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Autore: marrymezayn    07/08/2015    3 recensioni
«Tesoro, tra poco si avvicinerà quel momento in cui non saprai cosa metterti e sembrerai un mappamondo.»
Martellata in testa. Sgambetto su una rampa di scale. Farle attaccare qualcosa di elettrico subito dopo la doccia.
Un modo doloroso c’era per ucciderla, vero?
«Grazie tesoro per ricordarmi ogni giorno che fra poco sarò una vacca.»
«Ma tu sei vacca, ma nel profondo!»
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Quarta trance della serie "Se non ti perdi, non trovi strade nuove.". Raccolta di one-shot.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Se non ti perdi, non trovi strade nuove.'
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                                                                               © si ringrazia lilac j per il fantastico banner. ♥

 
«Ho dato un party senza saperlo?»
Posò il borsone per terra, mentre i suoi amici si giravano a guardarlo con gli occhi spiritati. Notò subito la speranza di vedere Keyra dietro di lui, ma quando capirono che non c’era, tornarono tutti a guardare la tv.
«Visto che non c’eri abbiamo pensato di fare un party hard.»
«Dove sono le donzelle?» Chiese, buttandosi sul divano a fianco di Liam, che lo fissava serio in viso. Ricambiò lo sguardo, altrettanto serio e poi sospirando gli fece un sorriso, ma questo non bastò a calmarlo.
«Le donzelle? Hai Keyra.» Sussurrò Liam, pensoso.
«Si, ma Keyra è a New York e io qui… Non lo saprebbe mai.»
«Metteresti le corna alla tua Keyra?» Non fece neanche in tempo a replicare che Louis continuò. «E poi altro che “non lo saprebbe” quella donna è in grado di captare una mano estranea su di te a miglia di distanza.» Ridacchiò. Aveva più che ragione.
Liam si strinse al suo fianco, guardandolo con gli occhi da cucciolo spaurito. «Speravamo veramente che la riportassi qui…» Sussurrò, abbassando la testa e non vedendo il sorriso di Zayn dipingersi sulle labbra.
Non poté rispondere perché pochi secondi dopo udì il campanello di casa sua suonare, facendogli alzare gli occhi dal suo cellulare. «Chi è?» Fece per alzarsi ma Niall lo fermò con un gesto della mano e andò lui.
Poco dopo entrarono di corsa Mary e Maddison, con tanto di fiatone. Vedendolo, si misero a cercare quella figura che, purtroppo, non era nei paraggi.
«Dov’è Keyra?» Chiese dispiaciuta Maddie, sedendosi a differenza di Mary, al suo fianco.
«A New York. E li rimarrà.»
«Dimmi che s’è fatta beccare in pieno da un camion!» Borbottò Mary, appoggiandosi al tavolo quando capì che no, Keyra non era tornata. La guardò in tralice, visto che da una parte, era anche colpa di Mary se tutto quel casino era successo. Ok, loro avevano il carico da cento, ma anche lei aveva la sua colpa.
«Di nuovo?!» Rispose freddamente, facendosi guardare altrettanto freddamente da Mary. Si scrutarono e, decise che era meglio lasciar stare. Per pochi minuti crollò il silenzio tra di loro, smorzato solamente dalla voce della televisione che mandava un telegiornale flash. Tutti guardarono la tv, in religioso silenzio.
«Non sei riuscito a fare nulla?» Domandò Niall, dispiaciuto. Scosse la testa, teatralmente e trattenendosi dal ridere. I sette ragazzi in quella stanza  buttarono un sospiro di frustrazione.
«Certo che è testarda forte eh! Non ho mai conosciuto persona più testarda di Keyra.»
«Ma aspetta che arriviamo lì a New York e me la mangio.»
«Che dite, me la vendono una pistola se la chiedo?» Li ascoltò e sorrise, deliziato da quei discorsi. Era sempre bello vedere che una persona tanto negativa come Keyra in realtà era così tanto amata dai suoi amici.
«Ci avevamo sperato tutti che la riportassi a Londra in questa settimana.»
Ancora sorrise. «Lo so. Ma tornerà presto!»
«Tre anni sono presto?» Lo ribeccò Liam amaramente, facendolo sorridere.
Rimaneva ancora piacevolmente stranito da quell’amore che provavano gli altri verso Keyra. Sapeva benissimo che quella ragazza era ben voluta da tutti, un conto era esserlo per lui, ma per gli altri ancora gli faceva strano.
Non era il solo a volerle un bene dell’anima e vederli così dispiaciuti del fatto che non era tornata lo fece sorridere un po’.
«E chi ha parlato di tre anni?» Liam si girò a guardarlo con gli occhi sbarrati, per poi sorridere a trentadue denti. Saltò sul divano e gli diede un pugno, ridendo allegramente. Gli altri, sentendo quel trambusto, si bloccarono nel farsi domande su come avrebbero potuto ammazzare Keyra appena l’avessero rivista.
«Torna? Quindi avete sistemato? In fondo sei rimasto una settimana. E’ un buon segno? E com’è andata? State ancora insieme?» Lo riempì di domande che lo fecero ridacchiare. Liam euforico era uno spasso.
Tutti si misero in ascolto, curiosi. «Torna tra qualche mese. E’ andata bene e si, stiamo ancora insieme.»
«Ma se torna, perché non te la sei riportata con te?» Chiese stranito Liam. Spostò lo sguardo su Niall, che sorrideva. Lui sapeva la verità. Solo lui era al corrente che Keyra non avesse abortito insieme a Mary. Ma quello era un tasto molto dolente, e sicuramente si sarebbe ritrovato presto a litigare con Mary. Liam era ancora ignaro di quella novità e da quello che sapeva, Niall aveva chiesto a Liam di starsene in silenzio e non dirlo agli altri. Ovviamente però, Liam era rimasto che Keyra avesse abortito, proprio come Maddie.
«Perché siamo d’accordo che almeno ci può provare a stare all’università. Ci è già stata ieri e mi ha detto che non ci si sente a suo agio. Cambierà università e ne cercheremo una qui a Londra.»
«Bene… Sono contento! Fra quanto torna?»
«Giugno, su per giù.» I ragazzi sorrisero felici alla novità. Guardò Niall e quello annuì, chiaramente incitandolo ad essere sincero con gli altri. Lui aveva un po’ di paura ad ammettere quella che era una verità che ancora faceva dannatamente strano. «In fondo siamo d’accordo che non faremo nascere nostro figlio in America.»
Crollò il silenzio; aveva tolto la parola a tutti, tranne a quei due che sapevano la verità. Ma Niall, a differenza di Mary, stava sorridendo.
«Figlio? Quale figlio?» Domandò incredulo Harry.
«Figlio? E’ rimasta incinta? Io mi ero appena abituato all’idea che stavate insieme che già avete procreato?» Sbraitò Lou, sbigottito.
«Quindi non ha abortito?» Scosse la testa in direzione di Liam, che saltò su come un petardo, buttandosi addosso a Niall dalla felicità. Poi, dopo aver fatto festa a Niall, si buttò su di lui e ridendo come un bambino piccolo lo guardò con occhi sereni.
Maddie gli strinse la mano e quando incontrò i suoi occhi, li vide lucidi di felicità. «Congratulazioni paparino.» Arrossì lievemente in zona guance, poi buttò uno sguardo verso Mary, seduta dalla parte opposta della stanza a guardare la festa che stavano facendo tutti.
Non capiva che problemi avesse quella ragazza, ultimamente.
Con Liam ancora euforico della notizia si girò verso Harry e Louis che si guardavano fissi in faccia, ancora  increduli. Sorrise debolmente ai suoi due amici.
«Keyra è incinta?» Annuì alla domanda idiota di Harry, ripetuta tra l’altro. Lo vide guardarlo con gli occhioni increduli. «E’… Wow…»
Rimasero a chiacchierare su quello per più di un’ora. I due chiamarono anche Keyra che, ovviamente, stava ancora dormendo. Dopo avergli bestemmiato per telefono per averla svegliata, la fecero mettere su Skype anche se lì erano le quattro di notte. Se ne stava davanti al computer mezza addormentata, sparaflashata in faccia dalla luce del computer.
«Congratulazioni.» Se ne stava seduto sul divano, con le braccia sullo schienale e guardava sorridendo il computer messo sulle gambe di Niall, seduto al suo fianco. Intorno a loro, il resto dei ragazzi e le due amiche della sua ragazza.
La vide aprire un occhio, mugugnando qualcosa. «Mi avete fatto mettere su Skype solamente per dirmi congratulazioni?»
«Ti pare poco? C’abbiamo messo quasi un’ora a far credere a questi due che diventerete genitori.»
«E per fortuna che avevi detto che non avresti mai avuto figli da un Super Sayan dei poveri.» Disse Harry, parlando di chissà che cosa. Keyra aprì gli occhi e scoppiò a ridere fragorosamente.
«L’ho detto, si.»
«Sei una stronza. Potevi dirmelo!» Si girò a guardare Harry, davvero scontento di quello. Chissà di che parlavano; ma non si mise in mezzo. «Sentite, vi voglio bene. Ma io stavo dormendo. Possiamo lasciare gli scazzi a domani quando avrò caffeina nel mio sangue?»
«Guarda che troppo caffè fa..»
«Stoppati lì, Payne! Non cominciare a fare il daddy che ti giuro torno a Londra solo per staccarti le gambe e menartici.» Tutti scoppiarono a ridere dalla sua rabbia. «Non smetterò di prendere caffè solamente perché quel decerebrato del vostro amico m’ha incasinato, ok? Ciao! Ci si vede presto eh! Dormite bene, stronzi!»
E chiudendo la chiamata con loro che ridevano allegramente, rimasero a guardare la schermata in silenzio per alcuni minuti.
«Ti ha dato la colpa!»
«Quando mai non me la da?» E sospirando con finta frustrazione andò in cucina a prendersi una coca cola. Non riusciva a smettere di sorridere e neanche l’idea che lo incolpava per averla messa incinta, lo turbò particolarmente.
Passando, di fissò amaramente con Mary che era rimasta tutto il tempo in disparte, anche se Niall stava tirando fuori le birre per festeggiare il nuovo arrivato.
 
Abituarsi a vivere da sola, in una città che non è la tua e che non conosci così bene, era difficile. Ma non c’era niente di più difficile di ritrovarsi sola con se stessa.
Quella sensazione era oscura anche a lei, che per anni aveva fatto di tutto per non esaminarsi più del dovuto. Aveva passato la sua vita a pensare agli altri e ora, dopo vent’anni di duro lavoro si ritrovava verso gli altri sola con se stessa.
Erano due settimane che era lì e, sinceramente, non aveva mai e ripeto mai, litigato così tanto con se stessa. E quel giorno era in litigio serio con quella parte di lei che non conosceva.
Quando si vive da soli, ti ritrovi ad affrontare cose che non ti aspetti. Ti svegli la mattina e, prima tocchi il cielo con un dito, due secondi dopo invece ti ritrovi in litigio con te stessa semplicemente per alzarti dal letto. Era una sensazione strana da provare, e Keyra si sentiva divisa in due. Ringraziava di essere sola, perché non voleva immaginare come reagisse in quelle due settimane se qualcuno fosse al suo fianco.
Certo, c’era stato Zayn per una settimana, e in effetti i litigi con se stessa erano cominciati quando il suo ragazzo era tornato a Londra.
Tutti dicevano che le prime due settimane effettive da soli, erano le più dure. Ma che se superavi quelle, potevi fare qualsiasi cosa.
La maggior parte del tempo l’aveva passato all’università, ma era quando si trovava nel suo letto, di sera, che tutto crollava. Era una settimana che stava da sola e una settimana che si addormentava piangendo. Neanche l’idea che di lì a qualche mese sarebbe tornata a casa la consolava; più e più volte aveva pensato di prendere un volo e tornare subito.
Ma alla fine si diceva che non poteva buttare quella cosa nel cesso come niente fosse. Doveva provarci e ci stava provando.
Aveva trovato una casa abbastanza decente per non morire per colpa della muffa e si era “trasferita” da pochi giorni. Aprì la porta di casa, entrando e guardando quel muflone che viveva sul divano di casa loro. Era un giapponese, che quando gli aveva chiesto cosa facesse nella vita, le aveva detto che “spacciava”.
Ovviamente quello non era stato detto a Zayn, perché se lo conosceva un pochino avrebbe ripreso l’aereo e l’avrebbe rinchiusa di nuovo in una stanza d’albergo. E lei non voleva. In fondo non era mica lei a spacciare.
Beveva e fumava come un turco, sempre mummificato di fronte a quella televisione e durante la notte lo sentiva ridere fragorosamente su qualche serie tv giapponese.
Aveva un’altra coinquilina, molto bizzarra ma tranquilla. Era una ragazza timida, che appena l’aveva vista aveva sbarrato gli occhi, le aveva stretto la mano tutta elettrizzata come se fosse la regina, e dopo questo si era chiusa in camera sua, non vedendola più. Solo una notte mentre si faceva un tea se l’era ritrovata seduta in cucina, mezza addormentata. Aveva fatto un brutto sogno e le aveva offerto una tazza di tea, per tranquillizzarla. Aveva capito che era una fan dei ragazzi, ma finché rimaneva buona, Keyra non avrebbe detto nulla.
C’erano altri coinquilini ma tutti erano sempre occupati a lavorare e li incontrava semplicemente la mattina o all’ora di cena.
Entrò in camera sua e, posando la borsa sul puff, prese il cellulare e si ritrovò una notifica su twitter. Lo aprì e, ridacchiando buffamente, scosse la testa.
“sisisisissisisisisisissisisissisissisisisissi!” Non sapeva come aveva fatto a scoprire il suo twitter, ma non le interessava particolarmente in quel momento. Scosse la testa e buttando il cellulare sul letto, prese il necessario per farsi una doccia.
La cosa brutta di quando si viveva in una casa estranea? Che ti dovevi fare la doccia con le ciabatte, perché non si sapeva chi avesse usato quella doccia.
Ci mise ben poco a lavarsi, più che altro per togliersi la sensazione di sporco e di smog dalla palle e entrò in camera sua con un asciugamano in vita. Prese a tamponarsi i capelli di fronte allo specchio, fissando l’immagine dall’altra parte con circospezione.
Quando percepì il tipico rumore di una chiamata su skype, guardò il cellulare. Era Julian e lei prese a mordicchiarsi il labbro inferiore indecisa se rispondergli o no. Alla fine, accettò la chiamata e, sfalsata, le si parò davanti l’immagine di suo fratello.
«Ciao Newyorkese, come stai?» Sorridendo amabilmente, cominciò a chiacchierare con suo fratello. Ogni tanto faceva capolinea nella videochiamata anche Evelyn e Summer, a darle tutti bacini tramite webcam. La parte più difficile di quel viaggio era lasciare Julian.
Sapeva che non era suo fratello di sangue ma lei stravedeva, con tutta se stessa, per quel ragazzo. Non sapeva immaginarsi una vita senza quel ragazzo, e ringraziò veramente dio per averglielo donato. Amava sua sorella, ovviamente, ma tra Keyra e Julian c’era un qualcosa di troppo speciale che superava anche la veridicità del loro sangue.
«Come stanno mamma e papà?» Chiese spazzolandosi i capelli.
«Togliendo che sembra che sei andata in guerra, tutto bene. Papà cerca di fare il duro ma mamma mi ha detto che l’ha trovato un paio di volte a piangere.»
Si commosse per quello, sorridendo dolcemente. «E Georgia?»
«Sta programmando di venirti a trovare. Appena ha un attimo di tempo verrà.»
«Ma torno tra qualche mese, non serve.»
«Quindi? Guarda che qui manchi eh.» Sorrise ancora, scuotendo la testa. «Come sta quell’essere che è il tuo ragazzo?»
«Ancora non l’ho sentito, ma fidati che lo saprei se stesse male.» Ridacchiarono entrambi da quella cosa.
«Sono fiero di te, Key. So che è difficile quello che stai passando, ma sappi che a Londra c’è qualcuno che è fiero di te, tutti i giorni. Non mollare, chiaro?»
A quelle parole, guardò suo fratello sorridere tramite webcam e quasi non si commosse. La trattava come una bambina e si fece abbracciare da quella sensazione di carezze che solo Julian le donava. Annuì debolmente, pregando di non piangere di fronte a suo fratello.
«Goditi a pieno questa esperienza e torna vincitrice.»
Per un attimo pensò di dirgli tutto: che era rimasta incinta di Zayn, che dentro di lei stava crescendo un nanetto o una nanetta e quello che in realtà pensava sempre tutti i giorni. Che non si meritava tutto quell’amore, perché faceva schifo. E che quel bambino non si meritava di nascere con una madre come lei. Ma non disse nulla; stette in silenzio a farsi cullare da quella consapevolezza che, Julian, qualsiasi cosa avesse fatto, sarebbe stato al suo fianco.
«Zia mi manchi…» E vedendo le lacrime di Summer, abbassò la testa e si morse le labbra per non piangere. «Torna da me zia. Quando torni?»
«Torno presto piccola.» Soprattutto non si meritava l’amore di quella bambina. Il cellulare vibrò e si sporse leggermente a guardare cosa fosse. Una chiamata su Facetime da parte di Zayn.
«Cucciola, aspetta.» Aprì la videochiamata e mise il cellulare in modo da far vedere a Zayn la nanetta e viceversa. 
Per poco non perse il timpano quando Summer cominciò ad urlare dalla felicità e sia Zayn che Keyra scoppiarono a ridere. «Zio zio, viemmi a trovare. »
«Certo nanetta, appena ho cinque minuti liberi vengo e ti porto al parco. Vuoi?» Noooo, Zayn al parco con Summer nooo! La bambina urlò euforica facendo ridere ancora entrambi.
«Porti anche Zia Keyra?»
«Ehm…» Ghiacciarono un po’ tutti da quella domanda. «Zio non ha la forza di badare ad entrambe. O tu o lei.»
La bambina buttò il labbro inferiore all’infuori e cominciò a piagnucolare che le mancava la zia. Julian cercò di calmarla e Keyra si guardava la scena in silenzio, mangiandosi le mani dalla rabbia.
«Summer non piangere. Torno prima che tu possa immaginarlo…» Provò a spiegare, ma la bambina continuò a piangere sulla spalla del padre.
«Okok, ti porto anche Zia Keyra. Però ora smetti di piangere.»
Dopo quasi mezz’ora, riuscì a chiudere la chiamata con Julian dopo che si erano messi entrambi a tranquillizzare Summer. Spense il computer e lo lanciò completamente verso la fine del letto, buttandosi tra i tanti cuscini sul suo letto. Teneva il cellulare in alto per farsi vedere da Zayn che blaterava come un pazzo parlando di qualcosa che, in quel momento, a lei non interessava. Cioè le interessava, ma semplicemente se ne rimaneva lì a guardarlo, con un sorriso malinconico sul viso. Perché le mancava, diamine se le mancava. E sinceramente non poteva capire come fosse riuscita a restare senza Zayn per due anni. Era una settimana che non lo vedeva, e le mancava come l’aria. Fortunatamente c’era quell’ora tutta per loro, quando Zayn la chiamava nel cuore della notte e parlava, parlava, parlava.
«Ho passato tutta ieri notte a cercarti e…» «Ahahahaha! Fregata, beccata stronza!» «E ora capisco cosa intendevi per “se l’avessi capito avresti accettato”. Accetto, di buon grado. Kè… Kè?!» Lo guardò e Zayn si fermò, fissandola. «Non piangere…»
Tirò su con il naso, rendendosi conto solo in quel momento che stava piangendo. Lo guardò tramite telecamera e ridacchiò, sapendo che era una stupida a piangere nel vederlo così euforico semplicemente perché aveva scoperto il suo nickname su twitter.
«E’ che mi manca la tua stupida faccia…» Ammise, passandosi una mano sugli occhi, per cancellare le lacrime. Zayn la guardò con quello sguardo addolcito che peggiorò come si sentisse. Cercò di cambiare anche discorso e lui glielo permise, sapendo quanto si stesse sicuramente vergognando per quello che era appena successo. Parlarono per un’altra mezz’oretta e quando, verso le sei e mezza attaccarono, si buttò tra i cuscini e pianse. Pianse come una bambina, liberandosi di quella sensazione di mancanza, di oppressione sui polmoni e di abbandono. Si sentiva sola come un cane, ed era una di quelle sensazioni peggiori che non avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico. Si addormentò per la trecentesima volta sfranta dal piangere insistente.
 
 
Salì le scale due a due, mordicchiandosi il labbro inferiore e guardando l’orologio di marca al suo polso. Forse era stato un gesto eccessivo. Ma non gli interessava particolarmente; in fondo poteva permettersi di fare quelle cose.
Sentì dei rumori dalla parte opposta della porta e si stupì che qualcuno fosse sveglio a quell’ora. Bussò con foga e attese. Notò l’occhiello oscurarsi e poco dopo sentì la voce maschile chiedere chi fosse. Quando rispose e il ragazzo aprì la porta, sorrise debolmente.
Attese sulla porta quando disse che era lì per Keyra. Ovviamente il tizio chiuse la porta, ringraziando il cielo, e l’andò a chiamare. Ci misero più di cinque minuti, ma quando la porta si aprì di nuovo, la figura minuta di Keyra gli si parò davanti. Indossava una sua maglietta che le stava cinque volte, le gambe nude e quei piedini a contatto con il pavimento, lo fecero sorridere. Si guardarono negli occhi per diversi minuti, e capì che per quanto era stato sconsiderato il gesto fatto quella sera, valeva tutti i soldi spesi per prendere quel volo. Bastò guardarla in viso per capire che aveva fatto si, una cosa sciocca, ma giusta. Era assonnata, si era addormentata sicuramente piangendo perché non l’aveva mai vista con quegli occhi così gonfi e sembrava una bambina piccola, lì a guardarlo in modo incredulo. «Dormivi Smith? Sei a New York e passi la tua notte a dormire?» Sentendo la sua voce, forse ancora incredula che fosse lì, si mordicchiò il labbro inferiore, guardandolo da sotto le ciglia lunghe e bagnate. E poi, come una bambina insicura, superò l’uscio di casa, e gli buttò le braccia al collo. Se la caricò di peso, entrando in casa sotto lo sguardo incredulo del coinquilino di Keyra, chiudendo la porta con un piede e si diresse verso la camera della sua ragazza che si nascondeva da lui, ancorata a Zayn come un koala.
«Qual è la tua stanza?» Chiese sorridendo, ma lei era troppo impegnata a piagnucolare per rispondere. Fu il suo coinquilino a dirglielo, indicandogli la porta giusta. Si diresse verso quella, in religioso silenzio e felice come una pasqua di averla tra le braccia. Keyra non era l’unica a sentire la sua mancanza, ma anche al ragazzo mancava terribilmente quella nana. E se per farla stare tranquilla si doveva subire sei ore di aereo con tanto di anticipo di arrivo, l’avrebbe fatto.
Dopo essere entrato nella sua camera, chiuse la porta e si diresse verso il letto mentre lei ogni tanto gli strusciava il naso sul collo, ci lasciava qualche bacio e poi tornava a piagnucolare sulla sua spalla.
La depositò nel letto e ridacchiò quando notò che non aveva intenzione di levargli le braccia dal collo. Ci lottò un pochino per farsi lasciare e quando ci riuscì, si tolse i vestiti, rimanendo solo con i boxer. E poi si buttò nel letto con lei, che si riattaccò a lui senza più lasciarlo andare.
Non fu un sonno restauratore per nessuno dei due. Keyra si svegliò un paio di volte quando si muoveva, incredula del movimento di fianco a lei e l’aveva guardato. Lui si svegliava quando lei posava le labbra sulle sue, forse per rendersi conto che era davvero lì. La seconda volta che si era svegliata per un suo movimento, la sentì ridacchiare e accoccolarsi al suo fianco, stringendosi a lui come se volesse fondersi con il ragazzo. Se la stringeva automaticamente al fianco e un paio di volte si era dovuto spostare per farle respirare aria fresca, visto che se ne stava accoccolata di fianco a lui, sotto il piumone e con la faccia nascosta sul suo petto.
E quando per la terza volta si svegliarono, capì che non sarebbe stato un sonno restauratore. «Ma ti vuoi stare ferma?» La ribeccò fintamente incazzato, facendola ridacchiare. Quella risatina era la sua gioia, sapendo che poche ore prima se ne stava lì a piangere come una cretina. E non riuscì più a prendere sonno quando gli prese la faccia tra le mani, cominciando a riempirlo di baci ovunque. Mugugnò, deliziato, da quelle coccole. Ah, maledettissima Keyra. Erano le cinque di mattina, e fuori incominciò a fare l’alba mentre scivolava in lei, sentendosi finalmente a casa e amato. Adorava dormire, ma mille volte di più amava fare l’amore con lei; sentire il suo corpo tendersi insieme a quello di Keyra, sentirla muoversi in sincrono con lui, le sue manine a stringere le sue braccia, le scie di baci che gli lasciava. Il modo in cui lo guardava, stesa sotto a lui, come se fosse la cosa più bella su quel mondo.
Appoggiò la fronte sulla sua spalla dopo essere venuto in lei e la sentì respirare pesantemente, riprendendosi dall’amplesso.
«Tu sei pazzo…» La sentì sussurrare al suo orecchio, poi mordicchiò il lobo facendolo ridacchiare. «Tu sei seriamente un pazzo sclerato.»
«Ti ringrazio per il complimento.» Le sussurrò alzandosi finalmente dal suo posticino preferito, e sorridendole. Lei, abbagliata dal suo sorriso, ricambiò e prese a dargli ancora tutti baci sul viso.
Si alzò e mettendosi i boxer lanciati via da Keyra poco prima, se la rotolò per bene nel lenzuolo – come se alle sei di mattina tutta la casa stava a guardare Keyra nuda - e caricandosela in braccio, si diresse al bagno. «Dove stiamo andando?»
«Doccia. Puzzi.»
«Ma non è vero…» Borbottò lei, legata come un salame in quel lenzuolo, con il broncio di una bambina piccola. Chiusa la porta del bagno, la liberò e bestemmiando per il freddo la vide correre verso la doccia, aprire il rubinetto e metterlo tutto verso sinistra, facendo appannare in poco tempo tutte le superfici del bagno. La lavò per bene, sentendola mugugnare deliziata e lei fece lo stesso con lui, in religioso silenzio. Fu quando, mentre si asciugavano, che bussarono alla porta del bagno. Non avevano fatto casino, anche perché era troppo presto e la mora disse che usciva subito. Non si vergognò ad aprire la porta e facendo una faccia da poker uscirono, entrambi fasciati da un asciugamano a nascondere il necessario e, la ragazza di fronte a loro li guardò ad occhi sbarrati.
«’Giorno…» Sussurrò alla biondina, facendo ridere la sua ragazza. Si girò verso la coinquilina di Keyra e la trovò li ferma sull’uscio del bagno, girata verso di loro e a guardarli incredula e a grattarsi la cute.
Fortunatamente aveva lasciato qualcosa a Keyra per cambiarsi, e fortunatamente lei non aveva buttato nulla nel trasloco. Indossò i boxer, rimettendosi nel letto e subito affiancato dalla mora che si riaccoccolò su di lui, addormentandosi appena appoggiò la testa sul suo petto.
 
 
Fu il rumore della porta di casa a svegliarlo. E come al solito ci mise tre ore anche solo per aprire gli occhi, ma percepì i movimenti di fianco a lui. Aprì un occhio e trovò Keyra seduta sul letto, girata verso di lui con i capelli incasinati e due occhi gonfi di sonno che lo fecero sorridere.
Si guardarono assonnati con lei che continuava a fissarlo impassibile, seduta in mezzo al letto.
«Perché mi fissi?» Domandò, mettendosi di schiena e accarezzandole un ginocchio. Lei, lentamente, seguì il movimento della sua mano in silenzio. Poi, senza rispondere alla sua domanda, si sedette sul suo bacino e si appoggiò al suo petto, sospirando deliziata.
«Maledettissimo Malik.» Sapeva che Keyra era divisa in due; essere arrabbiata con lui per il gesto sconsiderato che aveva fatto o essere felice per averlo lì, a portata di mano e non tramite un computer.
Si riaddormentò, stanco per le poche ore dormite e cullato da lei che ogni tanto sbadigliava e lo baciava di slancio dove le capitava. Si risvegliò un’ora più tardi, verso le otto e mezza e trovando il letto vuoto, si passò una mano nei capelli. Indossò una delle tute lasciate a Keyra e uscì dalla stanza, rendendosi conto del rumore di padelle smosse in cucina con il telegiornale in televisione. Notò anche che Keyra era in compagnia di quella che aveva bussato al bagno quella mattina stessa.
Vedendo sicuramente una figura al suo fianco, questa si girò e lo fissò ancora mezza addormentata. «Giorno.»
Keyra si girò e, guardandolo in silenzio, gli fece un sorriso tirato per poi tornare a cucinare la colazione. «Il tuo ragazzo riesce a dire solo ‘Giorno, oppure sa spiccicare qualche altra frase?» Keyra ridacchiò mentre le lasciava un bacio sul collo e si dirigeva a prendere del caffè. Altra lunga giornata, visto che sarebbe tornato a Londra il pomeriggio tardi.
«Già è tanto che ha detto buongiorno.» Rispose lei, mettendo l’uovo cotto in due piatti e prese a cucinare la pancetta. Gnam. Che fame.
Si sedette al fianco della bionda, guardando assonnato Keyra che si muoveva dall’altra parte del bancone all’americana. Subito dopo la mora si sedette al suo fianco, dandogli il piatto per la colazione e cominciò a mangiare guardando la tv, dando le spalle a lui.
Rispose al cellulare quando lo sentì vibrare di fianco a lui. «Siii??» «Certo che non ti risponde nessuno. Sono a New York!» «Non sto scherzando. Sono a New York!» La mora lo guardò, accigliata. «Si, è qui con me. Ok.» Le porse il cellulare e lei lo prese, cominciando a chiacchierare con Niall e dirigendosi in camera da letto. Finita la sua colazione, lasciò i due piatti sporchi nel lavabo, e quando si girò si ritrovò la coinquilina di Keyra a fissarlo.
«Che c’è?» Domandò, sentendosi un tantino in soggezione.
«E’ buona norma pulirli…»
Alzò un sopracciglio. «Tranquilla, prima che me ne vado saranno puliti.» E dicendo questo la lasciò lì come un allocca, rientrando in camera ma trovandola vuota. Sentì dei rumori dal bagno e capì che Keyra era lì, così si ributtò sul letto sbadigliando.
«Che problemi ha la tua coinquilina? Mi ha ribeccato che non ho lavato i piatti.»
Quando Keyra rientrò in camera le chiese quella cosa, vedendola alzare le spalle. «Beh non tutte le vostre fan reagiscono urlandovi addosso. Alcune per timidezza vi trattano male… E’ solo incredula che la sua crush di sempre era seduta di fianco a lei.» Disse sedendosi ancora sul suo bacino e riappoggiando la testa sul suo petto.
«E’ nostra fan?»
«Quale ragazza al mondo non lo è?» Ridacchiarono debolmente e si misero a guardare la televisione, addormentandosi di tanto in tanto tra un telefilm e l’altro. Mangiarono cibo d’asporto nel letto di Keyra, che quando le andava si leggeva due o tre pagine di un libro, ma passava principalmente il tempo stando seduta su di lui. E lui non diceva nulla. Poteva capire quanto Keyra avesse bisogno di quel contatto, proprio come ne aveva bisogno lui. Ogni tanto lo ribeccava per essere andato lì, ma appena lo diceva rispondeva con un bacio a quell’affermazione. Non era convinta neanche lei stessa ad essere arrabbiata con lui per ciò che aveva fatto. Lo ribeccava e poi lo baciava, come divisa in due.
Fu quando, alle sette di sera che si piegò a baciarla per svegliarla, che lei mugugnando gli strinse le braccia al collo.
«Non andare.»
«Ma devo…»
«Non andare…» Ripetè lei, buttando fuori il labbro inferiore. Sorrise, davvero divertito da quanto fosse una bambina in certi casi.
«Ahh e su! Ci vediamo la prossima settimana, dai.»
«Nooo… Resta qui, spegni il cellulare, dimentica il mondo e fregatene del lavoro.» Rise, sentendola dire quelle cose. «Ti posso assicurare che ho delle belle carte in tavola se decidi di rimanere…» Scoppiò a ridere fragorosamente e, lottando con lei, le fece togliere le braccia dal collo. Ma lei subito si riattaccò alle gambe. «Dai Kè, perdo l’aereo.»
«Brutto e cattivo aereo… c’è spazio anche per te qui.» Buttò il labbruccio di fuori, facendogli quasi cambiare idea per quello sguardo da cucciola bastonata. «E’ grande e vuoto senza di te..»
Scosse la testa, divertito e rispondendo ancora di no. Lei mise il broncio.
«Fanculo Malik!» La vide sorridere quando scoppiò a ridere per come l’aveva trattato e dopo un altro bacio veloce, lo seguì alla porta per accompagnarlo. «Sei ancora in tempo per cambiare idea.»
«Da quanto che sei diventata così dolce?» Le domandò, fermandosi sulla soglia di casa. Lei arrossì leggermente forse capendo che, quel giorno era stato un tantino differente dal normale.
«Non ti ci abituare, Malik. E’ successo e succederà solo oggi…»
«Ah… L’amore cambia chiunque.» Cinguettò prendendola in giro. Lei ringhiò a denti stretti.
«Vuoi vedere come ti cambio gli attributi se non te ne vai all’istante?»
«Ma non eri tu quella che cercava di convincermi a rimanere?» Si guardarono negli occhi, con lui che alzava un lato delle labbra. Lei era divisa in due, fece per rispondere ma alla fine preferì attaccarsi al suo braccio e lagnarsi ancora di rimanere lì con lei. L’avrebbe fatto, davvero. Ma i giorni di off stavano per finire e avevano alcune cose da fare.
«Giuro che ti regalo tutto il sesso di questo mondo.»
«Pensi di comprarmi con il sesso?» Incredulo alzò un sopracciglio e lei, con gli occhi da cerbiatta, annuì. «Tu si che mi conosci!» E dopo un bacio al volo, cominciò a scendere le scale.
«Te ne stai davvero andando, Malik?»
«Ohssì, ci puoi scommettere.»
«Ti tolgo il sesso per un mese.»
«Non attacca.»
«Ti brucio casa…» Gli urlò contro, affacciandosi dalla ringhiera mentre scendeva.
«Ritenta…»
«Ti odio!»
«Ti amo anche io bae, ci sentiamo appena atterro!»
«Ma chi ti vuole sentire! Schiantatici con quell’aereo.» Rise sguaiatamente da tutta quella finta rabbia. Keyra che si arrabbiava perché la stava lasciando lì, lo faceva troppo ridere. Dopo quelle ore in cui era stata il miele, non si smentiva mai. Era arrabbiato con lui perché se ne stava andando. Sapeva che non era veramente incazzata, per questo quando salì sul taxi ridacchiava tra se e se.
Fu ancora più divertente quando Keyra prese a mandargli messaggi uno di seguito all’altro, ad intermittenza di cinque minuti, facendolo ridere come poche volte in vita sua. E il bello era che stava facendo tutto da sola. Lui non le stava rispondendo e lei continuava, cercando un modo di farlo ritornare indietro.
“Se mi presento in aeroporto con una lettera, che dici… Ti riesco a segregare in casa mia per la tua restante vita?”
“Quale frase ti devo dire per abbordarti, bel ragazzo e convincerti a tornare?”
“Ehi bel figo… Ti andrebbe un po’ di Schweppes solo io e te?”
“Ma ti sei fatto male quando sei caduto dal cielo?”
“Posso farti lo sgambetto? Non ho mai visto una stella cadente!”
“Dai Malik, stai a fa il verginello incallito.”
“Ti odio”
“No, non è vero”
“Però sei brutto.”
“No, non è vero neanche questo”
“Uff…”
“Torna subito indietro, porco te!”
“Grazie! ♥”


note dell'autrice: Strano ma vero... Ho aggiornato pure troppo presto. Ma sto in ferie, bloccata da tre settimane in questa cazzo di casa, a non fare nulla. Quindi *alza le spalle* tenetene e mangiatene tutti.
Visto che, a quanto pare, la prossima settimana apriranno il locale nuovo del ristorante dove lavoro, sicuramente non avrò vita facile i primi mesi... Tanto vale scrivere mo, prima del dramma.
Spero vi piaccia. Come al solito a me, non convince ma... Amen! So stanca pure de esse stanca che non me convincono... Ok, sto svalvolando. Enjoy! ♥
   
 
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