Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Mrs Carstairs    08/08/2015    1 recensioni
-tratto dalla storia-
A svegliare Tris fu la luce del sole che entrava dalle finestre. La sera prima doveva essersi dimenticata di chiudere le veneziane. Si accorse poco dopo di non essere a letto ma… in poltrona. Aveva dormito tutta la notte in quella scomoda posizione, appollaiata su quella poltrona infossata, perché? D’istinto, lo sguardo corse al letto, trovandosi a rimirare le coperte sfatte, il lenzuolo attorcigliato e uno dei due cuscini a piedi del letto. Andrea sussurrò. E decise finalmente di alzarsi per sgranchirsi quelle povere gambe piegate da chissà quante ore. Come si avvicinò al materasso dalla parte dello scendiletto, vide qualcosa, incastrato tra le pieghe del piumone. Allungò una mano e lo prese tra due dita. Un biglietto. “Grazie.” A.
in un certo senso la storia è presa dalla realtà. quello che ho sentito ho descritto.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Andrea e Bekka  si erano allontanati dalla metro, camminando fino in centro di buon passo. Andrea metteva un piede davanti all’altro, nella sua andatura calma e fluida, mentre Bekka camminava all’indietro, quasi di fronte al ragazzo, che sotto sotto ridacchiava e pensava a quanto dovesse risultare ridicola ai passanti questa cosa. In realtà non era ridicola. Semplicemente stravagante. Come Bekka. E la gente guardava, come sempre era stato, dalla loro parte. Alcuni ridevano, alcuni la fissavano straniti, altri ancora le lanciavano sguardi di disapprovazione, ma a lei non importava. Sentiva gli sguardi su di sé, Andrea lo sapeva, ma semplicemente non ci faceva caso.
“non mi hai avvisato nemmeno stavolta… sai, credevo mi avresti mandato a quel paese quando mi avessi vista ad aspettarti…” la ragazza parlava con le mani in tasca, sempre avanzando di spalle alla strada. Adesso teneva lo sguardo sulle sue Converse nere di tela, probabilmente celando imbarazzo.
Andrea sorrise ancora, poi le rispose.
“non stavolta… no.” Disse, scuotendo la testa lentamente. Bekka strinse gli occhi, studiando il suo atteggiamento. Qualcosa che non andava c’era. Come sempre da che si conoscevano, ma.. stavolta c’era altro, oltre al suo solito essere malinconico.
Quello a cui pensava in quell’istante però era che le era mancata quell’espressione pensierosa.
Le erano mancati i suoi occhi opachi e brillanti allo stesso tempo. Le era mancato potersi voltare e trovarlo lì, semplicemente accanto a lei. Non gli aveva mai detto quanto fosse stato difficile senza di lui, ma poco importava. Sapeva perfettamente che Andrea aveva bisogno di stare lontano da Cardiff il più possibile.
Il punto era che gli anni al college diventavano sempre più difficili e lei non aveva ancora trovato qualcun altro che potesse colmare il vuoto che sentiva dentro. Qualcuno che sapesse sedere al banco accanto a lei come faceva lui, che avesse un posto speciale in lei, come ce lo aveva lui. Nonostante tutto questo, Bekka lo aveva lasciato fare, sapendo benissimo che niente avrebbe cancellato il dolore che provava.
E lui era partito per Londra un pomeriggio di fine estate, con tanto di valigione strapieno e di zaino, salendo sulla metro così carico e sparendo per parecchio tempo.
A Natale e per le vacanze dalla scuola tornava a casa, ma per pochi giorni, solo per la visita di rito. E Bekka lo veniva a sapere sempre troppo tardi, tanto che capitava non s’incrociassero, nonostante i pochi metri che separavano le due case.
A volte invece lo vedeva sedersi sugli scalini d’entrata, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa tra le mani. Allora apriva la finestra e stava in ascolto. Lo sentiva respirare forte, come se non stesse riuscendo a recuperare il controllo di sé e, in sottofondo, echeggiavano le urla dei suoi genitori. In certe occasioni trovava il coraggio di uscire, con la giacca di pelle sopra al pigiama, sedendosi accanto ad Andrea e rimanendo in silenzio, solo per fargli capire che lei c’era. Che ci sarebbe sempre stata.
Certe volte la mandava via, dicendo di voler restare solo, altre volte invece, la lasciava fare.
“e comunque non me ne sarei andata lo stesso, stavolta!” annunciò Bekka, con una linguaccia per sottolineare la sua decisione.
“ah no? Nemmeno se t’avessi urlato contro o avessi sbraitato in mezzo alla strada?” chiese Andrea, puntando i piedi sull’asfalto. Ma Bekka non indietreggiò. Rimase dov’era, ancorando le suole delle scarpe all’asfalto nero.
“no. Nemmeno se avessi mosso l’inferno.”
 
***
 
Il tavolo da pranzo era apparecchiato in modo impeccabile, come Emily desiderava, con dei fiori in un cestino che facevano da centro tavola. Tris sorrise nel vedere il vassoio con il pasticcio in caldo, i bicchieri pieni d’acqua e quella tovaglia bianca e blu carta zucchero che aveva almeno una trentina d’anni. Ricordava bene come da piccola non riuscisse a stenderla al primo colpo sul tavolo, cosa che invece, a nonna Emily, riusciva benissimo. Ricordava di aver messo il broncio, qualche volta, mentre guardava la donna apparecchiare e cercando di imitarla le volte successive, ma senza molto successo. Eppure non poteva che sorridere a quel ricordo, sorridere al rivedersi alta un pochino più del tavolo, con Shakespeare che le arrivava quasi alle spalle.
“Tris, tesoro..- Emily sembrava sorpresa- il pasticcio non ti piace?” solo in quel momento la ragazza si rese conto di essere rimasta immobile, con la forchetta a mezz’aria, a fissare i fiori.
“oh, no! Il pasticcio è grandioso, nonna!” disse in fretta e, senza farselo ripetere due volte, fece sparire la carne dalla forchetta e… dal piatto.
“Emily, credo che tua nipote abbia gradito il tuo pasticcio di carne.” Richard sorrise un po’, arricciando i baffi ordinati e guardando con affetto la ragazza dall’altro capo del tavolo.
“lo credo bene” la donna sorrise orgogliosa di fronte al piatto quasi pulito della ragazza.
Ma Albert guardava la figlia con gli occhi stretti, uno sguardo che le lanciava spesso, quando credeva di aver intercettato un guaio o… qualcosa di sbagliato nella figlia. D’un tratto infatti, Beatrice aveva smesso di sorridere alla nonna, fissando un punto fuori dalla finestra con tale intensità da spaccare il vetro.
L’uomo continuò ad osservarla, finché la ragazza non si alzò, scostando la sedia dal tavolo apparecchiato.
“scusate… nonna, il pranzo era… davvero ottimo.. nonno..” Richard fece l’occhiolino alla nipote, che confusa indietreggiò verso la porta della cucina, sostando ancora un attimo, per ricambiare lo sguardo che, sapeva, suo padre le stava rivolgendo.
“la cenere è sempre nel caminetto”
 
 
Tris si voltò in fretta, percorrendo il corridoio correndo, colpendo la porta di servizio con una spalla per aprirla. e corse ancora più veloce, una volta fuori dalla casa, attraversando metà del prato verde per raggiungere le scuderie. Una volta davanti alla porta della selleria, si fermò, ansante, abbassando la maniglia per aprirla. Era tutto come se lo ricordava, finimenti e selle appesi a ganci e strutture al muro di fronte a lei, gli armadietti sulla sinistra e il terzo… il terzo- l’unico pieno di scritte- rimaneva lucido come sempre, chiuso dal lucchetto laccato di verde che lei stessa aveva dipinto. A passo deciso, si fermò di fronte all’armadietto, cercando le chiavi altrettanto verdi in tasca, dove le portava sempre e dovunque andasse, nonostante quel dannato armadietto restasse a centinaia di chilometri da lei durante l’anno scolastico.
Aprì il lucchetto con uno scatto del polso, per poi dare un piccolo schiaffo alla parte alta dell’anta, perché finalmente quella trappola potesse aprirsi. Dentro c’era tutto come lo aveva lasciato. Due paia di stivali, uno per la monta inglese e uno per la monta americana, di cui uno, con la suola rivolta verso l’alto. Perché tanta fretta?  Aveva pensato nel vedere il paio disallineato di fronte a lei. ma senza starci troppo a pensare, aveva afferrato proprio quel paio di stivali, infilandoseli ai piedi in fretta e furia. Poi aveva richiuso l’anta e il lucchetto, recuperando la sua sella e l’imboccatura all’americana e, tenendo tutto su un braccio, era uscita dalla selleria, dirigendosi alle scuderie vere e proprie.
 
Appena entrò si accorse delle risistemazioni di cui suo padre le aveva parlato tanto. I box erano di un bellissimo legno lucido, molto più ampi di prima e le finestre facevano entrare molta più luce, illuminando i manti perfettamente lucidi dei cavalli. Tris sorrise, camminando veloce verso il box più vicino all’uscita che dava sul prato e, come sempre, da quando aveva 9 anni, quel magnifico animale se ne stava in piedi, con le orecchie dritte verso di lei, lo sguardo fiero e la criniera liscia che gli ricadeva sul collo in magnifici crini bianchi. Tris inchiodò. Alzò il mento, fischiando quattro note soltanto. La testa di Ashes uscì dalla finestrella del box e il collo si allungò, mentre un lungo nitrito fece schiudere la bocca al quadrupede, accompagnato da uno scalpiccio di zoccoli frementi. Allora la ragazza coprì la distanza che li separava, aprendo la porta del box e buttando le braccia al collo dell’animale. Il suo pelo era morbido come lo ricordava, e il suo respiro, caldo e umido sulla sua nuca.
“tu non hai idea di quanto mi sei mancato, Ashes!” esclamò la ragazza, accarezzando il muso del cavallo sul punto più morbido, il naso.  Ma Ashes invece sembrava averne una vaga idea, perché alzò prima una zampa e poi l’altra, come Tris gli aveva insegnato tempo prima, accompagnando il movimento con la testa, come se annuisse.
“A quanto pare… anche tu gli sei mancata” una voce maschile interruppe il tenero scambio di saluti tra la ragazza e il suo destriero, insinuandosi nei timpani di entrambi in modo caldo e sicuro, ma rispettoso, come a chidere il permesso. Tris si voltò, cercando il corridoio della scuderia con lo sguardo. Appoggiato al muro con una spalla, un piede incrociato all’altro e un secchio pieno d’acqua ai piedi, c’era un ragazzo dai capelli di un biondo scuro, tagliati corti.
Tris sorrise un po’, annuendo, mentre continuava ad accarezzare il muso dell’animale. Ma tornò seria quasi subito e, lanciandogli un’ultima occhiata, si voltò, cominciando a sellare Ashes.
Il ragazzo aggrottò la fronte, inclinando un po’ la testa per osservarla. Poi prese il secchio, dirigendosi verso di lei. Appoggiato il secchio al di fuori del box di Ashes, sgusciò al fianco dell’animale, sistemando il sottopancia da un lato, porgendolo alla ragazza sul lato sinistro. Passarono alcuni secondi prima che Tris si decidesse a prenderlo e ad agganciarlo.  Sospirò e il ragazzo fece un mezzo sorriso, raccogliendo la testiera dal gancio e tenendola sospesa con il proprio dito, così che la ragazza potesse averla a portata di mano. quando Tris si voltò verso di lui, aveva uno sguardo interrogativo, si chiedeva il motivo per il quale Mr X avesse tutto quel riguardo verso di lei, ma-soprattutto- andava domandandosi chi diavolo fosse. Non lo aveva mai visto negli ultimi mesi in cui era stata a casa… anche se in effetti non tornava a Betws-y-Coed dall’inizio della scuola.
In ogni caso ringraziò con un cenno della testa, finendo di allacciare il sottogola al cavallo. Appena la vide muovere un passo, il ragazzo uscì dal box prendendo il secchio dal manico e facendo la stessa strada di Tris, arrivando fino alla staccionata, fuori dalle scuderie. Il ragazzo svuotò il secchio nel prato di fronte a loro, per poi dirigersi verso un minivan pieno di sacchi dall’aria pesante, cominciando a scaricarli e a fare avanti indietro dal fienile. Ciò che stupì la ragazza- oltre al fatto di essersi persa l’assunzione di un così bel ragazzo come aiuto scuderia-era lo sguardo che gli riservava ogni volta che tornava a prendere un sacco dal minivan. Allora, incuriosita, glielo restituì, mentre metteva il piede sinistro nella staffa e, con una spinta, si accomodava  in sella.  L’espressione sul viso del ragazzo si fece più seria, mentre sollevava un sacco di quello che sembrava mangime e, infatti, rimase lì, fermo, con il sacco posto sugli avambracci e gli occhi fissi in quelli di Tris. La ragazza soppesò quello sguardo con attenzione. non sapeva dire se accennasse a stupore o a curiosità. Sentiva e sapeva soltanto che la stava osservando, con tanto di serietà. Per qualche ragione il peso di quello sguardo la attraversò come una scarica di adrenalina, inducendola a schiudere le labbra in un gesto di sorpresa e ficcare il tacco dello stivale nel fianco di Ashes, facendolo voltare verso il verde in un trotto sostenuto.
***
 
E lui invece se ne stava lì, senza poterla seguire, con quei dannati sacchi di mangime che pesavano tra le braccia. Avrebbe voluto montare a cavallo e correrle dietro, raggiungerla e avere le risposte che cercava. La guardò da dietro, la schiena dritta, in sella, le spalle rilassate, le redini in una mano e l’altra che correva alla coda in cui erano legati i capelli, sciogliendoli. E non se lo aspettava, ma una massa di ricci le ricadde sulle spalle, continuamente mossa dal ritmo del trotto. E, come se si fosse liberata di un peso, di una cosa che la rendeva più leggera in sella, diede ancora di gambe e il cavallo partì in un galoppo dapprima controllato, che si trasformò, in progressione, in una corsa sfrenata di Ashes fino al centro del pratone che arrivava al limitare del bosco. Lì, Tris tirò le redini, facendo voltare il cavallo quasi su sé stesso, tornando indietro in quello stesso galoppo impazzito. Il ragazzo era ancora lì, a guardare quello spettacolo, a guardare i capelli di Tris che svolazzavano al vento, o le coprivano in volto ad una frenata brusca o ad una svolta. Pensò che fosse la cosa più eccitante del mondo guardare quei due correre, un qualcosa che sarebbe rimasto a guardare per tutta la vita.
“Alex! Alex, che ci fai lì impalato?!” il vecchio signor Fairfox stava chiamando il ragazzo a gran voce e Shakespeare gli camminava a fianco, con quell’aria fedele e attenta che aveva sempre. E Alex dovette distogliere lo sguardo dal vento nei capelli di Tris per rispondere all’uomo dei 25 sacchi che non aveva ancora scaricato
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Mrs Carstairs