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Autore: _wilia    09/08/2015    3 recensioni
La carrozza viaggiava nell'oscurità ed era immersa nel gelo ottobrino che ogni anno immobilizzava l'Inghilterra. Sir Tharaneth Mason sedeva nella zona riservata ai passeggeri ed era impegnato nella lettura della Sacra Bibbia. L'indice della mano destra accarezzava le pagine, scorrendo sotto le parole man mano che l'uomo le analizzava. Nella mano sinistra, invece, stringeva una lanterna, e la teneva sempre molto vicino al finestrino.
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Sleeping Hill era la sua casa e, dopo quasi duecento anni, stava per farvi ritorno.
Molte cose erano cambiate nel corso degli anni ma una, una sola era rimasta identica, immutata nel tempo : Charlotte.
La sua immagine nella sua mente era più vivida che mai. Il suo cuore, focolaio dell'unico sentimento che ricordava di aver provato dopo la trasformazione, batteva solo per lei.
Sua sorella, amica, amante. Colei che aveva scelto di peccare insieme a lui e si era guadagnata, così, l'eterna dannazione.
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“Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti”, sussurrò l'uomo alle sue spalle. Poi le mani del ragazzo si unirono alle sue ed entrambi accarezzarono i tasti del pianoforte per quella che sembrò un'eternità.
Genere: Dark, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Prompt : 5: “Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti”, Dracula

Titolo : Sleeping Hill

Genere e rating : Soprannaturale, rating verde

Lunghezza storia : One shot, 2831 parole

Eventuali note :
 

One shot partecipante al contest "21 prompt in cerca d'autore", indetto da
ariscarmen sul forum di EFP.
 

 

 

Sleeping Hill

 

Licenza Creative Commons
Sleeping Hill di_wilia è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

C'era una leggenda scritta nel vento a Sleeping Hill. Il colle dormiente, così si chiamava quell'altura nascosta nel verde in una cittadina dimenticata dell'Inghilterra.

Gli alberi erano a conoscenza di segreti dagli uomini a lungo ignorati e le loro fronde danzavano, ogni notte, illuminate da uno sprazzo di luce lunare.

Gli abitanti sembravano assorti nei loro pensieri più profondi giorno e notte, troppo presi dai loro affari personali per rendersi conto dell'alone di mistero di cui il loro villaggio era circondato.

Era un paesino che contava complessivamente venti famiglie che sembravano sempre in sintonia tra loro. Sarebbe potuto apparire quasi un luogo idilliaco in cui tutti andavano d'accordo e nulla turbava la quiete dei pochi abitanti, ma non sarebbe stato così per molto tempo ancora.

C'era un'antica tenuta dall'altra parte del borgo, disabitata ormai da quando il più anziano degli abitanti ne aveva memoria. Eppure in quella casa qualcuno vi abitava ed era costretto a farlo al buio, con tutte le tende dai colori scuri che coprivano giorno e notte le grandi finestre della magione e che mai si lasciava vedere dagli estranei.

Qualcuno raccontava che, se si passava dalle vicinanze dell'antica tenuta, era possibile sentire una sinfonia suonata al pianoforte che si ripeteva in quelle che gli abitanti del borgo ritenevano circostanze speciali.

Quello non era un giorno particolare ma le anziane signore avevano già iniziato a raccontare un'altra storia, una nuova. Una che aveva come data il quindici ottobre milleottocentoquattro.

Quello stesso giorno.

 

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La carrozza viaggiava nell'oscurità ed era immersa nel gelo ottobrino che ogni anno immobilizzava l'Inghilterra. Sir Tharaneth Mason sedeva nella zona riservata ai passeggeri ed era impegnato nella lettura della Sacra Bibbia. L'indice della mano destra accarezzava le pagine, scorrendo sotto le parole man mano che l'uomo le analizzava. Nella mano sinistra, invece, stringeva una lanterna, e la teneva sempre molto vicino al finestrino.

Gli piaceva rendersi conto di dove fosse in ogni singolo momento. Quando i suoi occhi erano troppo indolenziti a causa della lettura, all'uomo piaceva rivolgere la sua attenzione alla strada sterrata e alle bellezze naturali che rendevano quelle terre così particolari.

La donna seduta davanti a lui, una passeggera che non conosceva, gli rivolse improvvisamente la parola.

“È un uomo di fede, signor Mason?”, gli chiese a bassa voce, rompendo così il profondo silenzio che si era creato all'interno del mezzo di trasporto.

Lui distolse lo sguardo dalle pagine ingiallite del libro che teneva appoggiato alle sue gambe ed abbozzò un sorriso all'altra.

“Oh, sì, certo che lo sono”, rispose lui, togliendosi il cappello a cilindro che indossava e posandolo sul sedile accanto al proprio.

“Lei non è religiosa?”, ricambiò poi la domanda, assottigliando leggermente gli occhi in un'espressione vagamente curiosa .

La donna chinò il capo e congiunse le proprie mani, rivolgendo lo sguardo al tomo del suo compagno di viaggio.

Poi annuì, con gli occhi chiusi e le labbra che si muovevano in quelle che sembravano silenziose preghiere. “Gesù Cristo ci salverà dalla dannazione e ci libererà da ogni tipo di male, signor Mason”, gli sussurrò semplicemente, prima di farsi un segno della croce e di baciare il rosario che era appeso al suo collo.

L'uomo annuì e si portò il palmo aperto sul petto.

“Giusto, signora...?”

“Oh, Marlon, Judith Marlon”, balbettò lei velocemente, strofinando le mani l'una contro l'altra. “Ho letto il Suo nome sulla Sua copia della Bibbia”, aggiunse, e l'altro sorrise.

“Non c'è bisogno che si giustifichi”, la rassicurò, e subito dopo tornò ad indirizzare la lanterna verso le pagine ingiallite.

Il viaggio era ancora lungo.

 

-

 

Charlotte si rintanò nella stanza in cima alle scale, chiudendo la porta dietro di sé e facendola sbattere con forza. Il giorno era arrivato.

Sentiva il sangue affluire alle proprie tempie e pompare con prepotenza. Fu costretta, colta da un giramento di testa, ad accasciarsi sulla branda che si trovava proprio sotto la finestra.

Aveva fatto un patto molti anni prima. Era passato così tanto tempo e molte cose erano cambiate, ma una, una sola era rimasta impressa nel suo cuore : la consapevolezza di essere dannata.

Aveva commesso un gravissimo errore nella sua giovinezza, un errore di cui ancora portava dei segni visibili sul proprio corpo.

Non passava giorno in cui lei non pensasse a tutto ciò che aveva fatto, a ciò che era stata e a come aveva lasciato che il suo istinto, ancora in parte umano, prendesse il sopravvento, annullando completamente ciò che era la sua ragione.

La sua colpa era una delle più stupide di cui qualcuno potesse mai macchiarsi : l'amore. Non un amore semplice, lecito, accettabile, ma quello che dalla società era ritenuto marcio, sporco, immorale.

Tutto era iniziato quando era ancora molto, forse troppo giovane per rendersi conto dell'abisso nel quale stava per sprofondare e l'aveva ignorato.

Avrebbe fatto qualunque cosa per tornare indietro e ora, mentre accendeva una candela e la sistemava in un angolo della propria camera, sentiva che non avrebbe mai potuto desiderare altro.

Si sdraiò sulla branda, si coprì fino al mento e chiuse gli occhi sperando di riuscire a dormire.

 

Devi essere più veloce quando corri, Charl”, mormorò la voce infantile di un bambino esile e dal viso furbo. Quel bambino si chiamava Tharaneth Mason.

Dietro di lui, una ragazzina minuta e dai capelli color oro faticava a stare al passo dell'altro ed aveva il fiatone.

Io non ce la faccio se tu non mi aspetti, Tharaneth”, rispose quella con un'espressione contrariata. “E tutta questa situazione non mi piace più. Sono stanca di dover fuggire”, aggiunse, mentre un'ombra di tristezza si faceva largo sul proprio viso.

L'altro si girò e la fissò con tutta la serietà di cui un ragazzino di quattordici anni potesse disporre.

Non è colpa tua”, le disse, cercando di scandire le parole il più possibile. Lei rimase a guardarlo, mentre gli occhi chiari le dolevano a causa della luce del Sole.

Lui le prese le mani fra le proprie e le baciò le nocche con delicatezza.

Il nostro destino però è proprio questo : correre”, sussurrò subito dopo, forse più a se stesso che all'altra e le si inginocchiò accanto.

Il vento soffiava forte, forse troppo, e costringeva la piccola Charlotte a tenere le mani ben strette sulla gonna. Una lacrima le solcò il viso, che subito dopo venne coperto dalle proprie mani.

Il pianto silenzioso si trasformò in uno frastagliato ed accompagnato da innumerevoli singhiozzi, singhiozzi che lei non riusciva a fermare e che erano testimoni di quanto stava accadendo.

Ti prometto, Charlotte, che potrai sempre contare su di me”, le sussurrò ancora un giovanissimo Tharaneth, prima di avvicinarsi a lei un po' di più. “Io ti aspetterò sempre”.

Lei strisciò sull'erba accanto a lui ancora un po', fino a riuscire a sfiorargli una gamba con la propria.

Un altro urlo squarciò il silenzio di Sleeping Hill, seguito da un altro, e un altro ancora.

I due giovani bambini furono costretti, ancora una volta, a trovare rifugio nel prato che circondava la loro abitazione, da sempre complice di molti, piccoli segreti.

 

-

 

Il cocchiere fischiò rumorosamente e la carrozza si fermò. Le grandi ruote stridettero a contatto con l'arido terreno che costituiva la strada che portava alla periferia del piccolo paese.

Tharaneth aprì lo sportello ed uscì dall'abitacolo della carrozza. I suoi stivali fecero rumore una volta che l'uomo li ebbe posati sul suolo sottostante e si infilò il cappello a cilindro una volta recuperato il suo bagaglio.

I guanti di pelle gli coprivano interamente le mani, impedendo così al freddo di colpirle. Infilò una mano nella tasca della lunga giacca ed estrasse dei soldi. Aveva dovuto lavorare sodo per una settimana per potersi permettere il viaggio e, almeno in quella occasione, desiderava essere corretto con qualcuno.

Diede tutto ciò che aveva all'uomo che aveva guidato la carrozza e si congedò con un breve inchino.

“È sicuro di non voler essere accompagnato fino alla sua residenza? È pericoloso vagare da soli a quest'ora”, gli propose il cocchiere, vedendo la generosa quantità di denaro offertagli dallo strano viaggiatore. Quello si girò, guardò un'ultima volta nella sua direzione e sorrise mestamente.

“Ma io non sono solo. Viaggio con il Signore e sarà lui a vedere e provvedere per me. La ringrazio, comunque, per l'interessamento”, fu tutto ciò che l'uomo disse prima di scomparire nel buio della notte.

L'anziano signore si rimise il cappello in testa e, prima di sistemarsi al posto del cocchiere, lanciò una rapida occhiata alla finestra dell'abitacolo coperta da una tendina giallognola.

Se solo avesse saputo cosa c'era al suo interno, probabilmente, non sarebbe ripartito.

 

-

 

I rametti secchi che ricoprivano il terreno tra un albero e l'altro facevano rumore. Scricchiolavano fastidiosamente, ma quel suono appariva quasi confortevole alle orecchie di Tharaneth che, munito della sua solita lanterna, si addentrava nella foresta e si guardava le spalle molto spesso.

Era molto bravo a nascondersi, a scappare, a camuffare la sua vera identità. Lui era quella che poteva essere definita una vera e propria ombra, che alcuni avevano la possibilità di vedere ma che nessuno riusciva mai ad acchiappare.

Chi era lui?

Era stato il signor George Cadon, aveva vissuto a Manchester ed aveva lavorato in uno studio legale per nove anni.

Era stato Noah Johnson, che abitava a Liverpool ed aveva un debole per gli animali da fattoria e le belle donne.

Era anche stato, per vent'anni, l'umile Paul Hawking, guardiano di un museo nel centro di Londra.

Eppure le persone, ad un certo punto, in ogni vita che il ragazzo aveva vissuto erano giunte ad una conclusione: il suo volto restava sempre lo stesso, indipendentemente dagli orari sfiancanti dei turni di lavoro e dalle condizioni climatiche. Non importava quanto fosse felice o preoccupato : il suo viso sembrava immune all'effetto del tempo, come se quest'ultimo, per lui, si fosse inesorabilmente fermato.

E lui sapeva. Se ne accorgeva quando qualcuno capiva. I loro sguardi, da sempre amichevoli e rispettosi, diventavano improvvisamente inquisitori. Successivamente iniziavano le battute, le risate con gli altri colleghi e, quando Tharaneth riusciva a mantenere la calma, era più che felice di licenziarsi, fare le valige e partire per mete ancora da decidere, con una nuova identità ed un nuovo peso che gli opprimeva il petto.

Tutti quelli che si erano avvicinati troppo al suo segreto, però, avevano smesso di respirare nel cuore della notte e, dopo pochi mesi, erano stati dimenticati dalle loro famiglie, dagli amici e da coloro che avevano fatto parte delle loro vite.

Il ragazzo sorrise nel buio, sentendo un tuono squarciare il silenzio. Era tutto così familiare da sembrare surreale : gli alberi alti e fitti, l'odore della pioggia che gli aveva riempito le narici, gli amuleti che le anziane signore del villaggio appendevano per i boschi e per le strade per scacciare gli spiriti.

Sleeping Hill era la sua casa e, dopo quasi duecento anni, stava per farvi ritorno.

Molte cose erano cambiate nel corso degli anni ma una, una sola era rimasta identica, immutata nel tempo : Charlotte.

La sua immagine nella sua mente era più vivida che mai. Il suo cuore, focolaio dell'unico sentimento che ricordava di aver provato dopo la trasformazione, batteva solo per lei.

Sua sorella, amica, amante. Colei che aveva scelto di peccare insieme a lui e si era guadagnata, così, l'eterna dannazione. Una vita nell'ombra e un'antica, vuota tenuta era tutto ciò che le rimaneva : tutto ciò che restava di quello che un tempo erano stati.

Continuò il suo cammino, mentre le immagini del passato gli tornavano alla mente e non lo lasciavano in pace.

Un altro tuono risuonò nell'inquietante silenzio che si era impossessato del fitto bosco e Tharaneth decise di trovare un rifugio tra gli alberi.

Si inginocchiò e strisciò per qualche metro prima di ritrovarsi in quella che sembrava una piccola grotta e attese. Attese per due lunghe ore in cui fu costretto, ancora una volta, a fare i conti con il proprio passato.

 

Fa' piano”, mormorò un Tharaneth poco più che quindicenne mentre separava i rami degli alberi che ostruivano la strada a lui e a sua sorella Charlotte. Lei lo seguiva in silenzio e si mordeva la lingua per evitare di fare rumore.

Le cicale cantavano ed il loro verso, che normalmente i due ragazzi avrebbero ritenuto rilassante, appariva martellante e terribilmente fastidioso.

So quello che ho visto”, balbettò a fatica la ragazzina prima di passarsi una mano sul viso, sul quale lasciò un'impronta insanguinata.

Suo fratello si fermò all'improvviso e la afferrò per un braccio, costringendola a nascondersi dietro un albero assieme a lui.

La mamma... è...”

Ascoltami bene, Charlotte, perché non lo ripeterò”, bisbigliò lui, posando le mani sulle guance dell'altra e costringendola a guardarlo.

Ora ci siamo io e te e saremo costretti a fare a meno della mamma”, continuò, cercando di scorgere una qualsiasi emozione sul volto di sua sorella.

Lei era sotto shock e tremava. I suoi occhi erano rossi e gonfi a causa delle lacrime e il suo viso era cosparso di graffi non ancora guariti.

Dobbiamo andare via, lontano, dove nessuno potrà mai trovarci”, le confidò lui, e, mentre il volto dell'altra si bagnava dalle lacrime che le colavano copiosamente sulle guance, la strinse fra le braccia.

Da questo momento in poi vagheremo per luoghi oscuri, ma, se hai paura, afferra pure la mia mano; solo insieme potremo trovare la strada”, le sussurrò, e lei pianse più forte, mentre i lunghi capelli biondi le ricadevano davanti al viso, nascondendolo.

Una pioggia che sembrava non voler finire mai iniziò a venir giù dal cielo, costringendo i due ragazzini a sciogliere l'abbraccio e a mettersi a correre, mentre le loro scarpe già logore si sporcavano di fango e i loro respiri acceleravano.

Le loro mani erano ancora unite.

 

-

 

Il grande portone di legno si aprì e Charlotte non ebbe bisogno di chiedersi chi fosse appena entrato. Lo riconosceva a distanza, anche senza vederlo. Lo percepiva, sentiva il suo odore e avrebbe potuto distinguerlo tra quello di mille persone diverse.

Tonf

Il portone sbatté e quello le fece capire che si era richiuso.

Come di consueto, la ragazza si tolse le scarpe e camminò scalza per il secondo piano della magione, provando uno strano piacere che il contatto della pianta dei piedi con il pavimento rotto le regalava.

Vagò nel corridoio buio, godendosi la fioca luce dei raggi della luna che filtravano attraverso le tende.

Poi aprì la porta, quella porta.

Quella in cui tutto aveva avuto inizio, quella che permetteva l'accesso alla stanza più importante dell'intera tenuta : il grande salone in cui era conservato l'antico pianoforte di famiglia.

Si sedette sullo sgabello che si trovava davanti ad esso ed iniziò a suonare, perdendosi nelle note di una familiare sinfonia che aveva suonato innumerevoli volte.

Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica, mentre il rumore dei suoi passi le rimbombava con forza nelle orecchie.

 

Sei la pianista più brava dell'intera Inghilterra, Charl”, mormorò sua madre Aileen. “E queste mura e questa bellissima casa sono la nostra seconda possibilità”, sussurrò sorridendo, iniziando subito dopo a girare su se stessa. Il suo sorriso era luminoso ed imperturbabile.

 

Quella casa,invece, era stata solamente il loro biglietto d'ingresso per gli inferi.

Due braccia le si strinsero attorno alla vita e delle labbra fredde si posarono sul suo orecchio destro.

“Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti”, sussurrò l'uomo alle sue spalle, e lei rabbrividì. Dopo alcuni secondi i due sciolsero l'abbraccio e lui le si sedette accanto e le sfiorò il viso con una delicatezza che non gli apparteneva.

Poi le mani del ragazzo si unirono alle sue ed entrambi accarezzarono i tasti del pianoforte per quella che sembrò un'eternità.

Quella musica avrebbe ispirato nuove storie che gli abitanti del villaggio avrebbero raccontato per molti anni ancora, fino a quando Sir Tharaneth Mason avrebbe fatto ritorno ed avrebbe smesso, per una notte ogni duecento anni, di uccidere e di farsi soggiogare da quell'amore che rendeva tanto stolti gli esseri umani.

 

 

-

 

Il giorno dopo, il sedici aprile dell'anno milleottocentoquattro, il corpo senza vita di una donna fu rinvenuto all'interno dell'abitacolo di una carrozza.

Il guidatore del mezzo fu arrestato ed accusato di omicidio, ma un grande, nuovo segreto gravava sulla tranquilla cittadina che ospitava l'antica tenuta di Sleeping Hill : i due piccoli fori che si trovavano sul collo della vittima e che erano stati ben nascosti erano testimoni di qualcosa di molto più oscuro di una semplice uccisione.

La donna avrebbe dormito ma non in eterno come tutti credevano.

Si sarebbe svegliata tra le pareti fredde di una tomba, coperta da enormi quantità di terra gelida e sterile.

Questa, però, è un'altra storia, e bisognerebbe chiedere agli abitanti del villaggio per sapere esattamente come andarono i fatti.

Questa storia, per il momento, finisce qui, con una sinfonia suonata al pianoforte e due amanti che danzano sulle note della notte.

 

Fine 
 

N.d.a: ebbene sì, anch'io ho ceduto alla tentazione di scrivere di vampirli! Dopo due anni su EFP era inevitabile che ciò accadesse... forse. 
Ecco qui questa one shot senza pretese pensata e buttata giù in un paio di pomeriggi, scritta per il contest di cui ho parlato sopra.
Spero possa piacervi e vi ringrazio in anticipo se vi andrà di lasciare una recensione. 
A presto! 

  
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