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Autore: Kurokage    07/08/2015    1 recensioni
[Storia in fase di revisione | Sarà interrotta per un lungo periodo]
Era una calda giornata di sole e Eris Williams stava salvando la vita ad una persona.
Quello sarebbe stato l'errore più grande della sua vita.
Ma Eris si era dimenticata, o forse scordata, che un'invisibile legge aleggia fra la vita di tutti gli esseri umani, dimenticata ma sempre presente.
Sarà questa invisibile legge a trasformare la vista di Eris, e a farle vedere che dove c'è luce c'è ombra, dove c'è bene c'è male, dove c'è vita c'è morte.
Eris non sarà sola in questo viaggio, un viaggio dove sarà soppesata la sua vita e la sua anima.
...Dicci, Eris, ci sono sconti nel luna park della vita?
...E tu, il tuo, lo otterrai?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 - Shakespeare <span>is not </span>in love
4. Shakespeare is not in love
«Ancora tu?» gli dissi.
«Non credo che io e Vossignoria abbiamo mai avuto il piacere d'incontrarci» mi rispose con un sorriso.
Lo guardai storto
«Però il valzer lo sai ballare bene»
Il suo sorriso si allargò.
«Avete un'ottima memoria per una persona che sta sognando» mi disse, avvicinandosi.
Era una bella giornata di sole e potevo finalmente vedere l'uomo mascherato dagli occhi viola in volto.
«Mi dispiace deludere le vostre aspettative, ma non mi vedrete in volto» disse con voce falsamente triste.
«Perché non posso vedervi il volto?»
Aveva ragione, riuscivo a vedere i suoi penetranti occhi viola, ma le linee del suo volto erano così sfocate che riuscivo a malapena a vedere le linee della bocca.
«Perché se il mio volto lo vedessero tutti quanti... farei... arrabbiare mia madre...»
Sua... madre?
«Scusa, ma... quanti... quanti anni hai?» gli chiesi scettica.
Lui fece una grassa risata ma non mi rispose.
«Dato che hai una così buona memoria...» disse prima che potessi controbattere «... dovresti anche ricordare che volevo mostrarti una cosa»
«Sì» dissi, facendo un passo indietro «ma prima voglio sapere cosa»
«Se ve lo dicessi non avrebbe la stessa valenza. Ma forse...»
«"Forse" cosa?»
«... Forse non è ancora tempo»
«Tempo... per cosa?»
L'intensità dei suoi occhi e la profondità della sua voce mi rapirono completamente.
«Ah... Mia piccola Eris... Ci sono tante cose a questo mondo che non sai, e tu sei una di queste»
«... ... eh?» risposi stranita.
Lui rise.
«Un giorno capirai. Credimi, Eris. Un giorno ti sarà tutto chiaro»
«Un giorno? Cosa... Quando...»
«No, Eris» mi disse lui deciso «No. Non posso rispondere alle tue domande, quindi non farle. Sei ancora libera, sii libera e fa ciò che vuoi»
«... Sono ancora libera? Ma che... » non riuscii a finire, perché mister occhi viola  mi aveva preso e aveva incominciato a ballare un valzer  più veloce dell'altra volta.
Mi aveva piantato di nuovo i suoi brillanti ed ipnotici occhi nei miei e mi aveva fatto talmente frullare il cervello che mi ero dimenticata tutto.
«A... Aspetta...» gli dissi con un leggero fiatone, mentre mi faceva volteggiare «io... come... come ti chiami?»
Lui sorrise, un sorriso genuino che nasceva dal cuore nonostante la serietà celata negli occhi.
«Umh...» disse pensieroso «vediamo... puoi chiamarmi... puoi chiamarmi... Shin. Sì, Shin è un nome che mi piace» disse scherzoso.
 
«Shin, eh?»
«Non è un nome comune, ma in Asia lo è»
«A...Asia? Ma è dall'altra parte del mondo!»
Lui rise della mia affermazione, continuando a farmi roteare in mezzo al prato verde.
Non me ne ero accorta, ma si era fatto il tramonto.
Era stato tutto così veloce... non me ne ero minimamente resa conto.
Lui smise di farmi roteare e mi tenne stretta fra le mani con un sorriso sulle sfocate labbra e lo sguardo intenso.
«Te lo devo dare»
«Mi devi dare... cosa?»
«Il quadro. Te lo devo dare»
«Ah» feci per avvicinarmi al quadro, ma lui mi bloccò.
«Non ho mai detto che te lo avrei dato ora...» mi disse con un  sorriso furbetto.

Mi svegliai di soprassalto al tocco di mia madre.
«Ma-Mamma...»
«Ben svegliata, Eris, è pronto in tavola»
«Tavol-Ah» dissi, mentre mia madre se ne tornava al piano di sotto e io realizzavo che la sveglia segnava le otto di sera.
Cena. Borbottio. Fame.
Mi alzai e mi diedi una velocissima sistemata ai capelli e ai vestiti.
Volai in cucina e mi sedetti: un fumante pezzo di pizza stava emanando un invitante odorino di buono.
Papà e mamma stavano già mangiando e così incominciai anch'io.
Con la pancia piena si ragionava sempre meglio.
«Allora...» mi chiese mio padre
« com'è andato il secondo primo giorno di scuola?»
«Mhh... non c'è male. È arrivato uno nuovo e nient'altro»
«E com'è? Carino?» chiese mia madre mentre papà si strangozzava col caffè.
«Beh, sì. Cioè, sì e no. È nella norma, solo che...» papà era definitivamente in coma cerebrale.
«Solo che...?» disse mia madre spingendomi a continuare.
«Beh, solo che... ha due occhi da paura. Sembrano dei veri smeraldi...»
Un "WOW" si formò sulle labbra di mia madre, mentre papà tentava di riprendersi con un carattere distaccato e composto.
«Eris...» iniziò lui.
«Frena, frena, frena! Non ho detto nulla! Siete voi che mi avete chiesto le mie impressioni su di lui, voi soltanto!»
«Tua madre» mi corresse papà con una finta tossita.
Mamma lo guardò malissimo.
«Bene allora, caro...» disse la mamma calcano l'ultima parola 
«dato che sono stata io a chiedere, io continuerò a fare domande»
Papà strabuzzò gli occhi.
«Dunque, Eris, come si chiama?»
«Ah.. Si chiama Thy. Con l'h» dissi, ripetendo le parole che mi aveva rivolto Thy quella giornata.
L'interrogatorio continuò fino a che mia mamma non ebbe finito il repertorio di domande da quarto grado.
«E quindi, ti piace?» disse lei prima che chiudessi la porta della mia stanza.
«Beh, non di rei che "mi piace", lo conosco solo da un giorno, mamma»
Lei sorrise e mi diede la buona notte.

Entrata in camera, mi buttai sul letto, accesi l'abat-jour sul comodino e mi misi a guardare il soffitto mentre pensavo, nella speranza di addormentarmi il più velocemente possibile.
Dopo non so quanto tempo, sentii un leggero bussare.
Cioè, no, ok, non lo sentii veramente, ma sapevo che qualcuno aveva bussato, e sapevo anche chi.
«Quindi?» sussurrai.
«Posso entrare?» disse una voce fuori dalla porta.
Ci pensai un attimo.
«... D'accordo»
La porta non si aprì, e nessun rumore provenne da essa, ma l'ombra entrò attraversandola.
«Ciao...»
Feci un cenno verso l'ombra.
«Come mai così cordiale, oggi?»
«Io sono sempre cordiale» disse in tono leggermente offeso.
«Dissento, ma oggi abbiamo fatto qualche passo in avanti» continuai a sussurrare guardando il soffitto.
Volevo parlare normalmente come una persona normale, ma avevo la sensazione che i miei mi avrebbero presa per pazza.
Ai loro occhi, agli occhi di tutti per la verità, stavo parlando da sola.
L'ombra si mise a sedere sull'angolo del letto, contemplando chissà cosa.
«Perché fissi il soffitto?»
A quanto pare, contemplava me.
«Perché.... perché... boh. Ho voglia di guardare il soffitto»
Ci pensò un po' prima di rispondere alla mia risposta «... Istinti depressivi suicidi?»
Lo guardai male.
«Non posso contemplare il soffitto?»
«Le persone normali non contemplano il soffitto» «... a meno che non siano tentate al suicidio da istinti depressivi suicidi» si affrettò ad aggiungere.
Sospirai rumorosamente.
«Le persone normali non vedono ombre. Anche quelle che non sono tentate da istinti depressivi suicidi» dissi.
Lui ridacchiò.
Io sorrisi leggermente.
Il silenzio calò nella stanza per alcuni minuti.
«... Era... Era da un po' che non parlavo con qualcuno» disse di punt'in bianco.
«Il mio... la mia... condizione non me lo permette» aggiunse con un tono triste.
«La tua... condizione ti rende solo?» chiesi curiosa.
«No. Non sono solo. Ma non sono nemmeno circondato da... beh, possiamo chiamarle... persone»
«Qual'è il tuo nome?» gli chiesi di getto.
Ci mise lunghi secondi a rispondermi.
«... Puoi... puoi chiamarmi Ael»
«...Ael?»
«Sì»
«... Com'è che avete tutti 'sti nomi strani? Cioè, non che il mio sia iper popolare e di moda, ma neanche il tuo, quello di Thy e suo fratello si sentono spesso»
«Thy?» chiese.
«Il nuovo arrivato a scuola. Non fingere di non sapere. So che mi - ci - spiavi a cena»
Avevo la sensazione che avesse fatto un piccolo sorriso.
«Già, beh, non posso darti torto. Ael, Thy e... Phy, giusto?, non sono nomi... comuni»
«Già, anche quello di sua madre non è comune. Però lo trovo carino. Si chiama Aemera»
«Aemera, eh?»
Annuii .
«Nome interessante, non c'è che dire» disse con un leggero velo d'ilarità.
Il silenzio calò di nuovo nella stanza.
Improvvisamente mi alzai, presi il pigiama e andai in bagno a cambiarmi.
Tornai con i vestiti in mano e i denti lavati.
«Guarda che anche se ti cambiavi qui, non succedeva nulla, sai?» disse Ael con un tono mezzo divertito.
Io, dal canto mio, divenni tutta rossa.
«S-Si chiama decenza!»
«Sappi, piccola Eris, che molte donne non hanno avuto la tua.. decenza e hanno osato l'impossibile per eludere il mio sguardo»
«Beh, io non sono quelle donne»
«... perché tu non sai chi sono. Loro lo sapevano» disse, mentre mi infilavo nel letto.
«Loro lo sapevano molto bene» concluse.
Mi rimboccai le coperte e spensi la luce.
«... quindi, mi stai dicendo che anche io farò l'impossibile per eludere il tuo sguardo?»
Lui rise dolcemente.
«Nessuno può eludere il mio sguardo, Eris. E alla fine, se dovrò fare il mio compito, lo farò»
«E... qual'è il tuo compito?»
«Il mio compito è essere sveglio e vigile. Quindi, significa che per quanti giri di parole vorrai farmi fare, io non ti dirò chi sono»
«Ma mi hai detto di essere Ael!»
«Quello è... diciamo il mio soprannome...»
«Quindi, non saprò mai né il tuo nome, né chi sei, giusto?»
«Non ho mai detto questo, Eris. Un giorno...» sembrava quasi avesse della tristezza nella voce «...un giorno lo saprai»
Detto questo, Ael sparì, lasciandomi sola per il resto della nottata.
Quella notte, dormii come una bimba, e Mr. Occhi-di-Ametista non venne a farmi visita.


Aprii gli occhi alle prime luci dell'alba.
Non avevo abbassato la tapparella e i primi raggi del sole mi colpirono gli occhi, svegliandomi dolcemente.
Mi stiracchiai.
«Buon giorno, di buon'ora» disse una voce.
Mi voltai e misi a fuoco l'ombra-ehm, Ael.
«B-Buon giorno...» dissi frastornata.
Notai che Ael aveva un mio libro in mano.
«Che leggi?» dissi con voce assonnata.
«Qualcosa, eeeh... » disse, controllando il dorso della copertina «... l'Amleto di Shakespeare»
«To be or not to be... this is the question...» dissi a memoria.
«Se sia più nobile soffrire nella mente le fionde e le frecce di un'oltraggiosa fortuna o prendere azione contro il mare di problemi e opponendosi, porre loro fine?» disse lui, lasciandomi a bocca aperta.
«La sapevi già?»
«L'ho letto molte volte» disse con voce divertita.
Guardai la sveglia, i puntini lampeggianti dividevano due numeri: 5 e 10.
Buttai la testa sul cuscino.
Ok, e ora che facevo?
«Ti va di... fare una passeggiata?» mi chiese Ael continuando a leggere.
«Una... passeggiata?» dissi scettica.
«Sì. La temperatura e mite e poi camminare fa bene» avrei giurato che mi avesse sorriso.
Ci pensai su per un qualche minuto.
«Guarda che tenersi in forma fa bene alla salute»
«Non so perché, ma ho la strana sensazione che dette da te, quelle parole non suonino poi così giuste...» lui rise.
«...D'accordo» dissi infine.
Mi alzai e andai in bagno a cambiarmi e darmi una lavata.
Dopo dieci minuti ero in cucina a scrivere una biglietto per mamma e papà.
«Che fai?» mi chiese Ael curioso.
«Scrivo un biglietto a mamma e papà perché non si preoccupino»
«Ah» fece lui.
Finii in pochi secondi, e all'incirca quindici minuti dopo essermi alzata, ero fuori dalla porta a fare una passeggiata.
«Da che parte vuoi andare?» mi chiese Ael.
«Umh... di qua» gli dissi, andando nella direzione opposta a quella che mi conduceva a scuola.
«Cosa prevede la tua giornata, oggi?» chiese Ael dopo pochi minuti di camminata.
«Noia mortale» dissi, mentre lui ridacchiava.
«Oh, dai, non sarà così male... e poi hai Thy, no?»
Lo fulminai
«Ma cos'è che avete tutti? Solo perché ho parlato di un nuovo ragazzo, ora, sembra che dobbiamo metterci insieme da un momento all'altro!» dissi camminando più velocemente e quindi trovandomi davanti a lui-
«Perché, non è così?»
Mi voltai, pronta per una sfuriata sul tema, ma quando lo guardai tutta la mia rabbia momentanea passò.
Era serio.
Pensavo mi avesse fatto quella domanda per scherzo, per prendermi in giro, e invece no.
Era maledettamente serio.
Rimasi a bocca aperta.
«Fo-Forza. torniamo... torniamo indietro...» dissi dopo qualche secondo.
«Che c'è?» chiese lui curioso.
«Nu-Nulla... nulla...»
Ogni tanto mi dimenticavo che parlavo con un'ombra.
Non era il massimo della socializzazione, ma se ti dimenticavi, ti sembrava di parlare con una persona comune di tutti giorni.
"Scuola, Eris, scuola. Devi andare a scuola" mi continuai a ripetere come un mantra lungo la via del ritorno.
Ael non parlò più, forse perché senza domande, o forse perché "offeso" dalla mia non risposta.
"Pensa alla scuola"
Arrivai a casa leggermente sudata, così andai in bagno a farmi una doccia e quando scesi trovai mamma e papà che facevano già colazione.
«Com'era il tempo?» chiese lui.
«Si sta bene, fuori. Non c'è moltissimo caldo e tira un leggero venticello» risposi, addentando una brioche.
«Ottimo» disse mamma.
Finii di fare colazione e poi mi preparai ad andare a scuola.
Lungo la mia camminata dei dieci minuti, Ael mi faceva compagnia, senza però dire una sola parola.
Sparì poco prima che entrassi dai cancelli.
Sospirando, mi avviai con calma all'interno, ripensando al mio discorso con Ael e come, più o meno, potergli chiedere una sorta di 'scusa', quando il mio muso sbatté contro la schiena di qualcuno.
Mi ero fatta male il naso, ma non avevo motivo di lagnarmi, la colpa era mia.
«Eris!» disse una voce che tentava di nascondere la felicità con la preoccupazione «stai bene?»
«Ma guarda chi si vede! Il topo nero di biblioteca!» disse una voce femminili incominciando a ridere, accompagnata da un coro.
Mi voltai verso la ragazza che aveva parlato, sapendo perfettamente che era Sherley «Non leggerò Platone, certo, ma almeno so mettere insieme una frase che comprenda una svariata quantità di parole oltre a "me", "io" e "me medesima" accompagnate da "centro dell'attenzione"»
Colpito e affondato: Sherley me l'avrebbe fatta pagare, certo, ma per ora era in ritirata.
Era sempre una gioia ricevere il buongiorno da Sherley.
«Sei appena diventata la mia eroina numero uno. E non sei nemmeno un fumetto...» mi disse una voce, sussurrando, all'orecchio.
Feci un balzo tale che, secondo me, anche i canguri mi avrebbero invidiato.
«Ma cos-THY!!!!!!» urlai, mentre lui si divideva in quaranta dalle risate.
«Cos'hai da ridere, eh?!» gli dissi, scherzosamente arrabbiata.
«Fa ancora male il naso?» mi chiese lui, guardandomi negli occhi.
Sembrava di essere in trance, tutto quello che c'era erano solo io e i suoi occhi.
«Eris?»
«Ah? Ah, sì. Sì. No, cioè, sì, mi fa ancora male il naso ma sta passando»
«Eris, ti senti bene?» mi chiese lui con uno sguardo preoccupato.
"Ora voglio sapere chi, CHI!, si sentirebbe bene se le guardassi con quegli occhi! Non puoi chiedermi se sto bene! È umanamente impossibile stare bene quand-"
«Eris?» disse, ancora più preoccupato.
"'Fanculo"
«Sì, sì, sto bene»
Thy, molto più rasserenato, mi sorrise.
«Buongiorno. Mi ero dimenticato di dirtelo»
«'Giorno»
«E... grazie. Di nuovo» disse, guardando fisso il pavimento.
«E... per cosa?»
«Per avermi salvato una seconda volta da Shi... Sha... com'è che si chiama?»
«Sherley» gli dissi, senza riuscire a trattenere una risata.
«Ecco, quella lì» mi disse lui, unendosi alla mia risata.
Chiacchierammo per un po', lungo il corridoio e poi andammo a lezione.
Solo che, non sapevo il perché, ma avevo la strana sensazione che qualcosa non era giusto.
Avevo la strana - e alquanto sgradevole - sensazione che qualcosa sarebbe successo.
"Non è nulla" dissi a me stessa "Non è nulla..."
Non ci credevo per nulla, ma la gomitata di Mary nel fianco, mi fece tornare in me.
«Psst!!» mi disse lei.
«Che c'è?!» le sussurrai ancora china, mentre prendevo l'occorrente per iniziare la lezione.
«Tirati su! Tirati su ora!»
Mi raddrizzai, pronta per lanciarle velenose occhiate, quando la mia attenzione fu rubata da un ragazzo che stava sorridendo.
Il professore non era ancora entrato, ma tutti gli occhi erano su di lui.
«Cos'è, la rivincita dei novellini?» dissi a Mary, mezza amara e mezza scherzosa.
Lei rise, e in quel momento, il professore entrò.
«Bene ragazzi. Vedo che le presentazioni sono inutili, ma è buona cosa farle. Prego» disse, mentre faceva un gesto con la mano per invitare il nuovo ragazzo ad avvicinarsi alla cattedra e presentarsi.
Lui si avvicinò e cominciò a parlare.
«B-Buongiorno a tutti» disse, facendo una piccola pausa.
Immaginavo non fosse divertente avere una quindicina d'occhi puntati su di te.
«Sono Phy Soahc, il fratello gemello di Thy. Piacere di fare la vostra conoscenza»
Mentre una mangiata di gridolini femminili, sguardi d'approvazione maschili e altro giravano per la classe, io rimasi completamente paralizzata.
Com'era possibile che quei due fossero gemelli?!
Se li si metteva a confronto, le linee del volto, del naso e delle labbra erano identiche, ma presi da soli parevano tutto fuorché gemelli!
Ripensai a Thy.
Altezza media, moro, capelli corti, occhi verdi smeraldo.
Guardai Phy.
Alto, biondo, capelli leggermente lunghi legati con una coda, occhi blu come l'acqua.
Ora, dove diamine erano fratelli?!
Abbassai gli occhi sul banco, tentando di far ragionare il mio povero cervello che mi mandava chiari segnali di vacanza.
La lezione iniziò ed io mi ci buttai così a capofitto che mi dimenticai di tutto per almeno tre quarti d'ora.
Il professore ci diede dieci minuti di pausa e io rilassai tutti i neuroni.
«... immagino tu sia Eris, giusto?» mi chiese una voce tranquilla e rilassante.
Alzai la testa dal banco, il momento di rilasso assoluto, e mi trovai due occhi azzurri che mi fissavano allegramente.
Un senso di calma, guardando quegli occhi chiari e profondi, mi pervase come mai.
«Cos-Cosa?» chiesi frastornata e sorpresa.
«Sei Eris, giusto?» aveva un sorriso gentile, che lo rendeva la persona più pacifica dell'universo.
«S-Sì, sono io» il suo sorriso si aprì «Serve qualcosa?» gli risposi gentile.
«No, in realtà no. Solo... volevo vedere chi eri. Mio fratello Thy mi ha parlato di te»
«Oh...» la gomitata di Mary nel fianco non la sentii nemmeno.
«Ne... ne.. dovrei essere... lusingata... cioè, non fraintendermi, è bello -immagino- quello che mi hai appena detto, però...»
Lui rise dolcemente
«No preoccuparti, ho capito cosa volevi dire»
Ecco. Se con Thy avevo scampato una colossale figura di merda, con Phy avevo fatto 200 su 100.
Dannato karma.
«Sai per caso in quale classe è mio fratello?»
«Aula 4B»
«Ottimo. Grazie mille, Eris»
«Di... Di nulla...» dissi, mentre Phy chiedeva al professore di andare in bagno.
Guardai Mary negli occhi.
«NON dire nulla. Se dici qualcosa ti strozzo!»
Lei trattenne maldestramente una risata e io tornai ad appoggiare la testa contro il banco.
Eco cos'era quella strana sensazione.
"Ma per Zeus, ma perché nessuno me lo ha detto prima?!"




/*Angolo Autore*/
Se cercate chi ha scritto la traduzione del continuo della famosa frase di Amleto, datevi pace che non lo trovate: se vi piace mio è il merito, se non vi piace mio è il merito lo stesso.
L'ho tradotto diretto dall'inglese, quindi anche quella traduzione è © Kurokage.
Se poi qualcuno lo ha tradotto identico (che non è poi così difficile), lo faccia sapere e modificherò con crediti vari se necessario.
Tornando alla storia... beh, è arrivato Phy, come butta gente?
Almeno d'aspetto, di "gemelli" hanno ben poco dato che sono uno l'opposto dell'altro.
Ora che siamo a...cinque mosche ronzanti intorno a Eris, come si metterà la faccenda?
Bah! Chi vivrà, vedrà!
                                                                        - Kurokage
   
 
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