere su un fianco.

«Bellissimo. Dormirò qui per i prossimi due anni.»

Nickolas scoppiò a ridere a quel commento e mise in moto, immettendosi con calma nel traffico cittadino.

La metropolitana soprelevata, con le sue carrozze a levitazione, sfrecciò sopra di loro, silenziosa e ricolma di gente, mentre le auto si incuneavano sulle strade, simili a formichine operose.

Raggiungere la villa non avrebbe portato via molto tempo, ma Nickolas decise di sfruttarlo al meglio.

«Pensavo a una cosa, ragazzo.»

«Sono tutto orecchi» assentì Domenic, ancora sdraiato sui sedili dell'auto.

Nickolas ghignò, e disse: «Sai, visto che il cottage è andato distrutto, pensavo che potremmo farne costruire un altro, ma da un'altra parte. Hai qualche idea in merito?»

«Non saprei... ci sono un sacco di posti bellissimi dove poter acquistare un po' di terra.»

«Ti andrebbe bene... l'Hokkaido?»

Domenic balzò a sedere, afferrò con entrambe le mani il sedile del padre e, sporgendosi in avanti per guardarlo meglio, gracchiò: «Cos'hai detto?!»

Ora sorridendogli gentilmente, Nick proseguì nel suo dire.

«A tutti noi piace quella zona. Non sarebbe un cattivo investimento ma, soprattutto, permetterebbe a Yuki-chan di vedere più spesso la sua terra, di avere una scusa in più per tornarci.»

«Papà...»

«Fa parte della famiglia, ormai, e per la famiglia farei questo e altro. Inoltre, ha salvato Cameron... e ama te. Mi sembrano motivazioni sufficienti.»

Gli occhi brillanti e un sorriso accecante, Domenic annuì. «Sarebbe un'idea splendida.»

«Meno male, visto che ho già preso casa.»

Dom allora scoppiò a ridere, e Nickolas si unì alla sua ilarità. Gli era mancato quel suono, negli ultimi anni, e ora ne conosceva i motivi.

Era orgoglioso di ciò che il figlio aveva fatto, e costruito, ma vederlo così sereno e felice, era più importante di tutti i risultati egregi del mondo.

Quando infine raggiunsero la villa, trovarono Yuki e Phie ad attenderli nel cortile.

Sophie fu la prima a raggiungere l'auto per abbracciare Domenic.

Lo strinse con forza, dandogli un sonoro bacio sulle labbra prima di dire: «Ora che siete entrambi a casa, mi sento meglio.»

«Anch'io, onestamente» le confessò, dandole un buffetto sul naso con affetto.

Lei rise, si scostò da lui e prese sottobraccio Nickolas per rientrare in casa, lasciando soli Yuki e Dom.

La giapponese guardò per un istante la coppia, prima di dedicare completamente la sua attenzione all'amato.

Lo aveva aspettato paziente, si era detta di poter sopportare che, a portarlo a casa, fosse il padre, ma l'attesa era stata straziante.

Ora era lì, dinanzi a lei, nuovamente saldo sulle gambe. Vivo.

Nonostante fosse passata una settimana dagli eventi che tanto l'avevano sconvolta, non riusciva ancora a dormire senza svegliarsi con i postumi di un incubo.

E, ogni volta, Domenic era morente tra le sue braccia.

Si avvicinò perciò a lui, volendo sincerarsi che fosse veramente lì, e non fosse solo il frutto della sua immaginazione.

Dom la strinse nel suo abbraccio consolatorio e Yuki, con un sospiro, avvolse le sue braccia attorno a lui, mormorando: «Bentornato.»

«Mi sei mancata.»

Lei sorrise, replicando: «Sono venuta tutti i giorni.»

«Non mi bastava» ribatté con un risolino Dom, scrollando indolente le spalle.

«Sicuro che, avendomi tra i piedi tutti i giorni, non finirai con lo stancarti di me?»

«Questo è impossibile» la liquidò lui, guardandosi intorno con espressione assorta.

Una volta individuato ciò che desiderava, sorrise e la prese per mano, dicendole: «Chiudi gli occhi e seguimi.»

La giovane fece quanto dettole e, ridacchiando, lo seguì.

Domenic, facendo molta attenzione a dove metteva i piedi, si avventurò nel giardino dietro la villa e, una volta raggiunto il ciliegio, lo osservò ammirato e si sistemò con lei sotto le sue fronde.

A quel punto, sussurrò all'orecchio di Yuki: «Apri gli occhi.»

Lei obbedì e, aprendosi in un sorriso, esalò: «Si sono schiusi!»

«I miei sakura per te. Come ti avevo detto.»

Cingendogli il collo con le braccia, Yuki lo attirò a sé per un bacio e, sulle sue labbra, mormorò: «Sapevo che avresti mantenuto la promessa.»

Lui le sorrise e, stringendole la vita con le braccia, la tenne così, sotto l'ombra dei sakura sbocciati proprio quella mattina.

«Papà ti ha detto dell'Hokkaido?»

«Me ne ha accennato. Ma è davvero troppo, onestamente.»

«Sei parte della famiglia, ormai. E noi Van Berger ci coccoliamo vicendevolmente» replicò il giovane, sorridendole malizioso.

Sollevando un sopracciglio con ironia, Yuki mormorò: «Ho idea che tu abbia in mente un genere di coccole che nessun altro, a parte te, potrà farmi. O sbaglio?»

«L'ho sempre detto che sei geniale» ridacchiò lui, tornando ad abbracciarla per un momento. «Torniamo dentro, prima che vengano a prelevarci.»

«Sarà meglio, anche perché c'è tutta la tua famiglia...»

«Nostra» sottolineò lui, facendola ridere sommessamente.

«D'accordo. La nostra famiglia riunita, e dovrai passare il loro terzo grado prima di poterti dire sano e salvo.»

«Resisterò. Ho te, qui con me.»

«Ti difenderò io, promesso.»

«Non avevo dubbi, in merito.»

La baciò prima di entrare in casa e, mano nella mano, si lasciarono avvolgere dal calore della loro famiglia finalmente riunita.

Cameron e Phie, seduti stretti l’un l’altra, Beau e Rena, bellissimi accanto alla finestra che dava sul giardino, i nonni, Phill e Bran, assieme al loro figlio Eric.

Domenic sorrise a tutti loro, prima di veder comparire Kyle, Sarah e Keath, di ritorno dalla cucina e ricolmi di vassoi carichi di cibo.

Michael e Cecille sarebbero giunti quello stesso pomeriggio, per festeggiare.

Christoffer e sua moglie Angie, di ritorno da Roma, avrebbero fatto tappa a Los Angeles solo il giorno seguente.

Aaron e Sylvia, invece, sarebbero giunti di lì a breve, dopo essere passati in visita dal padre di lei.

Pavel e Glenn, emergendo a loro volta dalla cucina con le bevande, sorrisero ai due ultimi arrivi e quest’ultima, allungandosi per abbracciare il nipote, mormorò: «Il mio povero cuore ha tremato, tesoro. Vedi di non farmi mai più uno scherzo simile, è chiaro?»

«Promesso, nonna. Sarò più cauto» le sorrise lui, lanciando poi uno sguardo d’insieme a tutta la sua famiglia.

Bryce, Berry e Todd sarebbero rimasti a casa, quel giorno.

L’amico aveva espresso con loro il desiderio di starsene un po’ per conto proprio, godendosi un po’ i genitori.

Domenic lo aveva compreso benissimo, visto quanto avevano dovuto rischiare in quei pochi mesi.

Tutto si era susseguito con un ritmo convulso, niente era parso andare per il verso giusto e, sul finire della loro avventura, avevano rischiato di perdere.

Ma ora erano lì, insieme, sani e salvi.

E…

Ghignando all’indirizzo del fratello, che si stava servendo con tartine ai gamberi e succo di frutta, Dom disse: «Sai, fratellino, pensavo a una cosa…»

Cam levò il viso a scrutarlo, il dubbio ben evidente nei suoi occhi di colomba.

«Ho quasi paura a chiedertelo. Che cosa hai pensato?»

Con fare noncurante, Domenic si andò a sedere su una poltrona, prendendo in grembo Yuki e, sorridendo al gemello, asserì: «Ho idea che tu abbia dimenticato una cosuccia da nulla.»

«E cioè?» esalò Cameron, impallidendo leggeremente.

Yuki, a quel punto, scoppiò in una risatina ilare mentre il resto della famiglia, dubbiosa, li fissò in cerca di spiegazioni.

Levando ironico le sopracciglia, Domenic aggiunse: «Non hai forse dimenticato che domani devi prendere un aereo assieme a zio Bran e Phie per tornare a Tokyo? Tu, ufficialmente, non sei ancora stato trovato.»

«Ehi, no, aspetta!» sbottò Cam, accigliandosi immediatamente. «Sono stato in ospedale con te, fratellone, quindi…»

«… quindi, quello era un ospedale militare, perciò tutto è stato secretato per ovvi motivi. Tu sei ancora disperso.»

«Oh, no, dai! Non è possibile!» sbottò il giovane Van Berger, facendo scoppiare a ridere tutti.

Imperturbabile di fronte all’irritazione del gemello, Dom dichiarò: «Pensi davvero che ti lascerebbero qui, tranquillo e sereno, mentre la CIA sta lavorando per chiudere la cosa nel migliore dei modi… e senza scandali ulteriori

«Sarebbe meglio se la faccenda della polizia collusa saltasse fuori, invece! Perché dovremmo dar loro una mano, scusa?!» brontolò per contro Cameron, accigliandosi.

Scrollando le spalle, Dom replicò: «Il Governo Giapponese farà quanto dovuto per eliminare le mele marce, ma è ancora troppo presto perché il programma Viewscan venga tacciato di inadeguatezza. Il progetto non è ancora terminato, e non vorrai davvero che Yu-chan, Minami-chan e gli altri si interrompano a metà, vero? Avrebbero lavorato per nulla, in tutti questi anni.»

Cameron sbuffò, si levò in piedi e, puntandogli un dito contro, ringhiò: «In cucina, ora! Ho voglia di preparare una torta.»

«Andata» ammiccò Domenic, scostando da sé Yuki e regalandole un sorriso tutto contento.

Cam grugnì, quando il gemello lo affiancò e, sparendo oltre l’angolo del corridoio, la famiglia sentì solo i borbottii di uno e le risatine dell’altro.

Phie, scrollando le spalle, celiò: «E dire che gliel’avevo ricordato proprio ieri, che avremmo dovuto ripartire.»

Sorridendo alla figlia, Beau replicò: «E’ sicuro lasciare quei due in un luogo chiuso e pieno di coltelli? Cam mi sembrava piuttosto irritato da quest’ultima noia.»

Fu Yuki a rispondere e, sorridendo ai genitori di Domenic e Cameron, asserì: «E’ il loro modo di fare pace, di sbollire la rabbia. Non si faranno male.»

Hannah annuì e Nickolas, dando una pacca sul braccio alla giovane, mormorò: «Credo, comunque, che la tua compagnia e quella di Phie sarebbe loro gradita.»

Yuki allora sorrise complice all’amica e, assieme, raggiunsero i due ragazzi, lasciando alle loro spalle il calore benefico della famiglia.

Phie, presala sottobraccio, ammiccò e le domandò: «Pronta a sopportare tutti quei ficcanaso nell’altra stanza?»

«Per Domenic-chan? Come non mai!»

Sophie rise, annuì e, con un gran sorrisone, aprì la porta della cucina e trascinò con sé l’amica.

Sarebbe stato uno spasso, da quel momento in poi.








Note: Siamo ormai alla fine, poiché manca solo l'epilogo a terminare questa storia sui gemelli Van Berger. Spero di aver creato un mondo abbastanza credibile, visto che si tratta del nostro prossimo futuro, e che la lettura sia stata piacevole.
Con questa storia, chiudo la trilogia della famiglia Van Berger e, se mai mi verrà in mente qualcosa, aggiungerò qualche OS nella cartella Honey's World, ma con le storie a puntate ho terminato, per quanto riguarda questi personaggi.
Ringrazio tutti/e coloro che mi hanno seguita fino a qui, hanno pazientato di arrivare al termine di ogni avventura e si sono imbarcati con me in un'altra, sempre nuova.
Ogni commento, ogni domanda è servita a migliorare ogni storia, perciò è anche grazie a voi se queste avventure vengono narrate. Grazie!
E, come sempre, alla prossima!
Mary
  
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