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Autore: Didone24    27/01/2009    9 recensioni
- Io… io ti interesso?
Ginny rise, amara. Gli si avvicinò fino a quando non si trovò a un passo dal suo viso.
- Secondo te?
Posò le labbra sulle sue, arrabbiata, risoluta, sicura che non si sarebbe sottratto a quella dolce tortura. Lo baciò con trasporto, spingendolo con forza contro l’armadio. Harry rispose al bacio, attraendola a sé e affondando le mani nei suoi lunghi capelli…
Ginny giocherellò con i bottoni della sua camicia, tormentando ogni asola prima di sfilargliela del tutto. Fece per togliersi la maglietta, ma Harry la bloccò, stringendole il braccio con forza.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ginny corse finchè non raggiunse il dormitorio delle ragazze, evitando accuratamente la Sala Comune. Si intrufolò sotto le coperte prima che i ronzii sommessi dei pettegolezzi Lavanda e Calì invadessero la camera. Non accettava interrogatori, quella sera. Più che sentirsi in colpa come quel pomeriggio, era su di giri. Entusiasta. Ogni cellula del suo corpo vibrava di felicità, di desiderio, di soddisfazione. Si, era soddisfatta, anche se esserlo implicava inevitabilmente una serie di complicazioni alle quali non voleva pensare… non quella sera.

 

 

Avvertì un rumore dietro di sé e aprì gli occhi, spaventata. Sentì il calore di due mani scorrerle lungo le braccia. Il battito cardiaco prese ad accelerare, come impazzito.

 

-          Dean! – gemette, senza girarsi verso di lui.

 

Non riusciva a crederci. Dean era entrato nel dormitorio delle ragazze di nascosto, nel cuore della notte, e adesso si trovava nel suo letto, a un metro da quello di Calì, che dormiva beata.

 

-          Sei pazzo? E se avessi svegliato qualcuno?

-          Scusa, Gin. Non resistevo più – sussurrò semplicemente.

 

Le sue mani ripresero ad accarezzarla, gentili e calde. Posò le labbra sul collo bianco e teso di Ginny, che sospirò, mentre il senso di colpa inondava ogni sua terminazione nervosa.

Sentì il respiro irregolare di Dean sulla pelle; quando indugiò sotto la maglietta Ginny ebbe un fremito. Si costrinse a fermarlo, voltandosi verso di lui.

 

Dean la fissava, adorante. In quegli occhi assetati di lei c’era tutto l’amore che aveva sempre desiderato, tutto ciò che una ragazza potesse chiedere. Si allontanò ancora, sfiorando il bordo del letto.

 

-          Mi dispiace di essere piombato qui a quest’ora e senza preavviso… ti chiedo scusa. E’ solo che… stavo impazzendo.

 

In un attimo si trovò sopra di lei, e la baciò come non l’aveva mai baciata prima, con trasporto, con passione, con impazienza. Ginny rispose al bacio, assalita dalla disperazione. Non sapeva cosa fare, intrappolata sotto di lui, che non accennava a smettere.

 

-          Ginny… ti va di…ecco… - soffiò Dean tra un bacio e l’altro, imbarazzato.

 

Ginny avvampò. Non si aspettava una richiesta così diretta.

 

-          Dean, io… - cominciò, scostandosi da lui, cercando le parole.

-          Oh. Bè, non fa niente, se… non te la senti. Aspetterò, non preoccuparti. – disse comprensivo. Quelle parole, così dolci e gentili, le fecero male. Non c’era una goccia di risentimento nella sua voce; le voleva davvero bene, e non lo meritava.

-          Non è questo. Io non… - prese fiato, odiandosi profondamente – non posso. Mi dispiace.

 

Dean si spostò su un lato del letto, senza staccare gli occhi da lei.

 

-          Perché? – chiese, diretto come sempre.

-          Io… noi… non possiamo più stare insieme. – Ecco, l’aveva detto.

 

Dean si rabbuiò.

 

-          Ma che stai dicendo, Gin? Davvero, per me non è un problema aspettare…

-          Non si tratta di questo. – lo interruppe. – Non possiamo continuare a frequentarci.

 

Tacque, trovandosi a corto di parole. Una lacrima solitaria le rigò il viso, la stessa che la sentenziava: colpevole. Colpevole di averlo tradito, illuso e ferito.

 

-          Non capisco. Dammi almeno una spiegazione.

-          Non c’è nulla da spiegare. La colpa è mia. Tu sei… fantastico – disse con sincerità. – Ti voglio davvero bene. Ma niente di più.

 

-          Oh.

 

Il volto di Dean si fece teso, segnato da una smorfia di dolore. Ginny soffocò i singhiozzi sul cuscino non appena capì che non era arrabbiato con lei. L’avrebbe perdonata, se solo avesse saputo cosa era stata capace di fargli? Sarebbe ancora mai stato gentile con lei, una volta scoperta la verità?

 

-          Bè… allora non abbiamo più niente da dirci.

 

Ginny chiuse gli occhi.

 

-          Mi dispiace – sussurrò.

-          Dispiace anche a me. Ti voglio davvero bene, Gin. Ma se è questo che vuoi, per me va bene. Voglio che tu sia felice.

 

Le soffiò un bacio sulla fronte e si sollevò dal letto cercando di non fare rumore.

 

-          Dean… grazie. Scusa, scusami tanto.

 

Si voltò un’ultima volta, immergendo i suoi occhi in quelli di lei per un interminabile istante. E quello sguardo triste e rassegnato diceva che non gli importava, che voleva solo la sua felicità. Che stava per amarla, ma lei non gliene aveva dato l’opportunità. Si sentì stupida più che mai per aver esultato qualche ora prima, contenta di essere una traditrice.

E, tra le lacrime silenziose e il volto di Dean impresso nei suoi pensieri, si addormentò.

 

 

 

Harry non dormiva. Fissava il soffitto, ma senza vederlo veramente. Vedeva gli occhi di Ginny, e i suoi capelli, e riusciva a immaginare il suo profumo. Ripensava alle sue piccole mani bianche sul suo petto, alle sue guance tinte di rosso per l’imbarazzo, a ogni suo gesto casuale che riusciva a ipnotizzarlo e a renderlo schiavo del volerla sempre di più.

C’erano un milione di ragioni che gli imponevano di stare lontano da Ginny. Primo, era la sorella del suo migliore amico. Secondo, non gli apparteneva. E terzo, non gli sarebbe mai appartenuta, non gli sarebbe mai neanche stato concesso di sognarla, perché Voldemort e i Mangiamorte erano dietro l’angolo, pronti a distruggere ogni cosa bella ancora rimasta nella sua vita. Ginny era una di quelle. La più preziosa, forse, insieme a Ron e Hermione. La più delicata, indifesa, fragile. Non poteva permettersi di amarla, non poteva esporla a un tale rischio.

Ma di immaginarla, di chiudere gli occhi e imprimersi i suoi occhi dentro, forse si. Forse quello gli era concesso. E così chiuse gli occhi, non per cercare di dormire, di darsi pace, ma per torturarsi ancora costruendo momenti di una vita che desiderava insieme a lei. E, per l’ennesima notte, la sognò.

 

***

 

-          Gin, sei depressa. – esordì Hermione quando Ginny si lasciò cadere pesantemente accanto a lei al tavolo dei Grinfondoro.

-          Meglio se non ci giro intorno, così non mi bombardi di domande. Io e Dean ci siamo lasciati.

 

Hermione la abbracciò, comprensiva.

Hermione era una di quelle persone che, in qualsiasi situazione o stato d’animo, riuscivano a capire senza giudicare. Poggiò la testa sulla sua spalla, sbadigliando. Se non altro in tutto quel casino aveva lei, il suo rifugio personale di tranquillità e saggezza.

 

-          Mi dispiace tanto…

-          L’ho lasciato io. – la interruppe Ginny, lo sguardo rivolto al pavimento. Temeva che guardandola si sarebbe tradita.

-          Oh, bè, c’era da aspettarselo. Suppongo che le cose fra voi non andassero proprio… alla grande, ecco.

-          Già.

-          Se vuoi parlarne…

-          No, non preoccuparti – tagliò corto Ginny. – Sono solo dispiaciuta per Dean, tutto qui.

-          Però hai le occhiaie. Un motivo per cui non hai dormito stanotte dev’esserci, no? – sorrise Hermione. – Senti. Stasera c’è una festa. Una di quelle organizzate da Seamus, Malfoy e compagnia bella. Perché non ci andiamo?

 

A Ginny quasi andò di traverso il succo di zucca.

 

-          Da quando in qua vai alle feste clandestine?!

-          Bè, non sarebbe la prima volta… - farfugliò Hermione imbarazzata.

-          No, certo che no. Non per me.

-          Ho solo voglia di divertirmi un po’, va bene? Solo perché sono un prefetto non significa che… e poi è un modo per tirarti su, no? Beviamo, ci rilassiamo…

-          Aspetta. Non sarai mica Pansy Parkinson sotto effetto della Pozione Polisucco, vero? – questo era uno scandalo abbastanza forte da permettere a Ginny di sgombrare la mente dal triangolo Ginny-Dean-Harry.

-          E dai, non prendermi in giro! Ci vuoi andare anche tu, lo so.

-          Ovvio che ci voglio andare. Ma tu…

 

Hermione la guardò in cagnesco.

 

-          Devi prestarmi qualcosa da mettere – concluse Hermione. – I miei vecchi jeans non vanno bene per queste cose.

 

La situazione cominciava davvero a piacerle. Ecco, Hermione le aveva offerto uno di quei momenti in cui poteva permettersi di sgombrare la mente per qualche ora per pensare solo a un sano, scatenato divertimento tra ragazze. Hermione voleva andare a una festa dove scorrevano litri di alcolici e un alto tasso di Malfoite pronta ad annientare le anime di Grifondoro giudiziosi e responsabili come lei? Certo non poteva lasciarla andare da sola.

 

-          Certo che ti presto qualcosa. Tutto quello che vuoi, pur di dimenticarmi di questo inferno per un po’.

-          A quale inferno ti riferisci? – disse Hermione, guardinga.

-          Oh, niente. Solo… Dean.

 

Ed Harry. Ma questo non lo disse. Doveva stare molto, molto attenta a non farsi scappare frasi scomode.

Sperò con tutto il cuore che anche Harry avesse conservato un minimo di buonsenso.

 

 

***

 

-          A proposito, dov’è che organizzano la festa clandestina? – disse Ginny, rovistando nel suo armadio alla ricerca di qualcosa di carino ma seducente per Hermione.

-          Alla Stamberga Strillante. – disse Hermione, tranquilla.

-          Il tono con cui pronunci il nome di quel posto mi terrorizza. Hai idea del delirio che ci sarà lì dentro? E dovremo mimetizzarci con gli alberi del parco, per arrivarci.

-          Bè, un modo lo troveremo. Ci aggregheremo agli altri, suppongo. E poi c’è sempre il Mantello dell’Invisibilità di Harry, no? Andremo insieme a lui e Ron. Sarà fantastico.

 

Le parve di sentire le capriole allo stomaco. Fantastico. Hermione era impazzita, suo fratello frequentava quella squallida gente e avrebbe dovuto condividere una parte di Mantello con Harry.

 

-          Non vedo l’ora – commentò con poco entusiasmo.

 

-          Guarda, ho trovato questo – esultò Ginny dopo qualche istante, estraendo dall’armadio un vestitino bianco, corto e svolazzante.

 

Hermione lo studiò a lungo, indecisa.

 

-          E dai, ti starà d’incanto. Provalo!

-          Non starebbe meglio a te?

-          Adesso non tirarti indietro, Granger. Penso io al mio look, tu segui i miei ordini e prova questo vestito. – ordinò Ginny, sorridendo.

 

Lo mise in mano a Hermione e riprese a rovistare fra le sue cose, pensierosa.

 

-          Ehm… Ginny? Che te ne pare?

 

Ginny si girò, le braccia stracolme di abiti di qualsiasi genere.

 

-          Sei una favola – disse soddisfatta.

-          Ti è caduto quello. – disse Hermione indicandone uno per terra.

-          Dio, è un secolo che non lo metto. Però è carino, che ne pensi?

 

 

 

 

Alle 10 in punto, dopo essersi accuratamente truccate e pettinate a vicenda, Ginny ed Hermione raggiunsero Harry e Ron, che le aspettavano in Sala Comune. Ginny cercò di evitare lo sguardo curioso e indagatore di Harry, che la fissava dal primo istante in cui l’aveva vista, splendida nel suo corpetto nero e la gonna coordinata che alla fine aveva scelto. Si salutarono rapidamente e varcarono uno dopo l’altro il buco nel ritratto, ridendo di alcuni ragazzini del secondo anno che li precedevano nella fuga, eccitati. Una volta fuori la Sala Comune si strinsero attorno al Mantello, che frusciava attorno ai loro piedi scoperti. Si ritrovò a contatto con il braccio di Harry, che, per fortuna, almeno in quella circostanza guardava dritto davanti a sé senza trafiggerla con lo sguardo.

Attraversarono il giardino, inciampando nel Mantello e stretti uno contro l’altro, finchè non raggiunsero il Platano Picchiatore, accanto al quale erano raccolti una decina di ragazzi in attesa di scendere nella Stamberga Strillante. Una volta mescolati alla piccola folla si tolsero il Mantello, ridendo.

Ginny promise a sé stessa che quella sera non avrebbe pensato a Harry né a Dean. Si sarebbe divertita e sbronzata, avrebbe ballato fino allo sfinimento insieme a Hermione e l’indomani sarebbe tornata alla solita vita. Niente complicazioni, continuava a ripetersi mentalmente.

 

Arrivò il loro turno di attraversare il tunnel che conduceva alla Stamberga. Hermione e Ginny badarono a non rovinare i loro vestiti, incespicando nel buio.

La musica a tutto volume li accolse nell’atmosfera festaiola prima di vedere Dean e Seamus che accoglievano gli ospiti nell’antisala.

 

-          Ciao – salutò Dean, cordiale.

-          Ciao.

 

-          Ehi, Hermione! Che si dice da queste parti? – disse Seamus, già mezzo ubriaco, rompendo l’atmosfera gelata che si era creata. – Entrate, forza! E divertitevi!

 

Ginny seguì gli altri, rivolgendo un ultimo sguardo di scusa a Dean.

 

Come al solito, Grifondoro e Serpeverde insieme avevano fatto un ottimo lavoro. Al centro della sala era stato collocato l’angolo bar, attorno al quale c’era una grande pista da ballo che emanava bagliori di luce oro e argento dal pavimento, che serpeggiavano tra i piedi che si muovevano scatenati al ritmo di musica. All’altro capo della sala erano stati posizionati dei divani. Il tutto era accompagnato dal profumo dell’incenso mescolato a un forte odore di alcool.

 

-          Balli? – urlò Ron a Hermione per sovrastare i decibel della musica altissima. Un attimo dopo, Hermione sparì insieme a lui, e Ginny si ritrovò sola con Harry. La disperazione l’assalì al primo istante quando Harry le lanciò una lunga occhiata e se ne andò.

Mi sta evitando, pensò.

 

Si diresse verso il bancone degli alcolici, desiderando ardentemente di tornarsene in camera sua all’istante.

 

-          Ehi, Weasley! Vuoi da bere, bellezza? – Draco Malfoy doveva essere brillo per rivolgersi a lei senza l’ombra di un insulto.

-          La tua gentilezza mi spiazza, Malfoy. Dammi qualcosa di forte – disse.

 

Salvami – pensò, mentre si scolava il primo bicchiere di vodka. – Ti prego, vieni a salvarmi da questo inferno.

  
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