Ginny corse finchè non raggiunse il
dormitorio delle ragazze, evitando accuratamente
Avvertì un rumore dietro di sé e
aprì gli occhi, spaventata. Sentì il calore di due mani scorrerle lungo le
braccia. Il battito cardiaco prese ad accelerare, come
impazzito.
-
Dean! – gemette, senza girarsi verso di
lui.
Non riusciva a crederci. Dean era
entrato nel dormitorio delle ragazze di nascosto, nel cuore della notte, e
adesso si trovava nel suo letto, a un metro da quello di Calì, che dormiva
beata.
-
Sei
pazzo? E se avessi svegliato qualcuno?
-
Scusa,
Gin. Non resistevo più – sussurrò semplicemente.
Le sue mani ripresero ad
accarezzarla, gentili e calde. Posò le labbra sul collo bianco e teso di Ginny,
che sospirò, mentre il senso di colpa inondava ogni sua terminazione nervosa.
Sentì il respiro irregolare di Dean
sulla pelle; quando indugiò sotto la maglietta Ginny ebbe un fremito. Si
costrinse a fermarlo, voltandosi verso di lui.
Dean la fissava, adorante. In
quegli occhi assetati di lei c’era tutto l’amore che aveva sempre desiderato,
tutto ciò che una ragazza potesse chiedere. Si allontanò ancora, sfiorando il
bordo del letto.
-
Mi
dispiace di essere piombato qui a quest’ora e senza preavviso… ti chiedo scusa.
E’ solo che… stavo impazzendo.
In un attimo si trovò sopra di lei,
e la baciò come non l’aveva mai baciata prima, con trasporto, con passione, con
impazienza. Ginny rispose al bacio, assalita dalla disperazione. Non sapeva cosa
fare, intrappolata sotto di lui, che non accennava a
smettere.
-
Ginny…
ti va di…ecco… - soffiò Dean tra un bacio e l’altro,
imbarazzato.
Ginny avvampò. Non si aspettava una
richiesta così diretta.
-
Dean,
io… - cominciò, scostandosi da lui, cercando le parole.
-
Oh. Bè,
non fa niente, se… non te la senti. Aspetterò, non preoccuparti. – disse
comprensivo. Quelle parole, così dolci e gentili, le fecero male. Non c’era una
goccia di risentimento nella sua voce; le voleva davvero bene, e non lo
meritava.
-
Non è
questo. Io non… - prese fiato, odiandosi profondamente – non posso. Mi
dispiace.
Dean si spostò su un lato del
letto, senza staccare gli occhi da lei.
-
Perché?
– chiese, diretto come sempre.
-
Io… noi…
non possiamo più stare insieme. – Ecco, l’aveva detto.
Dean si
rabbuiò.
-
Ma che
stai dicendo, Gin? Davvero, per me non è un problema
aspettare…
-
Non si
tratta di questo. – lo interruppe. – Non possiamo continuare a frequentarci.
Tacque, trovandosi a corto di
parole. Una lacrima solitaria le rigò il viso, la stessa che la sentenziava:
colpevole. Colpevole di averlo tradito, illuso e ferito.
-
Non
capisco. Dammi almeno una spiegazione.
-
Non c’è
nulla da spiegare. La colpa è mia. Tu sei… fantastico – disse con sincerità. –
Ti voglio davvero bene. Ma niente di più.
-
Oh.
Il volto di Dean si fece teso,
segnato da una smorfia di dolore. Ginny soffocò i singhiozzi sul cuscino non
appena capì che non era arrabbiato con lei. L’avrebbe perdonata, se solo avesse
saputo cosa era stata capace di fargli? Sarebbe ancora mai stato gentile con
lei, una volta scoperta la verità?
-
Bè…
allora non abbiamo più niente da dirci.
Ginny chiuse gli
occhi.
-
Mi
dispiace – sussurrò.
-
Dispiace
anche a me. Ti voglio davvero bene, Gin. Ma se è questo che vuoi, per me va
bene. Voglio che tu sia felice.
Le soffiò un bacio sulla fronte e
si sollevò dal letto cercando di non fare rumore.
-
Dean…
grazie. Scusa, scusami tanto.
Si voltò un’ultima volta,
immergendo i suoi occhi in quelli di lei per un interminabile istante. E quello
sguardo triste e rassegnato diceva che non gli importava, che voleva solo la sua
felicità. Che stava per amarla, ma lei non gliene aveva dato l’opportunità. Si
sentì stupida più che mai per aver esultato qualche ora prima, contenta di
essere una traditrice.
E, tra le lacrime silenziose e il
volto di Dean impresso nei suoi pensieri, si addormentò.
Harry non dormiva. Fissava il
soffitto, ma senza vederlo veramente. Vedeva gli occhi di Ginny, e i suoi
capelli, e riusciva a immaginare il suo profumo. Ripensava alle sue piccole mani
bianche sul suo petto, alle sue guance tinte di rosso per l’imbarazzo, a ogni
suo gesto casuale che riusciva a ipnotizzarlo e a renderlo schiavo del volerla
sempre di più.
C’erano un milione di ragioni che
gli imponevano di stare lontano da Ginny. Primo, era la sorella del suo migliore
amico. Secondo, non gli apparteneva. E terzo, non gli sarebbe mai appartenuta,
non gli sarebbe mai neanche stato concesso di sognarla, perché Voldemort e i
Mangiamorte erano dietro l’angolo, pronti a distruggere ogni cosa bella ancora
rimasta nella sua vita. Ginny era una di quelle. La più preziosa, forse, insieme
a Ron e Hermione. La più delicata, indifesa, fragile. Non poteva permettersi di
amarla, non poteva esporla a un tale rischio.
Ma di immaginarla, di chiudere gli
occhi e imprimersi i suoi occhi dentro, forse si. Forse quello gli era concesso.
E così chiuse gli occhi, non per cercare di dormire, di darsi pace, ma per
torturarsi ancora costruendo momenti di una vita che desiderava insieme a lei.
E, per l’ennesima notte, la sognò.
***
-
Gin, sei
depressa. – esordì Hermione quando Ginny si lasciò cadere pesantemente accanto a
lei al tavolo dei Grinfondoro.
-
Meglio
se non ci giro intorno, così non mi bombardi di domande. Io e Dean ci siamo
lasciati.
Hermione la abbracciò, comprensiva.
Hermione era una di quelle persone
che, in qualsiasi situazione o stato d’animo, riuscivano a capire senza
giudicare. Poggiò la testa sulla sua spalla, sbadigliando. Se non altro in tutto
quel casino aveva lei, il suo rifugio personale di tranquillità e
saggezza.
-
Mi
dispiace tanto…
-
L’ho
lasciato io. – la interruppe Ginny, lo sguardo rivolto al pavimento. Temeva che
guardandola si sarebbe tradita.
-
Oh, bè,
c’era da aspettarselo. Suppongo che le cose fra voi non andassero proprio… alla
grande, ecco.
-
Già.
-
Se vuoi
parlarne…
-
No, non
preoccuparti – tagliò corto Ginny. – Sono solo dispiaciuta per Dean, tutto
qui.
-
Però hai
le occhiaie. Un motivo per cui non hai dormito stanotte dev’esserci, no? –
sorrise Hermione. – Senti. Stasera c’è una festa. Una di quelle organizzate da
Seamus, Malfoy e compagnia bella. Perché non ci andiamo?
A Ginny quasi andò di traverso il
succo di zucca.
-
Da
quando in qua vai alle feste clandestine?!
-
Bè, non
sarebbe la prima volta… - farfugliò Hermione imbarazzata.
-
No,
certo che no. Non per me.
-
Ho solo
voglia di divertirmi un po’, va bene? Solo perché sono un prefetto non significa
che… e poi è un modo per tirarti su, no? Beviamo, ci
rilassiamo…
-
Aspetta.
Non sarai mica Pansy Parkinson sotto effetto della Pozione Polisucco, vero? –
questo era uno scandalo abbastanza forte da permettere a Ginny di sgombrare la
mente dal triangolo Ginny-Dean-Harry.
-
E dai,
non prendermi in giro! Ci vuoi andare anche tu, lo so.
-
Ovvio
che ci voglio andare. Ma tu…
Hermione la guardò in
cagnesco.
-
Devi
prestarmi qualcosa da mettere – concluse Hermione. – I miei vecchi jeans non
vanno bene per queste cose.
La situazione cominciava davvero a
piacerle. Ecco, Hermione le aveva offerto uno di quei momenti in cui poteva
permettersi di sgombrare la mente per qualche ora per pensare solo a un sano,
scatenato divertimento tra ragazze. Hermione voleva andare a una festa dove
scorrevano litri di alcolici e un alto tasso di Malfoite pronta ad annientare le
anime di Grifondoro giudiziosi e responsabili come lei? Certo non poteva
lasciarla andare da sola.
-
Certo
che ti presto qualcosa. Tutto quello che vuoi, pur di dimenticarmi di questo
inferno per un po’.
-
A quale
inferno ti riferisci? – disse Hermione, guardinga.
-
Oh,
niente. Solo… Dean.
Ed Harry. Ma questo non lo disse.
Doveva stare molto, molto attenta a non farsi scappare frasi
scomode.
Sperò con tutto il cuore che anche
Harry avesse conservato un minimo di buonsenso.
***
-
A
proposito, dov’è che organizzano la festa clandestina? – disse Ginny, rovistando
nel suo armadio alla ricerca di qualcosa di carino ma seducente per Hermione.
-
Alla
Stamberga Strillante. – disse Hermione, tranquilla.
-
Il tono
con cui pronunci il nome di quel posto mi terrorizza. Hai idea del delirio che
ci sarà lì dentro? E dovremo mimetizzarci con gli alberi del parco, per
arrivarci.
-
Bè, un
modo lo troveremo. Ci aggregheremo agli altri, suppongo. E poi c’è sempre il
Mantello dell’Invisibilità di Harry, no? Andremo insieme a lui e Ron. Sarà
fantastico.
Le parve di sentire le capriole
allo stomaco. Fantastico. Hermione era impazzita, suo fratello frequentava
quella squallida gente e avrebbe dovuto condividere una parte di Mantello con
Harry.
-
Non vedo
l’ora – commentò con poco entusiasmo.
-
Guarda,
ho trovato questo – esultò Ginny dopo qualche istante, estraendo dall’armadio un
vestitino bianco, corto e svolazzante.
Hermione lo studiò a lungo,
indecisa.
-
E dai,
ti starà d’incanto. Provalo!
-
Non
starebbe meglio a te?
-
Adesso
non tirarti indietro, Granger. Penso io al mio look, tu segui i miei ordini e
prova questo vestito. – ordinò Ginny, sorridendo.
Lo mise in mano a Hermione e
riprese a rovistare fra le sue cose, pensierosa.
-
Ehm…
Ginny? Che te ne pare?
Ginny si girò, le braccia stracolme
di abiti di qualsiasi genere.
-
Sei una
favola – disse soddisfatta.
-
Ti è
caduto quello. – disse Hermione indicandone uno per terra.
-
Dio, è
un secolo che non lo metto. Però è carino, che ne pensi?
Alle
Attraversarono il giardino,
inciampando nel Mantello e stretti uno contro l’altro, finchè non raggiunsero il
Platano Picchiatore, accanto al quale erano raccolti una decina di ragazzi in
attesa di scendere nella Stamberga Strillante. Una volta mescolati alla piccola
folla si tolsero il Mantello, ridendo.
Ginny promise a sé stessa che
quella sera non avrebbe pensato a Harry né a Dean. Si sarebbe divertita e
sbronzata, avrebbe ballato fino allo sfinimento insieme a Hermione e l’indomani
sarebbe tornata alla solita vita. Niente complicazioni, continuava a ripetersi
mentalmente.
Arrivò il loro turno di
attraversare il tunnel che conduceva alla Stamberga. Hermione e Ginny badarono a
non rovinare i loro vestiti, incespicando nel buio.
La musica a tutto volume li accolse
nell’atmosfera festaiola prima di vedere Dean e Seamus che accoglievano gli
ospiti nell’antisala.
-
Ciao –
salutò Dean, cordiale.
-
Ciao.
-
Ehi,
Hermione! Che si dice da queste parti? – disse Seamus, già mezzo ubriaco,
rompendo l’atmosfera gelata che si era creata. – Entrate, forza! E
divertitevi!
Ginny seguì gli altri, rivolgendo
un ultimo sguardo di scusa a Dean.
Come al solito, Grifondoro e
Serpeverde insieme avevano fatto un ottimo lavoro. Al centro della sala era
stato collocato l’angolo bar, attorno al quale c’era una grande pista da ballo
che emanava bagliori di luce oro e argento dal pavimento, che serpeggiavano tra
i piedi che si muovevano scatenati al ritmo di musica. All’altro capo della sala
erano stati posizionati dei divani. Il tutto era accompagnato dal profumo
dell’incenso mescolato a un forte odore di alcool.
-
Balli? –
urlò Ron a Hermione per sovrastare i decibel della musica altissima. Un attimo
dopo, Hermione sparì insieme a lui, e Ginny si ritrovò sola con Harry. La
disperazione l’assalì al primo istante quando Harry le lanciò una lunga occhiata
e se ne andò.
Mi sta evitando, pensò.
Si diresse verso il bancone degli
alcolici, desiderando ardentemente di tornarsene in camera sua all’istante.
-
Ehi,
Weasley! Vuoi da bere, bellezza? – Draco Malfoy doveva essere brillo per
rivolgersi a lei senza l’ombra di un insulto.
-
La tua
gentilezza mi spiazza, Malfoy. Dammi qualcosa di forte –
disse.
Salvami – pensò, mentre si scolava il primo bicchiere di vodka. – Ti prego, vieni a salvarmi da questo inferno.