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Autore: Sux Fans    10/08/2015    1 recensioni
[...]Jillian tirò giù le maniche della felpa e Brian rivide in lei gli stessi gesti di anni prima. Non era una sconosciuta, non era una donna diversa da quella che abitava i suoi ricordi.
-No.. ma io voglio sapere perché. - Brian s'interruppe per un attimo. -Vuoi saperlo? - lei annuì. -Jillian è tornata ad Huntington.-
-Non ti permetterò di trattarla così mai più, semmai succedesse ti ammazzerei con le mie stesse mani. Mark, ti giuro, cazzo, che ti ammazzo..- [...]
Jillian ritorna otto anni dopo al suo paese d'origine e poco è il tempo che impedisce ai suoi vecchi amici di liceo, Brian e gli altri di riunirsi di nuovo nonostante ora non siano più dei ragazzini, ma piuttosto degli adulti con un traguardo lavorativo già raggiunto e vite già avviate. Solo gli amori di un tempo appassiti sembrano essere tornati a punzecchiare qualche nervo scoperto ma anche troppi anni sembrano separare quelle che sarebbero potute essere le facili scelte adesso intrappolate solo in qualche ricordo. Purtroppo non saranno solo questi tormenti astratti il vero problema, ma più concreti legami a frenare i desideri.
Tema dedicato in modo leggero alla violenza sulle donne. 25 Novembre
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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L'indomani fu colto da un risveglio brusco, con la serranda del garage aperto di botto e con i forti raggi del sole che lo andarono a colpire in faccia proprio come un pugno in un occhio. Mai nulla fu più traumatico; Brian mugugnò poi rotolò di lato per cercare di proteggere gli occhi quel poco che gli restava da sperare. Pochi secondi dopo una figura snella lo adombrò e solo al momento in cui si sentì pronto aprì un occhio ad osservarla: McKenna stava in piedi a fissarlo, con le mani poggiate ai fianchi ed un espressione stranita sul viso, tanto che il sopracciglio sottile assunse una strana impennata.

-Che. Diavolo. Fai. Lì? - sillabò lentamente, quasi fosse un rimprovero. L'uomo si prese qualche secondo per stiracchiarsi per sentire ancora se le ossa intorpidite fossero tutte intere, poi si alzò, ringraziando per quella benedizione.

-E cosa facevi nel mio sacco a pelo? È irriconoscibile! Non è questo quello che intendevo quando ti ho detto di venirci a fare visita ogni tanto! -

-Frena la lingua ragazza, ho un'emicranea pazzesco. - La giovane dalla fulva capigliatura di sfumature violacee ormai sparse quà e là boccheggiò, sbuffò, cercò di calarsi per acconciare il disordine lasciato dall'ospite. Poi, quando dopo qualche borbottio tornò in piedi, lo fissò interrogativa mentre egli si era appoggiato alla parete ancora assonnato.

-Che facevi lì disteso? -

-Non dovresti essere a scuola? - cercò di tagliare corto, ma la ragazza prontamente lo ammonì.

-Hai visto che ore sono? - Brian aprì un occhio per sbirciare l'orologio.

-Cazzo.. - recuperò la giacca poggiata agli scatoloni poco lontani e la infilò velocemente.

-Dove vai adesso? - l'uomo fermò la sua corsa verso l'entrata del garage ancora spalancato e sospirò, voltandosi a guardarla di nuovo mentre attendeva risposta.

-Ho fatto un sacco di casini, Ken.. - confidò, gettandosi fiaccamente contro la parete, maledicendosi sottovoce continuamente. A cosa sarebbe servito correre? Correre dove poi? Non ne aveva più idea. La ragazzina gli si avvicinò, tamburellando con i piedi per darsi del tempo di pensare a qualcosa per consolarlo.

-Qualsiasi cosa sia non sarà mica così grave, vero? Cerca di non peggiorare le cose con comportamenti impulsivi e concentrati su quelle importanti. - Brian si sentì stupido, affidare i suoi problemi ad una ragazzina, ma cosa gli era venuto in mente? Sua sorella era sicuramente più matura di quanto lui lo fosse mai stato in vita sua.

-Hai proprio ragione, sei sicura che siamo davvero fratelli? - risero per la stupida battuta e si abbracciarono, fino a che ella non si allontanò arricciando il naso.

-Fatti una doccia maledizione, e...! - gli mollò un forte pugno sulla spalla. -Non chiamarmi Ken! Lo sai che lo odio! -

-Dio, come sei diventata suscettibile.. - mormorò massaggiandosi il braccio come fosse un bambino. -Sarà meglio che vada, ho da fare visita ad una persona prima. Sono davvero molte miglia.. ma è da molto che manco, non me lo perdonerà mai. - McKenna lo osservò mentre si allontanava, prima di vederlo posare uno sguardo furbo verso la bici con la quale era appena tornata da scuola.

-Senti, non è che..-

-Neanche per sogno. -


***


Matt bevve un altro sorso di caffè prima di tornare ad alzare lo sguardo verso la moglie, con voce bassa per evitare di farsi udire.

-Come sta Michelle? - Valary si voltò, interrompendo per un attimo le sue faccende con la cucina per dirigersi alla tavola penisola che si trovava ad un metro da lei.

-Distrutta. Come darle torto? - Matt aveva già notato il piglio arrabbiato, la conosceva bene e quel suo lato la caratterizzava alquanto. Allungò una mano per posarla sulla sua e la carezzò per tranquillizzarla.

-Come stai tu, piuttosto.. - non riuscì a nascondere un certo disagio e tornò a sorseggiare il suo caffè. -Matt.. - lo rimpoverò e l'uomo alzò le mani in segno di resa.

-Non so come uscirne. Dovrò dire tutto ai ragazzi.. -

-Tutto cosa? - Lo vide tacere ancora e allora incalzò.

-Sulla band. Ho avuto una discussione con Portnoy e non ne siamo usciti proprio bene, credo che la collaborazione sia finita quì. Ed infondo è meglio così, oscurava il nostro potenziale e soprattutto ha la sua band della quale occuparsi, io.. -

-Matt! - l'interruppe la donna, vedendo come il tono di lui si facesse sempre più remissivo. -Calmati, ti prego. Vedrai che puoi contare sui tuoi amici più di quello che credi. Dopotutto lo hai detto tu, c'erano altre cose della quale doveva occuparsi. - l'uomo annuì e calò il capo verso il marmo nero della tavola, giocherellando con i pollici.

-E' che questo non avrebbe ancora comportato un vero e proprio cambiamento alla band, rimaneva un tournista e noi saremmo rimasti ancora stretti alla figura di Rev. Questo significa che.. dovrò indire delle selezioni, un nuovo membro, un qualcosa di estraneo, cazzo. - strinse i pugni e li battè con rabbia. -Dovrò chiamare Jacob, non sa nulla neanche lui e non ne sarà per nulla felice, finirà tutto sui tabloid in meno di qualche giorno; credevo di risolvere la cosa in meno tempo invece quella testa calda di Brian aveva già capito tutto. - la donna circondò il tavolo per andare ad abbracciare le spalle dell'uomo.

-Sei un grande leader, una brava persona e un ottimo amico, Rev non vorrebbe mai vi fermaste ora. Devi farlo per la band, so che hai paura che Jimmy venga dimenticato, che la gente possa vedere gli Avenged Sevenfold con occhi diversi, ma non succederà.. né tu né tutti quelli là fuori lo dimenticheranno. -


***



-E spostati! -

-Ti sembra il caso di metterti così per strada? -

-Cammina a piedi che è meglio! - Brian si corrucciò stringendo sempre più forte il manubrio della bici. Gran bella idea, non c'era che dire. I rumori di clacson erano stati un vero toccasana per tutta la mattinata, aveva la testa così piena che quasi credeva di volare via. Con sua grande fortuna notò Gran Park Avenue e a soli pochi metri gli si formò un groppo in gola difficile da mandare giù. Imboccò la prima stradina scoscesa che l'avrebbe portato all'altro lato della strada e cominciò a rallentare la corsa alla vista del cancello recintato del cimitero di St.Vincent. Diverse persone in silenzio si diressero verso le cancellate, e alla vista mesta di quel traghettare di figure accostò ad un muretto la bici, unendosi successivamente al via vai e al dolore dei parenti di defunti senza neanche conoscere i loro nomi e i loro vissuti. Che tristezza, rimuginò, nessuno di quei uomini sarà mai stato ricordato in eterno, e poco importava, se non il bene di coloro che si sarebbero sporti al loro angolo di terreno. Brian notò la targhetta nera e argento sbucare dai fili di erba verde e rigogliosa, pulita ogni giorno con cura dove neanche un fiore risultava mai fuori posto. Si calò a toccare con la punta delle dita il nome che sporgeva luccicante e lo portò alla labbra per baciarlo.

-So che non ti va che ti tratti così ma salutarti con un pugno chiuso contro l'epitaffio risulterebbe un pò... da pazzi. E la cosa non sarebbe divertente se qualcuno mi vedesse, se non per te amico mio. - Brian si sedette poco lontano a gambe incrociate, quasi rilassato, facendosi carezzare da un sole brillante che sembrava nascondersi dietro il fogliame increspato di un albero. Era passato del tempo che non aveva mai tenuto a mente, e che non gli sembrava mai trascorso. Era fermo a qualche giorno prima di quel maledetto epilogo e mai più da lì si sarebbe mosso. Ormai fargli visita non lo faceva più soffrire o almeno cercava di non farlo più vedere, nonostante non credesse a nulla di particolare, non avrebbe mai voluto ferirlo ancora facendosi vedere in uno stato così pietoso. Brian parlava e parlava come se a controbattere ci fosse stato lui, a stringergli le spalle, pizzicarlo, sgridarlo se necessario. Non era più la stessa cosa, non era più la stessa vita. Tutto era influenzato dai suoi amici e dopo quella notte aveva una fottura paura di perderli tutti. Cosa avrebbe fatto senza loro? Era un guscio vuoto ed inutile, futile, infertile, come quando aveva perso lei, e tornare a riaverla era stato anche peggio di prima. Si toccò il mento puntellato di barba e sopperì con un sospiro.

-Hai capito che guaio.. se si sta meglio dove sei tu spero di non metterci troppo ad arrivare. - un fruscio di siepe lo interruppe e si concentrò su un animaletto peloso sbucato di lì. -Cosa stai cercando di dirmi? Lo sai che sono un pò locco.- d'improvviso sentì la vibrazione al suo cellulare, non credeva di averlo ancora addosso. Si agitò forsennatamente per cercarlo in tutte le numerose tasche dei jeans e della giacca in pelle, e quando lo trovò rispose senza attendere oltre.

-Bri, riunione in sala, ci sarai vero? - Brian guardò alla targhetta brillante di James, lesse il nome per intero, ebbe alla mente ricordo di qualche momento passato insieme finché il suo sguardo non fu catturato dallo stesso animaletto di prima raggruppatosi alla sua famiglia poco lontana per salire solo infine fra i rami delle piantagioni che ombreggiavano la sua postazione.

-S-sì... - esclamò ancora sovrappensiero. -Arrivo subito. - non seppe bene se allegare quello che era accaduto al fatto che Jim avesse ascoltato i suoi problemi o meno, fatto sta che gli lasciò un fiore di campo bianco; avrebbe tanto desiderato un forte abbraccio, ma si limitò a lasciarsi andare ad una lacrima prima di andare.


***


-Non può darmi venticinque dollari per una chitarra del genere! Varrà almeno qualcosa in più! - Jillian cercò di mantenere la calma ancora per qualche istante, ma sapeva bene che il suo interlocutore cercava di farla traboccare nel peggior modo possibile.

-Mh, nenche più di tanto, se ne vedono tantissime in giro e oltretutto è scordata. - La donna roteò gli occhi in modo esausto, trattenendo convulsivamente lo strumento fra le mani. Stava cercando di vendere tutti gli oggetti di Mark che aveva in casa per cercare di racimolare il più possibile e per liberarsi finalmente di tutte quelle cianfrusaglie che davano alla casa ancora un aspetto di lui.

-D'accordo la tenga, maledizione. - gliela porse nel modo più sgarbato possibile e afferrò fra le mani i suoi venticinque dollari.

-Che ne dici di questi vinili? Sono degli anni '80. Questo invece è un vaso che acquistò mia nonna trent'anni fa in Vietnam, è fatto completamente a man..-

-Guarda che il mio è un negozio non una discarica. - Jillian sbuffò e lo guardò mentre era distratto a darsi un'occhiata in giro per casa. Doveva avere almeno una quarantina di anni, lo conosceva bene perché già prima che andasse via da Huntington Beach gli vedeva acquistare cose strane e fuori dal comune. Si era fatto crescere i capelli e li teneva in un codino spettinato, gli abiti erano laschi e ancor di più facevano intravedere il corpo troppo snello, mentre da dietro le lenti tonde una luce gli illuminò gli occhi vispi.

-E questo? - Jillian gli si avvicinò per vedere meglio l'oggetto che aveva tra le mani.

-No, questo è mio.- non le diede attenzione e continuò a rigirarsi la confezione rigida fra le mani.

-Un inedito del nuovo album degli Avenged Sevenfold.. -

-Sì, ma.. -

-Di una cosa del genere non si vede ombra neanche in internet, come hai avuto una cosa simile? -

-È un regalo di amici.-

-Devo averlo! Quanto vuoi? - Jillian si catapultò verso di lui e lo strappò via dalle dita.

-Hei hei, questa è roba mia è il resto che deve interessarti! - l'uomo disdì col capo divaricando le braccia.

-Dai, questa è tutta robaccia, non ci guadagnerai mai nulla! Quello è una bomba invece, capisci che se non è un falso allora è davvero il primo inedito? Si credeva che la band fosse ferma invece quella è la prova che Matt e i ragazzi pubblicheranno un nuovo disco e ce l'hai fra le tue mani. - Jillian lo ripose sul ripiano e si poggiò anche ella ormai stanca della giornata.

-Senti per favore, ti faccio spazio in macchina così potrai caricare la chitarra e il resto della roba che hai pr..-

-Ti do trecento dollari!-

-Cosa? C-cosa hai detto? - Jillian si voltò spalancando gli occhi credendo di aver capito male. L'uomo dal canto suo la osservò ridacchiando.

-Credevi stessi scherzando? Voglio quell'inedito e trecento dollari mi sembra più che ragionevole.- davvero stavolta dovette tenersi al ripiano per evitare di crollare a terra, si portò una mani fra i capelli arruffati che gli cadevano davanti gli occhi per concedersi più aria. Sembrava che d'un colpo la stanza fosse rimasta senza.

-Mio Dio, Sten..-

-Sven.-

-S-sven.. stai scherzando? T-trecento dollari? Oh Mio Dio...-

-Sono un tipo da sorprese io, e posso dartele in contanti solo per quel piccolo oggetto alle tue spalle. - Jillian si morse il labbro a guardare il regalo di benvenuto dei suoi amici, un regalo che gli stava dando forse la possibilità di respirare economicamente di più quel mese?

-Non mi hai ancora detto che diavolo hai fatto a quell'occhio, comunque. - Nella testa di Jillian vorticava furiosamente la possibilità di accettare, ma cosa diavolo stava diventando? Non riusciva a capire più nulla di quello che le stava succedendo intorno né della figura snella e scomposta che continuava a spostarsi fra le cianfusaglie in attesa di risposta. Questo era davvero il fondo che stava raschiando con le unghia.


***


Quando entrò in sala i ragazzi si guardarono con un'occhiata interrogativa, mentre si dirigeva verso di loro al centro della stanza in assoluto silenzio. Matthew al suo arrivo stava già parlando di qualcosa e gli altri si erano trattenuti in un sacro torpore, quasi come se non avessero nessuna voglia che smettesse. Probabilmente era qualcosa di davvero importante perché nonostante Brian fosse in pessimo stato nessuno aprì bocca per metterlo in ridicolo.

-Vieni amico..- l'invitò Matt, avvicinandosi per stringerlo in un abbraccio, che Brian ricambiò con fin troppo ardore.

-Sembra che quel confronto, seppur violento, abbia portato ad una svolta almeno.- Esclamò Zack, che in tutta risposta stappò una birra con un espressione non troppo sollevata.

-Va bene, ma adesso cosa si fa? - continuò Johnny. -Non abbiamo neanche il tempo materiale per indire una selezione e siamo cibo per milioni di giornalisti. Aspettano di metterci spalle al muro.- Matt annuì e storse la bocca amareggiato.

-Jacob cercherà di essere più discreto possibile, dopotutto i brani che abbiamo composto finora erano solo un prototipo e nessuno avrà modo di basarsi su quelli.-

-E sarà meglio che così continui ad essere: la differenza talentuosa di Portnoy con un qualsiasi altro batterista raccattato dalle selezioni non ci darebbe neanche la possibilità di iniziare. Falliremmo a prescindere, non ci sarebbe confronto. - gli amici subirono drasticamente le parole forti di Zack, facendo calare in sala un duro silenzio.

-Io direi invece di far girare la voce della selezione il più possibile.. -

-Brian che diavolo dici? -

-Che se ne parli. L'importante è che bene o male si parli di noi, e avremo più possibilità di ascoltare qualcuno di veramente bravo anzichè un buffone da cabaret che vuole mettersi in mostra. I tabloid ci catapulteranno in prima pagina? Beh è lì che vogliamo finire, no? Dobbiamo aprire subito le direttive per il cast. - gli amici stettero qualche secondo a riflettere, effettivamente forse non tutto era perduto. Magari sarebbero riusciti a ritornare in pista annunciando le selezioni al nuovo batterista e sarebbe stata la nuova riuscita per l'album.

-Non lo so, sono completamente fuso.- I ragazzi si avvicinarono al leader e presero a scuoterlo come facevano di solito per infastidirlo.

-Eddai Matt, rilassa il cervello! Abbiamo trovato il modo di uscirne! -


***


-Non correre troppo con la tua pericolosissima bicicletta! - si lagnò Johnny, infastidendo l'amico che alzò il medio nella sua direzione.

-Davvero non vuoi un passaggio a casa? - Chiese Matthew avvicinandosi a lui una volta che smise di ridere, quando oramai ognuno se ne stava tornando a casa proprio dopo la serata passata insieme. Avevano raggiunto un accordo finalmente, e per domani avrebbe avviato le procedure indirizzate al manager della band.

-No, grazie, quest'aria fresca mi farà bene. E poi domani ho un appuntamento a casa e non posso perdermi in chiacchiere.- Matt non cercò minimamente di nascondere la sua espressione sorpresa.

-Tu e..-

-Michelle. - Lo vide risollevarsi e sospirare cautamente. Matt era in quei mesi gravemente preoccupato per la sua relazione con Michelle, e non poteva dargli torto. Gli diede qualche pacca amichevole sulla spalla che gli fece capire che la conversazione finiva lì.

-Attento con questo bolide, non farmi avere scrupoli di coscienza. -

-Dormirai come un ghiro stanotte.-


Ed effettivamente la notte era fresca, così come era stata la sera precedente. Il suo aspetto non era dei migliori, gli serviva una doccia assolutamente e un cambio pulito o la prima impressione di Michelle sarebbe stata quella di metterlo in lavatrice insieme al resto. Magari le avrebbe preparato qualcosa di buono, nonostante lui non sapesse cucinare poi tanto bene, o le avrebbe fatto trovare la casa sistemata o... No, stava esagerando, niente di tutto questo, avrebbe solo cercato di essere sincero con lei e farle capire che tutto quello di cui aveva bisogno ormai lo aveva capito. Che non avrebbe preso altre sbandate, che aveva ancora bisogno che lei gli tirasse le orecchie ogni tanto quando perdeva la giusta strada. Forse McKenna aveva ragione: doveva smettere di reagire impulsivamente e avrebbe dovuto piuttosto concentrarsi sulle cose davvero importanti prima che se le facesse sfuggire tutte di mano una ad una.

Aveva già percorso diverse miglia, la strada era ancora poco affollata della sera e fra tanti fanali quasi sembrava che la notte dovesse ancora calare. Il manubrio cominciò a farsi scivoloso quando iniziò a sudargli il palmo.

-Jillian... - mormorò a fior di labbra, quando sfregò le ruote all'asfaldo chiamando la figura che nella sera passeggiava distrattamente poco lontano da lui. La donna l'udì, ancora col capo chinato, e sorpresa, sbalordita quanto lui del loro incontro fortuito. Rabbrividì, le si raggelò il sangue nel guardare lo sguardo di lui sul suo viso e seppe quanto la cosa fosse diventata pericolosa e quanto avrebbe potuto impressionarlo. Aveva cercato di farsi da parte finchè i segni non fossero scomparsi e invece il destino li aveva fatti incontrare nel momento meno opportuno.

-Brian..- l'uomo non parlò più. Lo vide concentrato cupamente su di lei, sulle gote violacee, sui capelli arruffati, sul labbro spaccato che aveva preso solo in parte a sanarsi.

-..ti posso spiegare.. è una storia molto lunga, i-io.. - gli si avvicinò per sperare che la stesse ascoltando ma quel suo sguardo raggelante la fece esitare e rimase di qualche passo distante.

-Dov'è? - Jillian capì che si stesse riferendo a Mark e cercò bene di tranquillizzarlo.

-Via. L'ho allontanato, non lo vedo più da un pò. Che si vada ad ammazzare in quei luridi bar che conosce.. io non ne voglio sapere nulla di lui. Adesso sto bene.. - prese qualche secondo di respiro pesante. -Avevi ragione, avrei dovuto capirlo anni fa. Cazzo, non posso prendermela con nessuno, mi sono sotterrata con le miei mani..-

-Luridi bar.. - gli sentì rimuginare a bassa voce, con ancora la voce impastata di rabbia che cercava di nascondere stritolando il manubrio fra le mani, quasi facendo sbiancare del tutto le nocche. Lo vedeva vagare con lo sguardo, concentrandosi altrove come se stesse facendo viaggiare la memoria.

-Brian.. - disdì la donna col capo, cercando di allontanare dalla proprio testa l'idea che potesse fare qualcosa di stupido.

-Brian, ti prego guardami.. - lo vide posizionarsi meglio sui pedali e porgersi in avanti per darsi la spinta.

-No! NO! Dove vai? Che diavolo vuoi fare? - cercò di trattenerlo ma la strattonò e fu costretta ad allontanarsi iniziando a correre per tenergli testa in strada.

-BRIAN FERMATI! TI PREGO, TORNA QUI! - gridò, fregandosene degli occhi dei passanti che continuavano a guardarla come una pazza. Si dimenò per cercare il suo cellulare dalla borsa, cercando con mani tremanti di scorrere la rubrica il più velocemente possibile. Quando se lo portò all'orecchio ci volle qualche secondo infinito prima che dall'altro capo, l'interlocutore, rispondesse.

-Matthew ti supplico, devi aiutarmi! -



Note dell'autrice:

Stiamo giungendo alla fine, non c'è ancora nessun capitolo pronto ma è ormai palpabile! Spero vivamente che, nonostante il processo lento, questa mia esperienza di raccontare questa storia vecchia di anni (per chi l'avesse seguita già diverso tempo fa) sia piaciuta a voi quanto a me. Negli anni comunque ha mutato, è cambiata e diversi dettagli si sono intrecciati in modo inaspettato!

Ringraziocomunque di cuore chi ha recensito la fanfiction dedicando un pò del suo tempo, chi l'ha aggiunta fra preferiti, seguite, ricordate!


P.s. Nomi di strade e del cimitero sono puramente casuali, inventati e non hanno affinità con la realtà.

   
 
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