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Autore: homuraxmadoka    09/08/2015    1 recensioni
Mentre Rizzoli & Isles stanno lavorando ad un caso, una vicenda del passato della detective torna a turbare la sua vita. Tra azione, battute e conflitti interiori sui loro reciproci sentimenti, Jane e Maura dovranno fare i conti con un nuovo personaggio, che si rivelerà essere un vero e proprio mostro. E la posta in gioco stavolta è altissima. Riusciranno le nostre eroine ad uscirne incolumi ancora una volta?
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo essere passate dallo spogliatoio per permettere alla dottoressa di indossare i suoi abiti da lavoro, le due fecero il loro ingresso nel laboratorio dove Susie stava iniziando al lavoro il nuovo collega. Appena vide le donne, Tim si scusò con Susie per l’interruzione e si diresse verso di loro. - Allora Maura, ti presento Tim Wright, specialista di laboratorio di V livello, che da oggi affiancherà Susie per coadiuvarti nelle indagini! - parlò Jane senza troppi giri di parole, ma si accorse che i due stavano già scrutandosi, studiandosi, tentando di capire vicendevolmente cosa stesse passando nella mente dell’altro; per un attimo si sentì profondamente a disagio. Sentiva di dover intervenire, soprattutto per un senso di protezione nei riguardi dell’amica, ma non capiva la natura di quella strana reazione, almeno non finché Maura prese l’iniziativa: - Piacere di rivederti Tim, come stai? - disse porgendogli la mano per stringergliela cordialmente. - Come? Voi due vi conoscete? - chiese incredula la detective. - Ehm si, in realtà si... - rispose timidamente il ragazzo, stringendo con inaspettato vigore la mano della dottoressa. Jane gli lanciò un’occhiataccia tutt’ altro che amichevole: se avesse potuto lo avrebbe fulminato: - E cosa aspettavi a dirlo? - disse alterata, cercando tuttavia di contenersi per non compromettere sul nascere i rapporti col nuovo collaboratore della Isles. - Suvvia Jane! Non essere così aggressiva con lui! E’ un ragazzo timido, non ama molto parlare! - lo difese Maura. - Adesso se volete scusarmi io torno a lavoro, la dottoressa Chang mi stava illustrando le dinamiche lavorative di questo laboratorio e ci tengo a mettermi subito all’ opera per essere quanto più utile possibile! - disse timidamente Tim, aggiustandosi con un dito i grossi occhiali che cadevano dal naso. - Timido? Quando vuole sa benissimo cosa dire! - ironizzò Jane, appartandosi in un angolo con Maura. - E' una new entry davvero appropriata. Tim è sempre stato un ragazzo intelligente… un tipo in gamba! Abbiamo frequentato molti corsi insieme all’ università, e studiato per tanti concorsi di dottorato. Però arrivava sempre secondo! - spiegò Maura con la sua solita disarmante onestà. - Chissà quanto sarà stato secchione il primo!?! - commentò la detective ridendosela. Maura la guardò in tralice, sul volto disegnata una smorfia a metà tra l'offeso e il compiaciuto: - Naturalmente... Mi domando perché abbia fatto una domanda tanto stupida! - disse Jane sospirando rassegnata all’ evidenza, Maura le mollò divertita un pugno sulla spalla. - Beh dai, almeno tu non hai un aspetto rachitico e malaticcio! Sei sempre incantevole anche con la divisa da lavoro... - le sussurrò Jane, squadrandola da capo a piedi compiaciuta, appagata dell’aspetto esteriore dell’amica: Maura era davvero una gran bella donna e non era così strano che avesse uno stuolo di corteggiatori, vista la gradevolezza e l’amabilità della sua persona. - Sei una ruffiana ma... Ammetto che sai come farti perdonare! Grazie accetto volentieri il tuo complimento, bella detective dai ricci ribelli! - rispose Maura strizzandole l’ occhio con un sorriso dolcissimo. - Ok, temibile "regina dei morti"! Ti lascio lavorare assieme al tuo esercito di zombie intellettualoidi prima che vi ricordiate di nutrirvi del mio povero cervello! - disse Jane sghignazzando, nel tentativo di stemperare il forte pathos venutosi a creare giusto un momento prima tra loro due. - Beh, se dovessimo nutrirci del tuo cervello credo che moriremmo di fame prima del previsto! - incalzò la dottoressa. - Stai forse insinuando che io non abbia un cervello? - - Oh no, naturalmente no! Tutti ne abbiamo uno… Più o meno grande… - scherzò Maura. - Bada a ciò che dici, dottoressa! - disse Jane divertita, puntandole il dito contro mentre andava via. La detective sorrideva ancora al pensiero del complimento che Isles le aveva rivolto: goffo e imbarazzato, a dire il vero, ma pur sempre piacevole per le sue orecchie. Si considerava immensamente fortunata ad essere l’unico essere vivente con cui Maura non si comportasse da automa; la dottoressa infatti non si rapportava mai a lei con freddezza e cinismo, ma anzi dimostrava sempre una profonda e rarissima umanità, difficili da credere che potessero appartenerle, dato che con gli altri ostentava sempre dei modi crudi, scettici ed estremamente razionali. Era davvero bello e solido il rapporto che in cinque anni erano riuscite a costruire insieme, tanto che erano ormai una famiglia più che semplici amiche, ed in cuor suo Jane sapeva quanto fosse importante la dottoressa per lei, anche se ancora non riusciva a far chiarezza interiore sulle miriadi di sensazioni e sentimenti che le trasmetteva l’altra . Il sorrisetto felice però, le si disintegrò sul volto, quando aprendo la porta del suo ufficio, vi trovò il nuovo detective, spaparanzato sulla sua sedia e con i piedi sulla sua scrivania. - Chi non muore si rivede, eh Rizzoli? - disse sorridendo beffardo l’uomo. - Non pensi di aver detto una delle frasi più infelici di sempre, Brooks? - borbottò Jane senza neppure guardarlo negli occhi. - Oh, andiamo Jane! Il passato è passato, sono venuto nel tuo ufficio in segno di pace, volevo soltanto farti un saluto e dirti che non ti infastidirò in alcun modo… - continuò l’altro con aria serafica. - Ne dubito, visto che lo stai già facendo! Ti do un consiglio però: potresti iniziare a dimostrarlo con l’alzarti dalla mia sedia e col togliere i piedi dalla mia scrivania. Non stai prendendo il sole in veranda! - replicò infastidita la donna. - Si può sapere perché sei sempre così prevenuta nei miei riguardi? - incalzò l’uomo obbedendole. - Anzitutto perché sul luogo di lavoro si tiene un certo comportamento, e poi non mi piaci, mi sembra palese, no? - - Solo perché ho ingaggiato un po’ di sana competizione con te durante un concorso non vuol dire che io sia una cattiva persona… - - Se ne sei convinto tu… - lo schernì Jane. - Oh, andiamo! Stiamo parlando di dieci anni fa! - - E tu pensi che il tempo mi abbia fatto dimenticare che volevi uccidermi? - - Jane è stato un incidente! - - Rizzoli, prego! Non ti ho dato nessuna confidenza, e gradirei che il nostro rapporto mantenesse un certo livello di formalità.. Per il resto se da oggi in poi dovrai lavorare qui, ok, me lo farò andar bene, ma non ti aspettare che io e te diventiamo amici perché non sarà mai così! Te lo ripeto: non mi piaci e nulla mia farà cambiare idea su di te! - concluse Jane, avvicinandosi alla scrivania e chiudendo un faldone di pratiche in maniera rumorosa, quasi a voler sottolineare il suo fastidio nei confronti di quella situazione. - Tranquilla, non ho alcuna intenzione di volerti essere amico! - rispose ostile Brooks. - Jane, ho i risultati e volevo confrontarmi… - parlò d'improvviso una voce al di fuori della porta, ed immediatamente dopo Maura fece il suo ingresso, ma si interruppe nel constatare che l’amica era già impegnata. - Rizzoli! Non mi hai detto che in questo posto lavorasse una donna così bella ed affascinante! - disse subito Brooks piroettando platealmente intorno a Maura per squadrarla da capo a piedi. - Si beh, Questa è la dottoressa Isles, la direttrice del nostro laboratorio di anatomopatologia… Ci coadiuva nelle indagini… - fu obbligata a presentarli Jane. - Piacere di conoscerla, incantevole creatura! - gli fece un baciamano Brooks, e Maura arrossì vistosamente, quindi balbettando imbarazzata disse: - Piacere mio detective… - - Detective Jonathan Brooks! - si presentò l’uomo pavoneggiandosi. - Ok, ora che abbiamo fatto i convenevoli che ne dite di focalizzarci sul nostro lavoro? Che è poi il motivo principale per cui ci ritroviamo allegramente qui tutti i giorni, anziché fare cose noiose tipo… non so… Windsurf ad Honolulu… Una passeggiata nei boschi di Blair sperando di incontrarne la strega… Appostarsi dietro l’Ayers Rock solo per vedere un canguro passare e provare a fargli soffiare al volo il naso!?! - ironizzò Jane, visibilmente gelosa di quella situazione, mentre a Maura, divertita dalle assurdità che sparava a volte l’amica, scappò un sorriso che tentò di nascondere portando una mano davanti alla bocca. Quindi ricomponendosi disse: - Vedo che sei impegnata, ripasso dopo! - - Non c’è bisogno, Brooks stava giusto andando via, vero? - lo interpellò retorica Jane, lasciandogli ad intendere che doveva sparire. Prima di uscire però l’ uomo, che da abile stratega quale era, aveva già capito il motivo del fastidio di Jane, la provocò facendo un profondo inchino al cospetto di Maura. - Simpatico quel tipo, c’è feeling tra voi! - esordì quando furono sole, la dottoressa. - Si, lo stesso feeling che potrei avere con una zanzara che mi ronza tutta la notte nelle orecchie solo perché si diverte a nascondersi quando io accendo la luce per farla fuori! - Maura sorrise ancora dicendo: - Hai reso l’idea! Ma lo conoscevi già? - - Purtroppo per me si… - - Purtroppo? A me sembra una persona interessante, e poi è molto educato, un vero gentiluomo! - constatò con sincera ammirazione Isles. - Fin troppo! - rispose piccata la mora, lasciandosi letteralmente cadere sulla sedia. - E visto che lo conosci, cosa sai dirmi sul suo conto? - insisté Maura sedendosi di fronte a lei. - Di solito gli interrogatori li faccio io... Ehi, aspetta, non mi dire che…. - balzò dalla sedia la detective, sperando che l’amica non confermasse l’ipotesi che si stava facendo strada in lei, e cioè che fosse attratta dall’ uomo. La dottoressa però la fissò insistentemente negli occhi e Jane capì che invece era proprio così. - Hai presente il modo in cui si è posto nei tuoi riguardi? E’ esattamente l’opposto! - concluse secca Jane sperando di distogliere l’attenzione dell’altra da quel tipo di conversazione. - In che senso, spiegati meglio! - incalzò invece l’altra, curiosa. - Maura! I risultati! - tagliò corto Jane, lasciandole ad intendere che non aveva intenzione di dilungarsi sull' argomento. - E va bene… Ho trovato dei segni di legatura intorno ai polsi e ai piedi… - - Legatura? E come è possibile? - replicò Jane pensierosa, attenta a non trascurare nessuno degli indizi finora raccolti. - Non faccio ipotesi, lo sai… - flautò spontanea l’altra. Jane le lanciò un’occhiataccia spazientita, perché in ogni indagine, arrivati a quel punto doveva sempre fare così? Si chiese scrutandola interrogativa, quindi tentò di riformulare la domanda: - I segni di legatura potrebbero essere stati causati dal fatto che l’uomo sia stato legato ad una sedia? - - E’ probabile… In più sono presenti molte contusioni ed ecchimosi che fanno pensare a dei maltrattamenti subiti prima di morire… - rispose finalmente l’altra. - Smith era un uomo alto e forte; sarebbe stato difficile prevaricare su di lui se fosse stato cosciente, o in qualche modo lucido… - congetturò la detective, ma la dottoressa capì subito dove voleva andare a parare, quindi prontamente rispose: - Faccio preparare un tossicologico… Così chiariamo questo dubbio…. E un’altra cosa: Ho trovato questo pezzo di carta nella sua trachea. A meno che non lo abbia ingurgitato volontariamente ce lo hanno spinto dentro. Però il paradosso è che non ho trovato segni di violenza ai danni della trachea; inoltre la causa della morte non è asfissia. Confermo che è morto cadendo dal quarto piano… - - Almeno una certezza ce l’abbiamo! - sospirò l’altra prendendo la bustina contenente la prova già repertata dalla dottoressa e fissandola attentamente per cercare di visualizzare le tracce di inchiostro semisbiadite. - Jane, però c’è un’altra cosa di cui ti vorrei parlare… - cambiò discorso Maura, e la sua espressione divenne terribilmente preoccupata. - Cosa succede? - le chiese l’altra percependo la sua ansia. - Stamattina, quando mi sono svegliata, ho trovato il salotto in disordine… E a dire il vero non è la prima volta che succede… - si confidò Maura. - Si, in effetti la tua precisione maniacale e la tua scrupolosità ai limiti dell'ossessivo compulsivo, non sono un buon connubio con il disordine! Comincio a pensare che non sia un caso… - rifletté ad alta voce la detective. - Che cosa devo fare, Jane? - - Tranquilla! Stanotte vengo a dormire da te… Così appuriamo questa situazione... - la rassicurò la mora. - Ti ringrazio! - le si rivolse Maura con lo sguardo traboccante di riconoscenza. Il campanello di casa di Maura suonò ripetutamente, segno che la persona al di fuori dell’uscio era impaziente di entrare. Jane infatti era carica di borse ed inoltre reggeva una scatola contenente una pizza fumante che quasi le ustionava le mani. Dopo qualche scampanellata la dottoressa si decise finalmente ad aprirle - Ciao… - le disse Maura imbarazzata, esitante se farla entrare oppure no. - Mi fai entrare o preferisci cenare per strada? - la prese in giro Jane. - Si però… - disse Maura e si spostò leggermente; fu così travolta dalla detective che piombando in casa si ritrovò in un salotto completamente tappezzato di vestiti dell’altra. - Mio Dio! Ti è esploso l’armadio o cosa? - si stupì. - Perdona il disordine ma stavo provando un vestitino per domani sera… - tentò di giustificarsi l’altra. - Non ricordo di averti invitato a cena, ne di averti chiesto di accompagnarmi da qualche parte, domani sera… - meditò Jane, incerta, se come suo solito, avesse dimenticato qualche occasione importante. - Ma no! Che c’entri tu, sciocchina! E che… Insomma… Jonathan mi ha invitato a cena… - parlò con un misto di timidezza ed imbarazzo Maura, sperando in cuor suo di non suscitare una reazione spropositata dell’amica. - Cosa? E quando sarebbe successo tutto ciò? - domandò Jane, temendo di essersi sfuggita qualche passaggio. - Ci siamo incontrati per caso alla caffetteria, abbiamo preso un caffè e ci siamo fermati a chiacchierare un po’, oggi. Poi è arrivato l’invito e mi sono detta: perché no… - tentò di spiegarle con calma la dottoressa. Jane, colta da un moto di gelosia, sbraitò: - Non riesci proprio a stare lontana dai guai, eh? - - E dai, ora calmati! E’ solo un invito a cena! - minimizzò l’altra. - E’ solo? Che intenzioni hai con lui? - si informò apprensiva la mora. - Mi sembra una persona interessante… vedremo… - disse Maura guardandosi allo specchio e tentando contemporaneamente di sollevare la zip del vestito che faticava a chiudersi. Jane, imbronciata, era seduta sul divano: - “ Perché me la prendo tanto se Maura esce con qualcuno? D’accordo, è vero che quel qualcuno in questo caso è Brooks, però non è giusto che cerco di condizionare con una mia antipatia personale le sue frequentazioni. Maura ha il diritto di vivere la sua vita e di scegliersi da sola chi vedere e chi no. Non sono sua madre, ne la sua fidanzata, quindi forse la mia reazione è stata eccessiva… E poi magari Korsak ha ragione: è passato del tempo, potrebbe anche essere cambiato… Però non riesco a fare a meno di infastidirmi al pensiero che qualcun altro che non sia io, possa condividere la quotidianità con lei. Ma che mi prende: è soltanto un’amica! ” - meditava, dandosi più volte della stupida per la reazione esagerata a quella notizia. Cercò disperatamente di autoconvincersi che fosse così, trattenne il fiato, prese qualche minuto per riacquistare il suo autocontrollo, quindi guardò di nuovo in direzione dell’amica, ancora alle prese con la zip dispettosa. - Aspetta, ti aiuto ad alzarla! - le disse finalmente, ricacciando nell’ angolo più recondito di se stessa le sue perplessità; le cinse dunque i fianchi con le mani da dietro e la attirò più a se per avvicinare meglio i lembi del vestito e richiuderli. Inaspettatamente però, i loro cuori iniziarono a scalpitare nei loro petti. Maura si sentiva accaldata, emozionata, era proprio quello, lo strano effetto che le produceva la vicinanza prolungata di Jane. La mora, d’altra parte, chiuse gli occhi inebriandosi del profumo buonissimo che emanava l’altra e si abbandonò per un attimo respirandolo a pieni polmoni, poi prima che l’irreparabile accadesse, tentò di riacquistare lucidità e portò a termine il suo compito. - Grazie… - le disse Maura voltandosi, facendo ben attenzione però a non incontrare il suo sguardo. - Stai benissimo! - le disse Jane in un sussurro. - Mi sta male sui fianchi! - - Invece ti dico che è perfetto così! Sei tu che sei fissata e pretendi chissà cosa dal tuo corpo! - - Parli facile tu con quel vitino da vespa che ti ritrovi! - Jane sorrise, quindi disse: - Sarà, ma questo vitino da vespa sta morendo di fame! Io avevo portato la pizza, ma se proprio vuoi fare la dieta ti ho preso anche lo yogurth! - - La pizza? Con i funghi? - si illuminò Maura. - Certo, la tua preferita! - confermò la detective, mostrandosi perfettamente a conoscenza dei gusti della dottoressa. - Mi sa che mi tocca risistemare tutti questi vestiti… Ma lo farò soltanto dopo cena! - - Aspetta: tu non eri quella a dieta? - disse Jane, stappando una bottiglia di vino e versandone due bicchieri. - Inizierò domani! - replicò Maura, sorseggiando il vino che l’amica le aveva porto. Un pallido lembo di luce proveniente da un lampione della strada, illuminava fiocamente la stanza da letto dove le due donne riposavano. La comodità del letto, insieme alle lenzuola profumate di pulito ed al dolce tepore che emanava il corpo dell’amica, distesa su di un lato accanto a lei, costituivano per Jane, il mix di elementi ideali per abbandonarsi al più ristoratore dei sonni, eppure quella sera non fu così; la detective infatti, trovò molto difficile addormentarsi a causa della miriade di pensieri che le passavano per la testa torturandola senza pietà. Era distesa supina con le mani incrociate all’ altezza del petto e rimuginava su quanto accaduto nella giornata appena trascorsa. Ma non era l’unica a dover fare i conti con una nottata insonne; anche Maura infatti era ancora sveglia, ma non si muoveva per paura di disturbare il riposo dell’altra. A muoversi frenetici però, erano certamente i suoi pensieri: - “ Perché mi emoziono sempre quando ti sono vicino? Perché sento il cuore in fiamme ogni volta che sei con me? Anche adesso, vorrei voltarmi ed abbracciarti, sono certa che così riuscirei ad addormentarmi… Ma non lo faccio perché temo la tua reazione. Io credo che la mia smania di gettarmi a capofitto nelle frequentazioni sia dovuta al fatto che in realtà cerco di compensare una mancanza… la mancanza di qualcosa che forse non potrò mai avere… E temo che se ti mettessi al corrente di ciò che davvero mi passa per la testa, rovinerei per sempre la nostra amicizia che è la cosa più bella e preziosa che mi sia capitata nella vita…” - rifletteva la dottoressa affondando maggiormente il volto nel cuscino, in cerca di carezze immaginarie che avrebbero potuto gratificarla solo se fosse stata la detective a fargliele. Un insolito tonfo proveniente dal piano di sotto però, interruppe bruscamente il corso dei suoi pensieri; capitava a volte che Bass camminasse per casa durante la notte, col tempo ci aveva fatto l’abitudine, ma il rumore che Maura aveva avvertito, non le era assolutamente familiare, la cosa dunque la insospettì e voltandosi di scatto verso la mora le bisbigliò allarmata: - Jane! Jane! Ho sentito un rumore di sotto! - - Sono sveglia, l’ho sentito anche io! Però speravo che non ti fossi accorta di nulla, così che non ti spaventassi… - disse l’altra, prendendole istantaneamente la mano per tranquillizzarla. - Allora dicevi il vero! Non eri tu che mettevi tutto a soqquadro! - constatò ingenuamente la dottoressa. - Ho trascorso giorni a tentare di spiegartelo, ma quando sei presa dalle tue convinzioni non ascolti niente e nessuno! - la redarguì Jane, alzandosi dal letto ed afferrando prontamente la pistola posata sul comodino. - Vengo con te! - continuò Maura infilandosi le ciabatte. - Resta qui! E’ pericoloso! - la bloccò Jane uscendo di soppiatto, ma non concluse neppure la frase che l’altra era già sull’ uscio accanto a lei. - Non mi importa, vengo con te! - Le due procedettero silenziose lungo il corridoio, spalle contro il muro, quindi si apprestarono a scendere le scale sperando che non scricchiolassero. Jane teneva la pistola ben stretta tra le mani, pronta a fare fuoco se ce ne fosse stata la necessità, ed intanto procedeva nell’ oscurità dinnanzi a Maura per proteggerla. La dottoressa dal canto suo, pur essendo ben consapevole di trovarsi in pericolo, riusciva a mantenere perfettamente la calma perché conscia che Jane era con lei, sapeva quanto fosse brava nel suo lavoro, e soprattutto confidava nelle comprovate doti di tiratrice dell’altra. Appena ultimate le scale si apprestarono ad entrare di soppiatto in cucina dove tutto era tranquillo, ma l’incedere nel buio pesto, provocò l’inciampo di Maura contro il carapace di Bass; la dottoressa quindi gettò involontariamente per terra un mestolo, che produsse un clangore assordante. - Dannazione! - imprecò silenziosamente la detective, ma ormai il danno era fatto, e la sua esperienza le suggeriva di prestare più attenzione, perché di lì a qualche istante sarebbe successo sicuramente qualcosa. Le aspettative di Jane infatti non furono disattese: ella passò velocemente il suo sguardo dalla dottoressa ancora per terra, al salotto, dove poté scorgere un’ombra nera in fuga che aprì la porta sbattendola dietro di se una volta uscito. Jane corse nel salotto incurante dell’ oscurità e si fiondò anch’ ella alla porta per tentare di acciuffare il farabutto, ma Maura spaventatissima, la pregò di non andare. Jane guardò verso Maura, poi nuovamente fuori: lo aveva perso di vista, non valeva la pena cacciarsi in un ulteriore pericolo, non se in quella brutta storia era coinvolta anche l’amica. La sua priorità era proteggerla, tanto valeva tornare in casa e rassicurarla. - Scusami, sono inciampata e… - parlò mortificata la dottoressa, mentre Jane riaccendeva la luce. - Ma di cosa ti scusi! Piuttosto, ti sei fatta male? - disse aiutandola a rialzarsi. Maura scosse il capo prima a destra poi a sinistra, come a dirle “ no ”, quindi le rivolse uno guardo colmo di affetto e gratitudine. - Ti voglio tanto bene Bass, ma stavolta sei stato un po’ inopportuno… - disse poi rivolta all’ animale, e gli concesse una carezza: in fondo si era spaventato anche lui. - Non l’ ho visto bene, ma dal suo modo di agire sicuro e spigliato, direi che è entrato in casa parecchie volte… Chissà cosa stava cercando… Dovresti farmi sapere se ti manca qualcosa…. - constatò professionale Jane. - Scusami! Come ho potuto dubitare di te! - replicò Maura, pentita di aver incolpato ingiustamente l’amica. - Comunque, per la cronaca: la mattina che hai trovato il caffè in terra io non ero passata dalla cucina, altrimenti, ignara di tutto, avrei perfino ripulito! - riuscì finalmente a chiarire i fatti la mora. Poi gettandosi sul divano abbandonò la pistola sul tavolino e tirando un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, concluse: - Tu da domani sei sotto scorta! -
  
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