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Autore: DarkYuna    10/08/2015    3 recensioni
"Le creature che appartengono a due specie diverse, non sono destinate ad essere felici."
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Occhi rossi nelle tenebre* 







 
Occhi rossi nelle tenebre.
 
 
Un limbo che non aveva muri, uscite e tragitti. Un limbo da cui non sapevo andarmene e che non riuscivo a spiegarne il mio arrivo. Un limbo che mi inghiottiva, sopprimeva l’ossigeno nei polmoni e strangolava violento.
 
 
Occhi rossi nelle tenebre.
 
 
A terra, imminente ad una morte inesorabile, il mio aguzzino si approssimava, avvolto da un mantello corvino che celava le sue fattezze alla mia vista. Era lui che si stava prendendo la mia vita, però non era sua intenzione, non voleva: l’avevano costretto.
 
 
Occhi rossi nelle tenebre.
 
 
L’assassino si inginocchiò accanto a me e tra le mani un pugnale d’argento scintillò nell’oscurità. L’assassino era obbligato ad uccidermi. L’assassino toccò il mio viso, i capelli spettinati e poggiò le labbra gelide sulle mie, il cui calore stava scivolando via. L’assassino piangeva… lacrime di sangue.
Possedeva letali occhi rossi, che conoscevo più che bene, occhi in grado di scrutare l’anima e di sussurrargli parole nere. Occhi che mi erano rimasti impressi, occhi demoniaci che mi avevano sconvolta.
 
 
L’insistente bussare alla porta della stanza mi fece svegliare di soprassalto.
Balzai seduta e mi guardai attorno spaesata. Ci impiegai qualche secondo di troppo per ricordarmi dov’ero e perché.
La fronte era imperlata di sudore e il cuore martellava furioso. Ricordavo di aver fatto un brutto sogno, ma la trama era svanita dal mio cervello non appena ero tornata del tutto alla realtà, per poi essere riportata di forza a galla dalla persona che aveva bussato.   
 
 
<< Lady Selin… >>, chiamò la voce soave ed atona del maggiordomo, attraverso la porta.
 
 
Ora ricordavo: era lui nell’incubo.
Il sogno era stato così vivido che mi era rimasto spiacevolmente impresso a fuoco nella mente e sul corpo. Il sapore di quella bocca fredda come la morte, aleggiava ancora sulla lingua e non voleva saperne di lasciarmi in pace. Mi era parso così reale, che faticavo a scrollarmi di dosso la sensazione di turbamento e morte.
 
 
<< È sveglia? È la seconda volta che la vengo a chiamare. Sua nonna è già molto nervosa. La colazione è pronta da quasi mezz’ora e lei è in gran ritardo. Ha bisogno di aiuto, per caso? >>. Nella voce una nota di reale preoccupazione per la mia salute.
 
 
Stropicciai gli occhi per togliere via le tracce di sonno che appesantivano le palpebre stanche. Sognare Sebastian era stato sconvolgente ed impensabile, proprio perché era l’ultima persona a cui stessi pensando, ma a quanto pare era stato in grado di colpire il mio inconscio e di manifestarsi nel mondo onirico.
 
 
<< Sì, sono sveglia. Tra dieci minuti sarò pronta. >>, dichiarai, affrettandomi a scendere dal letto e cercando dei vestiti adatti per la giornata.
 
 
<< Passerò di nuovo tra breve per accompagnarla nella sala da pranzo, dove l’attende sua nonna. >>, annunciò e poi i suoi passi si allontanarono lentamente, come se volesse sentire cosa stessi facendo.
 
 
Sospirai rassegnata: facevo bene ad abituarmi ai loro continui controlli.
Mi chiedevo solamente il perché fossero così attenti ad ogni mio movimento. Non avevo ucciso nessuno e non ero nemmeno una persona pericolosa.
Qual era il vero motivo che li spingeva a comportarsi così verso di me?
Mille pensieri diversi si mescolarono nella mia mente, mentre infilavo una maglia nera di lana e dei jeans comodi su delle scarpe da ginnastica corvine. Legai i capelli in un’alta coda di cavallo e cercai di nascondere le grigie occhiaie che accentuavano l’aria da cadavere.
Avevo adottato un abbigliamento semplice e sportivo per far fronte alla colazione con nonna Lucy, una missione impossibile da sostenere con coraggio.
 
 
 
Iniziavo a temere per il futuro che mi attendeva. Probabilmente avrei avuto a che fare con donne snob dell’alta società che mi avrebbero comandata a bacchetta.
Inorridivo solo all’idea.
Sarei apparsa come la nipote viziata di una donna ricca e potente, che poteva fare qualsiasi cosa lei volesse.
Protestare non sarebbe servito a nulla ed io lo sapevo.
 
 
Quando Sebastian tornò a bussare gentile, mi trovò pronta e come aveva detto qualche minuto prima, mi scortò verso la sala da pranzo.
 
 
Il castello aveva dell’incredibile.
Nel suo passato doveva essere appartenuto a qualche nobile benestante e influente nel mondo dell’aristocrazia.
Fissavo a bocca aperta e naso all’insù le vetrate dipinte a mano che guarnivano i vari corridoi in cui stavo passando insieme al maggiordomo.
Vi erano statue e sculture di ogni forma e dimensioni, perfino un paio di armature ottocentesche su cavalli di latta e un’impressionante collezione di armi bianche appese alle pareti scure.
 
 
Non riuscivo a guardare Sebastian negli occhi rossi e il sogno fatto quella stessa notte, mi metteva a disagio.
<< È da molto che sei a servizio da mia nonna? >>. La domanda era aleggiata nella mente per qualche secondo e la bocca aveva scelto di tradirmi. Gli camminavo taciturna accanto.
 
 
Nell’istante in cui ebbi quelle iridi scarlatte puntate dritte nelle mie, un lungo brivido caldo scivolò giù per la schiena e il cuore intraprese un nuovo record di battiti.
Nonostante il silenzio dei nostri occhi che si erano incrociati, avrei potuto giurare di averli sentiti parlare quegli occhi rifulgenti, di avermi raccontato qualcosa che non sapevo… non ancora.
E sotto quello sguardo che toglieva il fiato, sentii la mia anima nuda, colma di dolori e segreti, esposta a lui e vulnerabile.
Quelle non erano iridi di sangue, niente affatto, quelle erano un mare in tempesta in una notte senza luna. Quei due rubini me le sentii scivolare addosso, circondare il cuore con un fuoco infernale, ed illuminare d’improvviso il mio spirito, accecandomi.
 
 
<< Esattamente sono due mesi. >>. Teneva le mani dietro la schiena, mantenendo il portamento regale. Non pareva per nulla un normale maggiordomo, l’avrei scambiato per un blasonato, se non fosse stato per la divisa. << Immagino che lei abbia altri interrogativi da pormi. >>.
 
 
Boccheggiai stupita, rivolgendogli tutte le attenzioni.
Riusciva a leggermi come un libro aperto, eppure era sempre stato difficile per chiunque capire cosa mi passasse per la testa.
<< Non mi piace fare domande. >>.
 
 
Sebastian sorrise edotto, come se fosse consapevole di cosa pensassi in realtà, ma che non rivelava per pura educazione.  
<< Io non gradisco rispondere ad esse, ma suppongo che per lei non deve essere semplice vivere con persone che le sono praticamente sconosciute. Mi conceda di renderle il soggiorno meno angustiante, lady Selin. Per iniziare mi sono permesso di cucinarle una torta con yogurt e carote. >>.
 
 
Bastò poco per farmi tornare il buon umore.
<< Ma è la mia preferita! Come facevi a saperlo? >>.
 
 
 
Lui scrollò le spalle sottili e mi guardò, però il verbo “guardare” non descriveva in maniera corretta quel che fece davvero. Sebastian mi divorò con gli occhi, gli stessi occhi del sogno, occhi intensi e crudeli… gli occhi di un assassino.
 
 
<< Sono un diavolo di maggiordomo. >>, disse e mi parve strano che si riferisse a se stesso in quel modo bislacco.
 
 
Deviammo un’ultima volta finendo dentro una smisurata sala da pranzo dalle mura color sabbia bagnata.
Un lampadario a grappoli illuminava di poco la stanza cupa.
Nel bel mezzo si stagliava un lungo tavolino coperto da una tovaglia bianca in pizzo.
 
 
Nonna Lucy sedeva in una postura rigida a capotavola e l’unico altro posto apparecchiato era quello alla sua destra.
La pettinatura era tale e quale a quella del giorno prima, solo il colore della tunica, verde scuro, cambiava.
Immaginavo che mi avrebbe rimproverata e quindi andai contro il mio destino a capo chino. Chissà quante volte si sarebbe ripetuta la scena pietosa, dove lei mi riprendeva per il ritardo.
 
 
<< Buongiorno. >>, mi salutò fredda lei. La voce era chiara e limpida e non nascondeva per nulla il disappunto verso di me.
 
 
<< Buongiorno. >>, farfugliai, accomodandomi sulla pesante sedia marrone lucido. Per nulla avvezza ai modi di fare, le regole e il farsi servire, non attesi che Sebastian mi spostasse la sedia e mi sedetti ignara che lui si stava rendendo utile. Alla fine, dopo il momento singolare dove ci guardammo un secondo di troppo, andò a posizionarsi in un angolo, a pochi metri da noi due, pronto ad adempiere a qualsiasi richiesta fatta da nonna Lucy.
Non passò molto prima che il suo terzo grado iniziasse.
 
 
<< Ieri sera mi sembrava di essere stata chiara. In questa casa ci si sveglia alle otto, alle otto e mezzo c’è la colazione e poi ci si occupa dei propri impegni quotidiani. Invece tu ti sei svegliata alle otto e mezzo e stai facendo colazione alle nove. >>, mi ammonì severamente, sorseggiando poi il tè da brava Inglese attaccata alle tradizioni.
 
 
<< Fortuna vuole che il tuo debutto in società non è ancora avvenuto e che il tuo imperdonabile comportamento può essere tamponato per quest’oggi. Domani esigerò che tu rispetti i miei ordini. E adesso mangia. Parleremo della tua istruzione. >>.
 
 
Non capivo di quali impegni ciarlasse e come avrei creato scompiglio, con il mio lieve ritardo.
Alzai gli occhi sul cibo, individuando la profumatissima torta che Sebastian aveva preparato per me e prima che potessi fare alcunché, il maggiordomo sbucò al mio fianco, per tagliarmi una fetta abbondante di dolce, poggiandola delicata nel piatto.
 
 
“Come diamine è possibile? Era dall’altra parte della stanza, fino ad un’istante fa e adesso è qui!”.  
      
 
<< Grazie. >>, farfugliai, per nulla avvezza ad essere servita.
Sebastian parve sorpreso della gratitudine manifestata verso di lui.
 
 
 
<< Non si ringrazia la servitù. >>, mi rimproverò lei, sorseggiando l’amara colazione. << A proposito di questo, dopo il pasto verrai presentata ad essa, perché trascorrerai molto del tuo tempo in questa casa. Ho deciso che sarà Sebastian stesso a provvedere alla tua istruzione, preferisco che tu sia sempre accompagnata dal personale qualificato, almeno finché l’assassino di tua madre non verrà arrestato dalle forze dell’ordine di Los Angeles. >>. Fu in quel momento che nonna Lucy scrutò di sfuggita Sebastian, con una complicità che non era emersa, almeno fino a quel momento. Avevano un segreto che li teneva uniti, un segreto terribile che non volevo sapere, un segreto che mi avrebbe travolta.
 
 
“Ma quindi sono davvero agli arresti domiciliari?”.
 
 
Assaggiai la torta, sbalordita che fosse in grado di cucinare, che sarebbe stato il mio insegnate, oltre ad essere un’impeccabile maggiordomo e chissà quanti pregi disponeva e che non conoscevo ancora.
Mangiai lentamente e provai ad adeguarmi ai ritmi eleganti e raffinati di mia nonna: l’unico modo per sopravvivere era imitarla e facevo bene a imparare sin da subito. Lo stomaco mi si era chiuso e non aveva una gran voglia di mangiare da quando era morta mia madre, però era difficile dire di “no”, alla buonissima torta fatta dal maggiordomo.
 
 
Lei si strofinò delicata le labbra con il tovagliolo di stoffa prima di parlare.
<< Ho degli impegni, ti pregherei di non uscire da sola e se proprio devi, Sebastian ti scorterà ovunque vorrai. >>.
 
 
“Più che un maggiordomo, è un tutto fare? Riesce a svolgere tutte le assurde richieste della psicopatica qui!”.
 
 
Schiarii la gola.
<< Va bene, grazie. >>, risposi semplicemente e lei fece finta di non sentirmi. Non era mai stata molto incline a queste gentilezze, nemmeno quando veniva a trovarci a Los Angeles.
Dopo la silenziosa e asfissiante colazione, nonna Lucy sparì nella sua stanza e Sebastian mi portò nelle cucine a conoscere gli altri domestici che lavoravano alle dipendenza di quella donna fredda e senza cuore.
 
 
<< Era davvero molto buona la torta. >>, mi complimentai con molto imbarazzo ed impaccio, ma solo perché lui era ancora uno sconosciuto, non perché fossi affetta dallo stesso morbo crudele e spietato di cui soffriva nonna Lucy.
 
 
<< Ha preferenze per il pranzo? Dopo che avrò accompagnato la padrona in paese, cucinerò con piacere qualcosa per lei. >>. Appariva meno freddo e distaccato, propenso ad essere leggermente più amichevole, ma senza oltrepassare i limiti dettati dai nostri ruoli. Quando aveva detto “con piacere”, sembrava sincero.
 
 
Sorrisi apertamente, non più ostacolata dal terribile incubo, in fondo era stato solo un sogno e la verità era ben diversa.
<< Fai tu Sebastian, mi fido di te. >>, dichiarai, conscia che fossi onesta. Stranamente non mi fidavo di lui solo per i pasti, ma vi era in lui un qualcosa di inspiegabile che mi faceva sentire al sicuro, protetta.
 
 
La stanza riservata alla cucina era grande quasi la mia camera da letto, pulita in maniera impeccabile, densa di deliziosi profumi che mi invogliavano a mangiare e al suo interno vi era un cuoco ed una cameriera, che restarono stupiti della mia presenza lì. Nonna Lucy non era una persona che si abbassava ad andare a trovare i domestici in un luogo poco conforme al suo rango sociale.
 
 
Charlotte era una giovane graziosa che lavorava alle sue dipendenza da qualche mese, capelli castani, lunghi e tenuti ordinati in uno chignon, occhi di un intenso azzurro e un sorriso perennemente presente sulla bocca a bocciolo di rosa. La divisa nera rendeva il suo aspetto grazioso ed ordinato. E non aveva occhi che per Sebastian, al contrario lui la trattava con impassibile professionalità.
 
 
Il cuoco si chiamava Tomas, un uomo sulla trentina, biondo, simpatico e con un sorriso continuo sulla bocca. Il fisico palestrato era contenuto a fatica nella tenuta bianca.
 
 
<< Lady Selin è venuta a fare la vostra conoscenza. >>, annunciò Sebastian. << Jared non è qui? >>.
 
 
<< Il giardiniere è sceso in paese a cercare dei fertilizzanti particolari per la serra. >>, spiegò Tomas, spegnendo i fornelli, per impedire al cibo di bruciarsi.
 
 
Se dovevo trascorrere molto tempo in casa, preferivo fare amicizia con i domestici, almeno non sarei stata obbligata a stare sola per la maggior parte del giorno.
 
 
<< So che siete abituati a portare gran rispetto a mia nonna, >>, iniziai a dire vaga, mettendo insieme un discorso decente per non apparire goffa e per esporre al meglio le intenzioni. <<… però io non sono come lei e prima di essere delle persone al suo servizio, siete degli esseri umani, come lei e come me. >>.
 
 
Charlotte e Tomas, come calamitati da una forza soprannaturale, guardarono cauti ed accorti all’unisono il maggiordomo, come a sfatare le mie innocenti parole.
Feci finta di non notare quel particolare e ponderata proseguii il discorso.
 
 
<< Quindi, quando mia nonna non c’è, possiamo avere dei rapporti più confidenziali e meno formali. >>.
 
 
<< Ne saremmo molto lieti, lady Selin. >>, s’intromise Sebastian rispettoso e fu come se non avessi aperto bocca, poiché nessuno dei presenti era intenzionato a dimostrarsi amichevole, solo deferenti del mio grado sociale. La presenza del maggiordomo incuteva timore e nessuno si sarebbe permesso di contraddirlo.
Aleggiava una tensione che non mi piacque neanche un po’, non volevo vivere costantemente con la paura di non dover fare o dire determinate cose, così come quelli che mi circondavano: era estenuante.
 
 
Morsi il labbro inferiore, testarda a voler distruggere il muro costruito da mia nonna e che mi separava da loro.
<< Tomas cosa preparerai di buono per pranzo? >>. Mi avvicinai curiosa alle pentole, per sbirciarne il contenuto.
 
 
Il biondo cuoco riprese a cucinare, incurante dell’occhiata glaciale da parte del maggiordomo.
<<  Mi appresto a cucinare l’antipasto: uova di storione, servite su blini, il tutto accompagnato da prezzemolo ed aneto. >>.
 
 
Deglutii più volte, battei le palpebre, capendo solo un quarto di ciò che aveva spiegato e prima che potessi chiedere ulteriori ragguagli, la voce calda e sensuale di Sebastian mi schiarii le idee. La sua bocca era così vicina, da poterne avvertire il respiro caldo abbattersi sulla pelle sensibile, riportandomi alla memoria l’infausto sogno.
 
 
<< Caviale servito su tartine provenienti dalla Russia. >>, sussurrò veloce e di sottecchi potei constatare quanto fosse vicino il viso mozzafiato. Il suo profumo era dolce, invitante e decisamente mirato per ammaliare un pubblico femminile. Con Charlotte non doveva faticare oltremodo. In me risvegliava bislacchi istinti, che non credevo di possedere.
 
 
“Dalla Russia? Si tratta bene la nonnina cara!”.
 
 
<< Vedo con piacere che è in buone mani. >>, poi si rivolse ai domestici, distaccandosi in fretta da me, << prendetevi cura di lady Selin. >>, si congedò e non appena si allontanò, l’atmosfera tesa si stemperò nell’arco di un istante.
 
 
Buffo l’ascendente che Sebastian aveva sulle persone attorno a sé, possedeva un potere che non comprendevo, ma che mi affascinava, come una falena accanto ad una fonte luminosa.
 
 
Il cuoco sbuffò e la cameriera si accasciò esausta sulla sedia della penisola. Avevo capito bene che era Sebastian a mantenere un decoro imposto nei domestici e adesso che non c’era, erano liberi di essere se stessi.
 
 
Sorrisi trionfante e presi posto accanto a Charlotte: mi sarei fatta degli amici.   
<< Hai intenzione di servire quella robaccia? >>, domandai schifata al cuoco, sforzandomi per non rimettere la colazione. Il sapore dolce della torta era una festa per le papille gustative e avrei volentieri mangiato qualche altra leccornia fatta dal maggiordomo.  
 
 
<< Sua nonna si è raccomandata. >>, chiarì Tomas, per nulla felice di sottostare a delle richieste tanto assurde.
 
 
Storsi la bocca insoddisfatta, puntellai il gomito sul tavolo ed affondai il mento nel palmo aperto.
<< Mia nonna ha dei gusti orrendi. >>, appurai infelice. Sarei stata costretta ad ingurgitare quell’intruglio verde poco invitante. << Forse salterò il pranzo ed anche la cena. Non conoscete un posto dove si mangiano cibi normali? >>.
 
 
<< Se lo desiderate, Tomas può prepararvi tutto ciò che chiedete, ed io posso servirvelo in camera. >>, consigliò Charlotte dolce, con un sorriso soave e morbido.
 
 
<< Pasta al pomodoro, con un bel pezzo di torta… quella che Sebastian ha portato in tavola per colazione. Ne è rimasta? >>.
 
 
Il cuoco sorrise apertamente, ed annuì. La luce smorta del giorno, filtrò dalla finestra per illuminargli i tratti nordici.
<< Consideratelo già fatto. >>. Mi schiacciò l’occhio con fare espansivo.
 
 
<< Grazie. >>, replicai gentile, cogliendo la palla al balzo. Avevo dei quesiti ben precisi da fare e, dato che mi sembrava inopportuno rivolgerli al diretto interessato, forse potevo sfruttare il cameratismo che si stava venendo a creare con i domestici.
Tamburellai nervosa le dita, rispondendo alle curiosità di Charlotte per quanto riguardava la mia vita a Los Angeles e dei progetti futuri e, in un momento di silenzio diedi voce al mio mal celato interesse.
 
 
<< Non trovate eccentrico che Sebastian abbia gli occhi rossi? >>, domandai a bruciapelo e nell’istante in cui lo feci, il cuoco e la cameriera sbiancarono, presi contro piede. << Credete siano lenti a contatto? Per come conosco mia nonna, non permetterebbe mai di usare simili stranezze in sua presenza. >>, ipotizzai genericamente, esaminando le loro reazioni. Si poteva capire molto dalle mimiche delle persone.  
Simulavano una normalità che non provavano e più cercavano di ingannarmi e più era palese che lo stesso segreto che condividevano mia nonna e il maggiordomo, era anche sotto la loro protezione.
 
 
La cameriera schiarì la gola, in palese impaccio.
<< Noi non parliamo mai di… ehm… Sebastian. >>. Teneva le palpebre basse, ma le alzò d’un tratto, come se si fosse aspettata di vedere l’argomento della conversazione, già nella stanza. Doveva essere sua abitudine apparire inatteso, come era accaduto durante la colazione.
 
 
“Qui c’è chiaramente qualcosa che non quadra.”.
 
 
<< Come mai? >>.
 
 
<< Non mi è mai piaciuto quel ragazzo, sin dal momento in cui ha messo piede in questa casa. >>, s’intromise Tomas, sbucciando delle mele. << La padrona era partita per un viaggio d’affari e al suo ritorno, Sebastian era con lei. >>.
 
 
<< La padrona con lui è diversa. >>, continuò Charlotte, mantenendo un’aria timorosa. Forse mi ero sbagliata, forse non era innamorata del maggiordomo, come mi era parso. La sua doveva essere solo una gran paura di sbagliare davanti a lui.
 
 
Socchiusi gli occhi, ed aggrottai la fronte.
<< Che vuoi dire? >>, la esortai dolcemente, sfiorandole di proposito la mano armoniosamente, adoperando un comportamento differente dal solito. Non mi ero mai spinta così tanto con persone che conoscevo appena, ma la curiosità mi trangugiava e il sogno avuto quella notte, mi spingeva a voler dissetare la sete di interesse.
 
 
<< Sono sempre insieme, gli permette di entrare nella sua stanza, l’accompagna nei suoi viaggi di lavoro. A noi non ha mai concesso tutto questo spazio nella sua privacy. Ci tratta male, mentre con Sebastian ha dei modi di fare tutt’altro che sgarbati. >>.
 
 
Tomas poggiò il coltello sul ripiano in marmo, affondando la forchetta in uno dei tre pentoloni.
<< Non vogliamo screditare lui o sua nonna, lady Selin. >>, giustificò prontamente, per paura che ci fossero delle conseguenze alle loro parole.
 
 
Sorrisi amabilmente, non avevo alcuna intenzione di fare la spia.
<< Potete stare tranquilli, non ho buon rapporto con mia nonna e mi importa poco di quel che dite di lei. >>, li rassicurai schietta. << Voi avete delle supposizioni a riguardo? >>.
 
 
Il cuoco scrollò le spalle e nei suoi occhi passò una luce che carpii.
<< Una supposizione vera e propria no, però c’è stato un cambiamento significativo nelle letture della padrona: Charlotte l’ha notato mentre spolverava la biblioteca. >>.
 
 
<< Ha iniziato ad interessarsi di argomenti soprannaturali, ha una vasta collezione di libri che trattano l’argomento. Prima dell’arrivo di Sebastian non li avevo mai visti e ne sono più che certa, perché mi occupo settimanalmente della biblioteca. >>, sostenne la cameriera.
 
 
Poggiai la fronte sul palmo della mano, totalmente confusa su quel che quei due stavano confessando. Erano solo dicerie dei domestici, certo, eppure qualcosa di vero doveva pur esserci. Come spiegare altrimenti gli occhi rossi di Sebastian? Era assodato che non fossero lenti a contatto, poiché mia nonna non tollerava analoghe eccentricità al suo cospetto e quindi dovevano essere il loro colore naturale. Non avevo mai sentito di persone con colori simili dell’iridi, a meno che…
 
 
<< Puoi accompagnarmi in biblioteca? >>, pregai Charlotte, sorpresa dall’imprevista sollecitudine.
 
 
Scosse la testa più volte.
<< Purtroppo non posso, lady Selin. La padrona porta con sé la chiave della biblioteca e di altre stanze, mi permette di entrare nella biblioteca solo la domenica mattina, tenendomi costantemente sott’occhio. >>.
 
 
“Tra tre giorni, dunque… devo inventare qualcosa per entrarci.”.
 
 
Non mi aspettavo di trovare grandi risposte, però avrei potuto prendere in “prestito” qualche libro e fare delle analisi, dato che ero sprovvista di normali motori di ricerca e il cellulare non collaborava.
 
 
<< A proposito, conoscete degli internet point nei dintorni? >>. Pareva strano fare simili richieste tecnologiche, in un maniero dove sembrava essere tornati nei secoli passati.
 
 
<< In paese ce n’è uno, non vi potete sbagliare è proprio accanto ad un negozio di animali. >>.
 
 
Se fossi uscita, avrei rischiato di essere colta sul fatto da mia nonna e non ero a conoscenza del tempo che avrebbe trascorso fuori casa: meglio non rischiare. Potevo recarmi in paese con il suo favore, ma dovevo assemblare un piano geniale per scrollarmi ogni sospetto di dosso.
 
 
<< Sarà meglio andarci un’altra volta. >>, convenni prudente.
Non vi era alcuna fretta, intanto potevo raccogliere informazioni per conto mio e poi esaminare nozioni più ampie all’internet point o nella libreria di nonna Lucy.
Per ora facevo meglio a limitare domande ed inutile interesse sospettoso, per non far allertare nessuno, specialmente Seb
astian stesso.









Note:
Eccomi qui con il secondo capitolo della ff, sono contenta che a qualcuno sia piaciuto il primo capitolo e che mi abbia commentata. 
Ringrazio anche chi ha letto solamente e chi ha messo nelle preferite la storia. 
Spero di non deludere le aspettative di nessuno e che presto mi darete altri pareri sui capitoli. 


La storia può presentare errori ortografici.

Ringrazio già da adesso chi commenterà o chi leggerà solamente. 



Un abbraccio.
DarkYuna.  
 
  
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